Vedi TREVIRI dell'anno: 1966 - 1997
TREVIRI (Augusta Treverorum)
Città della Germania nella valle della Mosella, sede della tribù dei Treviri. Cesare conquistò il territorio nel 57 a. C.; esso fu organizzato da Augusto tra il 16 e il 19 a. C.
Gli studiosi sono concordi nell'attribuire ad Augusto la fondazione della città, sulla base del rinvenimento di un'iscrizione monumentale (G. I. L., xiii, 3671) menzionante un L. Caesaris Au. identificato con Lucio Cesare, morto nel 2 d. C. Unico a dissentire è il Koethe,ilquale sostiene la fondazione di T. da parte di Claudio basandosi sul fatto che le ceramiche più antiche rinvenute nella città appartengono all'età di Claudio, e che nella metà S della città antica vi sono solo tracce di un campo militare (quello dell'Ala I Hispanorum). Ma Pomponio Mela (iii, 20), nel 45-46 d. C., la chiama urbs opulentissima, cosa ben difficile se essa fosse stata fondata soltanto qualche anno prima. È più probabile invece che T. sia stata innalzata da Claudio al rango di colonia.
La sua prosperità fu dovuta al rifornimento dell'esercito del Reno. Acquistò una notevolissima importanza alla fine del II sec. quando si dové difendere dalle prime invasioni barbariche. Un posto preminente T. ebbe con gli imperatori gallici del III sec., che ne fecero la loro residenza.
Questi imperatori non arricchirono la città di nuovi edifici, ma si limitarono ad utilizzare quelli già esistenti o al massimo ad ingrandirli. Nel 275-76 la città fu gravemente saccheggiata da Franchi e Alemanni che l'avevano invasa.
Nel 287 Diocleziano la scelse come capitale della parte occidentale dell'Impero. Al tempo delle lotte tra Costantino e Massenzio, T. appare come residenza imperiale. Costantino, e già prima di lui Costanzo Cloro, impressero alla città un grande slancio urbanistico (Eumene, Paneg. Const., vi, 22).
Dopo un periodo di turbamenti politici dovuti alle invasioni barbariche, T. conobbe un nuovo periodo di splendore sotto Valentiniano I (365-75), come è testimoniato da Ammiano Marcellino (xv, ii, 9) e Graziano. Alla corte di Graziano visse D. M. Ausonio che ci dà notizie preziose, di affreschi (Idyll., vi) e di importanti fabbriche per l'equipaggiamento dell'esercito.
La città non era rimasta estranea al rinnovamento religioso portato dal Cristianesimo. Lo attestano la fabbrica di vetri, le sculture ed i sarcofagi cristiani.
Nel 403 Stilicone richiamò in Italia le legioni stanziate sul Reno e Onorio, preoccupato da un'invasione di Goti che premevano dal S-E, trasportò la corte imperiale a Milano, e la prefettura ad Arles: iniziò così la decadenza della città.
T., nel periodo del maggiore sviluppo si presenta come una grande ellissi, dall'area di 285 ettari, tagliata da due grandi strade, il cardo e il decumanus, e da un reticolato di altre vie che si incrociano ad angolo retto. Il decumanus iniziava ad O dell'arco di Costantino, e ad E ai passaggi dell'anfiteatro fungenti da porta. Il cardo sbocca a S nella Porta Alba, a N non coincide con la Porta Nigra. Il Foro, fatto costruire da Costantino, non era collocato all'incrocio del cardo e del decumanus, ma si trovava spostato più a N. Era costituito da un vasto complesso di edifici cui pare appartenessero anche le terme e la basilica. La cinta delle mura, forse di età costantiniana, era notevolmente vasta, dominata da 47 torri semicircolari. La primitiva colonia Augustea di dimensioni molto minori (1.200 m di lunghezza per 6oo di larghezza), non aveva una regolare cinta di mura, ma solo un valium munito di palizzata di cui non è rimasta traccia.
