TRICROMIA
. Procedimento di riproduzione fotografica o fotomeccanica dei colori dalla natura o da originali colorati, mediante tre colori. Si basa sul principio della scomposizione della luce bianca nei suoi colori fondamentali, e sulla sovrapposizione di luci colorate (sintesi additiva) e di pigmenti colorati (sintesi sottrattiva). Per i procedimenti fotografici tricromici, v. fotografia; qui si tratta più particolarmente della tricromia nelle arti grafiche fotomeccaniche (v. grafiche, arti).
Quando si voglia riprodurre un numero considerevole di copie in tricromia da un determinato originale colorato o direttamente dalla natura, occorre fare ricorso non più ai processi fotografici ma bensì a quelli fotomeccanici, che possono essere la fotoincisione, la fototipia, la rotocalcografia, la fotolitografia. Ad ogni modo, qualunque sia il procedimento fotomeccanico che s'intende di adottare, è necessario di partire sempre dai tre negativi selezionati, o, come si dice, dai tre monocromi negativi; occorre cioè, prima di ogni altra cosa, ottenere tre negativi di cui uno sia atto alla stampa del giallo, uno a quella del rosso e uno a quella del blu. A tale scopo è necessario:
i. di interporre tra l'oggetto da riprodursi e la lastra fotografica uno schermo o filtro colorato di un colore complementare a quello con cui deve essere stampato ognuno dei tre negativi; così per ottenere il negativo atto a stampare il giallo si adopererà un filtro viola (rosso + blu); per ottenere quello del blu un filtro arancio (giallo + rosso) e per ottenere il negativo del rosso un filtro verde (giallo + blu).
2. di usare materiale fotografico pancromatico, cioè sensibile a tutti i colori.
I filtri di luce possono essere solidi e liquidi. I primi sono generalmente formati da una lastra di cristallo a facce piane e parallele, ricoperta sopra una faccia di gelatina colorata, e alla quale si sovrappone, di regola, una seconda lastra di cristallo, identica all'altra, facendovela aderire mediante balsamo del Canada. Possono essere anche di cristallo colorato in pasta o di celluloide. I secondi sono costituiti da vaschette di cristallo, a facce piane e parallele, nelle quali si versa il liquido colorato convenientemente scelto.
Messa la macchina a punto e ben fissata, così da assicurarsi che i tre negativi che verranno eseguiti attraverso i tre filtri si sovrappongano perfettamente, illuminato dovutamente il soggetto a luce naturale o a luce artificiale, si porrà davanti o dietro l'obiettivo uno dei 3 filtri colorati, ad es., quello arancio e si farà la posa. Il filtro arancio, lasciandosi attraversare dai raggi gialli e rossi e non da quelli blu del soggetto, farà sì che la lastra sia impressionata dai primi due e non dall'ultimo, e tale lastra sarà quella da cui poi dovrà essere stampato il blu; il filtro verde, che viene attraversato dai raggi gialli e blu e non da quelli rossi, darà una negativa atta a stampare il colore rosso; il filtro viola infine darà la negativa del giallo, perché mentre si lascia attraversare dai raggi blu e rossi, assorbe invece quelli gialli.
Ottenuti i tre monocromi negativi, se il soggetto dovrà essere riprodotto in fotoincisione tricroma, verranno fatte da ciascuno tre positive per contatto, dalle quali saranno poi ricavati i tre negativi retinati che serviranno per ottenere i tre clichés su zinco o su rame. È questo il cosiddetto procedimento indiretto di fotoincisione tricroma; ma, per risparmio di tempo e quando il soggetto lo comporti, si ricorre generalmente al procedimento diretto che elimina l'esecuzione dei tre negativi selezionati su lastre alla gelatina-bromuro e l'esecuzione delle tre diapositive e delle successive tre lastre retinate da esse: tale procedimento diretto permette di ottenere dal soggetto i tre monocromi negativi direttamente retinati, con la interposizione del retino tra la lastra e l'obiettivo (v. grafiche, arti). L'introduzione dell'emulsione al collodio e delle lastre pancromatiche fotomeccaniche, che si fabbricano su vasta scala, ha reso possibile e agevole il procedimento diretto. L'emulsione al collodio, introdotta circa un quarto di secolo fa da Albert di Monaco di Baviera è costituita da bromuro d'argento in sospensione in un mezzo di collodio e alcool, e può esser resa sensibile ai varî colori mediante appositi sensibilizzatori (sostanze coloranti, cioè, che si mescolano all'emulsione stessa). Anche oggi essa è generalmente usata negli stabilimenti di fotoincisione, a preferenza delle lastre secche fotomeccaniche, perché meno costosa e più selettiva. La si manipola presso a poco come il collodio. Ottenuti i tre clichés su zinco o su rame col solito processo d'incisione, essi verranno posti in macchina per la stampa dei rispettivi colori, giallo, rosso, blu.
Usando, in luogo della fotoincisione, altri procedimenti, come, ad es., la fototipia, allora i tre monocromi negativi su lastre alla gelatina-bromuro vanno eseguiti col prisma per avere l'immagine non rovesciata, ma disposta nel medesimo senso dell'originale. Essi verranno poi stampati direttamente sulle apposite lastre di cristallo preparate per la fototipia; e queste saranno poste in macchina per la tiratura e sovrapposizione delle tre immagini colorate. Le macchine fototipiche, molto simili alle litografiche, permettono una perfetta registrazione delle lastre fototipiche e una perfetta coincidenza dei tre monocromi. Il procedimento fototipico tricromico trova una importante applicazione specie nella riproduzione di quadri di galleria.
In modo analogo si procede per ottenere stampe tricromiche fotomeccaniche in rotocalcografia e in fotolitografia, facendo l'impressione e l'incisione su cilindri di rame (per la rotocalco) o su lastre di zinco (per la fotolito) dai tre diapositivi ottenuti dai tre soliti monocromi negativi, e poi stampando rispettivamente nelle macchine rotocalcografiche e nelle offset.
Per ottenere buone riproduzioni tricromiche è necessaria, oltre che un'appropriata scelta dei filtri di luce, anche un'accurata scelta degli inchiostri da stampa, dovendo questi avere la tinta, la trasparenza e il grado di saturazione corrispondenti alle esigenze volute.
I colori che generalmente si adoperano sono un blu del tipo blu di Prussia, un rosso del tipo carminio e un giallo del tipo giallo-cromo. Quest'ultimo, perché più opaco, va sempre stampato per il primo; per gli altri due è indifferente stampare prima l'uno o l'altro; generalmente però si stampa prima il rosso. Si trovano oggi in commercio buoni inchiostri per tricromia, e anche terne di colori già stabilite dalle ditte fabbricatrici di tali inchiostri. Però affinché si possano ottenere risultati soddisfacenti occorre che la tinta degl'inchiostri sia quanto più possibile in armonia con quella dei filtri usati per la selezione tricromica. Per rendersi conto di ciò si usano speciali apparecchi, tra i quali uno dei più corrispondenti è il Wratten Ink Tester della Kodak.
Si arriva così alla constatazione che gl'inchiostri blu non assorbono completamente il rosso e assorbono troppo verde; quelli rossi assorbono troppo blu e non assorbono a sufficienza il verde. Di guisa che, e per questa ragione e per la non perfetta correzione dei filtri, è sempre necessario l'ausilio del cromista.