transitivi e intransitivi, verbi
I verbi transitivi e quelli intransitivi (la cui definizione e la cui terminologia furono fissate già nella grammatica antica) rappresentano un’opposizione fondamentale tra i ➔ verbi di una lingua. Nella definizione della grammatica tradizionale i verbi transitivi (dal lat. transire «passare a, attraverso») denotano il ‘passaggio’ dell’azione sull’oggetto. Nei verbi intransitivi, invece, ciò non si verifica, perché essi sono privi di oggetto. Negli studi moderni questa definizione, pur rifinita ed elaborata, non è stata del tutto scartata.
Nella prospettiva moderna, le due classi di verbi costituiscono un continuum, in cui le diverse posizioni sono definite da una varietà di parametri sintattici, semantici e pragmatici: il numero dei partecipanti coinvolti nella situazione codificata dal verbo, la loro natura (animatezza, definitezza, referenzialità), il loro grado di controllo e coinvolgimento nell’evento, il loro carattere tematico o rematico (➔ tematica, struttura) e il tipo di verbo (risultativo, di attività o stato).
I verbi transitivi possono essere:
(a) biargomentali (➔ argomenti), con due argomenti nucleari: il ➔ soggetto agente e l’➔oggetto paziente nella frase transitiva prototipica (§ 2.1.1);
(b) triargomentali, con tre argomenti nucleari: il soggetto agente, l’oggetto paziente e il destinatario / beneficiario o locativo (§ 2.1.2; ➔ reggenza).
I verbi intransitivi invece hanno, nelle costruzioni canoniche, un solo argomento nucleare, il soggetto (§ 3). Al centro del continuum si hanno strutture di diverso tipo e grado di transitività, quali le costruzioni a oggetto nullo (§ 2.2.1), i costrutti con oggetto opzionale e soggetto strumento (§ 2.2.2) e l’alternanza anticausativa (§ 2.2.3).
2.1.1Verbi biargomentali. La costruzione transitiva prototipica (Lazard 1998: 13-14) è caratterizzata da verbi biargomentali denotanti un cambiamento di stato, che lessicalizzano il punto finale dell’evento: per es., ammazzare, rompere, spezzare. Con questi verbi un partecipante animato, agentivo, definito, referenziale, tematico, dotato di forte grado di controllo sull’evento, induce un cambiamento irreversibile in un partecipante inanimato o animato, definito, referenziale, rematico (Tsunoda 1994; Lazard 2002; Cennamo 2003 e relativa bibliografia):
(1)
a. Mario ha rotto la finestra
b. Luigi ha ferito il fratello
Dal punto di vista dell’➔aspetto i predicati della frase transitiva prototipica denotano una situazione avente un punto finale (oltre il quale l’evento non può continuare; tecnicamente, una situazione telica: ad es., rompere) e/o puntuale, ossia priva di durata (ad es., spezzare, infrangere).
I verbi transitivi in italiano si identificano con tre test: la passivizzazione, l’anticausativizzazione e l’omissibilità dell’oggetto.
I predicati transitivi canonici possono essere passivizzati (2 a.-b.), permettono un costrutto intransitivo corrispondente (detto tecnicamente anticausativo: vedi sotto), in cui l’oggetto originario occorre come soggetto e il verbo è in forma marcata, come in (2 c.) (presenta infatti il morfema riflessivo -si ; ➔ riflessivi, verbi), e non ammettono l’omissione dell’oggetto (2 d.):
(2)
a. la finestra è stata rotta da Mario [← Mario ha rotto la finestra]
b. il ramo è stato spezzato da Mario [← Mario ha spezzato il ramo]
c. la finestra si è rotta / il ramo si è spezzato
d. *Mario ha rotto / ha spezzato
Altri predicati transitivi (ad es., verbi risultativi con oggetto animato: uccidere, nutrire) permettono, invece, l’omissione dell’oggetto. In tal caso indicano un’azione abituale (3 a.) o una proprietà o abilità generale (3 b.), e non ammettono l’alternanza anticausativa. Il corrispondente costrutto intransitivo con l’originario oggetto in funzione di soggetto (3 c.-d.), infatti, può avere solo l’interpretazione riflessiva o media, mai quella di manifestazione spontanea dell’evento, tipica del costrutto anticausativo, a differenza di rompere, spezzare (cfr. 3 c.; § 2.2.3) (Cennamo 1995):
(3)
a. ha ucciso (ripetutamente), ecco perché è in carcere
b. il latte nutre
c. la giovane si è uccisa [interpretazione riflessiva]
d. i giovani si nutrivano di bacche [interpretazione media]
Verbi transitivi con oggetto animato (assassinare, ferire) e soggetto fortemente agentivo non permettono l’omissione dell’oggetto (4 a.) né il costrutto intransitivo corrispondente (anticausativo), con l’oggetto originario in funzione di soggetto (4 b.):
(4)
a. *Mario assassinò / ha assassinato
b. *Mario si è assassinato
Ad altri verbi denotanti attività o stato, quali costare, avere, invece, non si applica nessuno dei test di transitività sopra illustrati, come negli esempi seguenti:
(5)
a. *un euro è costato dal biglietto [← il biglietto è costato un euro]
b. *il libro è avuto da Mario [← Mario ha un libro]
c. *fretta è avuta da tutti [← tutti hanno fretta]
Questa restrizione vale anche con quasi tutti i ➔ verbi supporto: molti fanno schifo → *schifo fu fatto da molti.
