TREDICI COMUNI, Altipiano dei (A. T., 24-25-26)
Nome territoriale con cui nella provincia di Verona si designa tuttora la parte mediana dei Monti Lessini dal Vaio dei Falconi a ponente, alla valle del Chiampo a levante: le parti alte e medie delle valli dei Falconi, dell'Anguilla, di Squaranto e d'Illasi, oltre alla superficie dell'altipiano semicarsico soprastante, sono comprese in questo territorio. Sino alla caduta del dominio veneto esso formava un'unità amministrativa. I comuni appartenenti a questa unità erano dapprima undici: Velo Veronese al centro del territorio, tra le alte valli di Masi e di Squaranto, Roverè di Velo a SO., Val di Porro a ponente dello Squaranto, Azzarino a NE. di Velo, Camposilvano a N., Selva di Progno con Giazza nell'alta valle d'Illasi, Badia di Calavena (anticamente Sprea con Progno, che pare sia l'attuale S. Andrea di Badia), pure nella valle d'Illasi, Saline a O. di Badia di Calavena, Bosco Chiesanuova (l'antico Bosco Frizolana) a ponente di Val di Porro, Tavernole a S. di Saline, Cerro (o Alferia) a S. di Chiesanuova, erano i comuni più antichi del vicariato, ai quali nel 1795 si aggiunsero Erbezzo a NO. di Chiesanuova e San Bartolomeo a E. di Selva di Progno. Di questi tredici nomi, solo sette si ritrovano nelle divisioni comunali d'oggi (Erbezzo, Bosco Chiesanuova, Velo, Roverè di Velo, Selva di Progno, Badia di Calavena e S. Mauro di Saline). Tuttavia il nome territoriale è sopravvissuto alle nuove divisioni amministrative per la ragione che il territorio si distingueva da tutto il resto della montagna veronese a causa della presenza di coloni tedeschi.
La "contrada", come si chiama localmente l'aggruppamento di poche case, più volte originato dal fatto che i figli costruirono un'abitazione accanto alla paterna, onde molte volte esse portano nomi personali, è la forma caratteristica dell'insediamento: talune contrade, situate in posizione adatta, fungono da centri rispetto alle vicine, dalle quali si verifica affluenza per soddisfare a determinati comodi o bisogni; altri centri invece sono aggregazioni più grosse, formano villaggi e borgate. La "contrada" è propria di tutto l'alto Veronese: è la forma di abitato corrispondente allo smembramento del terreno e alla suddivisione della proprietà.
Come generalmente in tutte le montagne che prime si oppongono ai venti umidi, le precipitazioni atmosferiche sono considerevoli (a Giazza, a 758 m. s. m., nel decennio 1923-32 caddero in media 1291 mm. annui; a Campo Fontana, a 1223 m. s. m., 1514 mm.). Perciò la regione ha un clima boschivo ed era coperta di boschi che formavano, può dirsi, la sua unica ricchezza: col tempo furono diradati e distrutti per lo scopo della carbonizzazione e per altri usi del legname o si estirparono per sostituirvi pascoli e colture di cereali. Queste distruzioni accrebbero la formazione del detrito dolomitico e milonitico, le frane e gli accumuli di falda, favorirono le acque dilavanti e le piene improvvise e rovinose dei torrenti e in parte anche la penetrazione delle acque nei terreni fessurati. Mentre le acque superficiali scarseggiano, solo una piccola parte di quelle penetrate nel sottosuolo ritorna alla luce, come la sorgente del Lago Secco che alimenta l'acquedotto della valle d'Illasi. Altre sorgenti sono a N. di Velo e di Roverè, nei territorî di Chiesanuova e di Erbezzo, dove pure si poterono costruire acquedotti locali. Ma la massima parte della popolazione lotta per la sete, raccogliendo le acque piovane in cisterne e stagni artificiali.