Porta Nigra. - La Porta Nigra è la porta N della cinta di mura ed è la più sontuosa e meglio conservata che ci abbia lasciato l'Impero Romano. Misura m 34,50 di lunghezza, m 30 di altezza e m 21,50 di larghezza. Ha una corte interna larga m 17,50, lunga m 7,50 chiusa tra due torri e dominata sui quattro lati da un doppio piano di gallerie. La corte è attraversata da un doppio passaggio di m 3,90 a E e m 3,15 ad O. Saracinesche chiudevano le aperture della parte esterna, nella parte interna erano porte. Le torri larghe 9 m e alte 20 m dalla parte esterna formano due avancorpi circolari, dal lato interno sono rettangolari. Il materiale impiegato è arenaria squadrata in grossi blocchi. La porta presenta due particolarità rare nei monumenti imperiali: i contrassegni alfabetici incisi in un gran numero di blocchi e la data giornaliera di lavoro scolpita solamente sui blocchi che formano i pilastri tra gli archi del penultimo ordine della torre occidentale. Il Domaszewski pensa che queste ultime siano state incise dai soldati operai; secondo il Lugli invece, le date possono essere state incise dai fossori della cava per il controllo del tempo necessario allo stagionamento dei blocchi.
La porta non è stata terminata, i capitelli sono abbozzati. È stato osservato dal Durm che essa manca di una completa efficienza militare, sia per la sporgenza delle torri sia per gli eccessivi vuoti delle finestre (ben 70).
La sua facciata trova raffronti con altre porte restaurate in epoca costantiniana, anche se si fa distinguere per un carattere più sfarzoso. La datazione è controversa: è opinione, da molti accettata, che la porta risalga al IV secolo.
Nucleo romano della cattedrale. - La Cattedrale di T. ingloba nelle sue mura un edificio romano; nel muro N, si sono trovate le fondazioni di una sala quadrata, di 40 m di lato, nel cui interno si riconoscono le basi di 4 colonne di sienite verdastra. Scavi compiuti a più riprese tra il 1943 e il 1954, hanno rivelato che tanto la cattedrale quanto la Liebfrauen-Kirche (immediatamente adiacente, separata solo da un corridoio), poggiano su fondazioni romane, precisamente di due ecclesiae geminatae fatte costruire da Costantino nel 326, conservandone l'ampiezza e l'orientamento. Gli scavi compiuti nella basilica N hanno rivelato che essa sorse sulle rovine di un antico palazzo che la tradizione designa come residenza di S. Elena madre di Costantino, e di cui si è ritrovato il soffitto a cassettoni dipinti della sala di rappresentanza. Si sono recuperati pannelli con amorini danzanti e tre riquadri rappresentanti busti di donne che recano insegne imperiali, interpretati come ritratti, ma più probabilmente allegorici. La basilica, terminata verso il 348, era ampia a tre navate e poteva contenere 6.ooo fedeli, ma il rapido accrescimento della comunità cristiana costrinse Graziano (375-83) ad ampliarla demolendo la sala terminale ad E ed innalzando al suo posto un edificio quadrato senza abside, che è quello che ancor oggi resta, seppure con mutamenti, e costituisce il nucleo romano della cattedrale. Un portico doveva circondare all'esterno l'edificio. Al centro della sala quadrata, 4 colonne di sienite verdastra sostenevano il tetto. Ma nel V sec. la basilica fu distrutta dai barbari, e le colonne di sienite, spezzate, furono sostituite da altre di calcare. La basilica S ricoperta dalla Liebfrauen Kirche, era divisa anch'essa in tre navate, ma più piccola.
Basilica. - L'Aula Palatina, detta Basilica, si innalza proprio nel cuore delle costruzioni imperiali del IV sec. d. C. tra la cattedrale e le Terme Imperiali. Ancora ai nostri giorni questo edificio ha 67 m di lunghezza, 27,50 m di larghezza e 30 m di altezza. L'interno è costituito da una vasta sala rettangolare con un'abside di 13 m di profondità, che occupa quasi tutto il lato N. La mancanza di navate ne fa un unicum. All'esterno le masse murarie sono alleggerite da un duplice ordine di finestre inquadrate da slanciate arcate. La costruzione antica, in mattoni, si è conservata fino al tetto (moderno). Un disegno del 1610, dell'erudito Wiltheim, mostra alcuni merli al disopra della parte ancora esistente. Scavi recenti hanno dimostrato che la facciata S era preceduta da una lunga costruzione trasversale rettangolare, con un' abside ad O della stessa lunghezza della basilica. La parte centrale fungeva da vestibolo. Ad O si innalzava un portico, in direzione N-S, sotto cui si è ritrovato un criptoportico. È stato scoperto il sistema di riscaldamento con un ipocausto nel sottosuolo e 5 praefurnia all'esterno dei muri, cui corrispondevano altrettanti condotti che distribuivano l'aria calda. I muri erano rivestiti di marmi policromi di cui si sono trovati frammenti, statue ornavano le nicchie dell'abside, il pavimento era ricoperto di mosaici. L'edificio fu voluto come basilica giudiziaria nel 310 da Costantino, che lo fece innalzare sulle fondamenta di una precedente costruzione (consistente in un palazzo con numerosi appartamenti, e una sala rettangolare con abside il cui asse principale e orientamento generale furono mantenuti al tempo della costruzione dell'Aula).