Il diverso comportamento morfosintattico di alcuni verbi transitivi rivela che nella nozione di transitività interagiscono parametri diversi, come si è accennato (Hopper & Thompson 1980; Lazard 1994: 290). A volte alcune di tali proprietà convergono nel determinare l’inapplicabilità di alcuni test. Ad es., verbi di attività quali mangiare, leggere, bere, sono passivizzabili se il soggetto è definito, ma non se è indefinito:
(6)
a. gli spaghetti sono / furono mangiati da tutti / da Anna
b. i libri sono / furono letti da tutti / da Anna
c. *libri sono / furono letti da tutti / da Anna
d. *spaghetti sono / furono mangiati da molti / da Anna
Un argomento, inoltre, può essere obbligatorio se veicola un’informazione nuova (➔ dato / nuovo, struttura):
(7) Mario lavora da noi
Il sintagma da noi in (7), infatti, non può essere omesso se l’intera frase è la risposta alla domanda dove lavora Mario? (cfr. Jezek 2003: 79).
Anche il carattere, animato o meno (tecnicamente, l’animatezza), dell’oggetto può avere un riflesso nella codifica della frase. Ad es., con alcuni verbi di attività (pensare, perdonare, obbedire, sparare, telefonare), l’oggetto animato è introdotto dalla preposizione a (tale costrutto è noto come ➔ accusativo preposizionale; cfr. Bossong 1998), struttura diffusa in molti dialetti centro-meridionali e nel registro informale delle corrispondenti varietà d’italiano (Fiorentino 2003b e bibliografia):
(8)
a. Mario ha telefonato a suo fratello
b. ho pensato ad Anna [*ho pensato Anna]
Alcuni verbi (quali pensare) ammettono entrambe le codifiche dell’oggetto anche quando questo è inanimato, con diversa sfumatura di significato. Se l’oggetto è codificato con preposizione (a un piano di attacco in 9 b.), ciò indica che il processo espresso dal verbo non è completo, mentre la codifica non preposizionale indica un processo completo (9 a.):
(9)
a. ho pensato un piano di attacco
b. ho pensato a un piano di attacco
Anche la definitezza può influire sulla codifica dell’oggetto. Ad es., un oggetto indefinito è normalmente introdotto da di ➔ partitivo (cfr. Salvi 1988: 377, 380; Salvi & Vanelli 2004: 144):
(10)
a. ho visto i ragazzi
b. ho visto dei ragazzi
Con verbi di attività, invece, l’oggetto è espresso da un ➔ sintagma preposizionale, quali che siano le sue proprietà (animatezza, referenzialità, grado di coinvolgimento). Ciò accade, ad es., con verbi quali resistere, provvedere, il cui oggetto è sempre introdotto da a:
(11)
a. Mario provvederà al pranzo
b. Mario provvede alla sua famiglia in modo esemplare
La codifica dell’oggetto, quindi, può non essere determinata da parametri semantici ma essere il riflesso della valenza sintattica del verbo (➔ reggenza), come illustrato anche in (11) e in (12), in cui le preposizioni a / di sono selezionate dal verbo (cfr. Salvi 1988: 32; Jezek 2003: 79):
(12) Mario ha approfittato dell’occasione
In alcuni verbi biargomentali il secondo argomento è un circostanziale ed è obbligatorio: cfr. l’uso del locativo in (13):
(13) Mario abita a Capri [→ *Mario abita]
Va osservato, inoltre, che nei tempi composti i verbi biargomentali hanno sempre l’ausiliare avere (➔ ausiliari, verbi).
