SFORZA, Tristano
– Nacque a Milano ai primi di luglio del 1429 da Francesco Sforza futuro duca di Milano, che a quel tempo militava per il duca Filippo Maria Visconti, ma era stato messo da parte e per alcuni anni ridotto forzatamente all’ozio. Francesco Sforza conviveva con Giovanna da Acquapendente, che gli aveva dato alcuni figli, ma Tristano ebbe per madre, come scrisse Nicodemo Tranchedini (Parodi, 1920, p. 339), la «concubina di Morello Scolari di Parma», squadrero del duca di Milano e signore di un piccolo castello piacentino.
Fino al 1443 Tristano fu allevato nella casa milanese di Scolari e della moglie Dorotea della Croce in porta Vercellina. Pur se impegnato nelle imprese militari, Francesco Sforza non mancò di assicurargli un’educazione distinta e dal 1439 lo fece seguire negli studi dall’umanista Mattia da Trivio, che poi divenne maestro anche di Sforza Secondo, nato da Giovanna da Acquapendente.
Il 16 ottobre 1448 Francesco Sforza, già sposo di Bianca Maria Visconti e padre di nuova prole ‘legittima’, ottenne da papa Nicolò V la legittimazione di Tristano e di tutti i figli e le figlie naturali.
A differenza di Sforza Secondo, spesso disobbediente al padre, Tristano fu un figlio devoto e seguì le orme paterne. Giovanissimo armorum ductor, a capo di un manipolo di lance di cavalleria, già nel 1447 militava nella compagnia sforzesca; dopo un periodo trascorso a Cremona prese le stanze a Piacenza e nel 1448 partecipò alla battaglia di Caravaggio e alle operazioni militari contro i veneziani. Dopo la conquista sforzesca del Ducato nel 1450, partecipò alle operazioni di guerra contro Venezia nel 1452-53, tra Cremonese e Bresciano: i cronisti del tempo ricordano soprattutto la sua responsabilità nella disastrosa perdita di Soncino, che nel maggio del 1452 permise ai veneti di passare l’Adda indisturbati e di raggiungere Cremona, dove furono fermati. Il successivo cursus honorum di Tristano fu costellato di varie imprese militari, a capo di una compagnia di 20 lance e 100 cavalli, ma anche di missioni politiche e di incarichi di corte. Nel 1454-55 si aprirono i negoziati per il suo matrimonio con Beatrice d’Este, nel contesto dei patti tra Francesco Sforza e il duca di Modena Borso d’Este.
Gli accordi non furono facili, in quanto l’estense temeva di trovarsi relegato in posizione subordinata nel contesto della Lega italica, e nel contempo voleva venire a capo di varie controversie feudali e politiche. La dote fu fissata, senza troppe discussioni, in 10.000 ducati, in parte derivanti dalle entrate di Castelnuovo nel Tortonese, terra che Borso deteneva da Filippo Maria Visconti e poi dagli Sforza. Nell’aprile del 1455, tra Milano e Ferrara, si celebrarono le nozze, pegno di amicizia tra le due corti, festeggiate magnificamente anche da poeti e letterati come Francesco Filelfo, Bonino Mombrizio e Guarino Veronese. Nata nel 1427, figlia legittimata del marchese Nicolò, sorellastra di Borso e di Ercole, madre di Nicolò da Correggio ‘postumo’ nato da un precedente matrimonio, Beatrice era una donna avveduta e ben attenta a tutelare i propri interessi. La coppia si accasò a Milano in un grande e confortevole palazzo sito nella parrocchia di San Fedele.
Successivamente Tristano partecipò ad altre imprese belliche e missioni diplomatiche. Fu a Napoli nel 1465 per accompagnare Ippolita Sforza che andava a nozze, e nel 1466, alla morte di Francesco I Sforza, si trovava al presidio di Bologna con le sue milizie. Nello stesso anno fu inviato a Parma per far fronte a una grave crisi politica, ma fu molto contestato, sia per le partigianerie a favore delle tre fazioni (dette Tre Squadre) nemiche dei Rossi, sia perché, insieme alla moglie, partecipò a feste e ricevimenti in un momento di grande turbamento per la città. Nel giugno del 1467 le sue milizie furono messe in allerta per un’impresa contro i duchi di Savoia, ma il progetto rientrò a causa della penuria di denaro. Nel 1468 andò in Francia per sposare per procura, per conto del fratello duca, Bona di Savoia; in autunno con la sua compagnia presidiava la Gera d’Adda per timore di movimenti veneziani. Nel luglio del 1469, mentre era a Bologna con le milizie, gli fu ordinato di mobilitarsi per soccorrere Rimini, ma invece di affrettarsi rimase dov’era, e poiché non era la prima disobbedienza, il duca convocò il Consiglio ducale segreto per stabilire una punizione: secondo il parere di alcuni consiglieri Tristano meritava addirittura la morte, secondo altri si doveva tener conto della sua parentela con il duca e delle circostanze che lo avevano indotto a trattenersi a Bologna. In novembre il duca mandò un inviato a sciogliere la compagnia, che fu incorporata nelle lance spezzate. Ciononostante nel 1470, dettando una sorta di testamento politico, Galeazzo Maria indicò il fratellastro nella linea di successione del Ducato, subito dopo i legittimi eredi di casa Sforza; e negli anni successivi la sua compagnia di 80 uomini d’arme e 400 cavalli ricompare nelle liste dell’esercito ducale. Insieme a Roberto Sanseverino e a Corrado da Fogliano, Tristano aveva diritto all’appellativo di magnifico signore e godeva alla corte ducale di un ruolo cerimoniale distinto.
