TORRE
Le costruzioni verticali alle quali si addice il nome di t., ebbero nell'antichità, come nelle età posteriori, usi e finalità diverse. Esse furono però, soprattutto, t. di difesa facenti parte di organismi unitari come mura di cinta di città. Non mancano tuttavia le costruzioni a t. isolata, di uso funerario e nemmeno, a quanto sembra poter concludere da alcuni documenti archeologici, quelle di t. ad uso di abitazione.
1. Mesopotamia. - La t. appare nella Mesopotamia meridionale (Sumer) fin dal primo periodo dinastico (prima metà del III millennio a. C.), sia come elemento monumentale fiancheggiante gli ingressi dei recinti templari (recinto ovale del tempio di Khafāgiah) o dei palazzi (Kish), sia in funzione di rinforzo di una cortina muraria (lato occidentale del palazzo di Kish). In questo stesso periodo la funzione difensiva della t. è già pienamente utilizzata nelle fortificazioni di Uruk (Warka), dove t. semicircolari erano disposte ad intervalli di circa 10 m, mentre le due porte della città erano munite di t. rettangolari.
Il carattere decorativo (accanto a quello difensivo) della t. fiancheggiante porte di palazzi o di templi si accentua nei periodi neo-sumerico e di Isin-Larsa (fine del III-inizio del II millennio): le t. rettangolari ai due lati degli ingressi monumentali del palazzo di Eslinunna (Tell Asmar) e del tempio di Ishtar Kititum a Ishchālī sono ornate in facciata da alte nicchie rettangolari, secondo uno schema decorativo che in Mesopotamia si ritrova anche in epoche successive, caratteristico per questo tipo di torre.
Nella Mesopotamia settentrionale (Assiria) la t. si rivela struttura difensiva di primaria importanza già dagli inizî del II millennio. A Mari (Tell Hariri) la cinta della città è munita di t. rettangolari equidistanti. Nelle più antiche fortificazioni di Assur, attribuite al re Shamshi-Adad (1758-1726 a. C.), di cui è stato messo in luce un tratto nel lato a N della città, t. di forma rettangolare sporgono dalla cortina muraria con un notevole aggetto e si succedono con regolarità alla distanza di 26 o 30 m. La considerevole grandezza di tali bastioni, a cui poteva accedere un folto numero di difensori, e la mancanza di un fossato antistante il muro, attestano che la difesa della città si fondava soprattutto sulla possibilità di respingere, dall'alto delle t., i nemici giunti fin sotto le mura.
Se per la t. di età sumerica mancano documenti sicuri circa l'elevato e il coronamento, sì che non possiamo con certezza presumere che essa fosse più alta della cortina muraria, per il periodo assiro numerosi rilievi giustificano la ricostruzione di t. sovrastanti il muro e coronate di merli; inoltre la presenza di finestre, talvolta su più piani, nelle t. raffigurate, fa supporre l'esistenza di camere interne.
A Kār Tukulti Ninurta, la cui fondazione si deve al re assiro Tukulti Ninurta I (1243-1207 a. C.), la t. è componente fondamentale di un sistema di fortificazioni estremamente complesso, costituito da una doppia cinta di mura in mattoni crudi. Le t. rettangolari della cinta esterna, spessa m 7,50, sono larghe circa 5 m e distano tra loro circa 25 m. Due t. più imponenti, larghe 11 m, fiancheggiano l'accesso esterno della porta della città, mentre ai lati di quello interno sono due t. minori. Anche la cinta interna è irrobustita da t. rettangolari poste a distanza più ravvicinata (15 m).
Alla fine del II millennio a. C. (periodo medio-assiro) vanno riferite anche le t., spesso decorate in facciata con le già menzionate lunghe nicchie rettangolari, che fiancheggiano gli ingressi di numerosi edifici monumentali di Assur (il tempio di Ishtar nella ricostruzione di Tukulti Ninurta I, il tempio di Anu e Adad, quello sulla sommità della ziqqurat del dio Assur), secondo uno schema architettonico ampiamente attestato anche da raffigurazioni su sigilli.