2.1.2Verbi triargomentali. Alcuni verbi hanno tre argomenti: il soggetto agente, l’oggetto paziente e un terzo argomento, il destinatario / beneficiario (14 a.-b.), rappresentato da un sintagma nominale designante entità animata (o assimilabile: nomi collettivi di persone, istituzioni, ecc.) con funzione di oggetto o complemento indiretto, o, a seconda del verbo, un locativo (14 c.) (Salvi 1988: 61-62):
(14)
a. Mario ha dato il libro a Giovanni
b. Mario ha promesso un regalo ai ragazzi
c. Mario ha messo il libro sul tavolo
L’oggetto indiretto ricorre nei costrutti cosiddetti ditransitivi. Questi comprendono una classe principale, costituita da verbi di trasferimento fisico (quali dare, inviare, regalare, vendere, prestare, comprare, restituire), denotanti situazioni in cui un agente ‘trasferisce’ il possesso di un oggetto a un destinatario animato, come in (14 a.), e una sottoclasse costituita da verbi di trasferimento mentale (quali mostrare, dire, spiegare, offrire, promettere; Malchukov, Haspelmath & Comrie 2011):
(15) Mario ha offerto il suo aiuto ai colleghi
La costruzione cosiddetta benefattiva (costruita attorno a verbi come portare) è espressa, in italiano e in altre lingue, come la costruzione ditransitiva: il beneficiario può essere realizzato dall’oggetto indiretto (16 a.) o da un sintagma preposizionale (16 b.), come nell’uso intransitivo di verbi di attività quali cantare, leggere, disegnare, ecc. (Salvi 1988; Malchukov, Haspelmath & Comrie 2011; Kittilä & Zúñiga 2010 in prospettiva tipologica):
(16)
a. Mario ha portato la spesa a Giovanna / per Giovanna
b. Mario ha cantato / letto / disegnato per Giovanna
Un’ulteriore forma di costruzione ditransitiva è la costruzione causativa (➔ causativa, costruzione). L’argomento introdotto da a (o da), infatti, è il destinatario o beneficiario dell’azione espressa dal predicato (vedere, preparare in 17 a.-b.; cfr. Salvi 1988):
(17)
a. Mario ha fatto vedere la mostra ai suoi studenti
b. Mario ha fatto preparare la torta a sua zia / da sua zia
Nei diversi sottotipi di costrutti triargomentali il destinario / beneficiario è ripreso con il clitico dativo, come in (18 a.-b.) (➔ pronomi di ripresa) e, nei tempi composti, l’ausiliare è avere (18 a.-b.), come nei costrutti biargomentali (Salvi 1988: 61-62):
(18)
a. Mario ha fatto vedere loro la mostra [= ai suoi studenti]
b. Mario le ha fatto preparare la torta [= a sua zia].
2.2.1Costrutti a oggetto nullo. Molti verbi transitivi ammettono un uso intransitivo, lasciando opzionale l’oggetto.
La maggior parte dei verbi con oggetto opzionale denota situazioni dinamiche prive di punto finale: si tratta cioè di verbi di attività. L’oggetto inespresso può variare per animatezza, definitezza, referenzialità, e può essere ricostruibile in base al contesto. Nell’uso intransitivo i verbi di attività con oggetto inespresso denotano «attitudini generali, abilità, disposizioni» (Lo Duca 2000: 227), cioè alludono all’evento in sé, piuttosto che ai suoi effetti sull’oggetto. Questo sottogruppo comprende verbi di attività che ammettono anche usi risultativi, quali leggere, scrivere, mangiare, bere, dipingere, cucinare (cfr. anche Siller-Runggaldier 2003):
(19)
a. Mario mangiò e poi uscì di nuovo
b. Mario leggeva, Anna scriveva e Ugo studiava
Con altri verbi (ad es., affascinare, abbagliare, abbrutire, logorare, corrodere, ritrarre, visitare) l’oggetto non espresso può essere umano o meno, generico, plurale, e ha il ruolo di esperiente (abbrutire, angosciare, annoiare) o di paziente (corrodere, stancare, graffiare, mordere). Questo gruppo generalmente ammette la variante intransitiva solo in contesti atelici e imperfettivi, come in (20) (Lo Duca 2000: 229; Jezek 2003).
