TRISSINO
– Il casato prende il nome dall’omonimo paese situato nell’Alto Vicentino, all’imboccatura della Valle dell’Agno.
Sul finire del XV secolo il notaio-cronista vicentino Battista Pagliarini attribuì ai Trissino nobili e germaniche origini, sulla scorta di antiche scritture che avrebbe consultato per la composizione delle sue Cronicae. Secondo Pagliarini, questa famiglia sarebbe giunta a Vicenza al seguito di qualche imperatore tedesco, intorno al 1100, e di provenienza imperiale sarebbero stati anche feudi e giurisdizioni goduti nell’area di Trissino. Si tratta di attestazioni piuttosto vaghe, pur se coerenti con i processi di insediamento e affermazione di altre casate di estrazione teutonica nella Marca veronese-trevigiana, nei secoli intorno al Mille. Inoltre, la cronologia indicata da Pagliarini troverebbe conferma in un documento del 1090, che attribuisce a un certo Iohannes de Dreseno una donazione a favore del monastero femminile padovano di S. Stefano, consistente in tre masserie poste a Camisano, nel Vicentino, lì dove i Trissino conservavano ancora proprietà fondiarie nel Duecento, ancorché ubicate in una zona lontana dalla Valle dell’Agno.
Bisogna attendere gli anni Settanta del XII secolo per intercettare nelle fonti scritte ulteriori notizie sul casato. Il miles Antonio de Dresseno compare in un documento del 1173, mentre risale a due anni dopo la prima citazione di Olderico de Dresseno, incluso nella ristretta cerchia dei boni homines della città e del territorio che assistettero all’atto di dedizione di Bassano a Vicenza (1175).
La tradizione genealogica della famiglia elaborata in età moderna attribuisce a questo Olderico, ma senza sicuri riscontri documentari, un matrimonio con la nobile Chiara dei conti di San Bonifacio, e lo indica come figlio di Uguccione di Olderico e Anna Maltraversi, pure quest’ultima proveniente da una stirpe comitale.
Con certezza si può attestare che lo stesso Olderico era ancora in vita nel 1208, anno di un importante provvedimento emanato dal Comune di Vicenza (noto come ‘decreto edilizio’): qui Olderico è citato con il titolo di comes della Valle dell’Agno e il figlio Grifolino come proprietario in città di una grande abitazione con torre. Un’altra casa-torre dei Trissino nel centro berico è segnalata nel Regestum possessionum del Comune di Vicenza (1262) e risulta nelle disponibilità di Antonio di Paninsacco. Entro gli inizi del Duecento, quindi, il casato si era certamente dotato di una sede di rappresentanza in città, dove faceva valere il proprio prestigio politico-militare, testimoniato dal possesso di una residenza fortificata e dal riconoscimento della dignità comitale, che non corrispondeva a un’effettiva concessione imperiale, ma piuttosto alle riconosciute capacità di comando esercitate nella Valle dell’Agno oppure alle presunte ma non comprovate alleanze matrimoniali con dinastie comitali.
Secondo un documento del 1224, altri due figli ed eredi dell’ormai defunto Olderico, Miglioranza e Paninsacco, stipularono un accordo di spartizione di beni e diritti, anche a nome dei rispettivi discendenti, presso la chiesa dell’abitato di Valdagno, qualificato come centro di una curia, nel senso di distretto agricolo dipendente da una signoria: quella dei Trissino. Se ne ricava che, nel giro di un secolo o poco più, il casato aveva esteso il proprio raggio d’azione lungo l’intera Valle dell’Agno, a partire dall’abitato di Trissino, sfruttando o promuovendo processi di colonizzazione di un territorio fino a poco tempo prima scarsamente antropizzato, se non del tutto selvaggio (la prima attestazione del toponimo Valdagno risale al 1179). In questo modo la vallata divenne l’area di riferimento dei Trissino per assicurarsi risorse e uomini necessari a mantenere o rafforzare la propria preminenza cetuale.