Anfiteatro. - Si trova all'estremità del decumanus maximus. Per una parte fu scavato nel fianco della collina del Petrisberg. La tecnica di costruzione, una moneta di Domiziano e ceramiche trovate nella terra di riporto, assegnano la costruzione alla fine del I sec. d. C. Quando si costruì la cinta di mura, la parte O dell'Anfiteatro fu inglobata nella cinta stessa e rafforzata con una poderosa ossatura di arcate e la porta N costituì la porta della città su questo lato.
T. possedeva anche un circo, il Circus Maximus, di cui restano poche tracce a N dell'Anfiteatro.
Terme imperiali. - Furono scavate sistematicamente tra il 1912 e il 1914. Misurano m 260 di lunghezza e 140 di larghezza. Sono precedute da una grande palestra di 95 m di lunghezza e 75 di profondità; il portico esterno aveva la sua facciata, un ninfeo preceduto da una corte circondata da colonne. Del frigidarium e del tepidarium restano oggi solo le sostruzioni, del calidarium sono rimasti in piedi le grandi arcate, grazie alla loro utilizzazione nel Medioevo nella chiesa della S. Croce. Le terme, volute da Costantino, non entrarono mai in funzione. Sotto il regno di Graziano (375-383), gli ipocausti furono soppressi, i corridoi sotterranei colmati, non si installarono i tubi per le condutture dell'acqua. Non si conosce con precisione la ragione di tale trasformazione. Il Krencker ha espresso l'ipotesi che la palestra venisse adibita a mercato, e il resto dell'edificio a basilica giudiziaria, ma il Krüger, con più attendibilità, vede nelle numerose celle ricavate nella palestra una caserma e nelle sale dell'interno locali di rappresentanza.
Santuario dell'Altbach. - Il santuario dell'Altbach si trova alle porte di T., un po' al di fuori del quartiere ricostruito da Costantino. È un insieme vasto e complesso, consacrato al culto delle acque: il grande ruscello dell'Altbach che discende dalla collina di Heiligenberg lo circonda sui lati O e S. Il santuario rimonta a prima della conquista romana, e subì trasformazioni e ingrandimenti successivi. Restaurato da Costantino subì successivamente una grave distruzione. Il primo tempio che s'incontra a S-E è quello di Giove, di m 22 × 18 innalzato su un podio e circondato sui 3 lati da una galleria. A fianco, una cappella consacrata a Mercurio identificata da due iscrizioni. Di fronte è un grande tempio circondato da portico di forma quasi quadrata, di una dozzina di metri di lato. Si sono rinvenute due iscrizioni che menzionano la dea Ritona. Ad O si incontrano le fondazioni (m 15 × 12) di un grande tempio circondato da portico. Una piccola costruzione quadrata di m 5 di lato sembra essere stata una specie di tesoro. Numerose sono le fondazioni e i resti di altri tempietti, quadrati e rotondi, celle (in una fu rinvenuta una "madre") e pozzi. Tre dediche agli dèi Gassibus o Casibus o Cassedibus rinvenute nell'Altbach fanno supporre un culto a questi dèi locali. All'interno di una cinta rettangolare vi è un'abitazione con una corte centrale e due ali, sotto cui si riconoscono le sostruzioni di un teatro, edificio non raro nei luoghi di culto. Nell'ala E si è identificato un mitreo, di m 17 di lunghezza per 8 di larghezza.