(20)
a. Giovanna affascina [*ha affascinato]
b. l’eccessivo lavoro abbrutisce / logora [*ha abbrutito / logorato]
c. l’acido / l’invidia corrode [*ha corroso]
Con alcuni verbi (mordere, graffiare), però, l’uso intransitivo è possibile anche in contesti perfettivi (21):
(21) il cane ha morso in passato, ecco perché ha la museruola
Per altri verbi la variante intransitiva è possibile solo se l’oggetto è ricostruibile dal contesto, come in (22 a.), o dal contesto situazionale, come in (22 b.), in cui l’oggetto non espresso può indicare genericamente il parlante e/o l’ascoltatore (Lo Duca 2000: 233-234; Jezek 2003: 100):
(22)
a. ho ascoltato la proposta e ho rifiutato
b. Mario ha stancato [= Mario mi ha stancato, ci ha stancati]
Con alcuni sottogruppi di verbi, l’argomento inespresso può avere funzione di oggetto o di soggetto. Ciò è evidenziato dalla presenza / assenza dell’➔accordo in costrutti con complementi predicativi (➔ predicativo, complemento). Il complemento predicativo si accorda con l’argomento umano (al plurale), non espresso se si riferisce all’oggetto del verbo, come in (23). Se il complemento predicativo è al singolare (24), si riferisce, invece, al soggetto (il pittore) (Rizzi 1986; Lo Duca 2000: 229-230):
(23) il pittore ritrae vestiti di bianco
(24) il pittore ritrae vestito di bianco
Con altri verbi, invece, la variante con l’oggetto opzionale non si riferisce a un’attività generica, abituale, bensì a un evento di cui l’oggetto evidenzia alcuni tratti. Tale fenomeno (chiamato solidarietà lessicale da Coseriu 1971; Jezek 2003: 99-100 per l’italiano) può riguardare elementi singoli (come tavola per sparecchiare e apparecchiare in 25 a., personale in 25 b.) o classi di oggetti, variabili a seconda del verbo (come veicoli per parcheggiare in 25 c.) (Lo Duca 2000: 235; Jezek 2003: 101, nota 41):
(25)
a. ho dimenticato di sparecchiare / apparecchiare
b. in quel cantiere non assumono più
c. Mario ha parcheggiato lontano
Il ➔ contesto linguistico e situazionale, tuttavia, svolge un ruolo importante nel determinare l’interpretazione dell’oggetto non espresso. Ad es., con un verbo di attività dall’uso risultativo (quale bere), il tipo di soggetto selezionato [± animato] e il contesto situazionale permettono di stabilire se il costrutto si riferisce a un’attività abituale, l’atto del bere alcolici (26 a.-b.) o a un tipo particolare di liquido (26 c.-d.) (Jezek 2003: 100):
(26)
a. sei sicuro di star bene o hai bevuto? [= sei ubriaco?]
b. Mario beve [cioè alcolici]
c. hai bevuto? [cioè l’acqua] posso mettere la bottiglia in frigorifero?
d. la mia vecchia macchina beve molto [cioè benzina]
Va osservato, inoltre, che generalmente l’omissione dell’oggetto è possibile solo negli usi letterali, non metaforici (Lo Duca 2000: 233; Jezek 2003: 100). Ad es., il verbo frenare permette l’omissione dell’oggetto in contesti che evocano l’evento basico di frenare un veicolo (come in 27 a.), non in contesti figurati, in cui non è possibile interpretare la frase senza esplicitare l’oggetto (27 b.-c.):
(27)
a. Mario ha frenato / frenò bruscamente [cioè la macchina, la moto]
b. *Mario ha frenato [cioè la trattativa]
c. *il Governo ha frenato [cioè l’inflazione] (Lo Duca 2000: 233)
Non solo i verbi di attività, ma anche alcuni verbi risultativi con oggetto animato (uccidere, ammazzare, ecc.) permettono un costrutto con oggetto non espresso, per esprimere l’evento in sé (28):
(28) ha ucciso ripetutamente: ecco perché è in carcere.
2.2.2 Costrutti con oggetto nullo e soggetto strumento. Alcuni verbi risultativi, che lessicalizzano non solo il risultato dell’evento, ma anche il modo in cui si realizza, possono avere oggetto opzionale e soggetto indicante strumento. Tali sono, ad es., tagliare, aprire, chiudere, pulire, stampare, scrivere (Lo Duca 2000: 230-231):
(29)
a. il coltello taglia bene
b. la penna rossa non scrive
c. la chiave che mi hai dato non apre / non chiude
d. lo straccio nuovo pulisce bene
e. *lo straccio pulisce / il coltello taglia / la penna scrive.
In questi costrutti il verbo si riferisce all’evento in sé e alla capacità dello strumento di realizzarlo. Ciò spiega la presenza di specificazioni modali (29 a. e 29 d.) o di contesti di polarità negativa (29 b. e 29 c.), senza i quali la frase non è grammaticalmente ben formata (29 e.) (Lo Duca 2000: 231).