L’affermazione signorile del casato in quest’angolo del Vicentino è segnalata da altri passaggi, tutto sommato scontati per quest’epoca, come la costruzione di una rete di rapporti parentali e vassallatici con altre cospicue famiglie della zona, l’accumulo di investiture feudali e decime, riconosciute soprattutto dall’episcopio vicentino, insieme alla fondazione o al controllo di chiese e fortezze. I castelli che finirono nelle loro mani punteggiavano l’intera vallata, a partire da quello avito di Trissino, per risalire poi fino a Chiuse, Quargnenta, Cornedo e infine Valdagno; un diploma imperiale del 1236, ma di dubbia autenticità, avrebbe riconosciuto al casato il legittimo possesso delle fortificazioni edificate di propria iniziativa.
Per quanto concerne le istituzioni ecclesiastiche, le prime notizie in merito riguardano la chiesa di S. Quirico in Valdagno, che nel 1179 il vescovo di Vicenza Giovanni Cacciafronte assegnò, con il consenso del capitolo della cattedrale, a Miglioranza Trissino (forse fratello o zio di Olderico e da non confondere con il figlio di quest’ultimo), all’epoca priore dell’ospedale urbano dei Crociferi di S. Croce.
I Trissino finiranno per estendere una sorta di giuspatronato sulla stessa chiesa di S. Quirico e lo stretto legame con questa istituzione consente di avanzare l’ipotesi che al casato potesse appartenere anche quel Bertrame de Sancto Quirico che nel 1154 assistette a un accordo stipulato fra il duca Enrico di Sassonia, sceso in Italia al seguito di Federico Barbarossa, e i marchesi Bonifacio e Folco d’Este, in presenza dei più illustri esponenti della feudalità della Marca veronese-trevigiana, tenuto conto di come le denominazioni dei ceppi aristocratici riconducibili ad appellativi geografici potessero variare in base alle ramificazioni parentali e alla residenza di volta in volta utilizzata.
L’autorità dei Trissino si estese anche alla chiesa campestre di S. Fermo, a Castelgomberto, località della bassa Valle dell’Agno. Nel 1191 Olderico Trissino fu nominato difensore, procuratore e sindaco di questa istituzione, investito di tali funzioni dall’abate del monastero veronese di S. Maria in Organo, presso cui era rappresentato da un chierico, Gandolfino di Valdagno, con tutta evidenza un uomo di fiducia dei Trissino, perché lo si ritrova come testimone nel già menzionato documento del 1224, questa volta con la qualifica di arciprete, da riferirsi alla chiesa valdagnese di S. Clemente. Alla fine del XII secolo la chiesa di S. Fermo non assicurava servizi di cura d’anime, ma era sede di una comunità di penitenti, su cui Olderico aveva esteso la propria protezione e il diritto di sfruttarne le proprietà, mentre è più improbabile la sua adesione nella veste di frater, quantunque non insolita fra i membri dell’aristocrazia dell’epoca. Alla metà del Duecento la fraternita di S. Fermo fu assorbita dal priorato di Ognissanti di Valdagno, un’altra comunità religiosa mista sotto la tutela dei Trissino, come pure quella coeva di S. Maria di Paninsacco, sempre a Valdagno.
Dunque, nel giro di un secolo, fra la donazione del 1090 e l’investitura del 1191, i Trissino avevano saputo stabilire contatti con diverse istituzioni ecclesiastiche fra Padova, Vicenza e Verona, dimostrando di sapersi muovere su uno scacchiere che travalicava i confini del distretto vicentino.