Terme di S. Barbara. - Furono costruite alla fine del decumanus maximus e devono il loro nome a quello del quartiere in cui sorgono. Furono scavate nel 1820 e nel 1845-46. Della vasta costruzione (m 240 × 172) non si sono potute portare alla luce l'ala occidentale e le vaste corti che la precedevano a N e a S. Quella S era circondata da case a peristilio che davano sulla strada, quella N era circondata da un portico che lasciava in mezzo il vasto spazio della palestra di circa m 90 di lato. Alla palestra seguivano, lungo l'asse centrale, il frigidarium rettangolare, il tepidarium, cruciforme, il calidarium (m 20 × 35) coperto da una vasta cupola. Ai lati, sono disposti, simmetricamente, i locali di servizio. Singolare era la facciata S del calidarium, che conosciamo da disegni del Wiltheim del XVII sec., ornata da fusti di colonne intorno a cui si avvolgevano tralci di vite. Le terme erano sontuosamente decorate, con mosaici e marmi policromi e con statue, tra le quali si è recuperato negli scavi il torso di amazzone fidiaca. La complessità della pianta, la tecnica (alternanza di mattoni disposti orizzontalmente e di piccole pietre squadrate), fanno datare queste terme ad un'epoca di poco anteriore a quella di Costantino, verso l'ultimo trentennio del III secolo.
Ponte e granai di Santa Irmina. - Di un poderoso ponte, gettato dai Romani sulla Mosella alla fine del decumanus maximus, restano oggi 5 piloni, costituiti da un nucleo centrale in calcare rivestito di blocchi di basalto blu-nero tenuti assieme da arpioni di ferro. Il ponte dové essere costruito contemporaneamente alla cinta del V secolo. Nel 1911, in occasione di una grave siccità, si scoprirono i resti dei piloni di un ponte più antico, posto un pò obliquamente rispetto alla corrente del fiume.
Ancora al basso Impero risalgono con certezza i resti dei granai. Anticamente si presentavano come due grandi magazzini paralleli, a due piani, separati da una corte interna. All'esterno i muri erano animati da due ordini di arcate, entro cui si aprivano strette finestre; il tetto era sostenuto da due file di pilastri paralleli posti al centro delle sale.
Santuario di Lenus-Mars. - Il santuario di Lenus-Mars si trova sulla riva sinistra della Mosella. Esso era circondato da esedre, dove due banchi di pietra portano numerose iscrizioni al dio indigeno Lenus assimilato a Marte, a un Iuventucarus assimilato anche a Marte, a un Iutarabus o Entarabus. Il santuario è certo più antico del tempio; se ne sono trovate alcune tracce a S: resti del recinto, di un piccolo tempio, d'una sala con frammenti di statuette votive. Il tempio di età romana s'innalza al centro, in direzione N-S, inquadrato tra due cortili. La costruzione di questo edificio risalirebbe alla metà o alla fine del II secolo.
Tempio di Herrenbrünnchen. - In scavi condotti nel 1913, nei pressi dell'Altbach, si sono rinvenute fondamenta di un edificio, misuranti m 66 × 33, di difficile identificazione. Pare comunque che si trattasse di un tempio romano, che sorgeva su un alto podio. Un'ampia scalinata doveva condurre al pronao del tempio, prostilo, da cui si penetrava nella cella. Si sono rinvenute iscrizioni a divinità romane (Marte) e a una ninfa delle acque, celtica (Ico Valuna). L'opera muraria è analoga a quella dell'anfiteatro, perciò il tempio sarà da porre verso la fine del I, principio del II sec. d. C. I suoi resti sono oggi di nuovo interrati.
Ville. - Data l'importanza della città, nei suoi dintorni sorsero numerose ville residenziali. Una delle prime cronologicamente è quella di Fliessen (fine III principio III sec.), importante sia per la disposizione planimetrica N-S, concludentesi con un portico chiuso ai lati da corpi angolari, sia per i numerosi mosaici ivi rinvenuti, con decorazione geometrica. Devono buona parte della loro importanza al rinvenimento di mosaici anche le ville di Oberweis (III sec.), Euren (IV sec.), Odrang (IV sec.). Di particolare interesse, anche perché accuratamente scavata e studiata, è la villa di Nennig. Essa presenta lo schema affermatosi nelle grandi ville d'Italia in età imperiale. Appartiene al sec. III d. C.; ha una facciata a portico, con avancorpi laterali piuttosto ampi che si suddividono in vasti ambienti; al centro del corpo principale una grande sala circondata da un corridoio. Tutto l'edificio era circondato da portici e presentava annesse altre costruzioni, come terme, e un criptoportico. Al IV sec. appartiene la villa di Welschbillig, dalla pianta ancora incerta, nota soprattutto perché conteneva un laghetto interno, intorno al quale si sono rinvenute settanta erme decorative riproducenti greci e romani famosi e tipi etnici, databili al IV secolo.
