TROMBOFLEBITE
. Detta anche flebite infettiva, consiste in un processo infiammatorio della parete di una vena, accompagnantesi per lo più a occlusione del lume vasale nel tratto colpito per trombosi (v.): da ciò il nome di tromboflebite. È dovuta a una localizzazione di microorganismi nella parete venosa; a essa conseguono processi lievi (flebite essudativa) o gravi (flebite suppurativa e cancrenosa). L'invasione microbica nella vena può avvenire dall'esterno, dalla tunica più periferica del tubo vasale, dal cosiddetto strato dell'avventizia: allora, in una prima fase, si avrà una periflebite, che può giungere alla suppurazione e progredire avvolgendo tutto il contorno del vaso in un manicotto purulento e dissociandone gli strati che lo compongono (flebite dissecante). Altre volte la flebite si origina per la penetrazione nella parete venosa di germi trasportativi dai piccoli vasi linfatici che la provvedono (linfangite della parete venosa). Le strette relazioni patologiche tra vasi linfatici e vene, rende ragione della facile associazione di tromboflebiti con processi linfangitici, consecutivi, per es., all'infezione di una ferita. Il processo dagli strati periferici progredisce, attraverso lo spessore della parte venosa, e precocemente si ripercuote sulla tunica interna del vaso (intima), dove produce alterazioni che finiscono col determinare l'occlusione del lume della vena per trombosi. La flebite decorre in senso inverso quando i germi provengono dal lume del vaso: allora prima colpito sarà lo strato più interno, e la conseguenza diretta ne è la formazione di un trombo, seguita dalla compartecipazione degli altri strati della parete. Dal tappo trombotico occlusivo del vaso possono staccarsi particelle di sostanza che, trasportate in organi lontani, possono dar luogo anche ad ascessi, qualora contengano materiale infettante (v. embolia). Le vene più colpite dalla tromboflebite sono quelle dell'arto inferiore, per es., nei casi di ulcera cronica della gamba da varici, le vene uterine specialmente nello stato puerperale, quando, staccatasi la placenta, rimangono beanti sulla superficie interna dell'utero, le vene emorroidali, la vena ombellicale del neonato, le vene dello spessore delle ossa del cranio (ossa diploiche) e i seni venosi delle meningi, la vena porta (v. pileflebite) e le sue affluenti (vena splenica, vene mesenteriche), le vene del midollo osseo (v. osteomielite), ecc.
La cura delle tromboflebiti degli arti, che intervengono per lo più come complicanze di malattie infettive, fra le quali l'erisipela e il tifo, o di affezioni locali, è rappresentata dal riposo assoluto dell'arto per evitare il distacco di emboli, e dalle applicazioni del calore per mitigare le sofferenze. La formazione di ascessi richiederà l'intervento chirurgico.