TORRESANI LANZFELD, Carlo Giusto
de. – Nacque a Cles in valle di Non, allora principato vescovile di Trento, il 16 febbraio 1779 da Carlo Leopoldo e Luisa Devigili di Mezzolombardo.
Il padre fu consigliere aulico del principe vescovo e assessore (ossia giudice) delle valli di Non e Sole. I Torresani erano una ricca famiglia nobile, tra i cui membri non infrequenti ricorsero le cariche principesco-vescovili o imperiali.
Dopo una prima formazione a Merano, Carlo Giusto si laureò in legge all’Università di Innsbruck. All’età giovanile risale una breve ma promettente carriera militare. Nel 1796 combatté contro i francesi tra le file dei bersaglieri provinciali tirolesi (Landesschützen) acquisendo in seguito il grado di capitano, ma già nel 1801 cominciò il proprio cursus negli uffici civili: inizialmente come praticante e quindi, dal 1803, come sottocommissario presso la direzione della polizia di Innsbruck. Nel 1806, con l’occupazione bavara del Tirolo, si trasferì a Salisburgo, dove fu addetto e poi commissario dell’ufficio di polizia, e successivamente a Vienna (1809), con la nomina a segretario aulico di polizia. Nel periodo viennese gli vennero affidate anche varie missioni straordinarie che testimoniano la fiducia da lui goduta presso i propri superiori: quando nel maggio del 1809 la capitale fu occupata dai francesi e la corte, assieme a diversi uffici, tra cui quello di polizia, si spostò in Ungheria, egli venne incaricato di trasmettere a Vienna gli ordini segreti indirizzati al governatore Ferdinand von Bissingen; o ancora, l’anno seguente, fu mandato in Tirolo come collaboratore dell’intendente Joseph von Hormayr.
Nel 1813, allorché il territorio trentino fu definitivamente rioccupato dall’esercito austriaco dopo gli anni di governo bavaro e italico, fu uno dei Landeskommissäre (commissari del Paese) scelti dal commissario superiore provvisorio per la parte italiana e illirica del Tirolo Anton von Roschmann. In queste vesti svolse attività sia nell’ambito delle trattative militari, sia in quello della riorganizzazione amministrativa e istituzionale del Tirolo meridionale. Dopo la destituzione da tale carica – forse dovuta a tensioni con Roschmann stesso – la sua carriera si indirizzò verso il Lombardo-Veneto, anche grazie al pieno sostegno del presidente della Polizeihofstelle (dicastero aulico di polizia) Franz von Hager. Nell’aprile del 1814 fu chiamato presso il nuovo governo veneto austriaco (dapprima nella sua sede provvisoria a Padova, quindi a Venezia), dove si occupò da un lato degli affari presidiali, diventando uno dei più stretti collaboratori del governatore militare Heinrich Reuss von Plauen, dall’altro di questioni organizzative, come il riassetto della polizia veneta e l’istituzione di un dipartimento di censura. Dall’aprile del 1815, stabilizzatasi la situazione del governo veneto con la nomina a governatore di Peter von Goëss, smise di occuparsi degli affari presidiali, mantenendo però gli altri incarichi, e nel luglio dello stesso anno fu mandato in missione in Polesine per «proporre i confini» della provincia e «fare la compartizione de’ nuovi Distretti» (Trento, Archivio provinciale, Famiglia Thun, linea di Castel Thun, sezione Carteggio e atti, A 102.4, lettera a Violante Martinengo Thun, Rovigo 12 luglio 1815).
Nel 1814 sposò Giuseppina (1790-ca. 1873), figlia del conte Lorenzo Marzani di Villa Lagarina e di Anna de Bernardi, con la quale ebbe cinque figli: Luigia (1817-1871), Pietro (1818-1847) – così chiamato in onore del suo padrino, il governatore veneto Goëss: fu vicesegretario della presidenza del Governo milanese e la sua prematura morte colpì molto duramente Torresani –, Carolina (nata nel 1822), Clementina (1826-1855), Maria (1831-1844).
Insofferente della vita in laguna («Venezia è bella, Venezia è brillante, ma alla lunga si brama di vivere sul Continente», ibid.), Torresani ambiva piuttosto a un ruolo nell’ambito della riorganizzata struttura amministrativa del Lombardo-Veneto. Quando le prefetture napoleoniche lasciarono il posto alle delegazioni austriache, egli fu inizialmente nominato delegato a Treviso quindi, poco dopo, il 13 dicembre 1815, a Udine, dove si trasferì nel febbraio del 1816; le sue relazioni inviate al governo veneto quale delegato del Friuli testimoniano la sua spiccata laboriosità e capacità organizzativa, e allo stesso tempo un approccio tendente a ricondurre «sul piano politico e di polizia» (Berengo, 1993, p. 343) la lettura delle questioni economiche e sociali. A Udine rimase fino al 1822, quando ottenne la prestigiosa direzione della polizia milanese – dapprima, in aprile, in via provvisoria, e definitivamente con sovrana risoluzione del 5 dicembre –, carica che ricoprì per più venticinque anni.
