CALCIA, Traiano
Nacque a Treviso agli inizi del sec. XVI. Fu a Napoli allievo di Pietro Summonte e membro dell'Accademia Pontaniana. Partecipò alle tre giornate di discussione sulla poesia che ebbero luogo nella casa del Sannazaro a Mergellina, nel febbraio-marzo del 1526, e alle quali parteciparono il Summonte, Gerolamo Carbone, Pietro Gravina, Pomponio Gaurico, Lucio Vopisco, il giurista Francesco Teto, il colto patrizio Pietro Andrea Cosso e Lucio Camillo Scorziano, riuniti intorno al comune maestro Sannazaro.
A. Minturno, che di quelle discussioni si fece cronista nel suo De Poeta (Venezia 1559), afferma (p. 6) di averne avuto resoconto dallo Scorziano e "a Traiano Tarvisino, homine sane docto, nec tantum his litteris, quas Latinae linguae scriptoribus pertractandis praeclara cum laude profitetur, sed multiplici quoque disciplina erudito". Poiché al tempo di quelle discussioni il C. era tra i più giovani allievi del Summonte (e limitata è la sua partecipazione al dialogo), sarà assai verosimile porre ai primi del sec. XVI la data della sua nascita. Da un'altra notizia del Minturno, che afferma (p. 434) che tutti i partecipanti a quelle conversazioni, eccettuato il Vopisco, morirono di lì a poco, non si deve trarre la conclusione che anche il C. avesse avuto in breve la stessa sorte; è facile invece supporre che il Minturno non avesse avuto più notizia di lui.
In effetti per un lungo periodo non sappiamo più nulla del C.; risale al 16 aprile del 1548 una sua lettera spedita da Treviso a Angelo Colocci (G. Lancellotti, Poesie italiane e latine di Monsignor A. Colocci, Iesi 1772, pp. 95 s.) in cui dichiara di non possedere una Vita del Pontano di mano né del Summonte né di altri, di cui il Colocci gli aveva fatto richiesta. Afferma bensì di avere presso di sé alcune Annotazioni autografe del Summonte e un Commentario su Catullo autografo del Pontano. Anzi queste opere è stato proprio lui a "cavarle fora delle fiamme all'assedio di Napoli" (nel 1528 era dunque ancora a Napoli) e a mostrarle a Lazzaro Bonamico e a Domenico Egnazio; e intende ora pubblicarle presso Paolo Manuzio. La conclusione della lettera ove il C. chiede di essere ricordato a Gianfrancesco Caserta, al protonotario Scorciati e al maestro di cappella Salvatore Parascandolo, personaggi tutti della Curia romana, fa pensare a un soggiorno del C. a Roma, sulla strada che da Napoli lo riportava a Treviso. Sarà stato proprio in questa città, piuttosto che a Napoli (Lancellotti) che il C. avrà stretto amicizia col Colocci.
Assai vaghe sono infine le altre informazioni dateci dal Lancellotti, secondo il quale il C. avrebbe scritto pochissime opere (di cui niente ci è restato), ma "inter homines non indisertos locum et quoad vixit famam sine labe tenuit". Sarebbe morto a Treviso circa il 1551, ma donde il Lancellotti traesse la notizia non sappiamo.
Il nome del C. resta legato soprattutto all'ambiente napoletano ("buccinator existimationis Pontani": Lancellotti) e alle vicende del commento pontaniano a Catullo, ora perduto. Il Summonte (lettera al Colocci del 28 luglio 1515: in Lancellotti, p. 94) dichiara di non averlo tra gli autografi pontaniani, che anzi gli era "discortesemente conteso". A contenderglielo non era certo il C., che probabilmente a quel tempo non era ancora giunto a Napoli e che solo più tardi ne sarà entrato in possesso. Paolo Manuzio, cui il C. voleva rivolgersi per la stampa, non pubblicò mai il commento: pubblicò nel 1554 un Catullo commentato, ma da Marcantonio Mureto, che solo una volta (c. 2r) cita una congettura del Pontano.
Bibl.: C. Minieri Riccio, Biografie degli accademici pontaniani, G. G. Pontano, Napoli 1870, pp. 49-50; M. Maylder, Storia delle Accademie d'Italia, IV, Bologna 1929, p. 332; C. De Frede, I lettori di umanità nello Studio di Napoli, Napoli 1960, p. 149.