TRIPANOSOMIASI (da tripanosoma; sin. Castellanosi, da A. Castellani)
Le tripanosomiasi o, più brevemente, le tripanosi sono malattie infettive causate da tripanosomi (v.).
Alcune tripanosi sono proprie dell'uomo e altre proprie dei quadrupedi, ma parecchie sono comuni a entrambi; però in tal caso diverse sono le manifestazioni patologiche, potendo essere gravi nell'uomo, lievi o nulle negli animali, specie se selvatici.
Le principali tripanosi (Castellanosi) del bestiame domestico in ordine alla scoperta del relativo parassita sono:
1. La surrah, il cui agente specifico (Tr. Evansi, Castellanella Evansi) fu scoperto nel 1880 da Griffith Evans (Vet. J. and Ann. comp. Path., Londra 1881) nel cavallo, nel mulo e nei cammelli in India; la malattia è trasmessa da tafani (Stomoxys calcitrans, St. nigra, ecc.) ed è estesa a tutta l'Asia meridionale. Nei bovini ha carattere benigno; invece gli equini, che specialmente ne soffrono, possono morire anche in 24 ore. I sintomi principali sono: febbre alta, feci verdi, giallastre o sanguinolente, scolo catarrale dal naso, dagli occhi e dai genitali; edemi varî, massime ai genitali, anemia, dimagramento, grande debolezza, specie al treno posteriore, dovuta a compromissione del midollo spinale.
2. La nagana, il cui agente specifico, il T. Brucei (Castellanella Brucei), fu scoperto nel 1895 dal medico militare David Bruce e da sua moglie. Questa malattia viene inoculata da una mosca (tsètsè, Glossina morsitans); la sua durata nei cavalli varia da qualche giorno a parecchi mesi; la mortalità è grandissima; per il decorso e i sintomi rassomiglia a una surrah più grave e violenta. Alcune razze indigene di asini appaiono parzialmente immunizzate e resistono abbastanza bene al male. Più infestate sono le regioni dove abbonda la grossa selvaggina, che sopporta senza gravi conseguenze l'infezione, e fornisce alle glossine il materiale infettante.
L'infezione domina nell'Africa centrale e meridionale, colpendo in ordine di decrescenza il cavallo, il mulo, l'asino, il bue, la pecora, i ruminanti selvaggi, alcuni carnivori, compreso il cane. La sua estensione è in stretto rapporto con l'area di diffusione della mosca tsè-tsè. Questa mosca con il sangue di animali infetti assume anche il virus, il quale nell'intestino del nuovo ospite si moltiplica attivamente. Gli esseri che ne derivano si portano nella saliva della proboscide e da questa nel sangue di quei mammiferi che vengono successivamente punti dalla mosca stessa. Il periodo d'incubazione oscilla dai 5 ai 15 giorni. Le manifestazioni cliniche s'equivalgono pressoché in tutte le specie animali. La temperatura sale rapidamente ad alti gradi; la curva termica ha carattere continuo o remittente nei primi giorni, mentre in prosieguo assume spesso andamento intermittente. Nel tempo stesso compaiono edemi (particolarmente agli arti, alla faccia inferiore dell'addome, nei dintorni degli organi sessuali, nel canale intermascellare, alle palpebre), eruzioni cutanee simili a quelle dell'urticaria, anemia, pronunciato dimagramento pur essendo l'appetito normalmente conservato. Col progredire dell'infezione gli ammalati si presentano sempre più deboli, con movimenti incoordinati; gradatamente s'istituiscono paralisi a tipo paraplegico per cui i pazienti finiscono col giacere ininterrottamente al suolo. Nella forma acuta la malattia evolve in 8-15 giorni, mentre in quella cronica decorre in due mesi e oltre. Le maggiori percentuali di guarigione s'osservano nei ruminanti e nell'asino; nel cavallo l'infezione è altamente mortale. La diagnosi si fonda, oltre che su reperti clinici ed epizoologici, sulla dimostrazione microscopica del parassita nel sangue prelevato specialmente nell'accesso febbrile, durante il quale i tripanosomi si fanno più numerosi, sull'inoculazione di sangue nei piccoli animali da esperimento. Il trattamento chemioterapico, specie con l'atoxil, il salvarsan, il neosalvarsan, l'arsenofenilglicina, il tartaro emetico, il triossido di antimonio, ecc., dà risultati soddisfacenti solo nei bovini, nel mulo e nell'asino; nel cavallo, invece, questa terapia è generalmente inefficace. Oggi si dà la preferenza alla terapia combinata, basata sull'uso contemporaneo o alternato di più medicamenti tripanocidi. La profilassi è di difficile applicazione; si può fondare sulla distruzione delle mosche. Dove il provvedimento si mostra irrangiungibile, si spalmano gli animali con sostanze di odore sgradevole o si riduce il pascolo alle ore notturne. Non va dimenticato che certi animali aventi superato la malattia rappresentano dei portatori di virus, perché possono ospitare nel sangue per alcuni anni i tripanosomi.