L'uso di bastioni difensivi fiancheggianti le porte, e di t. rettangolari disposte a regolari intervalli, ravvicinate in modo da permettere il tiro incrociato contro gli assalitori, si generalizza nelle fortificazioni di tutte le città nel periodo neo-assiro, sia che si tratti del muro di cinta esterno (spesso doppio), sia di quello che circonda la cittadella. Resti notevoli troviamo ad Assur, dove le t. che guarniscono il muro interno della doppia cinta, ricostruita da Salinanassar III (858-824 a. C.), larghe dagli 8 ai 10 m e aggettanti dalla cortina circa 4 m, distano tra loro 2931 m. Schema analogo aveva la cinta di Ninive, perfezionata da Sennacherib (704-681 a. C.), alla cui epoca vanno riferite le t. cavaliere inserite nel tratto di muro presso il tempio di Assur, ad Assur. A Dūr Sharrukīn (Khorsābād), la nuova capitale fondata da Sargon II (721-705), la t. è impiegata senza parsimonia, sia nella cinta esterna della città, sia in quella della cittadella. Si è sottolineata (Loud) la distinzione tra il carattere strutturale, difensivo, di queste t. di fortificazione e la funzione decorativa e monumentale delle t. fiancheggianti i numerosi portali di molti edifici della città; si sono distinte queste ultime (spesso decorate in facciata da nicchie incorniciate da modanature, o ricoperte alla base da rilievi ovvero da mattonelle smaltate) in due tipi: quelle che si elevano al di sopra della linea della porta (ed hanno quindi una propria cornice di coronamento), e quelle che non superano tale linea. Entrambi i tipi sembrano rappresentati negli edifici di Dūr Sharrukīn, talvolta affiancati nello stesso edificio (cortile centrale del tempio di Nabū), essendo l'uno o l'altro tipo preferito esclusivamente per motivi di proporzione. Funzione decorativa e strutturale insieme (Loud) sembrano avere le t. presenti ad intervalli regolari sulle facciate esterne delle terrazze che sostengono palazzi e templi: oltre ad interrompere la monotonia di una superficie continua esse contribuiscono a rendere più solida l'opera di terrazzamento (v. anche khorsābād, vol. iv, p. 352).
A Babilonia numerose t. rettangolari guarniscono le cinte di mura costituenti le complesse fortificazioni costruite da Nabucodonosor II (604-562 a. C.); t. dallo zoccolo rivestito di mattonelle smaltate fiancheggiano la grande strada delle processioni che passa attraverso la porta monumentale della cittadella (detta di Ishtar), costituita da due ingressi fiancheggiati da t. riccamente decorate con elementi geometrici e figurazioni di animali in bianco e giallo su mattoni smaltati a fondo blu (v. anche babilonese, arte; babilonia, vol. i, pp. 949; 954).
2. Anatolia orientale e Siria. - In territorio hittita la t. risente della particolare struttura del sistema di fortificazione che, lungi dall'essere impostato secondo uno schema astrattamente regolare, si adatta perfettamente alla configurazione del terreno seguendone e utilizzandone le irregolarità. A Boǧazköy (XVI-XIII sec.), sia lungo la cinta che racchiude la città, che lungo quella della cittadella (in località Büyükkale) le t., a base rettangolare, sono impostate su ripiani naturali di roccia; ne deriva una notevole irregolarità nelle dimensioni, nella struttura e nella distanza che intercorre tra l'una e l'altra. Talvolta, anzi (t. viii di Büyükkale), il nucleo dello zoccolo è formato dalla roccia stessa, ricoperta all'esterno da filari di blocchi poligonali di pietra; in un altro caso (Büyükkale xix) la t., di forma poligonale, scostata dal muro e ad esso collegata tramite un camminamento lungo poco meno di 4 m, è impostata sulla sommità di un'altura, le cui pendici, ricoperte da un lastricato di pietra che aumenta la pendenza e si unisce al piede della t., formano una vera scarpata. Le t. del muro di cinta della città hanno zoccolo massiccio, ma in due casi (xxx e xxxvi del tratto di muro tra la Porta detta del Re e Kartalkaya) esse sono accessibili dalla parte della città: il piano inferiore è costituito da un ambiente dal quale si poteva salire con scale alla parte superiore della t. e di qui al cammino di ronda. In una delle t. del tratto di muro tra la collina di Yerkapu e la Porta dei Leoni era ricavato uno degli ingressi della città, e si conservano gli stipiti delle porte interna ed esterna, con figure di sfingi.
