TRASPARENZA AMMINISTRATIVA.
- La trasparenza amministrativa nello Stato democratico e pluriclasse. Accesso ai documenti amministrativi e trasparenza. Trasparenza amministrativa e obblighi di pubblicazione della pubblica amministrazione. Le prospettive della trasparenza amministrativa oltre la pubblicità. Bibliografia
La trasparenza amministrativa nello Stato democratico e pluriclasse. – La t. a. costituisce un principio giuridico che pervade ormai tutta la disciplina dei rapporti tra amministrazione e cittadini (M. D’Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, 2013, p. 52). Al tempo stesso si tratta di uno dei concetti più controversi e di difficile definizione, stante la pluralità di finalità e di istituti che a esso sono stati ricondotti (Arena, in La trasparenza amministrativa, 2008, p. 29). E infatti, da un lato, la trasparenza costituisce un fine autonomo cui deve tendere l’operato dei pubblici poteri; dall’altro, essa rappresenta uno strumento funzionale al perseguimento di ulteriori obiettivi di rilievo pubblico (Merloni, in La trasparenza amministrativa, 2008, p. 7).
Il problema della trasparenza dei pubblici poteri accompagna la stesso processo di costruzione e rafforzamento delle garanzie democratiche nei confronti dell’amministrazione. Il segreto, che costituisce l’altra ‘faccia’ della trasparenza, rimanda, infatti, a una visione ontologicamente ‘elitaria’ dell’esercizio del potere (R. Orestano, Sulla problematica del segreto nel mondo romano, in Il segreto nella realtà giuridica italiana, Atti del Convegno nazionale, Roma 1981, 1983, p. 110), dal momento che, da sempre, colui che dispone di informazioni – e ne regola la loro diffusione – si colloca in una posizione di supremazia (politica, economica o sociale) rispetto al resto della collettività (si pensi agli arcana imperii di Tacito rispetto alla politica di Tiberio: Annali, 2, 32).
Non a caso, il problema della trasparenza si viene a delineare in maniera più compiuta con l’affermazione dello Stato di diritto, quando si supera l’idea della titolarità della sovranità nella persona del princeps e si impongono le prime garanzie di controllo democratico e giurisdizionale sull’operato dei pubblici poteri. E tuttavia, è proprio nello Stato ottocentesco che si assiste anche a una prima ‘razionalizzazione’ della disciplina sul segreto amministrativo (si veda, in Francia, il Codice napoleonico del 1810 e, per l’Italia, le normative degli Stati preunitari e, poi, quella contenuta nel codice Zanardelli del 1889, su cui v. Arena 1983): alla base di tale disciplina non vi è più la necessità di proteggere il potere personale del princeps, ma piuttosto quella di porre lo Stato – di nuova formazione – al riparo da indebite influenze esterne in grado di minare l’operato dei poteri pubblici (Arena 1983, pp. 78-79) e, al tempo stesso, di favorire il processo di rafforzamento della burocrazia rispetto agli altri corpi sociali (M. Weber, Economy and society. An outline of interpretive sociology, 1978, p. 992).
L’avvento dello Stato democratico e pluriclasse renderà invece più urgente l’esigenza di assicurare la trasparenza e la visibilità dei poteri pubblici. La trasparenza diviene, infatti, il presupposto stesso per il rafforzamento della democrazia (intesa come «il governo del potere pubblico in pubblico»: N. Bobbio, La democrazia e il potere invisibile, «Rivista italiana di scienza politica», 1980, 2, p. 182), considerato che una partecipazione attiva alla vita politica dei cittadini impone una piena conoscenza di notizie e informazioni concernenti (anche) l’attività dell’amministrazione: per questa ragione, la completezza dell’informazione diviene uno strumento di rafforzamento della sovranità popolare e di realizzazione del principio di uguaglianza sostanziale (D. Bell, The coming of post-industrial society: a venture in social forecasting, 1973; E. Cheli, Informazione, decisione politica, controllo sociale: spunti per un’analisi comparata, 1987, pp. 813-24).