Neumagen. - Borgo sulla riva destra della Mosella sulla strada da Treviri a Bingen corrispondente all'antica Noviomagus; ha restituito numerosi monumenti funerarî, ritrovati in frammenti nelle fondazioni di una fortificazione eretta alla fine del III secolo. I monumenti costeggiavano la strada e si presentano in tre diverse forme; ad altare, a pilastro e a cippo funerario.
I monumenti a pilastro sono affini a quello di Igel. La forma, a tre piani con nicchie, ricorda lo schema a torre già noto in Gallia, mentre la cuspide curvilinea si richiama agli esemplari di Aquileia. Il carattere narrativo e descrittivo dei rilievi prevale su quello architettonico del monumento. In genere i soggetti sono tratti dalla vita quotidiana; il trasporto del vino lungo la Mosella, il pagamento delle imposte, la caccia, l'abbigliamento delle matrone e così via. I monumenti erano dipinti, per quanto non conservino che scarse tracce di colore. Per la datazione si ha un sicuro terminus ante quem: il reimpiego dei frammenti in epoca costantiniana. Il ciclo di monumenti può essere racchiuso fra l'epoca traiano-adrianea e quella costantiniana.
Monumento funerario di Igel. - Il monumento si trova nel villaggio da cui prende il nome a 11 km da Treviri; ha la forma di una torre quadrata sormontata da una piramide con un gruppo di coronamento. Alto 20 m, è di arenaria friabile scuro-rossastra. Esso fu fatto innalzare dalla famiglia dei Secundini, (C. I. L., xiii, 4206), e raffigura i coniugi Secundini, con in mezzo un figlio, sormontati da tre medaglioni raffiguranti una figlia e due altri figli. La famiglia doveva la sua prosperità al commercio delle stoffe, come mostra la scena del ripiano superiore. Il frontone è ornato da una scena mitologica in cui si ravvisa il ratto di Ganimede. Gli altri lati del monumento rappresentano scene di vita quotidiana.
Scarse sono le tracce della pittura che, stesa su un tenue strato di stucco, rivestiva il monumento; il fondo era generalmente blu, le superfici distese in giallo chiaro o scuro, i contorni rafforzati da linee brune (Vol. V, fig. 274).
Un sicuro termine di confronto per la datazione è costituito dai rilievi di Neumagen, in particolare con i più tardi. Ne risulta una datazione verso la metà del III secolo.
Arte a Treviri. - T. è stata dal II al V sec. d. C. forse il più importante centro di cultura artistica romana a N delle Alpi. Nei suoi monumenti si può scorgere con sufficiente chiarezza l'evoluzione dalle prime costruzioni ancora non del tutto prive di caratteri indigeni e proprie di una modesta città di provincia, ai monumenti fastosi della tarda età imperiale. Mescolanza di tradizioni celtiche e di elementi classici si trovano nei santuarî, ad esempio quello di Lenus-Mars e quello della valle dell'Altbach.
Le invasioni barbariche, iniziate nella metà del III sec., mutarono il volto alla città. Di colpo T. acquistò un'importanza politica e strategica di prim'ordine, sali al rango di capitale, si arricchì di splendidi edifici, che partecipano dei caratteri comuni dell'architettura tardoantica, ma senza ripeterne passivamente gli elementi, bensì assimilandoli e trasformandoli per creare un'arte originale e autonoma.