Agli albori del XIII secolo il casato sembrava ormai ben introdotto nel sistema clientelare della curia vescovile di Vicenza e riconosciuto fra i principali lignaggi magnatizi che frequentavano la città, alla cui amministrazione partecipava attivamente, come prova, ad esempio, la figura di Aldrigeto di Arnoaldo, giudice e giudice-console del Comune berico nel primo Duecento. In questo stesso periodo furono giudici a Vicenza anche i fratelli Achille e Federico di Miglioranza, a riprova dell’attenta diversificazione delle carriere interna al clan, la cui tradizione delle armi non impediva di avviare allo studio del diritto alcuni rampolli, per garantirsi l’accesso agli uffici comunali e, quindi, la partecipazione al governo della città, in un’epoca di forti contrapposizioni politiche e sociali in seno ai Comuni urbani. A queste dinamiche appartiene pure l’occupazione di rilevanti posti nei gangli nevralgici della Chiesa cittadina, come i monasteri doppi di S. Bartolomeo e di S. Tomaso, quello femminile di S. Pietro, il capitolo della cattedrale. Proseguiva e si intensificava anche l’inevitabile presidio delle fondazioni ecclesiastiche nella Valle dell’Agno, in particolare quelle collocate presso Valdagno, su cui si stava concentrando l’azione di inquadramento politico e disciplinamento religioso della più recente fra le comunità valligiane, in un secolo scandito da intensi processi di conquista del territorio e sviluppo degli insediamenti umani. Non vi sono al riguardo evidenti contrasti con la Chiesa vicentina, che, anzi, nel 1219 rinnovò a Miglioranza, per mano del vescovo Gilberto, un’investitura feudale (la più antica documentata per iscritto) che era già stata del padre Olderico e dei suoi antenati.
La penetrazione dei Trissino nel tessuto urbano era giustificata dal tentativo, sostanzialmente riuscito, di sorvegliare la minaccia di eventuali intromissioni cittadine in quelle aree del contado dove erano più concentrati gli interessi del casato, e procedeva di pari passo con l’estensione e il rafforzamento del suo dominio signorile sull’intera Valle dell’Agno, dove intrecciava rapporti di dipendenza personale con gli abitanti delle comunità locali, ingrossate dall’arrivo di coloni tedescofoni.
Risalgono al primo Duecento anche le prime notizie di affari tra esponenti della famiglia e operatori dell’economia creditizia, un comportamento che rivela strategie di affermazione ponderate e di volta in volta adeguate ai cambiamenti politici, economici e sociali in corso, che non tutto il ceto signorile vicentino seppe cavalcare.
Questi successi vanno attribuiti, almeno in parte, all’eccezionale prolificità del consorzio parentale dei Trissino: un rischio, ma anche una risorsa. Emersero articolate e durature ramificazioni genealogiche, in grado di muoversi con relativa autonomia, ma almeno inizialmente senza compromettere la solidarietà interna al casato, funzionale alla cogestione di patrimoni e giurisdizioni indivisi. Il possesso di più castelli lungo una vallata che si dipana per una trentina di chilometri non ostacolò la convivenza dei vari nuclei di consanguinei, grazie al raggiungimento di accorti compromessi.
Anche dalle lotte di fazione, aggravate dalla lacerante esperienza della dominazione ezzeliniana sulle città della Marca veronese-trevigiana (1237-59), i Trissino seppero uscire sostanzialmente indenni, a differenza di altre casate, dando ulteriore dimostrazione di tempismo e adattamento ai cambiamenti intervenuti dopo la morte del ‘tiranno’ (1259), di cui erano stati pur con qualche distinguo convinti sostenitori. La ritrovata libertà del Comune cittadino (dal 1260) e l’inizio del duro governo padovano su Vicenza e il suo territorio (1266) non spodestarono i Trissino dalla loro salda collocazione fra i ranghi dell’aristocrazia locale.
Tra gli indizi che segnalano la capacità di cogliere i segni dei tempi va annoverato, oltre alla cura dei rapporti con la curia vescovile (sempre potente patrimonialmente, a Vicenza) e le conseguenti conferme di investiture di feudi decimali, l’appoggio concesso agli ordini religiosi emergenti, a partire dai minoriti: Francesco Trissino fu inquisitore francescano sul finire del Duecento.