La trasparenza, quindi, si colloca alla base del costituzionalismo moderno, venendo a permeare molteplici istituti democratici ed essendo sottesa al riconoscimento di numerosi diritti civili e politici: si pensi, con riguardo all’esperienza italiana, al diritto di informazione (art. 21 Cost.), agli istituti di pubblicità concernenti l’attività del Parlamento (artt. 64 e 73 Cost.), ma anche alle garanzie riconducibili al principio del «giusto processo» (art. 111 Cost.). Con specifico riguardo alla t. a., si è rinvenuto il fondamento costituzionale nel principio di imparzialità di cui all’art. 97, 1° co., Cost. (U. Allegretti, L’imparzialità amministrativa, 1965, p. 241), anche in un’ottica di rafforzamento delle garanzie di partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa (A. Cerri, Imparzialità e indirizzo politico nella pubblica amministrazione, 1973, p. 214; D’Alberti 2000). Inoltre, la trasparenza è stata ricondotta al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti dei pubblici poteri (artt. 24 e 113 Cost.) e al principio di responsabilità dell’amministrazione (art. 28 Cost.). Va infine evidenziato che oggi la t. a. ha un chiaro fondamento sovranazionale (artt. 1, 10 e 11 del Trattato sull’Unione Europea - TUE), appartenendo al patrimonio giuridico comune dei Paesi europei (Corte costituzionale 17 marzo 2006, nr. 104) ed essendo sottesa allo stesso principio di «buona amministrazione» sancito dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Accesso ai documenti amministrativi e trasparenza. – Il problema della t. a. è per lungo tempo venuto a coincidere con la questione dell’accesso ai documenti amministrativi. Al di là dell’isolato caso svedese – la cui prima normativa risale al 1766 – le legislazioni moderne in materia di accesso sono state adottate nella seconda metà del Novecento (a partire dal Freedom of information act statunitense del 1966 e dalle leggi tedesche e francesi della fine degli anni Settanta).
Nel nostro ordinamento – ove per oltre un secolo i dipendenti pubblici sono stati vincolati alla disciplina del segreto d’ufficio (art. 15 d.p.r. 10 genn. 1957 nr. 3) – la disciplina sull’accesso risale agli anni Novanta con l’approvazione della l. 7 ag. 1990 nr. 241 sul procedimento amministrativo. Tale legge, che ha inserito la «pubblicità» tra i principi generali dell’attività amministrativa (art. 1), ha riconosciuto, in via generale, il diritto dei cittadini a prendere visione e a estrarre copia dei documenti amministrativi (artt. 22-28).
Tuttavia, il sistema delineato dalla l. 241/1990 si distingue nettamente dai modelli di matrice anglosassone. In primo luogo, l’accesso è circoscritto alla visione di un documento specifico e non già all’ottenimento di un’informazione detenuta dall’amministrazione, come disposto dall’art. 22, 4° co., secondo cui «non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo» e come chiarito in giurisprudenza (Consiglio di Stato 31 genn. 2007, nr. 408). In secondo luogo, l’accesso è stato subordinato alla titolarità in capo all’istante di una posizione soggettiva qualificata e differenziata (Arena, in La trasparenza amministrativa, 2008, p. 31): al fine di scongiurare un «controllo generalizzato» (art. 24, 3° co.) sull’amministrazione, infatti, il cittadino deve far valere un «interesse diretto, concreto e attuale» (art. 22, 1° co., lett. b), dimostrando altresì l’esistenza di un collegamento tra l’interesse fatto valere e lo specifico documento richiesto (su cui, in chiave restrittiva, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 24 apr. 2012, nr. 7). Infine, dal punto di vista ‘oggettivo’, appaiono assai ampie le categorie di documenti sottratti all’accesso dalla legge o che le stesse amministrazioni possono sottrarre al fine di tutelare determinati interessi pubblici o privati (art. 24).
Tali elementi contribuiscono a rendere il modello italiano dell’accesso ai documenti amministrativi eccessivamente legato a una logica ‘difensiva’ e ‘conflittuale’ di tutela della posizione dei singoli contro l’amministrazione (Arena, in La trasparenza amministrativa, 2008, p. 36) e, quindi, non pienamente in grado di assicurare la piena realizzazione del principio di trasparenza come diritto civico e a tutela indifferenziata (Marzuoli, in La trasparenza amministrativa, 2008, p. 64): e ciò a differenza dei modelli anglosassoni che, invece, sono fondati sulla previsione di un diritto generalizzato all’informazione da parte di any person senza un particolare onere motivazionale, salvo il limite delle eccezioni stabilite preventivamente e in via generale.
