TRENTA
. Famiglia lucchese, mercantile e patrizia, che i genealogisti fanno provenire dall'Alsazia, e che i documenti dànno presente al giuramento di fedeltà prestato in Lucca a Giovanni di Boemia nel 1331. Appartenne al governo cittadino, dal 1369 al 1798, nei supremi uffici del gonfalonierato e degli anziani della repubblica, e fu illustrata da letterati e da ecclesiastici. Fra questi ultimi il più noto è Stefano, vescovo di Lucca (1448-77) legato a latere per Pio II a sollecitare presso l'imperatore Federico III, nel 1459, la guerra contro il Turco. Fu poi, nel 1467, ambasciatore di Paolo II al re Edoardo IV d'Inghilterra. Vicelegato delle Marche sotto Sisto IV, spiegò opera di mecenatismo raccogliendo, con spirito di umanista, insigni codici dei quali è superstite il suo Messale della prima metà del sec. XV, miniato da mano franco-fiamminga, che si conserva oggi nella biblioteca governativa di Lucca. Fra gli uomini di lettere meritano specialmente ricordo Lorenzo di Vincenzo, autore di cronache di Lucca, compiute nel 1583, e rimaste inedite, e Tommaso Felice (1745-1836) che, segretario dell'Accademia degli Oscuri, pubblicò opere di patria erudizione.
I Trenta costituirono la loro fortuna esportando seterie lavorate, e facendo commercio di gioielli, oreficerie, pellicce, tele, merletti e begli arredi, dei quali fornirono dai loro banchi di Parigi e di Bruges le corti di Francia e di Borgogna, e lo stesso signore di Lucca, Paolo Guinigi (1400-30).
I rappresentanti più doviziosi della loro compagnia commerciale furono i fratelli Silvestro, Matteo, Galvano e Lorenzo, figli di Federico. Galvano, ch'ebbe donna Bartolomea de' Bardi di Firenze, prestò ingenti somme alla corona di Navarra; tenne in prestito i gioielli del duca di Borgogna, Giovanni Senza paura, a stento riscattati da Filippo il Buono. Lorenzo, vissuto fino al 1439, fu corrispondente e fornitore della corte guinigiana; ma più noto è il suo nome di splendido mecenate per avere commesso, nel 1413, a Iacopo della Quercia il grande polittico marmoreo della sua cappella di S. Riccardo in S. Frediano di Lucca, lavoro compiuto nel 1422 con la collaborazione di Giovanni da Imola. Al censo trasmesso da questi fastosi mercanti e banchieri del Rinascimento, e investito poi nel patrimonio fondiario, fu debitrice in gran parte la repubblica lucchese della sua libertà politica conservata fino al termine del Settecento.
I Trenta, che hanno ancora discendenza in Lucca, elevarono imponenti costruzioni in cotto nel braccio di S. Frediano, in Via S. Giorgio, e sul Fillungo, dove ospitarono il 23 giugno 1495 Carlo VIII, reduce dalla sua impresa nel Reame di Napoli. Un altro principe straniero, Federigo IV di Danimarca, anch'esso ospite in Lucca nel 1692, fu preso da improvviso amore per una loro giovane donna, Maria Maddalena, "la fanciulla di Lucca" di Biorge Janssen. La quale per l'amarezza dell'incompiuta promessa nuziale vestì l'abito del Carmelo nel chiostro di S. Maria degli Angeli a Firenze, richiamando colà nel 1709 il suo non immemore amatore a spirituali ma sempre ardenti colloqui.
Bibl.: Notizie storiche e documenti della famiglia T. nelle carte di Tommaso T. nell'archivio di stato in Lucca, mss. 16 e 21. L. Fumi-E. Lazzareschi, Carteggio di Paolo Guinigi, Lucca 1925; L. Mirot-E. Lazzareschi, Lettere di mercanti lucchesi da Bruges*e da Parigi (1407-21), in Bollettino storico lucchese, Lucca 1929; E. Lazzareschi, La dimora in Lucca di Jacopo della Quercia, in Bull. storico senese, Siena 1925; G. Sforza, Una monaca e un Re, in Ricordi e biogr. lucchesi, Lucca 1916.