L'area media delle proprietà agricole si aggira sugli otto ettari. La terra generalmente è coltivata dagli stessi proprietarî. Sull'area data ai sativi prevale di gran lunga quella occupata da prati pascoli e boschi. In passato, quando la mancanza di strade impediva il trasporto della legna da ardere, si produceva molto carbone; ora la carbonizzazione è assai diminuita. Notevole l'industria dei "conchetti" per attaccare i buoi; poco diffusa quella dei vimini. Maggiore oggetto di commercio sono i prodotti del latte e del bosco, ma questi montanari non hanno attitudini commerciali. I prati artificiali compensano le spese relative, potendosi fare anche due tagli all'anno. Per questa produzione si può trattenere in montagna, dopo l'alpeggio, il maggior numero di mucche, delle quali ogni proprietario ha un numero generalmente proporzionato al proprio fieno. D'estate, dietro compenso convenuto, sono cedute ai produttori di burro e formaggio che le conducono all'alpeggio nella parte elevata dei Lessini. Le sedi permanenti più alte sono Tracchi di Chiesanuova a 1334 m., Campedello di Erbezzo a 1331 m.; più in alto, le abitazioni temporanee dette baite, per gli scopi dell'alpeggio. Durante gli altri mesi dell'anno il latte è lavorato nelle latterie sociali. Ottimo prodotto dà il castagno. Fino a 1100 m. maturano abbondanti ciliege, ma non si coltivano con fini commerciali. Le patate darebbero ottimo raccolto, ma la coltivazione è limitata. Scarsissimi i cereali, fuorché in qualche luogo. Una coltura speciale di S. Mauro e di Badia è quella del giaggiolo, il cui rizoma disseccato serve a scopi industriali. Notevoli le cave di pietre e di marmi pregiati (particolarmente a Bosco Chiesanuova).
Malgrado la fecondità dei talami, il numero degli abitanti da parecchi decennî è quasi costante e tende a scemare, perché molte famiglie, causa la povertà del suolo, sono costrette ad emigrare: generalmente non si spingono lontano, scendono nella Pianura Padana. Alla depressione economica contribuì, nel dopoguerra, l'allontanamento del confine politico. Dalla presenza del confine alle popolazioni dei villaggi più vicini derivavano proventi diretti e indiretti, dipendenti dal transito di pastori col bestiame, dalla presenza di truppe alpine e di guardie di finanza, mentre altre fonti di reddito erano date dalla possibilità di emigrazione all'estero e dall'attività di quei piccoli opifici delle valli che oggi, invece, non poterono reggere la concorrenza di quelli nuovi che si valgono dell'energia elettrica.
Nei Tredici Comuni vi sono due centrali elettriche: questi impianti sono allacciati a quelli di Verona, perché nei periodi di siccità non potrebbero dare l'energia necessaria all'illuminazione. Questa energia viene assai scarsamente impiegata nelle industrie.
Il territorio è abbastanza frequentato da villeggianti e da sciatori; la stazione più notevole è Bosco Chiesanuova.
Bibl.: (V. anche lessini, monti); A. Baragiola, La casa villereccia delle colonie tedesco-veneto-trentine, Bergamo 1908; C. Belviglieri, Verona e sua provincia, Verona 1860; R. Fabiani, Note illustrative alla carta geologica delle Tre Venezie, foglio Verona, Padova 1930; A. Forti, il ponte di Veia, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, 1923; R. Klebelsberg, Zur Morphologie der Lessinischen Alpen, in Ostalpine Formenstudien, III, i, Berlino 1921; La provincia di Verona. Monografia statistica, economica, amministrativa, Verona 1900; J. Pia, Untersuchungen über die Tektonik der Lessinischen Alpen, in Denkschriften des naturhistorischen Museums zu Wien, Vienna-Lipsia 1923; G. Quintarelli, Note sulla Lessinia veronese, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, 1923.
Dialetti e storia. - Tuttora, nella parte più interna dei Tredici Comuni veronesi, che comprende con la testata della valle dell'Illasi parte della parrocchia di Giazza, circa 500 contadini parlano o per lo meno capiscono il dialetto tedesco, una volta comune a gran parte di questa regione (sul dialetto stesso, d'origine altobavarese e rispecchiante condizioni linguistiche che furono raggiunte nel Tirolo, specialmente nelle Prealpi Bavaresi, durante il sec. XIII, v. sette comuni, altipiano dei). Nelle due zone si parlano due varietà particolarmente affini (esposizione linguistica di C. Battisti, Il dialetto tedesco dei XIII comuni veronesi, in Italia dialettale, VII, 1931, pp. 64-114; lessicale del Cipolla, in Archivio glottologico italiano, VIII, e ora di G. Cappelletti in Italia dialettale, volumi VIII-XI).