Trasparenza amministrativa e obblighi di pubblicazione della pubblica amministrazione. – Anche in ragione dei limiti strutturali che caratterizzano l’istituto dell’accesso nel nostro ordinamento, nell’ultimo decennio si sono venuti a imporre molteplici obblighi di pubblicità in capo alle pubbliche amministrazioni che, facendo leva anche sul (lento) processo di informatizzazione e digitalizzazione della amministrazioni stesse, consentissero di assicurare una ‘trasparenza diffusa’ (Carloni 2014). I primi interventi sono coincisi con l’entrata in vigore del codice dell’amministrazione digitale (d. legisl. 7 marzo 2005 nr. 82) e, successivamente, con l’adozione del d. legisl. 27 ott. 2009 nr. 150 che – anche in un’ottica di controllo della spesa e di valutazione della performance – ha imposto alle amministrazioni la pubblicazione sui siti istituzionali di una serie di informazioni concernenti per lo più l’organizzazione e l’utilizzo delle risorse. Tale processo ha ricevuto un significativo impulso con l’entrata in vigore della legge anticorruzione (l. 6 nov. 2012 nr. 190), a valle della quale è stata adottata la disciplina generale sulla t. a. (d. legisl. 14 marzo 2013 nr. 33).
Tale normativa, muovendo da un’idea di trasparenza «come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1, 1° co.), da un lato, ha esteso e razionalizzato gli obblighi di pubblicazione delle amministrazioni (art. 3) e, dall’altro, ha introdotto il diritto di accesso
civico in caso di violazione di tali obblighi (art. 5).
Sotto il primo punto di vista, il legislatore ha indicato una serie di atti e dati «pubblici», di cui deve essere garantita in via automatica la pubblicazione sui siti Internet delle amministrazioni (art. 3): si tratta, nello specifico, di informazioni che afferiscono tanto all’organizzazione degli uffici e al personale (artt. 13-22), quanto all’attività amministrativa, con particolare riferimento a quelle misure che attribuiscono utilità a soggetti privati e che determinano l’utilizzo di risorse pubbliche (artt. 23-31); ma sono menzionati anche gli atti amministrativi generali e gli atti normativi, i dati relativi al governo del territorio, le informazioni concernenti il servizio sanitario nazionale e, infine, i dati concernenti gli interventi straordinari di emergenza.
A fianco di tali obblighi è stato previsto il cd. «accesso civico» (art. 5) che consente a qualunque cittadino di accedere – indipendentemente dalla dimostrazione di uno specifico interesse – a quelle informazioni che, pur rientrando nell’ambito di applicazione oggettivo della disciplina sulla trasparenza, non sono state pubblicate dalle amministrazioni: si tratta, in sostanza, di uno strumento sanzionato-rio che consegue all’inottemperanza delle pubbliche amministrazioni agli obblighi sanciti dal legislatore.
In definitiva, la recente disciplina sulla trasparenza, pur venendo ad ampliare notevolmente il novero di atti e informazioni da rendere pubblici (superando la logica ‘soggettiva’ dell’accesso), non pare ancora aver introdotto un vero e proprio ‘diritto civico all’informazione’ (secondo il modello anglosassone), essendo l’accesso civico comunque subordinato a un inadempimento della pubblica amministrazione ed essendo funzionale soprattutto a contrastare la corruzione mediante l’attivazione di un ‘controllo diffuso’ da parte della collettività (v. anche corruzione).
Le prospettive della trasparenza amministrativa oltre la pubblicità. – Pur nelle diversità degli approcci e degli strumenti utilizzati, i recenti interventi legislativi hanno continuato a ridurre il problema della t. a. a una questione di pubblicità di determinati documenti o informazioni (come dimostra proprio l’art. 1 d. legisl. 33/2013 che definisce la stessa t. a. come «accessibilità totale»). In realtà, occorre evidenziare che la finalità ‘ultima’ della t. a. non è quella di rendere conoscibili dei dati o delle informazioni ma, piuttosto, è quella di rendere effettivamente intellegibile e comprensibile l’esercizio del potere pubblico: si tratta di una finalità che precede e prevale sulle ulteriori (e spesso contingenti) finalità che di volta in volta il legislatore ha voluto perseguire per mezzo della trasparenza (controllo della spesa, miglioramento delle performance dei dipendenti pubblici, promozione della concorrenza, contrasto alla corruzione) e che, soprattutto, impone l’attivazione di una pluralità di rimedi e di strategie di azione.
