Vedi TRENTO dell'anno: 1966 - 1997
TRENTO (Tridentum)
Città capoluogo del Trentino, situata nella media valle dell'Adige, attestata a S del fiume che, prima della rettifica ottocentesca, con un' ampia curva sbarrava la valle attraversandola da E ad O. Sulla riva opposta del fiume, a N-E della città, si protende dalle pendici del monte Bondone il Doss Trento (la Verruca dei Romani) la cui caratteristica forma fu già descritta da Cassiodoro. Qui si ebbe fin dall'età neolitica, grazie alla sicura posizione ed alla vicinanza del fiume, uno stanziamento umano del quale si trovarono, in rinvenimenti occasionali, numerose tracce. Ritrovamenti di aes grave e di monete massaliote attestano la continuità degli stanziamenti in epoca gallo-romana. Altri stanziamenti si trovavano sparsi in età preistorica nella conca di Trento, come sul Castelar de la Groa, a Romagnano (necropoli della prima Età del Ferro), a Castione di Cognola, a Povo, sul Dosso di Casteller e nella sottostante necropoli (Villazzano), a Casteller di Man.
L'origine dei primi abitatori è incerta: forse Liguri, cui si aggiunsero poi i Veneti; ad essi si sovrapposero i Galli dai quali la zona passò gradualmente nella sfera d'influenza romana. Secondo attendibili ipotesi i Cimbri scesi per la valle dell'Adige vi sconfissero Catulo invano attestatosi sulla Verruca dopo di essersi assicurata la ritirata gettando un ponte sul fiume. A quel tempo la piana, impaludata dall'Adige, non era ancora abitata, né esisteva la città della quale abbiamo notizie solo relativamente tardi. Essa infatti fu costruita forse solo intorno al 23 a. C., quando nell'imminenza della guerra retica il legato di Augusto, Marco Apuleio, vi fece delle opere, come attesta l'iscrizione trovata murata nella chiesa di S. Apollinare. La città, sorta, per esigenze strategiche, a sbarramento della valle contro invasioni del N, difesa da quella parte dal fiume e sugli altri lati dalle mura, ebbe pianta regolare ed attirò presto la popolazione dei dintorni. Divenuta stazione importante della Via Claudia Augusta Padana, detta splendidum municipium nell'editto di Claudio del 46 d. C., iscritta alla tribù Papiria, divenuta in seguito colonia (lapide di Valerio Mariano), T. era la più settentrionale delle città d'Italia ed il suo territorio confinava a N con la Rezia. Dopo la campagna retica, perdette gradualmente l'importanza strategica originaria e divenne invece fiorente centro stradale ed agricolo.
Il perimetro delle mura della città romana è noto sopratutto grazie alle ricerche del Ranzi, le cui conclusioni vennero in complesso confermate dai successivi scoprimenti. Le mura si staccavano dalla riva del fiume presso la torre Vanga e scendevano parallele alla via Prepositura piegando ad angolo retto in corrispondenza all'antico convento dell'Ordine Teutonico; attraversavano poi la piazza del Duomo passando sotto la Torre di Piazza, dove si trovarono, a 4 m di profondità, i resti di una porta gemma (Porta Veronensis); piegavano poi ad angolo retto verso N raggiungendo di nuovo la riva del fiume presso un antico guado (Vicolo del Vò). Su questo lato si trovarono importanti resti di mura sotto il Palazzo Fogazzaro e, recentemente, nel terreno Nicolodi, presso il vicolo suddetto. Questo lato esposto alle incursioni dalla collina, era rinforzato da un contromuro e difeso da un fossato. Strade lastricate vennero trovate, sempre a circa 4 m di profondità, sotto il teatro (crocicchio stradale), presso la Porta Veronese, ma soprattutto in tutto il percorso della via Lunga, l'attuale via Roma, che costituiva evidentemente il decumanus maximus. Alle due estremità di questa strada si aprivano nelle mura due porte, dette nel Medioevo "Portella", e "Auriola" o "Oriola". Resti di edifici e di templi romani si trovarono particolarmente nella zona di S. Maria Maggiore (capitelli compositi di notevoli dimensioni, rocchi di grandi colonne scanalate, frammenti di fregio con grandi lettere, fregi con triglifi e metope ecc.). Fuori delle mura, ad O, nell'antico quartiere del Sorbano, venne trovata recentemente una vasta villa suburbana con due pregevoli mosaici pavimentali di età imperiale, dei quali uno figurato (mito di Orfeo). Pure fuori delle mura, ad E, presso la chiesa di S. Pietro si trovarono i resti di un anfiteatro identificati per la prima volta dal Cresseri (1760) sotto le fondamenta del Palazzo Consolati; esistenza confermata in seguito dalle ricerche del Ranzi e infine da recenti ritrovamenti.
