tossicità
Capacità di una sostanza chimica o di un preparato farmaceutico di provocare, a determinate dosi o concentrazioni, disturbi o danni a carico di organismi viventi, ai quali siano stati somministrati o con cui siano venuti a contatto. Tale azione lesiva, rigorosamente valutabile secondo intere serie di parametri biologici, si configura in turbe o arresti funzionali, espressione di lesioni biochimiche ed eventualmente strutturali.
Per ogni sostanza, la t. è in rapporto alla dose impiegata (ed eventualmente alla sua concentrazione), alla via di somministrazione o di penetrazione, alla sensibilità della specie o dell’individuo e ad altri fattori. Nella ricerca farmacologica, per ogni preparato sottoposto al vaglio della sperimentazione tossicologica in vista di un eventuale impiego terapeutico, occorre determinare la t. nell’animale di laboratorio in condizioni fisiologiche. In via preliminare, occorre stabilire la dose che uccide il 50% di un gruppo di animali (detta dose letale 50, simbolo DL50). Contemporaneamente o in una fase successiva vengono saggiate le eventuali azioni teratogena, mutagena e cancerogena. Qualora tutte le prove espletate depongano per una scarsa t. del preparato in questione (oltre che per la sua efficacia terapeutica), si procede alla sperimentazione clinica su un omogeneo gruppo di malati. Questo delicato momento dell’iter sperimentale di un farmaco pone complessi e gravi quesiti di ordine tecnico e morale. Sul piano tecnico va considerato, tra l’altro, che: i risultati ottenuti sull’animale di laboratorio non sono sempre riconducibili all’uomo; su questo si possono osservare, sia a breve, sia a lungo termine, sintomi di t. non riscontrati nell’animale; spesso la patologia sperimentale non è sovrapponibile a quella umana, specie nei casi di affezioni a eziologia multifattoriale o con patogenesi non completamente delucidata (per es., aterosclerosi, ulcera gastrica e duodenale, ecc.); a volte nell’uomo, a differenza dall’animale di laboratorio, coesistono altri quadri morbosi, a loro volta trattati farmacologicamente, quindi esiste la possibilità che il farmaco di nuovo impiego interagisca sfavorevolmente con un altro farmaco, rivelando così, attraverso l’incompatibilità medicamentosa, una t. indotta. Dopo l’approvazione dell’impiego del farmaco, i medici devono segnalare alle istituzioni competenti l’osservazione di eventuali fenomeni avversi (farmacovigilanza). Sul piano morale le più delicate questioni vertono: sui criteri di selezione di un campione umano sufficientemente numeroso sul quale il farmaco viene per la prima volta impiegato per trarne valutazioni clinico-statistiche; quindi sul possibile contenuto discriminatorio insito in ricerche compiute di solito sulle categorie di cittadini meno protette; sulla liceità di condurre studi farmacoterapici su soggetti che non comprendano appieno l’informazione sui rischi di una terapia inedita.
In alcuni Paesi sono state approvate valide normative di intervento per il controllo delle sostanze tossiche. In linea di massima, per ogni composto chimico attivo (quindi dotato di minore o maggiore t.) è necessario pervenire a una serie di conoscenze su certe proprietà biologiche, come la durata di azione, la tendenza all’accumulo in sistemi biologici (in partic. nella flora e nella fauna acquatica), l’eventuale potere teratogeno, mutageno od oncogeno, la possibile interferenza con i cicli biologici (per es., quello dell’azoto), il destino metabolico e i meccanismi coinvolti nell’eliminazione da parte degli organismi viventi, la modalità di biodegradazione e le caratteristiche dei prodotti che ne derivano.