2.2.3Alternanza anticausativa. I verbi transitivi biargomentali possono apparire in un costrutto intransitivo in cui l’oggetto originario occorre come soggetto. Questo tipo di alternanza (nota come alternanza anticausativa, in quanto il processo è presentato come avente luogo spontaneamente, sebbene la causa esterna sia presente nella rappresentazione lessicale del verbo) ha una varietà di tratti superficiali: presenza, assenza, opzionalità del morfema riflessivo -si, selezione o alternanza di essere o avere come ausiliari nei ➔ tempi composti (Cennamo 1995; Centineo 1995; Sorace 2000; Folli 2002; Jezek 2003; ➔ pronominali, verbi).
Tre parametri determinano la distribuzione del -si e degli ausiliari: l’➔aspetto (o azionalità) del verbo, alcune proprietà del soggetto (animatezza, grado di coinvolgimento o controllo) e lessicali (componenti semantiche codificate nel verbo). In base all’interazione di questi fattori si identificano tre sottoclassi di costrutti anticausativi.
Classe 1a: verbi in -si con ausiliare essere. Comprende verbi inerentemente telici e/o puntuali: rompersi, infrangersi, aprirsi, spegnersi, svuotarsi:
(30) il bicchiere si ruppe in pochi minuti / *per un’ora
Classe 2a: verbi senza -si con ausiliare essere. È realizzata da verbi con vario grado di telicità, cosiddetti incrementativi, denotanti un graduale cambiamento di stato o il graduale avvicinamento a un punto finale (gr. telos) che può non essere raggiunto (Bertinetto & Squartini 1995; Dowty 1979): aumentare, diminuire, migliorare, affondare, guarire, cambiare. Essi presentano, quindi, gradi diversi di telicità. La loro natura aspettualmente ‘ibrida’ si riflette nel fatto che possono occorrere con gli avverbiali in X tempo / per X tempo / di parecchio, come in (31):
(31) i prezzi sono aumentati per alcuni mesi / in poco tempo / di parecchio
Appartengono a questa classe anche verbi quali guarire e affondare, che lessicalizzano, invece, un cambiamento di stato definito, un punto finale. Ciò è mostrato dal fatto che non possono occorrere con i sintagmi avverbiali per X tempo / di parecchio (32 a.-b.):
(32)
a. la nave è affondata in un’ora / *per un’ora / *di parecchio
b. la ferita è guarita in pochi giorni / *per pochi giorni / *di parecchio
Classe 3a: verbi con e senza -si, con ausiliare essere e avere. È costituita da verbi aspettualmente ambigui, denotanti un processo e un punto finale (Folli 2002; Schäfer 2008): fonder(si), bruciar(si), cuocer(si), gelar(si). Il focus è sul raggiungimento di uno stato finale nel costrutto con -si (33 a.), sul processo nel costrutto senza -si (33 b.), con conseguente interpretazione telica / atelica, riflesse, rispettivamente, nella scelta di essere o avere. Con alcuni verbi (ad es., bruciare), tuttavia, nella forma senza -si l’interpretazione atelica non è esclusa con l’ausiliare essere (33 b.):
(33)
a. il bosco si bruciò / si è bruciato in pochi istanti
b. il bosco è bruciato / ha bruciato per giorni
La presenza di -si con questi verbi indica generalmente che l’azione è compiuta e dotata di un punto finale, assente nella forma senza -si:
(34) il bosco ha / è bruciato per giorni, ma per fortuna le querce non si sono bruciate
Con cuocere il costrutto senza -si e l’ausiliare essere può avere, invece, solo interpretazione stativa, mai eventivo-processuale (35):
(35) la carne è cotta (*in pochi minuti)
Nonostante l’apparente coerenza della distribuzione del morfema riflessivo e della scelta degli ausiliari, in realtà il quadro è molto articolato: tutte le classi aspettuali, infatti (sia pure con diversa frequenza) possono occorrere nell’alternanza anticausativa con presenza obbligatoria (classe 1a), assenza (classe 2a) e opzionalità del morfema -si (classe 3a). Ad es., la classe 1a comprende non solo verbi trasformativi (rompersi, infrangersi), ma anche incrementativi (svuotarsi, gonfiarsi, come in 36 a.), di attività (esprimersi, ispirarsi, come in 36 b.) e di stato (basarsi, come in 36 c.) (Cennamo 1995: 93-95; Cennamo & Jezek in corso di stampa):
(36)
a. [incrementativo] i piedi si sono gonfiati per alcune ore
b. [di attività] la pittura si ispira agli affreschi rinascimentali
c. [di stato] una comunità omogenea si basa anche su una mediocrità di fondo
Della classe 2a, invece, fanno parte non solo verbi incrementativi (aumentare), ma anche verbi che codificano uno stato finale (cambiare, guarire, affondare) e, marginalmente, verbi di attività (continuare):