Massicce t. rettangolari, assai sporgenti e di dimensioni maggiori delle altre, fiancheggiano le porte delle fortificazioni di tipo hittita a Boǧazköy, ad Alaca Hüyük, a Yümük Tepe (presso Mersin in Cilicia).
Diverso carattere hanno le t. nelle fortificazioni delle città neohittite (circa XI-VIII sec. a. C.) dell'Anatolia sud-orientale e della Siria settentrionale, dove il terreno, meno accidentato, permette una maggiore regolarità degli impianti di difesa e dove l'influsso assiro diviene diretto, nell'VIII sec. a. C., con le campagne vittoriose di Tiglatpileser III (745-727), a cui va attribuita la costruzione delle cinte turrite delle cittadine suddite di Khadatu (Arslān Tāsh) e Till Barsip (Tell Ahmar). T. rettangolari, disposte a regolari intervalli, sono presenti nelle cinte murarie di Guzana (Teli Ḥalaf), Karatepe, Karkernish, ecc. Esempio notevole si ha a Zincirli, dove l'area della città è circondata da due cortine di mura concentriche, tracciate con estrema regolarità, distanti circa 7 m l'una dall'altra, guarnite, ad intervalli regolari, di t. rettangolari, più larghe (m 6,84-7,02) e aggettanti (m 1,80-1,20) quelle della cinta interna più antica (Koldewey), più strette e meno aggettanti quelle del muro esterno. Maggiore interesse hanno le t. semicircolari della cittadella, che strutturalmente costituiscono un tutto unico con la cortina muraria, essendo collegate con gli elementi lignei di questa per mezzo di travi di legno disposte a tenaglia: esse hanno quindi, oltre che compiti di vigilanza e di difesa, il precipuo scopo di aumentare notevolmente la resistenza della cinta muraria, funzionando da elementi leganti e da rompitratta.
3. Anatolia occidentale. - Le t. compaiono ad Hissarlik fin dalla prima Età del Bronzo, nel sottoperiodo medio di Troia I, come bastioni angolari sporgenti e molto ampi in alto, fiancheggianti la porta meridionale della città. Più tardi, nella fase II a, piccole t. rettangolari sporgono ad intervalli regolari rafforzando le strutture difensive; tali t. vengono poi ingrandite (larghezza = m 3,80) e rese più sporgenti (m 2,25), nella fase II c. Al sottoperiodo tardo di Troia VI sono da ascriversi le massicce t. rettangolari assai sporgenti che muniscono il nuovo muro di fortificazione della città in alcuni punti strategici, e in particolare facilitano la difesa delle porte. Degna di nota è la poderosa t. nordorientale della fortezza, lunga circa 18 m, costruita nella parte inferiore con blocchi squadrati di robusto calcare accuratamente messi in opera, e nella parte superiore con mattoni crudi, nel cui interno è un pozzocisterna, quadrato, di circa m 4,25 di lato, profondo circa 2 m.
Struttura e caratteristiche analoghe hanno le t. nelle fortificazioni di Thermi (Lesbo) e di Poliochni (Lemno).
4. Palestina. - La t. circolare ritrovata a Gerico, connessa con un muro di fortificazione risalente ad un neolitico preceramico molto arcaico (circa VII millennio a. C.), costituisce il più antico esempio finora conosciuto. La t., di cui sono riconoscibili varie fasi ricollegabili a successive ricostruzioni del muro, è solidamente costruita con pietre di media dimensione; ha un diametro di 9 m e presenta nel suo interno una scala di venti gradini di pietra, che conducono ad un passaggio orizzontale.
Durante le successive fasi dell'Età del Bronzo, la t. compare sporadicamente, quale elemento di rinforzo, nei punti più deboli delle fortificazioni. La tecnica più antica sembra essere stata quella di costruire mura verticali prive di rivestimenti esterni o di bastioni (Ai, Gerico). A Tell Beit Mirsim (XIX sec. a. C.) tuttavia, la muraglia è rafforzata da torrioni lunghi in media 10 m e larghi circa 6 m. Torrioni imponenti fiancheggiano quasi ovunque gli ingressi monumentali delle città (Sichem, Megiddo, ecc.).