A partire dagli anni Sessanta nel Duecento, la cosiddetta guerra di Valdagno (1263) e poi la pressione esercitata dal Comune di Padova – che attraverso le magistrature municipali di Vicenza cercò di intaccare giurisdizioni private e privilegi signorili nel contado – alimentarono scontri armati, assedi, ribellioni, saccheggi, ostracismi e condanne capitali, dissimulati dietro la contrapposizione fra guelfi e ghibellini, ma in realtà sintomi della nascente contesa fra Padova e Verona per l’egemonia nella Marca veronese-trevigiana. A farne le spese furono alcuni esponenti del ramo ‘ghibellino’ di Miglioranza, esiliati a Verona e particolarmente ostili al regime padovano, mentre il ramo ‘guelfo’ di Paninsacco seppe trarne profitto a danno dei collaterali, grazie all’abilità manovriera di Morando di Antonio, rimasto fedele all’occupante straniero, salvo un inevitabile rovesciamento delle fortune individuali quando Verona subentrò a Padova nel controllo del Vicentino (1312).
Nel secondo Duecento, anche all’interno della Valle dell’Agno il quadro politico si fece più mosso, con l’emergere di nuovi e dinamici soggetti politici, i Comuni rurali, che avviarono un duraturo e serrato contenzioso con i Trissino per lo sfruttamento del territorio, alternando tensioni e accordi tipici della dialettica tra forze signorili e comunità di villaggio, inizialmente senza alcun significativo intervento del Comune cittadino.
Nel complesso, tuttavia, i poteri subentrati nel controllo di Vicenza dopo il dominio padovano (gli Scaligeri dal 1312, i Visconti dal 1387, Venezia dal 1404) non guastarono la rara e orgogliosa coesione di questa larga consorteria aristocratica, ancora incredibilmente solidale e vivace dopo gli aspri conflitti del XIII secolo, né il godimento delle antiche prerogative signorili esercitate nella vallata dell’Agno, solo parzialmente ridimensionate dai nuovi padroni del Vicentino.
Anzi, nel Quattrocento il nome dei Trissino ricorre negli elenchi superstiti dei principali organi di governo della città, come l’elitario Consiglio dei cento e i deputati ad utilia, ma anche fra i reggenti dei maggiori ospedali urbani. Continuò l’accumulo di campi e pascoli lungo la Valle dell’Agno, insieme all’edificazione di nuove ville (almeno sette), oratori e cappelle, mentre nel 1435 il loro patrimonio si arricchì di estese proprietà fondiarie anche nell’area di Sandrigo (località a nord di Vicenza) grazie alla dote portata da Angela di Pietro Verlati per il matrimonio con Ludovico di Bartolomeo Trissino. Nel XV secolo si registrarono pure notevoli investimenti nel lanificio urbano, in quel momento settore trainante dell’economia vicentina. Non poteva mancare, infine, la collezione di titoli nobiliari, come quello di eques, riconosciuto dall’imperatore Federico III a Cristoforo Trissino (1452), e quello di conte palatino, che l’imperatore Carlo V accordò al celebre letterato Gian Giorgio Trissino (1532), mentore di Andrea Palladio.
Fonti e Bibl.: G. da Schio, Decreto edilizio emanato a nome del Comune di Vicenza l’anno MCCVIII, Padova 1860, p. 13; Cronaca ad memoriam praeteriti temporis praesentis atque futuri, Vicenza 1884, p. 23; B. Pagliarini, Cronicae, a cura di J.S. Grubb, Padova 1990, ad ind.