(37) la lezione è continuata per tre ore / *in pochi minuti
Infine, la classe 3a comprende, oltre a verbi risultativi (bruciare, cuocere), anche verbi incrementativi (sbiadire, ingiallire):
(38) il colore ha sbiadito / si è sbiadito / è sbiadito subito / di parecchio
Quanto alla funzione del -si, si è discusso se nell’alternanza anticausativa esso sia solo la marca della soppressione della causa del processo (peraltro presente nella struttura argomentale del predicato; cfr. Cordin 1988: 601; Cennamo 1995; Lo Duca 2000: 224; Bentley 2006: 134), oppure la marca dello stato finale / risultante (Folli 2002; Jezek 2003 e in corso di stampa; Manente 2008). Dati diacronici (Cennamo in corso di stampa) indicano che il -si in fiorentino antico è una marca di intransitivizzazione, cioè di soppressione della causa (o agente). La funzione di completezza dell’azione / stato risultante, associata all’uso contemporaneo, non era ancora attestata nel fiorentino dei secoli XIII e XIV, in cui le diverse strategie si alternano senza differenza di significato. È percepibile, tuttavia, il graduale fissarsi del morfema -si come principale strategia anticausativa con alcune classi aspettuali, in particolare con verbi che lessicalizzano uno stato finale, come spezzarsi, per il quale non è attestata la strategia non-riflessiva in antico fiorentino (39 a.), che tuttavia si alterna a quella riflessiva con gli altri predicati trasformativi (39 b.-c.):
(39)
a. il carro [...] tutto si spezzò (Villani 2007: cap. 114)
b. [la terra] ruppe in molte parti del mondo (Giamboni 1968: 98)
c. lo mio sonno si ruppe (Dante, Vita nova 3, 1-9)
Il morfema -si, tuttavia, non è ancora diventato marca distintiva dello stato finale, come mostra il fatto che si presentano con e senza -si verbi che ammettono sia l’interpretazione di attività (processuale) che quella di risultato (cuocere, ardere, bruciare):
(40)
a. parve che il cielo ardesse (Orosio 1849: 237)
b. però che ’l legame d’amore col fuoco dell’ira s’arde in lui (L’Ottimo 1827-1829: 403).
Al polo opposto del continuum di (in)transitività sopra illustrato si collocano i verbi con un solo argomento, realizzato come soggetto, come nei predicati intransitivi monoargomentali. In italiano questa classe di verbi non costituisce una categoria omogenea: è possibile individuarvi, infatti, due sottogruppi, noti come verbi inergativi e inaccusativi (➔ inaccusativi, verbi). Essi si riconoscono per alcune proprietà morfosintattiche, quali la scelta dell’ausiliare, l’accordo del participio passato, la ripresa con il clitico ne del soggetto quantificato postverbale, la possibilità di costrutti participiali assoluti.
Gli inergativi (giocare, nuotare, chiacchierare, lavorare) nei tempi composti hanno l’ausiliare avere e non accordano il soggetto con il participio passato, che occorre al maschile singolare:
(41)
a. Maria ha giocato
b. molti ragazzi hanno giocato
c. hanno giocato molti ragazzi ieri sul prato
Non permettono, inoltre, la ripresa con ne di un soggetto quantificato postverbale (ad es., molti ragazzi in 42 a.) e non occorrono in costrutti participiali assoluti in cui il soggetto ricorre come testa (Maria in 42 b.):
(42)
a. di ragazzi, *ne hanno giocato molti ieri
b. *giocato / giocata Maria
I verbi inaccusativi scelgono, invece, l’ausiliare essere, accordano il participio passato col soggetto (43 a.), riprendono con ne un soggetto quantificato pre- e postverbale (43 b.), occorrono in costrutti participiali assoluti in cui il soggetto del verbo intransitivo (Maria o i ragazzi in 43 c.) funge da testa della costruzione, come mostrato dall’accordo con il participio passato:
(43)
a. Maria è partita / i ragazzi sono partiti
b. ne sono partiti molti [= sono partiti molti ragazzi]
c. partita Maria / partiti i ragazzi
Il participio passato dei verbi inaccusativi, inoltre, può occorrere in funzione attributiva (partiti in 44 a.) (➔ attributo), a differenza del participio passato dei verbi inergativi (ad es. *giocati in 44 b.):
(44)
a. i ragazzi partiti in macchina arriveranno prima di quelli partiti con il pullman
b. *i ragazzi giocati
Quindi il soggetto di questi verbi intransitivi presenta proprietà caratteristiche dell’oggetto dei verbi transitivi. Ciò ha portato a supporre che il soggetto dei verbi inaccusativi sia in realtà un oggetto in un livello della rappresentazione della struttura della frase (Perlmutter 1978; Burzio 1986 e discussione in Sorace 2000 e 2004).