A partire dall'Età del Ferro l'impiego della t. nelle cinte murarie diviene più costante. T. numerose, ma disposte senza regolarità sono presenti nelle fortificazioni di Gezer, Samaria, Lachish, Tell en-Naṣbeh. In qualche caso (cfr. Samaria), l'interno della t., praticabile, è diviso in varî ambienti; più spesso la costruzione è massiccia. Talvolta il piede della t. è inglobato in un bastione semicircolare fortemente inclinato. Se ne hanno esempî a Gezer e, particolarmente notevoli, a Tell en-Naṣbeh, dove le massicce t. rettangolari, larghe circa 10 m e sporgenti circa 2, sono rivestite da bastioni semicircolari a scarpata che raggiungono anche i 4 o 5 m d'altezza.
Bibl.: Non vi sono studî sulle t. dell'Asia Anteriore. Si dà perciò la bibliografia relativa alle fortificazioni.
In genere: A. Billerbeck, Der Festungsbau im alten Orient, in Der alte Orient, Lipsia 1903; C. Schuchardt, Die Burg im Wander der Weltgeschichte, Lipsia 1931, pp. 3-28; B. Meissner, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, Berlino 1924-29, pp. 270-271; P. Thomsen, ibid., pp. 261-270; G. Contenau, Manuel d'archéologie orientale, Parigi 1931-1947; R. Paribeni, Architettura dell'Oriente antico, Bergamo 1936, passim; H. Frankfort, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondswort 1954.
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Anatolia e Siria. In generale: O. R. Gurney, The Hittites, Londra 1952, pp. 150-154; R. Naumann, Architektur Kleinasiens von ihren Anfängen bis zum Ende der Hethitischen Zeit, Tubinga 1955, pp. 222-311. Boǧazköy: K. Bittel-R. Naumann, Bogazköy-Hattusa I, Architektur, Topographie, Landeskunde und Siedlungsgeschichte, Stoccarda 1952. Alaca Hüyük: H. Z. Kosay, Les Fouilles d'Alaca Hüyük, Ankara 1951. Yümük Tepe: J. Garstang, Excavations at Mersin: 1938-39, in Liverpool Annals of Arch. and Anthrop., XXVI, 1939, pp. 38-50. Khadatu: F. Thureau Dangin-Al Barrois ed altri, Arslan Tash, Parigi 1936. Zincirli: R. Koldewey, Die Architektur von Sendschirli, Berlino 1898, pp. 107 ss.; 116 ss. Troia: C. W. Blegen, Troy, Princeton 1950, passim; W. Lamb, Excavations at Thermi in Lesbos, Cambridge 1936. Poliochni: L. Bernabò Brea, Poliochni, città preistorica nell'isola di Lemnos, I, i e I, 2, Roma 1964.
Palestina. In generale: H. Vincent, Canaan d'après l'exploration récent, Parigi 1907, pp. 29 ss.; A. G. Barrois, Manuel d'Archéologie biblique, I, Parigi 1939, pp. 126-212; W. F. Albright, The Archaeology of Palestine, Harmondswort 1949 (trad. ital. 1957); K. M. Kenyon, Archaeology in the Holy Land, Londra 1960. Gerico: K. M. Kenyon, Digging up Jericho, Londra 1957. Tell Beit Mirsim: W. F. Albright, The Excavations of Tell Beit Mirsim in Palestine, New Haven 1932-43. Samaria: J. W. Crowfoot-K. M. Kenyon-E. L. Sukenik, The buildings at Samaria, Londra 1942. Lachish: O. Tiufnell, Lachis (III), The Iron Age, Oxford 1953. Tell en-Naṣbeh: W. F. Badè, Excavations at Tell en Nasbeh 1926 and 1927. A Preliminary Report, Berkeley 1928, p. 15 ss.; id., New Discoveries at Tell en Nasbeh, in Beihefte zur Zeitschrift für die Altiest. Wissenschaft, n. 66, 1935, p. 39 ss.
Per le singole località si cfr. anche la bibliografia citata sotto le singole voci.