P. Beni, Trattato dell’origine et fatti illustri della famiglia Trissina, Padova 1624; S. Rumor, Il blasone vicentino descritto e storicamente illustrato, Venezia 1899, pp. 190-192; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III, 1, Il Trecento, Vicenza 1958, ad ind., III, 2, Dal 1404 al 1563, 1964, ad ind.; Id., Storia di Valdagno, Valdagno 1966, pp. 83 s., 96-113, 119 s., 453-455, 458, 503-506, 543-545, 581-583, 659-670; G. Sandri, Note di storia medievale vicentina tratte dagli archivi veronesi, in Scritti di Gino Sandri, Verona 1969, pp. 251-271 (in partic. pp. 262-265, 270 s.); A. Canova - G. Mantese, I castelli medioevali del Vicentino, Vicenza 1979, pp. 238-249; R.M. Gregoletto, Una famiglia signorile vicentina nei secoli XIII e XIV: i Trissino, in Istituzioni, società e potere nella Marca trevigiana e veronese (secoli XIII-XIV)..., Atti del Convegno, Treviso... 1986, a cura di G. Ortalli - M. Knapton, Roma 1988, pp. 179-197; J.S. Grubb, Firstborn of Venice: Vicenza in the Early Renaissance State, Baltimore-London 1988, pp. 82-84; F. Lomastro Tognato, L’eresia a Vicenza nel Duecento, Vicenza 1988, pp. 28, 43, 47 s., 82 s., 85, 97 s., 101, 116 s., 122, 128 s., 142 s.; Storia di Vicenza, II, L’età medievale, a cura di G. Cracco, Vicenza 1988 (in partic. G. Cracco, Da Comune di famiglie a città satellite, pp. 74, 79 s., 99, 106, 116 s., 127, 132, 134, 137; G.M. Varanini, Vicenza nel Trecento. Istituzioni, classe dirigente, economia, pp. 182, 185, 187 nota 306); N. Carlotto, La città custodita. Politica e finanza a Vicenza..., Milano 1993, pp. 32, 50 s., 55, 69, 165 s.; S. Fornasa, La chiesa campestre di S. Fermo nella storia di Castelgomberto, Castelgomberto 1994, pp. 35-49, 75-78, 88, 90-96, 102, 106, 110-113, 117, 122 s., 162, 166-171, 279 s.; Id., Brogliano e Quargnenta. Due villaggi rurali della Valle dell’Agno..., Brogliano 1999, pp. 39, 50-56, 58 s., 65, 67, 71, 75, 77-94, 96, 100, 255 s.; E. Demo, L’«anima della città». L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550), Milano 2001, pp. 112 s., 228; Storia della Valle dell’Agno. L’ambiente, gli uomini, l’economia, a cura di G.A. Cisotto, Valdagno 2002 (in partic. G. Cracco, Valdagno: alle origini di una storia e di un nome, pp. 13-30; S. Bortolami, I T. e la Valle dell’Agno nel medioevo: l’avvio di un rapporto di lunga durata, pp. 209-250); G. Brutto, I T. a Sandrigo. Storia di una famiglia nobile e dei suoi rapporti..., Sandrigo 2003, pp. 7-16; S. Fornasa, L’età medioevale, in Storia di Trissino dai primi insediamenti all’età contemporanea, a cura di G. Trivelli, Trissino 2003, pp. 63-93; Id., I T. nel ’400, tra la valle e la città, in Quaderni del Gruppo storico Valle dell’Agno, XXXI (2006), pp. 43-56; Il «Regestum possessionum comunis Vincencie» del 1262, a cura di N. Carlotto - G.M. Varanini, Roma 2006, p. 14; F. Bauce, La famiglia T. e la costruzione delle genealogie, in Immagini di distinzione. Gli archivi della famiglia T., a cura di C. Povolo - M. Gazzola, Vicenza 2012, pp. 57-74; S. Fornasa, Otto secoli di storia e devozione, in S. Fornasa - I. Tovo - F. Fontana, Santa Maria di Panisacco. Otto secoli di storia e devozione, Maglio di Sopra 2012, pp. 11-96 (in partic. pp. 12-36); Id., T., famiglia, in Dizionario biografico della Valle dell’Agno, secoli XII-XX, a cura di M. Dal Lago - S. Fornasa - G. Trivelli, Sommacampagna 2012, pp. 250-260; F. Bianchi, Ospedali e politiche assistenziali a Vicenza nel Quattrocento, Firenze 2014, pp. 62, 72 nota 30, 114-117, 128 nota 23, 129, 166.