Alcuni verbi intransitivi monoargomentali, inaccusativi e inergativi, ammettono anche usi transitivi con una gamma ristretta di oggetti, limitata in alcuni casi all’oggetto cosiddetto interno, un argomento che ripete i tratti semantici e spesso anche la forma del verbo da cui dipende: piangere lacrime amare, dormire il sonno del giusto, vivere una vita intensa, ecc. (Salvi 1988: 60; Serianni 1989: 380; Lo Duca 2000: 220-221). I verbi inergativi lavorare, piangere, dormire, protestare, fuggire, ad es., ammettono anche un oggetto sia animato che non animato, a volte in costrutti idiomatici e con diverso significato (➔ verbi; ➔ reggenza):
(45)
a. Mario non ha ancora lavorato quella pratica
b. Mario lavora il legno
c. Mario lavorerà il capoufficio
(46)
a. i ragazzi piangono il compagno scomparso nell’incidente
b. Mario ha pianto lacrime amare
Molto frequente è l’uso transitivo di verbi di movimento (➔ movimento, verbi di), come scendere, uscire, salire, particolarmente diffuso nel Sud d’Italia (Serianni 1989: 380; Jezek 2003: 88):
(47)
a. devo scendere / salire la spesa
b. non riesco a uscire il passeggino dalla porta.
Giamboni, Bono (1968), Il Libro de’ Vizi e delle Virtudi e Il Trattato di virtù e di vizi, a cura di C. Segre, Torino, Einaudi.
Orosio, Paolo (1849), Delle storie contro i Pagani libri VII, volgarizzamento di Bono Giamboni, con note di F. Tassi, Firenze, T, Baracchi.
L’Ottimo commento della Divina Commedia (1827-1829), a cura di A. Torri, Pisa, presso Niccolò Capurro, 3 voll., vol. 2°.
Villani, Giovanni (2007), Nuova cronica, edizione critica a cura di G. Posto, Milano - Parma, Fondazione Pietro Bembo - Guanda.
Bentley, Delia (2006), Split intransitivity in Italian, Berlin - New York, Mouton de Gruyter.
Bertinetto, Pier Marco & Squartini, Mario (1995), An attempt at defining the class of gradual completion verbs, in Temporal reference, aspect and actionality, edited by P.M. Bertinetto, Torino, Rosenberg & Sellier, 2 voll., vol. 1º (Semantic and syntactic perspectives), pp. 11-28.
Bossong, Georg (1998), Le marquage de l’expérient dans les langues d’Europe, in Actance et valence dans les langues de l’Europe, édité par J. Feuillet, Berlin - New York, Mouton de Gruyter, pp. 259-294.
Burzio, Luigi (1986), Italian syntax. A government-binding approach, Dordrecht, Reidel.
Cennamo, Michela (1995), Transitivity and VS order in Italian reflexives, «STUF. Sprachtypologie und Universalienforschung» 48, 1, 2, pp. 84-105.
Cennamo, Michela (2003), (In)transitivity and object marking: some current issues, in Fiorentino 2003a, pp. 49-104.
Cennamo, Michela (in corso di stampa), Thematic and aspectual constraints on the (anti)causative alternation in Old Italian, in Variation and change in argument realization, «Transactions of the Philological Society», numero tematico.
Cennamo, Michela & Jezek, Elisabetta (in corso di stampa), The anticausative alternation in Italian: constraints and variation, in Le interfacce. Atti del XLIII congresso della Società di Linguistica Italiana, a cura di G. Massariello & S. Dal Masi, Roma, Bulzoni, pp. 809-823.
Centineo, Giulia (1995), The distribution of si in Italian transitive/inchoative pairs, in Proceedings from semantics and linguistic theory V, edited by M. Simons & T. Galloway, Ithaca (NY), Cornell University, pp. 54-71.