Zone sepolcrali si trovano particolarmente davanti alla Porta Veronese (tomba di S. Vigilio, al di sotto della cattedrale), nella zona di piazza Venezia (nella località "Paradisi") e oltre l'Adige, sotto il Verruca, nella zona di Piedicastello. Due centri religiosi, dominati probabilmente da sacelli, vennero identificati presso la città a Man (Villazzano) e a Minerf (Povo).
Passata la città gradualmente al cristianesimo nel corso del IV sec., il primo cimitero cristiano sorse nell'area del Duomo, intorno alla tomba di S. Vigilio, del quale si conserva il magnifico sarcofago in marmo (circa 400 d. C.).
Sul finire del V sec., dopo il ritiro delle guarnigioni romane dal Norico, la città venne parzialmente abbandonata dalla popolazione che passò sulla destra del fiume ai piedi del Verruca e sul dosso stesso, trasformato in castello di rifugio. Il trasferimento della popolazione sul dosso venne compiuto per ordine di Teodorico (cfr. Cassiodor., Var., iii, p. 48) sotto il quale il dosso stesso venne fortificato e munito di un antemurale identificabile forse con quello nominato in una lettera di Cassiodoro (Var., 5, ep. 9). Esso, che abbracciava l'attuale borgo di Piedicastello, come poté dimostrare il Ranzi, venne costruito impiegando lapidi funerarie ed are dedicatorie prelevate dalla vicina città abbandonata.
T. in seguito, occupata dai Longobardi, divenne sede di un ducato.
Museo Nazionale. - Il primo museo di T. venne inaugurato nel 1853, nella sede della Biblioteca Civica. Venne assorbito nel 1924 dal Museo Nazionale, allora fondato, ed ampliato notevolmente coi frutti di acquisizioni e scavi e sistemato nell'antico appartamento del Cardinale Clesio. Il lapidario comprende una sezione romana nella quale prevalgono i pezzi provenienti dalla città, e una sezione altomedievale, nella quale si ammirano particolarmente i plutei della basilica del Doss Trento e quelli di Stenico. Particolarmente degni di rilievo sono i reperti della palafitta di Ledro cui è dedicata un'intera sala, i bronzi votivi iscritti di Sanzeno, la situla iscritta di Cembra, i reperti del sepolcreto di Meclo e dei Campi Neri di Cles fra cui la Tavola Clesiana dell'imperatore Claudio, in bronzo. Si aggiungano rilievi mitriaci, una pregevole base marmorea di stile ellenistico, bronzetti romani. Fra i reperti altomedievali sono da segnalare i gioielli e le croci auree longobarde, oltre alla capsella argentea di S. Apollinare.
Bibl.: G. G. Cresseri, Ragionamento intorno ad un'iscrizione Trentina di Augusto, Trento 1760; F. Ranzi, Pianta antica della città di Trento, Trento 1869; T. Mommsen, La tavola Clesiana, Trento 1869; G. Gerola, I monumenti antichi del Doss Trento, in Trentino, 1926; E. Ghislanzoni, La scoperta della Porta Veronensis in T., in Studi Trentini, 1947, p. 89 ss.; G. Roberti, Foglio 21 della Ediz. Archeol. della Carta d'Italia, Firenze 1952; N. Rasmo, Architettura medievale nel Trentino e nell'Alto Adige, Trento 1961; id., La chiesa di S. Apollinare, in Cultura Atesina, 1962. Per il museo: G. Gerola, Il Castello del Buonconsiglio e il Museo Nazionale di T., Roma 1934 (con bibl.); R. Battaglia, La palafitta del lago di Ledro, in Bolletino di paletnol. ital., 1943; G. Fogolari, Sanzeno nell'Anaunia, in Civiltà del Ferro, 1960; Mostra dell'arte della situle, Padova 1961, n. 2, 39 (per reperti di Pergine e di Meclo).