trascendentale
Dal lat. mediev. transcendentalis, der. del lat. class. transcenděre «oltrepassare, montare al di sopra» (comp. di trans- «trans-» e scanděre «salire»). Aggettivo che indica ciò che trascende, che va al di là di un certo ordine, di certi limiti; è termine tecnico della filosofia, che lo usa anche come sostantivo. Nel linguaggio della scolastica, si dicono t. diverse proprietà o attributi, che sono al di sopra di tutte le categorie, sorpassando in estensione tutti quanti i generi (transcendunt omne genus). Tommaso d’Aquino (Quaestiones de veritate, q. 1, art. 1) enumera sei concetti t., l’ens, e le cinque proprietà che lo caratterizzano in quanto tale (dette poi, nella filosofia scolastica, transcendentalia entis): res, aliquid, unum, verum, bonum. Il t. si distingue dall’universale logico, il quale si attribuisce ai suoi inferiori unicamente per quanto essi hanno di comune (per es., «animale» dice qualcosa di comune a «razionale» e a «non razionale», ma niente di ciò che è loro proprio), mentre il t. si attribuisce a tutti i suoi inferiori (specie e individui), non solo in ciò che essi hanno di comune, ma altresì in ciò che hanno di proprio. Quando, per es., si afferma di Socrate che è un ente, vi si includono formalmente, anche se implicitamente, tutte le determinazioni proprie, compresa l’individualità, di Socrate. Diverso è in Kant l’uso del termine t., il quale designa l’a priori, come ciò che non deriva dall’esperienza, ma è condizione del costituirsi di essa. Si contrappone, pertanto, a empirico, in quanto questo è derivato dall’esperienza, e a trascendente, inteso questo come ciò che oltrepassa l’esperienza e non si ritrova in essa, mentre il t. è valido e applicabile solo nell’ambito dell’esperienza, esprimendo la legge della conoscenza degli oggetti dell’esperienza. T. è pertanto detto da Kant lo studio delle forme o principi a priori costitutivi dell’esperienza. Di qui la divisione della Critica della ragion pura (➔) (1781) in Estetica t. (studio delle forme a priori dell’intuizione sensibile: spazio e tempo) e Logica t. (studio dei concetti a priori), distinta a sua volta in Analitica t. (che analizza i concetti a priori o categorie, con cui l’intelletto connette le impressioni, nell’esperienza) e in Dialettica t. (che studia i falsi ragionamenti in cui s’involge il pensiero quando estende i concetti a priori al di là dell’esperienza). In partic.: principi t. (ted. transzendentale Grundsätze) sono dette da Kant le leggi del pensiero, in quanto regole della conoscenza; appercezione t., o pura, o originaria, è la rappresentazione Io penso (l’autocoscienza), la quale, mentre condiziona e accompagna tutte le altre rappresentazioni, non può essa stessa essere condizionata e accompagnata che da sé. Il concetto di t. subisce mutamenti profondi negli sviluppi dell’idealismo successivi a Kant: in Fichte indica la caratteristica della dottrina della scienza secondo cui tutti gli aspetti della conoscenza dipendono dall’io; in Schelling l’idealismo è t. in quanto assorbe l’oggetto come tale. In generale, nel pensiero contemporaneo è considerato t. ciò che appartiene al soggetto in quanto condiziona l’oggetto, ossia la realtà.