(A. M. Targioni Violani)
5. Grecia. - I recenti scavi della vecchia Smime attestano, almeno in Anatolia, l'esistenza di t. nell'età geometrica e arcaica primitiva; ma solo dal VI sec. le testimonianze archeologiche, anche in terra propriamente greca, si fanno abbondanti e sicure per integrare i dati delle fonti (Omero e particolarmente Erodoto). Erette ai lati delle porte, agli angoli, nei punti più esposti delle mura, ancora in questa epoca le t. sono soltanto degli avancorpi quadrangolari aggettanti dalla linea della muraglia, che consentono una migliore visibilità e offrono la possibilità di colpire sul fianco gli assalitori. La loro struttura è semplice: sulla base in pietra (λιϑολόγημα), riempita con lo stesso conglomerato di terra e sassi (raramente altro materiale) che collega i due paramenti delle mura (λατύπη) si elevano mura in mattoni crudi (πλίνϑοι) che racchiudono un solo ambiente al livello del cammino di ronda; sormontato da una terrazza, con coronamento a merli aperti (ἔπαλξις), esso ha generalmente una propria autonoma scala d'accesso (ἀναβασμός o κλίμαξ) collocata sul lato interno della t., verso la città. I termini greci sono tratti dalle iscrizioni attiche I. G., ii-iii2, 244, 463, appartenenti al IV sec.; il conservatorismo nella tecnica, archeologicamente dimostrabile, giustifica la loro estensione anche ad esempî più antichi. Tra gli esempî più significativi si citano Larissa sull'Hermos, Olbia sul Mar Nero, il peribolo pisistrateo di Eleusi e, in Occidente, forse Agrigento e Lentini. Diffuso in tutto il mondo greco, il tipo si mantiene costante, con rare varianti; la larghezza e lo aggetto dal filo del muro sono contenuti entro valori modesti, che in genere non superano i m 5-8 e 3-5 rispettivamente (eccezionali sotto questo aspetto e per il basamento parzialmente vuoto sono le grandi t. di Larissa).
Nel V sec. non si conoscono novità sostanziali, ma il grande sviluppo delle cinte murarie che, sull'esempio asiatico, si estendono anche nella madrepatria ad abbracciare interi comprensorî urbani, spesso situati in località pianeggianti e non difese naturalmente, favorisce una più intensa e razionale distribuzione delle t. lungo la linea delle mura. Difficile è tuttavia la datazione delle cinte di quest'epoca, che spesso rappresentano limiti mai superati dall'espansione edilizia della città e di conseguenza furono più volte riedificate sul tracciato originario. L'appartenenza al V sec. è assai incerta per le cinte poligonali della Acarnania (Noack); molto improbabile per le mura di Stratos e per le belle fortezze attiche di Phyle (Wrede) e del Sunio (almeno per le t. conservate). Tra gli esempî databili con sicurezza entro i confini del secolo possono segnalarsi le fortificazioni temistoclee al Dipylon, le mura di Samo, di Thasos, il peribolo pericleo di Eleusi.
L'intenso progresso dell'ingegneria militare, e lo sviluppo delle tecniche obsidionali che caratterizzano il secolo successivo, modificarono sostanzialmente il rapporto fra mura e t. che, da elemento accessorio e complementare, divengono i cardini della linea difensiva: è significativo a tal proposito il termine metapỳrgoi che le iscrizioni usano per indicare le cortine. Un problema essenziale, affrontato allora sistematicamente, fu quello di rendere strutturalmente indipendenti t. e cortine, per evitare che il crollo di una t. trascinasse con sé larghi tratti delle mura (Filone, v, 1, 62-63). Nel IV sec. due sono i principali sistemi adottati: il primo consiste nell'appoggiare semplicemente le t. alla muraglia già eretta, senza o con rari legamenti in chiave dei blocchi: applicato già a Mantinea (371 a. C.), a Gortys d'Arcadia, Asine, Pleuron, Koressia nell'isola di Keos ecc., sarà più tardi raccomandato dai trattatisti di età ellenistica. L'altro sistema, all'opposto, prevede per prima la costruzione delle t., raccordate successivamente dalle cortine intermedie: lo si trova a Megalopoli (368, se gli esempî che vi si osservano appartengono alla cinta originaria), e più diffusamente in epoca successiva (Gortys-fortino S; Demetriade, ecc.). Nell'ellenismo, accanto al regolare impiego di questi ormai tradizionali accorgimenti, si fece ricorso talvolta a soluzioni particolari: nelle fortificazioni di Side le cortine addirittura si interrompono al contatto con le t. e solo ponticelli mobili di legno assicuravano la continuità del cammino di ronda (si cfr. con quanto suggerisce Vitruvio, i, 5, 4); un analogo, ma ancor più complesso dispostivo si riscontra a Mileto (mura del lato S).