Nondimeno, Beatrice d’Este era ben consapevole del posto che le spettava a corte e già prima di arrivare a Milano aveva preteso di non essere posposta ad altre dame di casa Sforza. La coppia conduceva una vita sontuosa, tra compiti di alta rappresentanza politica e diplomatica, svaghi cortigiani, cacce, feste, balli, tornei e soggiorni campagnoli, soprattutto nella prediletta località di Torre Pallavicina presso Soncino. L’appartenenza a una schiatta principesca non impedì a Tristano di arricchirsi prestando denaro, acquistando terre e persino partecipando a redditizie attività commerciali e industriali.
All’inizio del 1477, dopo l’assassinio del duca Galeazzo Maria Sforza (26 dicembre 1476), Tristano fu ammesso nel Senato ristretto che si riuniva nel castello di Porta Giovia e di lì a poco fu nuovamente inviato a Parma, dove si rinnovavano gli scontri tra le fazioni. Coloro che ricordavano le parzialità di undici anni prima non gradirono la sua presenza in una città militarizzata e insanguinata dagli assalti contro le case dei Rossi e dei loro seguaci, e tuttavia la missione ebbe successo e in giugno fu stipulata la pace tra le partes. Tristano poté così tornare a Milano, dove fu sottoposto a un intervento chirurgico per rimuovere una dolorosa tumefazione a un gluteo.
Prudentemente diede ordine ai suoi affari prima di sottoporsi all’operazione: legittimò l’unica figlia, Elisabetta Margherita, di cinque anni, nata da Orsina Surrigoni, e scelse come esecutore testamentario e tutore dell’erede Ercole d’Este, fratellastro della moglie Beatrice. Il considerevole patrimonio, stimato in circa 20.000 ducati, più il denaro liquido e i crediti, andava per tre quarti alla figlia e per un quarto alla moglie, che godeva anche dell’usufrutto; vari legati a persone e a enti pii sarebbero stati elargiti a cura dei frati minori osservanti di Sant’Angelo. Beatrice era d’accordo, in quanto la soluzione scelta la preservava da possibili devoluzioni per mancanza di eredi. Essendo Elisabetta Margherita minore di età, tutti gli atti furono stilati con particolare cura legale e accompagnati da puntuali inventari dei beni mobili e dei crediti, liste che confermano l’elevato stile di vita e di consumo di Sforza. Oltre al palazzo milanese, egli aveva beni e interessi a Torre Pallavicina, patrimoni nel feudo di Castellazzo Bormida, concessogli dal padre nel 1463, e una tenuta a Sommo nel Pavese. Disponeva inoltre di un sedime in Milano in Porta Nuova e deteneva dall’ospedale Maggiore una possessione fondiaria.
A causa dei postumi dell’operazione, Tristano morì l’11 luglio 1477, a 48 anni, nel pieno della maturità e dell’attività politica e militare. Alcuni scrissero che la morte improvvisa era stata la giusta punizione divina per gli errori commessi a Parma; altri sostennero, senza fondamento, che non fosse morto di morte naturale, ma assassinato. Fu sepolto presso il convento di Sant’Angelo, fondato da Bernardino da Siena negli anni Venti ed eletto a luogo di devozione da una cerchia di nobili milanesi particolarmente ispirati. Nonostante tutte le cautele legali approntate, negli anni successivi la vedova e l’erede, ormai sposata a un Pallavicini, si affrontarono in un estenuante confronto legale, protrattosi fino a fine secolo.
Fonti e Bibl.: Donati Bossi causidici et civis mediolanensis gestorum memorabilium [...] liber, Mediolani 1492, sub a. 1429; P.C. Decembrio, Opuscula historica, a cura di A. Buti - F. Fossati - G. Petraglione, in RIS, XX, 1, Città di Castello 1925-1958, in partic. pp. 594-601.
A. Giulini, Di alcuni figli meno noti di Francesco Sforza, in Archivio storico lombardo, XLIII (1916), pp. 29-52; P. Parodi, Nicodemo Tranchedini genealogista degli Sforza, ibid., XLVII (1920), pp. 335-340; E. Pellegrin, La bibliothèque des Visconti et des Sforza, Paris 1955, p. 342; M.N. Covini, L’esercito del duca. Organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza, Roma 1998, pp. 39, 230 s.; M. Gentile, Fazioni al governo. Politica e società a Parma nella seconda metà del Quattrocento, Roma 2009, ad ind.; M.N. Covini, L’inventario del palazzo milanese di T. S., 1478, in Squarci d’interni. Inventari per il Rinascimento milanese, a cura di E. Rossetti, Milano 2012, pp. 47-69.