3. La durina, chiamata anche sifilide o malattia del coito dei cavalli, degli asini e dei loro incroci, è causata dai Tr. equiperdum (Castellanella equiperdum) scoperta da A. Rouget in Algeria (1894). Si manifesta con gonfiori e ulcerazioni degli organi sessuali, e, in un secondo periodo, con ulcere a fondo e margini callosi, sparse qua e là sulla pelle, grandi quanto uno scudo (in spagnolo duro, donde il nome del morbo). Generalmente si trasmette con il coito, ma in origine dovette essere inoculata da qualche insetto propagatore. La malattia è quasi cronica e generalmente mortale; è diffusa nell'Africa settentrionale donde passò anche in Spagna e nel mezzogiorno della Francia.
L'infezione s'origina in forma naturale mediante l'accoppiamento sessuale, perché nel secreto uretrale o vaginale di animali infetti sono normalmente contenuti gli agenti della malattia. I tripanosomi, raggiunta la mucosa uretrale o vaginale di animali sani, germinano dapprima nel punto d'innesto determinando un processo infiammatorio locale; in seguito per il tramite della circolazione sanguigna raggiungono altre parti del corpo. La loro azione patogena è legata essenzialmente alla produzione di tossine. Le manifestazioni della malattia compaiono 5-30 giorni dopo l'accoppiamento sessuale contagiante. In generale esse si susseguono in ordine cronologico a carico degli organi genitali esterni, della cute, del sistema nervoso periferico. Si dànno però casi in cui tutte tali manifestazioni sono presenti contemporaneamente, come se ne dànno altri in cui possono mancare quelli che sogliono aprire il quadro della malattia. Negli stalloni le lesioni agli organi genitali sono caratterizzate da infiltrazione edematosa, pastosa, indolente, al prepuzio, allo scroto, al glande e da uretrite. Sull'uretra, sul glande e sul pene compaiono in secondo tempo piccoli noduli che ben presto si trasformano in ulcere piane e tondeggianti; esse si possono conservare a lungo, e rimarginandosi lasciano il posto a cicatrici prominenti. Nelle femmine la malattia esordisce con sintomi analoghi e caratterizzati da tumefazione spesso asimmetrica delle labbra vulvari, da vaginite con scolo vaginale mucoso o purulento. Sulla mucosa vaginale e talora sulla pelle delle labbra vulvari si possono manifestare vescicolette e più spesso piccoli noduli con evoluzione analoga a quelli riscontrati nel maschio. Le manifestazioni cutanee sono caratterizzate dalla formazione di ponfi rotondeggianti o circinati o di forma irregolare, dovuti a infiltrazione edematosa del corpo papillare. Le manifestazioni nervose che vengono a chiudere il quadro del processo morboso consistono inizialmente in iperestesia e iperalgesia diffusa a tutta la superficie del corpo o limitata al territorio di distribuzione di qualche nervo soltanto. Si rileva di conseguenza una maggiore reazione agli stimoli cutanei, disturbi della locomozione consistenti in zoppicature varie, andatura rigida, ecc. Seguono fatti d'ipoestesia, di anestesia e di paralisi localizzati a determinati nervi, e specialmente al facciale e ai tronchi nervosi che s'irradiano alle estremità posteriori. In qualche caso i fenomeni di paralisi possono attenuarsi e scomparire. Durante la fase paralitica gli animali dimagrano notevolmente, nonostante l'appetito si mostri conservato. La malattia è accompagnata da febbre, a carattere generalmente intermittente.