Indirettamente connesso è anche il problema del rapporto funzionale fra le t. e il cammino di ronda. La più comune soluzione consiste nel condurre il cammino di ronda attraverso la camera della t., sui fianchi della quale vengono praticate due aperture. Se ne trova cenno già in Tucidide (iii, 21) relativamente alle mura di Platea; esempî monumentali più tardi sono quelli di Mantinea, Messene, Eleutere, Calcide, Eraclea al Latmo, Efeso lisimachea, Demetriade, ecc. Però, di fronte all'ovvio vantaggio di poter isolare e bloccare facendo perno sulle t. quei tratti delle cortine che il nemico avesse già raggiunto, questo sistema presentava il grave inconveniente di un notevole intralcio ai rapidi spostamenti delle truppe sulle mura; onde, particolarmente in età ellenistica, quando la grandezza, l'aggetto, il potenziale difensivo delle t. lo consentivano si preferì far proseguire il cammino di ronda alle spalle della t. che ne veniva totalmente svincolata e isolata quasi come un autonomo fortilizio (grandi t. del 191 a Demetriade).
Il successo incontrato nel IV sec. dalla t. "cava", cioè con basamento vuoto, dal punto di vista tecnico deve esser posto in relazione anche con la crescente diffusione delle cinte interamente costruite in pietra. Tuttavia il mattone crudo non solo era più economico e di più veloce apprestamento, ma, come mostrano gli esempî di Pagasai, Mantinea e altre località, si potevano benissimo realizzare t. cave anche con i tradizionali sistemi di costruzione. Ancora nel 337-6 la citazione particolare che un decreto (I. G., ii-iii2, 244) fa per un tratto di muro delle fortificazioni di Munichia (Pireo) interamente costruito in pietra (λίϑινος τεῖχος) mostra che doveva trattarsi di un fatto isolato. Del resto, il mattone non si poteva considerare inefficace di fronte al progresso delle macchine d'assedio, se un maestro della poliorcetica, Demetrio I, costruì proprio con questo materiale le mura della sua città in Tessaglia; anzi Pausania (viii, 8, 4) lo dice adatto più della pietra a sopportare i colpi d'ariete. Anche se considerate in questa prospettiva, restano un esempio assai singolare per il periodo ellenistico le torrette aggiunte alla fortificazione di Gela (Capo Soprano) costruite interamente in mattoni, senza neppure l'usuale base di pietra.
Pur nota da esempî anteriori, la t. cava risponde tuttavia alle nuove esigenze dell'arte militare che impiega ora artiglierie di dimensioni e potenza prima sconosciute. Nella camera ricavata alla base della t., spesso con il pavimento rinforzato da tramezzature in pietra (Halai II, Pagasai, Egostena, Thisbe), trovano posto le macchine pesanti, che effettuano il tiro attraverso piccole feritoie strombate o a coda di rondine; l'ingresso, autonomo, si trova al livello del piano di città, rendendo agevole il rifornimento delle munizioni. La camera superiore, accessibile da quella inferiore per mezzo di scalette lignee, è riservata invece ai difensori armati delle tradizionali armi da getto, e si apre verso l'esterno con finestre architravate (ϑυρίδες) protette da portelli di legno. Infine, le t. cave offrivano la possibilità di aprire sul fianco (generalmente il destro, affinché i soldati uscendo mostrassero il lato protetto dallo scudo, o su ambedue, come a Iasos, delle postierle (πυλίδες) per effettuare sortite: "t.-postierle" si incontrano numerose già nelle fortificazioni di Mantinea, poi a Paestum e altrove.
Nonostante i suoi indubbi vantaggi, la t. cava venne adottata lentamente, e non dappertutto: le condizioni particolari del terreno potevano sconsigliarne l'impiego. Si spiega in tal modo perché alcune fortezze e città ellenistiche (come Egostena, Demetriade e le fortezze locresi) rimasero fedeli al tipo con basamento pieno che sopravvisse, seppur sempre più raro, fino in età romana.
