trasferimento pubblico
In generale, ogni pagamento unilaterale elargito dal settore pubblico senza corrispettivo in beni e servizi, di solito con fini di redistribuzione delle risorse: per es., i t. statali a favore di settori svantaggiati della popolazione (pensioni sociali, sussidi di disoccupazione ecc.), di imprese ed enti (contributi agli investimenti, fiscalizzazione degli oneri sociali ecc.), di specifiche aree territoriali (somme stanziate tramite leggi speciali, fondi comunitari strutturali e di coesione ecc.). In finanza pubblica, l’insieme delle sovvenzioni e delle assegnazioni concesse ai vari settori dell’amministrazione pubblica dai livelli gerarchicamente superiori (dallo Stato alle Regioni, dalle Regioni alle Province e Comuni e così via)..
Modelli di sostegno al reddito volti a contrastare la povertà. La caratteristica comune consiste nel prevedere, al contempo, un meccanismo di tassazione e di trasferimento pubblico. In termini classificatori, la letteratura economica distingue gli schemi di tax transfer in universali e selettivi. In linea di massima i primi non subordinano l’erogazione dei contributi a un accertamento specifico (➔ anche cittadinanza, reddito di), mentre quelli selettivi condizionano l’erogazione dei sussidi ai più bisognosi, subordinandoli alla cosiddetta prova dei mezzi (➔ imposta negativa sul reddito; Earned Income Tax Credit). Da un lato, i sostenitori delle politiche selettive ritengono che la riduzione della povertà rappresenti l’obbiettivo prioritario di un sistema di trasferimenti; dall’altro, i fautori degli interventi universali di sostegno al reddito conferiscono agli schemi tax benefit una funzione redistributiva più ampia rispetto a quella specifica della lotta alla povertà. Tuttavia, una classificazione ancorata alla selettività e all’universalità mal si presta a cogliere le molteplici e sottili peculiarità proprie dei diversi schemi elaborati. N.A. Barr (The economics of the Welfare State, 1987) afferma che la classificazione di tali azioni pubbliche non possa poggiare sulla dicotomia tra universali o selettive, poiché nessuna è integralmente di un tipo o dell’altro. Egli propone quindi una classificazione che distingue gli strumenti di sostegno al reddito in base alla presenza di un vincolo alla corresponsione del contributo legato al reddito stesso (benefits conditioned on income) o alle caratteristiche soggettive dei beneficiari (benefits conditioned on the characteristics of recipients). Seguendo questo metodo di approccio, H. Parker (Instead of the dole, 1989) sostiene che per procedere a una classificazione chiara e precisa sia necessario fare riferimento alle nozioni di reddito di base garantito (Basic Income, BI) e di reddito minimo (Minimum Income, MI). Generalmente, negli schemi MI, l’unità d’analisi considerata è sempre la famiglia. Le prestazioni sono indirizzate a individui poveri, selezionati sulla base di prove sui mezzi attraverso un test che poggia, nella maggior parte dei casi, esclusivamente sul reddito (income-tested benefits), e in altri, congiuntamente sul reddito e il benessere (means-tested benefits). La scelta di introdurre il benessere nella prova dei mezzi nasce dalla necessità di identificare un parametro più ampio del reddito per cogliere al meglio la situazione economica degli individui. A tal fine, in molti programmi di contrasto alla povertà sono inclusi anche elementi di natura patrimoniale: tra questi, il minimo vitale, utilizzato in Italia sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (➔ ISEE) .