Cordin, Patrizia (1988), I pronomi riflessivi, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1988, pp. 593-603.
Coseriu, Eugenio (1971), Solidarietà lessicali, in Teoria del linguaggio e linguistica generale. Sette studi, a cura di R. Simone, Roma - Bari, Laterza, pp. 303-316.
Dowty, David (1979), Word meaning and Montague grammar. The semantics of verbs and times in generative semantics and in Montagues PTQ, Dordrecht, Reidel.
Fiorentino, Giuliana (edited by) (2003a), Romance objects. Transitivity in Romance languages, Berlin, Mouton de Gruyter.
Fiorentino, Giuliana (2003b), Prepositional objects in Neapolitan, in Ead. 2003a, pp. 117-152.
Folli, Raffaella (2002), Constructing telicity in English and Italian (tesi di dottorato), Oxford University.
Hopper, Paul J. & Thompson, Sandra A. (1980), Transitivity in grammar and discourse, «Language» 56, pp. 251-299.
Jezek, Elisabetta (2003), Classi di verbi tra semantica e sintassi, Pisa, ETS.
Jezek, Elisabetta (in corso di stampa), Inaccusativité, structure événementielle et verbes pronominaux en Italien, in Actes de la journée d’études en hommage à Andre Rousseau (Lille, Université Charles de Gaulle Lille 3, 11 Juin 2007), édité par L. Begioni.
Kittilä, Seppo & Zúñiga, Fernando (2010), Benefaction and malefaction from a cross-linguistic perspective, in Iid. (edited by), Benefactives and malefactives. Typological perspectives and case studies, Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins, pp. 1-28.
Lazard, Gilbert (1994), L’actance, Paris, Presses Universitaires de France.
Lazard, Gilbert (1998), Définition des actants dans les langues européennes, in Actance et valence dans les langues de l’Europe, edited by J. Feuillet, Berlin, Mouton de Gruyter, pp. 11-146.
Lazard, Gilbert (2002), Transitivity revisited as an example of a more strict approach in typological research, «Folia linguistica» 36, pp. 141-190.
Lo Duca, Maria Giuseppa (2000), Proprietà valenziali e criteri di descrizione lessicografica: un caso di alternanza argomentale, in Classi di parole e conoscenza lessicale, a cura di R. Simone, «Studi italiani di linguistica teorica e applicata» 29, pp. 219-242.
Malchukov, Andrej, Haspelmath, Martin & Comrie, Bernard (2011), Ditransitive constructions: a typological overview, in Iid. (edited by), Studies in Ditransitive Constructions. A comparative handbook, Berlin, Mouton de Gruyter, pp. 1-64.
Manente, Mara (2008), L’aspect, les auxiliaries être et avoir et l’hypothèse inaccusative dans une perspective comparative français/italien (tesi di dottorato) Venezia, Università di Venezia.
Perlmutter, David (1978), Impersonal passives and the unaccusative hypothesis, in Proceedings of the fourth annual meeting of the Berkeley linguistic society, Berkeley, University of California, pp. 157-189.
Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (1988), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 3 voll. (vol. 1º, La frase. I sintagmi nominale e preposizionale).
Rizzi, Luigi (1986), Null objects in Italian and the theory of pro, «Linguistic inquiry» 17, 3, pp. 501-557.
Salvi, Giampaolo (1988), La frase semplice, in Renzi, Id. & Cardinaletti 1988, pp. 29-113.
Salvi, Giampaolo & Vanelli, Laura (2004), Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino.
Schäfer, Florian (2008), The syntax of (Anti-)causatives. External arguments in change-of-state contexts, Amsterdam, John Benjamins.
Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
Siller-Runggaldier, Heidi (2003), Changes of valence and their effect on objects, in Fiorentino 2003a, pp. 187-216.
Simone, Raffaele (200819), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990).
Sorace, Antonella (2000), Gradients in auxiliary selection with intransitive verbs, «Language» 76, pp. 859-890.
Sorace, Antonella (2004), Gradience at the lexicon-syntax interface: evidence from auxiliary selection and implications for unaccusativity, in The unaccusativity puzzle. Explorations of the syntax-lexicon interface, edited by A. Alexiadou, E. Anagnostopoulou & M. Everaert, Oxford, Oxford University Press, pp. 243-268.
Tsunoda, Tasaku (1994), Transitivity, in The encyclopedia of language and linguistics, editor-in-chief R.E. Asher, Oxford, Pergamon Press, 10 voll., vol. 7º, pp. 4670-4677.