Infine, nel IV sec. divengono numerose le t. rotonde che, secondo il Säflund, non farebbero la loro apparizione prima di questa epoca. In realtà l'acropoli di Halai I (inizî VI sec.) possiede già bastioni semicircolari agli angoli, e non vi è ragione di dubitare della datazione all'età periclea (Noack) del secondo peribolo di Eleusi; al V sec. appartengono ancora le t. fiancheggianti la porta dell'Istmo a Corinto, e forse le due alla imboccatura del porto di Thasos. È però indubbio che questo tipo di t. conosca intenso sviluppo solo dal IV secolo. Filone (v, 1, 2) e Vitruvio (i, 5, 5) ne prescrivono l'impiego e ne rilevano i vantaggi, principalmente la possibilità di orientare in qualsiasi direzione i tiri delle macchine; inoltre incontrando superfici curve e sghembe i proiettili avversari facilmente scivolavano senza provocare danni. Ma, affinché le t. tonde offrissero ai colpi la resistenza delle pietre disposte a contrasto come i conci di una vòlta, occorreva la massima accuratezza e perizia nel taglio e nella messa in opera dei blocchi: molto interessanti, a questo proposito, sono le dettagliate prescrizioni contenute in un decreto attico del 337-36 (I. G., ii-iii2, 244) per una t. da costruire al Pireo. Più tardi, Filone (v, 1, 64) consiglierà addirittura l'uso di modelli di legno per tagliare i blocchi secondo la sagoma voluta. Il conseguente elevato costo di costruzione spiega perché le t. rotonde, anche in età ellenistica, trovarono impiego limitato e, salvo poche eccezioni (Iasos, Kleitor d'Arcadia, Phana, Glypha-cinta interna, e qualche altra località) mai esclusivo. La loro frequenza e disposizione nel complesso di una fortificazione dipendono dalle particolari esigenze difensive, e non si possono enunziare regole generali; comune è l'unione di una t. rotonda e una quadra che si fronteggiano ai lati di una porta (Halai II, Mantinea, Butrinto). Oltre a questi esempî, si ricordino, tra i più significativi del IV sec., Messene e Gortys, le mura del Pireo (Eetionea e Munichia, da porre in rapporto con l'iscrizione citata), le fortezze di Phyle e del Sunio, Koressia e Karthaia a Keos (fra il 364 e il 315 a. C.), Assos in Troade, e parecchie città dell'Italia meridionale e della Sicilia (Hipponium, Selinunte, Eraclea Minoa, ecc.).
Ugualmente consigliate dai teorici, le t. poligonali ebbero scarsissima diffusione: un esempio isolato si conosce a Mantinea (ma è assai dubbio se del IV sec.); altri per l'ellenismo, ad Argo (Aspis), Philiadon di Tessaglia, Thisbe, Samo, Iasos. Del resto, quasi tutti i vantaggi delle t. poligonali si potevano ottenere con t. quadrate poste obliquamente e congiunte alla cortina per un solo angolo: tipo che inoltre rispondeva appieno all'esigenza di isolare strutturalmente la t. e, nel contempo, ne aumentava al massimo l'aggetto dalla linea delle mura. Note anche in età anteriore al IV sec., furono però adottate su larga scala soltanto con l'età ellenistica, anche per le difficoltà di difesa che potevano presentare e consigliavano di limitarne l'impiego a t. piuttosto grandi.
Gli apprestamenti difensivi descritti presuppongono la collocazione delle t. a distanze regolari ("a catena"). Le 126 t. di Mantinea distano in media 25-26 m, con massimi di 37; a Thisbe fra 36, 50 e 44; e intorno ai 40 m (che corrisponde all'incirca alla distanza di 100 braccia prescritta da Filone, v, 1, 45) le t. di Farsalo, Halos, Demetriade (in alcuni tratti). Nelle città in collina, spesso le distanze sono maggiori (50-70 m a Pagasai, circa 70 per Priene, e da 75 a oltre 200 m a Eraclea al Latmo), ma in genere non tali da impedire di raggiungere, con tiro incrociato, qualunque punto del terreno circostante (cfr. ancora Vitruvio, i, 5, 4). Vanno ancora segnalati alcuni particolari dispositivi nelle fortificazioni siciliane. Controversa è la data del Castello Eurialo a Siracusa, forse di età non anteriore ad Agatocle; le sue cinque t. piene, secondo una probabile interpretazione (Winter, contro Krischen), debbono considerarsi piloni massicci per sollevare dal suolo e aumentare la gittata di una formidabile batteria di grosse macchine da lancio. Alla stessa epoca si deve assegnare anche il fortilizio avanzato dell'acropoli di Selinunte, con un poderoso mastio rotondo il cui piano inferiore, tramezzato in molti ambienti, presenta un interessante dispositivo per il tiro a mitraglia a distanza ravvicinata.