Nei paesi del Nord l'infezione decorre in modo lento, fino a 1-2 anni, mentre in quelli del Sud evolve con maggiore rapidità (1-2 mesi). L'esito è molto vario; l'indice di mortalità può salire da cifre minime al 70-80%. La diagnosi clinica e epizoologica può essere suffragata dalla dimostrazione microscopica del parassita nel sangue. Data però la sua incostante presenza e la sua rarità in tale liquido, più facile riesce la sua dimostrazione nelle placche cutanee e più facile ancora nel secreto vaginale e uretrale. Si può ricorrere anche all'inoculazione negli animali da esperimento (cane, coniglio, ratto e topo bianco). Fra le reazioni sierologiche di ottimo aiuto diagnostico è la deviazione del complemento; le reazioni negative però hanno valore assoluto solo quando la prova è ripetuta 3 volte a distanza di circa 3 settimane, perché per la manifestazione della reazione sierologica si richiede un periodo d'incubazione di 2-3 mesi. Tanto la fissazione del complemento quanto gli altri metodi di sierodiagnosi (precipitazione, agglutinazione, agglomerazione, fissazione lipoidea) dànno reazioni di gruppo; perciò non hanno valore pratico dove dominano altre tripanosomiasi. Per la diagnosi differenziale si devono prendere in considerazione le altre tripanosomiasi, l'esantema coitale benigno, le paralisi dei nervi periferici riferibili ad altre cause.
Il Bayer 205, se usato precocemente, come i medicamenti tripanocidi impiegati nelle altre tripanosomiasi, dànno discreti risultati. A fine profilattico vanno esclusi dalla riproduzione gli animali infetti. Le disposizioni di polizia sanitaria, relative al morbo coitale maligno, sono contemplate dagli articoli 63 e 64 del vigente regolamento.
4. Il mal de caderas infierisce pure fra gli equini, ma nell'America Meridionale; determina febbre, anemia, dimagramento progressivo, finalmente paralisi del treno posteriore, donde il nome che significa malattia della groppa. Essa decorre in forma acuta o cronica, ed è sempre mortale. L'agente infettivo fu scoperto (Tr. equinum, Castellanella equiperdum) da L. Elmassian nel 1901. La malattia si presume trasmessa da ditteri ematofagi che attingono il materiale infettivo da roditori proprî dell'America Meridionale.
Nel cavallo si diffonde, specie in certe circostanze (terreni paludosi, stagioni piovose), in forma epizootica. Non è ancora definitivamente dimostrato il meccanismo dell'infezione naturale. La prima e più importante manifestazione, accanto a un'elevazione febbrile a carattere intermittente, è data da paraparesi, per la quale gli animali presentano andatura oscillante, strascicante, difficoltà del movimento di estensione degli arti posteriori. La manifestazione paretica s'accentua progressivamente sì da tramutarsi in una vera e propria paralisi. Compare nel contempo paralisi dello sfintere anale e notevole e progressivo dimagramento. Sulla cute appaiono spesso dei ponfi simili a quelli dell'urticaria; gli edemi sottocutanei sono rari. Il decorso è sempre letale. Nella pratica non ha corrisposto nessun medicamento tripanocida. Per profilassi gli equini ammalati vanno isolati; i sani vanno ritirati dai pascoli paludosi.
