TORRES VILLAROEL, Diego de
Scrittore spagnolo, nato a Salamanca nel 1693, ivi morto nel 1770. Figlio di un modesto libraio, fatti gli studî di umanità, girovagò in Portogallo, dove fu eremita e torero, musico e sfacciato buffone, soldato, alchimista e ballerino, non tralasciando però di farsi, pur disordinatamente, una cultura nei rami più disparati del sapere, finché, tornato in patria, ottenne la cattedra di matematica e di astrologia giudiziaria nell'università di Salamanca (1726), nella quale, pur attraverso peripezie, insegnò fino al 1781. Si era ordinato sacerdote nel 1745.
Il T. V. molto scrisse e, oltre che poesie e commedie (Juguetes de Thalía, 1738), delle materie più diverse. I suoi migliori lavori sono quelli a cui attese nel tempo che visse a Madrid presso la duchessa d'Alba sua protettrice: i primi quattro "trozos" o parti delle sei di cui consta la sua autobiografia (1743) e i Sueños morales, visiones y vísitas con D. Francisco de Quevedo por la Corte, interessante galleria di quadri satirici della vita di Madrid, felice imitazione del suo gran modello, il Quevedo, che T. V. ebbe presente anche nell'Historia de historias, nel Sacudimiento de mentecatos habidos y por haber, nelle Recetas de Torres, añadidas a los remedios de cualquier fortuna. Le prime quattro parti della Vida, ascendencia, nacimiento, crianca y aventuras comprendono ciascuna un decennio fino ai quarant'anni, le altre due dovettero essere pubblicate più tardi, rispettivamente nel 1752 e nel 1758. È l'opera sua di maggior fama: il T. V. vi racconta con franca disinvoltura, alle volte anche cinica, i casi stravaganti della sua vita romanzesca di avventuriero. Si può dire che è un tardo rimessiticcio del genere picaresco. Grande popolarità gli avevano acquistata anche i Pronósticos o Almanaques che ogni anno pubblicò dal 1721 al 1753 sotto il nome di "El Gran Piscator Salmantino". Di questi pronostici qualcuno ebbe la strana fortuna di avverarsi: soprattutto levò gran rumore la chiara predizione della rivoluzione francese in una celeberrima strofa nell'Almanacco del 1756. La profonda conoscenza che, in compenso della superficiale in tanti rami del sapere, il Torres Villaroel ebbe della Spagna settecentesca, del suo esaurimento e scadimento intellettuale, e quindi del bisogno di risorgere e progredire, fa di lui il vero tipo rappresentativo del sec. XVIII spagnolo. È uno spirito inquieto, acre, ribelle al marasma dell'ambiente in cui deve pur vivere. Il nome di T. V. è quindi messo giustamente accanto a quanti furono in quel tempo precursori e banditori di progresso in ogni aspetto della vita spagnola.
Ediz.: Obras, Madrid 1794-1799 (15 voll.); Poesías, in Bibl. autores españoles, LXI, pp. 54-86; Vida, in Clásicos Castellanos, Madrid 1912, in Colección Universal, Madrid 1920.
Bibl.: A. García Boiza, D. de T. V., Salamanca 1911: id., Nuevos datos Sobre T. V., ivi 1918; "Azorín", in Clásicos y Modernos, XII delle sue Opere complete, pp. 141-45, Madrid 1919; C. Barja, Libros y Autores modernos, ivi 1925, pp. 65-75; J. de Entrambasaguas, Un memorial autobiográfico de Don D. de T. y V., ivi 1931.