TRADUCIANISMO
. È l'opinione o il sistema, chiamato anche generazionismo, che spiega l'origine dell'anima, non per la creazione immediata di Dio (v. Creazionismo), ma per la generazione umana, ponendo che l'anima sia generata, come il corpo, dai genitori: ex seminis traduce; onde il nome di traducianismo. Altri spiegano ciò in modo materiale, come Tertulliano, ammettendo che per la virtù stessa seminale sia prodotta l'anima, come il corpo. Altri invece insegnano un traducianismo spirituale, mediante un seme incorporeo dell'anima dei genitori, onde tutta la natura umana dei figli procederebbe da tutta la natura umana dei parenti; così tra i moderni, sebbene con diverse attenuazioni o spiegazioni proprie, i tedeschi Klee e Froschammer, i belgi Laforêt e Ubaghs, e in parte anche il Rosmini (prop. 20, tra le proposizioni condannate per decreto del Sant'Uffizio, del 14 dicembre 1887: "Non repugnat ut anima humana generatione multiplicetur, ecc.").
L'opinione tuttavia è ben antica, trovandosi già accettata, massime nella sua spiegazione spirituale, o almeno lasciata in dubbio, da parecchi scrittori e Padri antichi della Chiesa; sicché Origene poteva scrivere (circa l'anno 230) che la verità esatta su questo punto non gli appariva manifesta dalla predicazione o tradizione ecclesiastica; anzi egli la metteva in connessione con l'ipotesi, da lui accettata, di Platone, della preesistenza delle anime. Anche S. Agostino parve esitante, massime nella sua polemica contro i pelagiani, a cui egli cercava di opporre una spiegazione persuasiva della trasmissione della macchia di origine, come peccatum naturae, e non personale, sebbene per sé propendesse, atteso l'essere spirituale dell'anima, al creazionismo (Epist., 166, n. 25). Ma risolutamente fu rifiutato il traducianismo, anche spirituale, dalla maggioranza dei Padri e scrittori ecclesiastici, come da S. Girolamo, che si oppose anche al suo contemporaneo Agostino, e non meno energicamente da Prudenzio. S. Leone Magno condanna tra gli errori dei priscillianisti anche questo, insieme con l'ipotesi platonica e origeniana della preesistenza delle anime. Né meno esplicito fu papa Anastasio II. Di poi tutti i dottori scolastici, da Pietro Lombardo a S. Tommaso, salvo qualche esitanza di Alessandro di Hales e di Ugo di S. Vittore, ripudiano il "traducianismo" per la sua opposizione alla spiritualità dell'anima; spiritualità che richiede un immediato intervento creativo, proprio di Dio solo.
Così ragiona S. Tommaso: l'anima "non può essere fatta da materia preesistente, né corporale, perché altrimenti sarebbe di natura corporea, né spirituale, perché così si trasmuterebbero tra loro le sostanze spirituali: è necessario dunque il dire che non è fatta se non per creazione" (Summ. theol., 1a pars, q. 90, a. 2). E Dio la crea nell'atto stesso d'infonderla, secondo la dottrina cattolica; ossia l'infonde nell'atto stesso di crearla. Il traducianismo quindi, se non è formale eresia, è certamente un errore che non si può ammettere senza grande temerità, sia filosoficamente sia teologicamente parlando.