Oltre a queste, che sono le principali e meglio conosciute tripanosi del bestiame, ne esistono pure altre segnalate di recente, come la murrina (Tr. hippicum, Castellanella hippica) che attacca muli e cavalli al Panamá; lo mbori (Tr. Evansi, Castellanella Evansi) affine alla surrah, che colpisce cammelli ed equini nel Sudan e in Somalia; el debab (Giapan in Eritrea), altra epizoozia propria dell'Africa centrale, causata dal Tr. sudanese, Castellanella sudanese; molte altre epizoozie affini se non identiche a quelle già menzionate.
Accidentalmente qualche tripanosoma proprio del bestiame domestico e degli altri quadrupedi può infettare l'uomo, ma sono casi sporadici rari. Le tripanosi umane propriamente dette sono due: 1. Quella d'Africa o tripanosi del Castellani, il cui stato finale costituisce la malattia del sonno (v. sonno, malattia del). 2. La tripanosi (Castellanosi) sudamericana o brasiliana o morbo di Chagas. Essa è causata dallo Schizotrypanum Cruzi, appartenente a una sottofamiglia e a un genere a parte di tripanosomi patogeni, il quale si distingue dagli altri perché nell'animale vertebrato non rimane libero nel sangue e negli umori e non si moltiplica soltanto per divisione longitudinale o binaria, ma, invadendo le emazie e le cellule dei varî organi e tessuti, vi si riproduce anche con scissione multipla, in modo analogo a quello del parassita malarico, nell'interno dei globuli rossi del sangue. A seconda degli organi invasi (muscoli, polmone, tiroide, neuroglia cerebrale, ecc.), questo tripanosoma produce manifestazioni svariate e più o meno gravi, ben diverse dalle tripanosi più sopra considerate. L'insetto propagatore è un grosso Emittero Reduvide (Lanus o Triatoma megistus) il quale trae il parassita dall'armadillo (Dasypus novemcinctus) e può inocularlo all'uomo, insidiosamente, durante il sonno.
Il parassitismo tripanosomico è molto diffuso in natura, e si conoscono ormai più di 150 specie di tripanosomi. I protistologi ritengono che, in origine, essi siano stati soltanto parassiti di certi Invertebrati come Anellidi, Aracnidi e Insetti, dai quali poi si sarebbero diffusi fra i Vertebrati d'ogni classe e specie. Il primo tripanosoma riconosciuto come tale fu trovato da J. Valentin (1841) nella trota. I tripanosomi si distinguono in innocui e patogeni. I tripanosomi innocui hanno caratteri morfologici ben definiti, la loro virulenza o meglio non virulenza è costante e attaccano una sola specie di animali, sono dunque delle specie parassitarie ben fisse. Tale è, per esempio: il Tr. Theileri (Castellanella Theileri), scoperto da A. Theiler nel 1902 o Tr. ingens (Castellanella ingens, così detto per le sue grandi dimensioni) diffusibile in ogni parte del mondo, ma reperibile solo nei bovini che non ne soffrono punto. Allo stesso modo si comporta il Tr. Lewisi (Castellanella Lewisi), parassita obbligato dei ratti. A differenza dei patogeni, questi tripanosomi innocui rimangono tali anche per i comuni animali da esperimento (cavie, conigli, topi, cani, ecc.); attecchiscono cioè in una sola specie di animali, sono dunque specie parassitarie ben fisse. Invece i tripanosomi patogeni non presentano caratteri morfologici netti e si modificano nel passare da un animale all'altro; la loro virulenza è pure soggetta a grandi variazioni e possono attecchire in diverse specie di Vertebrati, nonché nei diversi animali da esperimento. Sono dunque specie parassitarie non ancora ben fisse, in via di mutazione o di variazione nel senso di H. De Vries.
In quanto al parassitismo tripanosomico umano, pare sia di data relativamente recente e che, tanto nell'uomo quanto nelle tsè-tsè, l'adattamento di questi parassiti a tali ospiti non sia ancora definitivo e perciò i caratteri differenziali delle varie specie non sono ancora completamente fissi.