Nelle numerose serie di sculture romane rinvenute a T. si può con facilità stabilire una linea di demarcazione tra le sculture in calcare, opere di artisti locali, in cui è palese l'influsso dell'arte celtica indigena, e le opere in marmo, probabilmente importate dall'Italia. In generale, i pezzi di scultura indigena non raggiungono un livello artistico elevato. Presentano invece un interesse tutto particolare per i loro soggetti i rilievi funerarî di Neumagen. Alla stessa corrente appartengono i frammenti delle cosiddette colonne dei giganti. La produzione di questi monumenti cessa con l'invasione alemanna del 275-76. Il filone di scultura che possiamo chiamare greco-romano ha i suoi esemplari più validi nel torso di amazzone in marmo pario delle Terme di S. Barbara, e in un rilievo con efebo proveniente dagli stessi scavi. Un torso d'atleta, sempre in marmo pario, richiama lo stile di Policleto. Ricca è la serie dei ritratti, delle sculture decorative, dei piccoli bronzi. Recenti scavi hanno fornito una testa assai mutua in cui si riconosce il tipo iconografico dell'imperatore Graziano. Non mancano a T. notevoli esemplari di arte cristiana importati da Roma, come il sarcofago di Noè. In stretto rapporto con questo sarcofago appare quello di Agricio, rinvenuto nelle fondamenta della chiesa di S. Massimino, scolpito solo su di una facciata. È probabile l'ipotesi che appartenga al vescovo di T., Agricio, che partecipò al sinodo di Arles del 314.
Nel campo della pittura antica, T. ci dà una testimonianza preziosa anche se limitata con i riquadri del soffitto di una sala del palazzo costantiniano. La loro appartenenza al palazzo costantiniano è una prova sicura per la loro datazione ai primi decennî del secolo IV. Il livello di queste pitture è eccellente. Esse, con il loro stile coloristico e la loro raffinata distribuzione di luce e di ombra, s'inquadrano perfettamente nella pittura tardoantica, priva di disegno e di prospettiva, caratterizzata dall'uso sapiente del colore.
T. possiede un numero molto notevole di mosaici che si possono facilmente dividere in tre gruppi cronologicamente ben delimitati, i mosaici del I e II sec.; quelli che vanno dal tempo di Settimio Severo fino all'invasione germanica, e quelli dalla fine del III sec. sino alla fine della dominazione romana. I mosaici del I e II sec. hanno una decorazione quasi esclusivamente geometrica e una colorazione predominante in bianco e nero. Solo nei più tardi appaiono elementi vegetali lineari e stilizzati. Per la maggior parte, essi provengono da ville dei dintorni di Treviri. Il secondo periodo caratterizzato da mosaici figurati, segna l'apogeo artistico dei mosaici della regione di T.; la struttura decorativa non cambia molto, cioè il tessuto del mosaico è sempre dato da una rete di ottagoni, o di strisce intrecciate di gusto decorativo, ma i piccoli campi che ne risultano non sono più opposti l'uno all'altro mediante il colore, bensì accolgono figurazioni varie: le quadrighe, come nel mosaico dei corridoi rinvenuto vicino alle Terme Imperiali, scene d'anfiteatro nel mosaico di Nennig, ritrovato nella villa omonima, busti di uomini di lettere nel mosaico dei letterati e in un esemplare firmato, il cosiddetto mosaico di Monnus. Appare di frequente la decorazione con muse.
Importante, perché datato da un'iscrizione (C.I.L., xiii, 3679), è il mosaico di Vittorino, l'effimero imperatore delle Gallie dopo Postumo. Il terzo periodo dei mosaici di T. è caratterizzato da un'abbondanza e una ricchezza decorativa dovuta all'importanza assunta dalla città come capitale dell'Impero Romano d'Occidente.
Notevole il cosiddetto mosaico dei Misteri proveniente dalla Johann-Philipp Strasse, in cui, in una cornice formata da una doppia striscia intrecciata, un'altra striscia di trecce delimitava 15 campi figurativi. Uno di essi rappresenta la nascita dei gemelli (Castore Elena e Polluce) dall'uovo, gli altri presentano una serie di servi che portano oggetti e vivande.