La sua attività di direttore di polizia è strettamente associata ai processi politici degli anni Trenta contro gli aderenti alla Giovine Italia, di cui proprio Torresani scoprì le prime fila, anche grazie a una fitta rete di informatori, sia in Lombardia sia tra gli esuli. Eppure, forse in virtù di una «personalità rigorosa» (Arisi Rota, 2003, p. 43) e poco incline a infierire sugli inquisiti, subì solo in parte i severi giudizi che la storiografia di impronta risorgimentale riservò ad altri funzionari tirolesi di lingua italiana operanti nel Lombardo-Veneto e attivamente coinvolti nella repressione poliziesca e giudiziaria delle sette politiche: si pensi, tra i più celebri, ad Antonio Salvotti, Paride Zajotti e Antonio Mazzetti.
La sua impronta su Milano nelle vesti di zelante e temuto capo di polizia è tuttavia efficacemente riverberata da un curioso esperimento letterario, il romanzo scapigliato neoutopistico Abrakadabra. Storia dell’avvenire del librettista Antonio Ghislanzoni. Pubblicato compiutamente nel 1884 – ma già parzialmente a puntate vent’anni prima – e ambientato nella Milano degli anni Ottanta del Novecento, uno dei personaggi, il funzionario «capo di sorveglianza», è non a caso nominato Torresani. Dei primi anni Sessanta sono anche le memorie di Luigi Bolza (Misteri della polizia austriaca in Italia, Milano 1863), ambiguo commissario di polizia, dove il severo ritratto di Torresani, dipinto quale uomo vendicativo e opportunista, sembra più dettato da un’acredine personale dell’autore nei confronti del proprio superiore che da un giudizio lucido.
Nel biennio 1846-48, su proposta del viceré Ranieri, Torresani fu reggente del teatro alla Scala, carica che aveva in altre occasioni rifiutato, ritenendola incompatibile con le proprie funzioni.
Al di là di questo ruolo istituzionale, invero ottenuto solo per necessità di ordine pubblico, egli coltivò, come altri funzionari austriaci della sua generazione, un certo interesse in campo artistico, letterario, storico-erudito, anche finalizzato all’accrescimento del proprio prestigio sociale. Si inserì pertanto, in certa misura, in quel «sistema delle arti» (Ferrari, 2011, p. 300) che coinvolgeva diversi tirolesi italiani da tempo residenti a Milano (funzionari anch’essi o professionisti, che furono mecenati, committenti o protettori di artisti), aderì a diverse accademie e società, sollecitò la pubblicazione dell’opera La Naunia descritta al viaggiatore (Milano 1829), guida della valle di Non del conterraneo Gioseffo Pinamonti, a cui pare abbia contribuito con correzioni e altri interventi.
Il brusco epilogo della sua carriera coincise con la rivoluzione del marzo del 1848, quando dovette lasciare Milano assieme all’armata austriaca in ritirata per riparare prima a Verona, poi a Bolzano, quindi a Innsbruck, dove venne raggiunto dalla propria famiglia che in quei mesi era stata trattenuta dai rivoluzionari in ostaggio a Milano.
Ormai anziano e in disgrazia, chiese il pensionamento e si ritirò a vita privata nella sua villa di Monte Brione, presso Riva del Garda, dove morì l’8 agosto 1852.