Nei Tredici Comuni veronesi all'inizio del secolo XX l'uso del tedesco era limitato a Giazza come dialetto della maggioranza, e a Selva come quello della minoranza. Al principio del sec. XIX l'area era più vasta, abbracciando anche parte di Campo Fontana, Campo Silvano e, sporadicamente Velo e Roverè; il tedesco sconfinava cioè dal bacino superiore dell'Illasi verso i più vicini comuni della valle di Squaranto. Mezzo secolo prima M. Pezzo ci avverte della sopravvivenza del "cimbro" nei casali di S. Bartolomeo. Il quadro della sopravvivenza del dialetto tedesco è dunque tipico: non isolotti staccati, ma zona chiusa, da cui esorbita la parte occidentale di Val Squaranto e la parte centrale dell'Illasi che con Velo Selva, S. Bartolomeo, C. Fontana (e Giazza) fa parte della pretura di Tregnago. Indicazioni anteriori al Pezzo che fa risalire la decadenza del tedesco alla fine del sec. XVII mancano, prescindendo da una nota poco chiara di S. Maffei (Verona Illustrata, I, 10), secondo cui all'inizio del sec. XVIII si sarebbe parlato tedesco in dodici dei tredici comuni.
Queste le uniche notizie positive sui coloni tedeschi, la cui più antica documentazione risale alla concessione fatta, nel 1287, da Bartolomeo della Scala, ad alloglotti di stanziarsi in luoghi incolti e disabitati nella zona fra Squaranto-Pigozzo a O., il Lessino e il comune di Verona a NO., Velo a NE., Saline e Porcara a E., Moruri-Cancello-Varano a S., cioè in Roverè di Velo e nei luoghi contermini. Nel 1333 una convenzione con la badia di Calavena ci dimostra un progresso di questo nucleo verso l'alto Illasi già verificabile nel 1295 e nel 1305 e verso S., dove esso si estende alle Saline; qui la conquista linguistica non dovette essere stata facile, dato che l'iscrizione sulla porta della chiesa del 1388 è in volgare veronese. A quell'epoca gli alloglotti si sono espansi verso O. in Val di Porro e compariscono documentariamente ad Erbezzo nel 1398. Dopo il diploma di Cangrande I (1326) essi si organizzano in Comuni che però solo in epoca molto recente raggiunsero il numero di tredici (1616); nel 1509 erano ancora 11. Un secondo tentativo, questo dei conti di Trissino, di insediare alloglotti sulla montagna di Dresseno presso Nogarole in Val di Chiampo a E. dei Tredici Comuni veronesi (1288) abortì per l'opposizione fatta dal comune di Trissino. La toponomastica non rivela tracce tedesche in questa zona e dimostra pure che la penetrazione alloglotta non è uniforme in tutti i Tredici comuni veronesi; essa o non esisté o fu molto tenue nella vasta zona compresa fra il bacino della Pantena e quello dello Squaranto a S. della linea Bosco Chiesanuova-Roverè-Badia Calavena, e fu certamente molto debole nei comuni occidentali di Erbezzo e Bosco. Viceversa vi furono degli stanziamenti alloglotti anche al di la del margine E. dei Tredici Comuni veronesi (ad Altissimo in Valle del Chiampo, nelle immediate vicinanze di Recoaro e in qualche punto di Valle dei Signori), mentre comuni e frazioni periferiche dei Tredici Comuni veronesi, pur appartenendo a questo nesso amministrativo, non furono mai intedescate (Cerro, Tavèrnole, Badia, Sprea, uno dei due "colonelli" di Campofontana). Quantunque anche l'estremo angolo SE. del Trentino sia stato oggetto di colonizzazione alloglotta, fra le due zone a N. e a S. dei Lessini le difficoltà di transito e la diversa pertinenza politica resero impossibili o rari i contatti: i Tedeschi dei Tredici Comuni veronesi hanno un dialetto leggermente differenziato. Centro del "Vicariato delle Montagne", ricordato per la prima volta nel 1403, fu costantemente Velo. I vecchi privilegi feudali e territoriali si estinsero però con la caduta della Serenissima; capoluogo del successivo "Distretto della Montagna" (1797), anche nei primi decennî della dominazione austriaca, fu Badia Calavena, poi Tergnago.
Bibl.: M. Pezzo, Novissimi illustrati monumenti de' Cimbri nei monti Veronesi, Vicentini e di Trento, Verona 1785; J. A. Schmeller, Über die sogeannten Cimbern der VII und XIII Communen, in Sitzungsber. bayr. Akademie der Wiss., Monaco 1838; C. Cipolla, Le popolazioni dei XIII Comuni Veronesi, Verona 1883; id., Di alcune recentissime opinioni intorno alla storia dei XIII Comuni Veronesi, 1887 (R. Deput. ven. st. patria); F. e C. Cipolla, Dei coloni tedeschi nei XIII Comuni Veronesi, Verona 1925.