Museo. - Il Landesmuseum di T. è uno dei più importanti musei romani della Germania e raccoglie un vastissimo materiale, che va dall'età della pietra fino alla tarda età imperiale romana. L'età della pietra, del Bronzo, la Civiltà di Hallstatt e la Cultura di La Tène, sono documentate da materiale proveniente in genere da scavi di tombe: urne, ceramiche, ornamenti d'oro, fibule. Ma il nucleo principale e più interessante del museo è ovviamente quello del materiale di età romana. Ricchissima è la serie delle sculture. Quelle di ispirazione indigena, generalmente in calcare, sono di livello e di carattere molto vario. Numerose sono le iscrizioni, le stele, le statue votive, provenienti da santuarî come quelli della valle dell'Altbach, e di Lenus-Mars, di fattura piuttosto grossolana, raffiguranti divinità indigene o divinità classiche assimilate alle indigene. Vi sono poi maschere, frammenti di bassorilievi, spesso provenienti da sarcofagi, con rappresentazioni varie (per esempio lotta tra Romani e barbari, Perseo che libera Andromeda). Il Landesmuseum conserva anche tutti i frammenti, sia base che coronamento, del gruppo del cavaliere col gigante, rinvenuti nella regione di T., le 70 erme provenienti dalla villa Welschbillig, la serie completa dei rilievi di Neumagen. Nel cortile del museo vi è una riproduzione, in grandezza naturale, del mausoleo di Igel. Meno numerosa è la serie delle sculture in marmo, d'ispirazione greco-romana, che può vantare esemplari come l'Amazzone proveniente dalle terme di S. Barbara, varî busti di Venere di livello eccellente, numerose teste prevalentemente femminili. Tra gli esemplari di questa serie vi è anche un bassorilievo di piccole dimensioni raffigurante la triade capitolina. D'ispirazione classica sono le opere in bronzo, per lo più statuette di divinità.
Ai secoli tardi (fine III, IV e V d. C.) appartengono i sarcofagi di Noè e di Agricio, numerose iscrizioni funerarie con simboli cristiani, una lamina di argento proveniente da un sarcofago con la rappresentazione di Adamo ed Eva intorno all'albero, e della resurrezione.
I mosaici di cui il sottosuolo di T. e dintorni era ricchissimo, sono riuniti nel museo, fatta eccezione per alcuni, come quelli della villa Oberweis, che sono stati distaccati ed esposti in loco. La collezione è stata da poco arricchita dell'importante mosaico dei Misteri. Nel campo della pittura il Landesmuseum non offre invece alcunché di interessante, in quanto i resti del soffitto costantiniano scoperti sotto il Duomo si trovano al Bischöfliches Museum. Riccamente rappresentata è la ceramica tipica della regione, la terra sigillata. Anche la serie dei vetri è molto ricca, da quelli in blu-verde del I sec. ai vetri chiarissimi e trasparenti che cominciano sotto Adriano e la cui industria prende uno slancio notevolissimo tra il II e il III secolo. All'ultimo periodo dell'Impero appartengono vetri decorati e con esili fili blu gialli dorati a zig-zag. Al IV sec. appartiene la preziosa tazza diatreta rinvenuta in un sarcofago a Niederemmel e anche numerosi calici e coppe con rappresentazioni cristiane.
Bibl.: Generale: A. Grénier, Quatre villes romaines de Rhénanie, Parigi 1925, p. 11 ss.; D. Krencker, Das römische Trier, Berlino 1926; Rau, in Pauly-Wissowa, VI A, 1937, col. 2301-2353, s. v.; H. Koethe, Die Anfänge Triers, in Tr. Zeitschr., XIII, 1938, p. 190 ss; W. Kimmig, Beiträge zur älteren Urnenfelderzeit im Trierer Land, ibidt., XIII, 1938, p. 157 ss.; H. Koethe, Römerzeitliche Grabhügel Trierer Landes und seiner Nachbargebiete, ibid., XIV, 1938, p. 113 ss.; E. Gose, Spätrömische Grabfunde in T. ibid., XXIV-XXVI, 1956-58, p. 120 ss.; dal 1930 a T. si pubblica la