TRIBUNALE
(XXXIV, p. 304; App. I, p. 1068; II, II, p. 1020)
Tribunale della libertà. - Al fine di ovviare alle carenze più gravi in materia di garanzie processuali inerenti i diritti di libertà emerse durante la vigenza del codice di procedura penale del 1930, il legislatore aveva cercato, con la novella del 18 giugno 1965 n. 517, di dare la massima applicazione all'ammissibilità del ricorso per cassazione per violazione di legge. Tale ricorso, infatti, poteva essere espressamente proposto avverso "i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale". Si trattava, però, di una misura non molto efficace né, soprattutto, molto rapida, come invece occorreva nell'ipotesi di una necessaria reazione di fronte a provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria nell'esercizio del potere di cattura e di arresto ritenuti infondati o illegittimi. Contro questi il nostro ordinamento non prevedeva allora alcuna misura alternativa, nonostante le indicazioni emerse dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. I due testi, infatti, prevedono che "ogni persona privata della libertà ha diritto di indirizzare un ricorso ad un tribunale affinché esso decida entro brevi termini sulla legalità della sua detenzione", reagendo così decisamente al dilagare dell'uso dell'arresto e della custodia preventiva come strumento di politica criminale, uso che si veniva diffondendo anche in Italia con la cosiddetta legislazione d'emergenza contro il terrorismo e la criminalità organizzata.
Con la l. 12 agosto 1982 n. 532, poi precisata e allargata nella sua applicazione con le altre del 28 luglio 1984 n. 398 e del 5 agosto 1988 n. 330, il sistema delle garanzie della libertà personale nel corso del processo penale viene finalmente affrontato in modo organico. La legge, infatti, modifica l'istituto della cattura facoltativa, sia attraverso il duplice correttivo della specificazione dei fini ad essa connessi, sia attraverso l'apprestamento di misure alternative, e introduce inoltre la possibilità di un controllo giurisdizionale non soltanto di legittimità ma anche di merito sui provvedimenti restrittivi della libertà personale e su quelli di sequestro di beni. Il controllo giurisdizionale è affidato al t. del capoluogo di provincia in cui ha sede l'ufficio dell'autorità che ha emesso il provvedimento, t. che, richiesto di riesaminare il provvedimento limitativo della libertà personale o della sfera patrimoniale del ricorrente, deve verificarne i presupposti di fatto e di diritto che hanno presieduto alla sua emissione pronunciandosi, oltre che sulla legittimità, anche sul merito.
Il nuovo codice di procedura penale del 1988 ha recepito il disposto di tali leggi, attribuendo al t. sopra indicato, definito in modo forse un po' altisonante ''Tribunale della libertà'', la competenza a conoscere e a giudicare in ordine ai provvedimenti in materia di libertà personale e patrimoniale emessi durante le indagini preliminari, mentre la Cassazione, con una sentenza delle Sezioni unite del 23 novembre 1990, ha esteso tale competenza a tutti i provvedimenti presi in qualsiasi fase del giudizio e, quindi, anche in quella dibattimentale.
Ultimamente, in seguito a polemiche insorte contro l'uso prolungato della custodia cautelare nel corso delle inchieste riguardanti ipotesi di reato connesse a fatti di corruzione e di concussione, sono stati posti in discussione in Parlamento taluni provvedimenti tendenti a limitare i poteri in materia dell'autorità giudiziaria inquirente.
Bibl.: G. Ascione, D. De Biase, La libertà personale nel nuovo processo penale, Milano 1990; A. Baudi, Il potere cautelare nel nuovo processo penale, ivi 1990; M. Garavelli, Tribunale della libertà, in Enciclopedia del diritto, 45, ivi 1992, pp. 22 ss.; B. De Marco, Tribunale della libertà, in Enciclopedia giuridica, Roma 1993.