In primo luogo, il tema dell’intellegibilità del potere rimanda alla questione preliminare dell’effettiva comprensibilità dello stesso da parte dei cittadini e, quindi, al tema della qualità, integrità, affidabilità e chiarezza delle informazioni pubbliche (T. Bingham, The rule of law, 2010, pp. 37-40; B.G. Mattarella, La trappola delle leggi. Molte,oscure, complicate, 2011). Inoltre, rispetto a tale obiettivo, appare di fondamentale importanza anche selezionare e limitare lo stock di informazioni che, specialmente tramite la rete Internet, sono oggi a disposizione dei cittadini: un’eccessiva quantità di dati o di notizie può infatti disorientare il cittadino, impedendo la formazione di una conoscenza critica (Heald 2006).
Da questo punto di vista diventa fondamentale garanti re un’effettiva e adeguata motivazione delle decisioni pubbliche, al fine di assicurare la corretta rappresentazione dell’iter logico-razionale che ha ispirato l’istruttoria e le valutazioni poste a fondamento delle scelte amministrative. A tal fine, andrebbero superate le numerose limitazioni che il principio di motivazione ancora soffre nel nostro ordinamento, sia in sede legislativa (come l’esclusione per i provvedimenti a carattere generale ai sensi dell’art. 3, co. 2°, l. 241/1990), sia in sede giurisprudenziale (si pensi agli orientamenti tendenti a ridimensionare la portata invalidante del vizio di motivazione: Consiglio di Stato 20 ag. 2013, nr. 4194; Consiglio di Stato 14 maggio 2014, nr. 2502).
Inoltre, una reale trasparenza non può prescindere da un rafforzamento delle garanzie procedimentali e, in particolare, di partecipazione all’attività amministrativa: e infatti, specialmente rispetto all’attività di carattere generale (ove invece la partecipazione soffre molteplici limitazioni legislative: si veda l’art. 12 l. 241/1990), la partecipazione appare uno strumento imprescindibile per assicurare il superamento delle asimmetrie informative che caratterizzano il processo decisionale pubblico.
In conclusione, un’efficace strategia di potenziamento della t. a. – anche in una chiave di contrasto alla corruzione
– lungi dal limitarsi a prendere in considerazione solo il ‘versante statico’ della pubblicità e dell’accesso a singoli atti, deve essere preordinata a rendere realmente comprensibile e intellegibile l’intera attività amministrativa e, quindi, il concreto esercizio della funzione pubblica. Solo in questo modo l’amministrazione potrà realmente ambire a diventare quella ‘casa di vetro’ auspicata da Filippo Turati agli inizi del secolo scorso (F. Turati, Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908).
Bibliografia: G. Arena, Il segreto amministrativo. Profili storici e sistematici, 1° vol., Padova 1983; La transparence dans l’Union européenne: mythe ou principe juridique?, éd. J. Rideau, Paris 1999; M. D’Alberti, La ‘visione’ e la ‘voce’: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, «Rivista trimestrale di diritto pubblico», 2000, pp. 1-34; D. Heald, Transparency as an instrumental value, transparency. The key to better governance?, ed. C. Hood, D. Heald, Oxford 2006, pp. 59-73; La trasparenza amministrativa, a cura di F. Merloni, Milano 2008 (in partic. F. Merloni, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, pp. 3-28; G. Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, pp. 29-44; C. Marzuoli, La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, pp. 45-68); E. Carloni, L’amministrazione aperta. Regole strumenti limiti dell’open government, Rimini 2014; Le nuove frontiere della trasparenza nella dimensione costituzionale, a cura di L. Califano, G. Colapietro, Napoli 2014; Il Big Bang della trasparenza, a cura di A. Natolini, G. Vesperini, Napoli 2015.