Fonti e Bibl.: Di un archivio di Carlo Giusto Torresani non c’è più traccia. Un frammento di archivio familiare si trova tuttavia nel lascito Sperl-Ehrhart (Österreichisches Staatsarchiv, Wien, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Nachlass Sperl-Erhart), dove sono conservati anche pochi suoi documenti personali: la nipote Clelia (1847-1920), figlia di Pietro, aveva infatti sposato un Ehrhart. Anche la documentazione legata alla sua carica più importante non ha avuto fortuna maggiore: sia il fondo della Direzione generale di polizia, conservato in Archivio di Stato di Milano, sia quello della Polizeihofstelle presso l’Österreichisches Staatsarchiv, Wien, Allgemeines Verwaltungsarchiv, hanno subito enormi perdite, in conseguenza dei bombardamenti milanesi del 1943 e dell’incendio del palazzo di giustizia viennese del 1927. I più brevi periodi in cui Torresani fu prima in Tirolo meridionale, quindi in Veneto, sono in particolare documentati, rispettivamente, dagli atti presidiali del governo tirolese, che comprendono l’archivio della commissione Roschmann (Tiroler Landesarchiv, Innsbruck, Jüngeres Gubernium, Präsidiale), e dal fondo del Presidio di governo veneto in Archivio di Stato di Venezia. Il fondo della Delegazione provinciale del Friuli presso l’Archivio di Stato di Udine è andato in buona parte disperso. Diverse lettere di Torresani, che forniscono molte informazioni sulla sua vita professionale e privata, sono conservate negli archivi dei suoi corrispondenti: particolarmente significativi – anche in termini quantitativi – sono i carteggi con Matteo Thun, i genitori di questi Violante Martinengo Cesaresco e Leopoldo Ernesto, e con Gioseffo Pinamonti (Archivio provinciale di Trento, Famiglia Thun, linea di Castel Thun, sezione Carteggio e atti), con Antonio Mazzetti (Biblioteca comunale di Trento, Fondo Miscellaneo, BCT1), e con Antonio Salvotti (Archivio di Stato di Mantova, Legato Alessandro Luzio).
Oltre alle poche voci biografiche molto risalenti e non sempre precise (a cominciare da Jakob Hyrtl, Die fürstlichen, gräflichen und freiherrlichen Familien des österreichischen Kaiserstaates. Mittheilungen über ihren Ursprung, Adel, Geschlechtsfolge und Wappen, II, Wien 1852, pp. 25 s.), l’unico lavoro biografico compiuto è quello di P. Pedrotti, Contributo alla biografia di C.G. T., in La Lombardia nel Risorgimento italiano, XIV (1929), 2, pp. 3-55, testo peraltro basato su molti documenti della Polizeihofstelle viennese, ora in buona parte perduti (il regesto dei quali è conservato tra il materiale di studio di Pedrotti a Trento, Fondazione Museo storico del Trentino, Archivio E, b. 14, f. 3: il fascicolo comprende anche una lettera autografa di Torresani). Specificamente sul periodo veneto si vedano inoltre M. Berengo, Il Veneto della Restaurazione nelle prime inchieste austriache, in L’Europa tra illuminismo e Restaurazione. Scritti in onore di Furio Diaz, a cura di P. Alatri, Roma 1993, pp. 335-350; Id., Appunti sulla polizia austro-veneta agli inizi della Restaurazione, in Ricerche di storia in onore di Franco Della Peruta, I, Politica e istituzioni, a cura di M.L. Betri - D. Bigazzi, Milano 1996, pp. 136-146; E. Tonetti, Tra polizia e amministrazione. Gli anni veneti di C.G. T. di L. (1814-1822), in Per Marino Berengo. Studi degli allievi, a cura di L. Antonielli - C. Capra - M. Infelise, Milano 2000, pp. 730-742. Sul ruolo di Torresani in relazione ai processi alla Giovine Italia si rimanda specialmente ad A. Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia (1833-1835), Milano 2003, ad indicem. Più numerosi sono i riferimenti alla figura di Torresani nella rivoluzione milanese del 1848. Tra i contributi più documentati si veda soprattutto il risalente, ma sempre valido, A. Sandonà, Il preludio delle Cinque Giornate di Milano, in Rivista d’Italia, XXX (1927), 1, pp. 74-99, 2, pp. 216-246 (anch’esso ricco di citazioni e riferimenti a documenti viennesi non più esistenti). Su Torresani nel contesto del «sistema della arti» milanese si veda S. Ferrari, I Trentini a Milano nell’età della Restaurazione (1815-1848), in La geografia dei sistemi dell’arte nella Lombardia ottocentesca, a cura di R. Ferrari, Brescia 2011, pp. 299-317. Notizie sulla carriera professionale e sulle onorificenze ottenute si ricavano dai periodici ufficiali o semiufficiali della monarchia, specialmente la Wiener Zeitung, lo Oesterreichischer Beobachter, la Gazzetta di Milano, il Messaggiere Tirolese; in quest’ultimo si trova anche un dettagliato necrologio (n. 101, 21 agosto 1852, pp. 1 s.). Ulteriori informazioni biografiche e familiari sono fornite dalle memorie del nipote Karl Franz Ferdinand Torresani (1846-1907), ufficiale e scrittore, figlio di Pietro e fratello di Clelia: Von der Wasser- bis zur Feuertaufe. Werde- und Lehrjahre eines österreichischen Offiziers, Dresden-Leipzig 1901.