rivista: Trierer Zeitschrift für Geschichte und Kunst des Trierer Landes und seiner Nachbargebiete. - Architettura: Porta Nigra: G. Lugli, La porta Nigra di Treviri, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, XVIII, 1960, p. 97 ss. Nucleo romano della cattedrale: F. Oelmann, Zur Deutung des römischen Kernes im Trierer Dom, in Bonner Jahrb., CXXVII, 1922, p. 130 ss.; T. K. Kempf, Die vorläufigen Ergebnisse der Ausgrabungen aus dem Gelände des Trierer Domes, in Germania, XXIX, 1951, p. 47 ss.; id., Die Ausgrabungen am Trierer Dom und and der Liebfrauenkirche von 1953 bis 1954, in Neue Beiträge zur Kunstgeschichte des I. Jahrtausend, I, 1962, p. 103 ss. Basilica: W. Reusch, Die Aussengalerien der sog. Basilika in Trier, in Tr. Zeitsch., XVIII, 1949, p. 170 ss.; W. Reusch, Die Aula Palatina in Trier, in Germania, III, 1955, p. 180 ss.; F. Kretzschmer, Die Heizung der Aula Palatina in Trier, ibid., III, 1955, p. 200 ss.; H. Mylius, Die Aussengalerien der Aula Palatina in Trier, in Bonner Jahrb., CLVIII, 1958, p. 222 ss. Terme Imperiali: D. Krencker-E. Krüger, Die Trierer Kaiserthemen, Augustas 1929; E. Zahn, Neufunde der Kaiserthermengrabungen in Trier, in Welt Kunst, XXXIII, 1963, p. 12. Tempio dell'Altbach: S. Loeschcke, Der Tempelbezirk im Altbachtal zu Trier, Francoforte sul Meno 1938-42. Terme di S. Barbara: H. Kähler, Die Südfassade der Barbarathermen in Trier, in Tr. Zeitschr., XVIII, 1949, p. 20 ss. Tempio di Lenus-Mars: E. Gose, Der Tempelbezirk des Lenus-Mas in Trier, Berlino 1955. Granai di St. Irmino: H. Eiden, Untersuchungen an den spätrömischen Horrea von St. Irminen in trier, in Tr. Zeitschr., XVIII, 1949, p. 73 ss. Foro: E. Gose, Das Forum in Trier, in Germania, XXXIX, 1961, p. 199 ss. Palazzo imperiale: W. Reusch, Die spätantike Kaiserresidenz Trier im Lichte neuer Ausgrabungen, in Arch. Anz., LXXVII, 1962, p. 875 ss. Ville: P. Steiner, Römische Landhäuser im Trierer Bezirk, Berlino 1923. Monumenti funerarî della regione: F. Hettner, Die Neumagener Monumente, in Rh. Mus., XXXVI, 1881, p. 435 ss.; E. Espérandieu, Récueil général des basréliefs statues et bustes de la Germaine romaine, VI, Parigi 1915; F. Drexel, Die belgisch-germanischen Pfeilergrabmäler, in Röm. Mitt., XXXV, 1920, p. 27 ss.; F. Drexel, Die Bilder der Igeler Säule, in Röm. Mitt., XXXV, 1920, p. 83 ss.; H. Dragendorff-E. Kruger, Das Grabmal von Igel, Treviri 1924; A. Schober, Zur Entstehung und Bedeutung der provinzialrömischen Kunst, in Österr. Jahresh., XXVI, 1930, p. 99 ss.; S. Ferri, L'arte romana sul Reno, Milano 1931, p. 68 ss.; E. Krüger-W. von Massow, Die Grabmäler von Neumagen, Berlino-Lipsia 1932. Scultura: H. Koethe, La sculpture romaine au pays des Trévires, in Rev. ARch., X, 1937, p. 199 ss.; F. Gerke, Der Trierer Agricius Sarkophag, in Tr. Zeitschr., XVIII, 1949, p. i ss. Pittura: T. K. Kempf, Konstrantinische Deckenmalereien aus dem Trierer Dom, in Tr. Zeitschr., XVIII, 1949, p. 170 ss.; A. Alföldi, Zur Erklärung der Konstantinischen Deckengemälde in Trier, in Historia, IV, 1955, p. 131 ss.; M. Cagiano de Azevedo, Ritratti o personificazioni le figure del soffitto dipinto di Treviri?, in Archeologia Classica, X, 1958,p . 60 ss. Mosaici: H. Eiden, Spätrömisches Figurenmosaik am Kornmarkt in Trier, in Tr. Zeitschr., XIX, 1950, p. 52 ss.; K. Parlasca, Das Trierer Figurenmosaik und das ägyptische Ur-Ei, ibid., XXX, 1951, p. 109 ss.; R. Egger, Ein Collegium Castoris in Trier. Betrachtungen zum Figurenmosaik vom Kornmarkt, ibid., XXII, 1953, p. 56 ss.; K. Parlasca, Die römischen Mosaiken in Deutschland, Berlino 1959, p. 6 ss.; J. Moreau, Das Trierer Kornmarkt-Mosaik, Colonia 1960; M. Rensch, in Bull. Soc. Ant. de France, 1963.