Un'ultima, sostanziale innovazione nella tipologia della t. si ebbe nella seconda metà del IV sec. (con precedenti forse a Messene), quando le nuove tecniche obsidionali sperimentate nella campagne di Filippo V e dei successori consigliarono la sostituzione dei merli con un alto parapetto continuo aperto da finestre (ἔπαλξις chiusa); in rari casi, il cammino di ronda venne protetto con un tetto ligneo (Pireo, decreto del 307-6, I.G., ii-iii2 463; a Eleusi sembra attestato dal 329-8: I.G., ii-iii2, 1672). Anche la terrazza delle t. venne allora coperta con un tetto a spioventi (a padiglione per le t. rotonde), e si ottenne così una terza camera. Con tale trasformazione, può considerarsi definitivamente formata la t. ellenistica, studiabile specialmente in Asia Minore in una serie di esempî splendidamente conservati (Eraclea, Efeso, Aspendos, Mileto, Perge, Side, ecc.). Si accentua la tendenza a fare delle t. dei veri e proprî fortilizi inseriti nelle mura, accrescendone le dimensioni e aumentandone ancora il numero dei piani; t. di 10-15 m di lato sono ora comuni, e tali misure vengono spesso largamente oltrepassate. A Demetriade, le grandiose t. aggiunte nel 191 superano a volte i 30 × 30 m, e sono circondate da un muretto di protèichisma, che impediva agli arieti di raggiungerne la base. Come esempio probabilmente non raro in antico, ma eccezionale per la conservazione, ricordiamo la grande t. di Diocaesarea (Olba), che si eleva ancora per oltre 22 m di altezza con almeno 6 piani ciascuno diviso in varî ambienti. L'accorgimento (che rimonta ad epoca antichissima, ma soltanto ora è applicato regolarmente) di spezzare le linee continue delle mura con un tracciato a sega, ponendo delle t. nel punto avanzato del saliente, trova una quasi manualistica applicazione nelle mura meridionali di Mileto; e ancora a Eritre (334-318 a. C.), Colofone (periodo di Antigono Gonata), Efeso, Priene, Eraclea. Nel tardo ellenismo, infine, il senso decorativo prevale sulle esigenze puramente militari nelle t. di Paestum (III periodo del Krischen) e di Selinunte, nel cui piano superiore lesene corinzie angolari con capitelli figurati sorreggono un fregio dorico che inquadra belle finestre ad arco.
Bibl.: Sulle torri non esistono recenti trattazioni complessive. Per la bibl. generale si veda s. v. Mura e fortificazioni; per informazioni di dettaglio le voci relative alle singole località citate.
(F. Zevi)
6. Italia e Roma. - Anche in Italia l'uso di t. poste a distanze regolari lungo le mura di cinta risale all'età ellenistica, prima le t. si ponevano soltanto vicino alle porte, negli angoli e nei punti più esposti agli assalti (Norba, Alba Fucente, Cosa). Pompei riproduce il tipo ellenistico, che fu seguito più tardi nei restauri sillani delle mura di Cori, nell'acropoli di Taormina (in ambedue si hanno t. di pianta circolare), di Fondi e altrove. Le t. sono a pianta rettangolare o circolare, o piuttosto semicircolare. Non vi è norma costante nell'adoperare un tipo a preferenza dell'altro: le città italiche usano ambedue le forme, quantunque la prima sia prevalente; nelle città galliche, in Africa e nei castra del limes imperiale prevalgono invece le t. rotonde. Queste poi si collocano quasi sempre ai lati delle porte, spesso rialzate su zoccoli parallelepipedi. È il caso specialmente delle Mura di Aureliano in Roma (porte Appia, Latina, Salaria, Ostiense, ecc.). Nella monumentale porta di Treviri le t. sono fuse con le spalle della porta stessa, formando una camera unica di difesa; in quella di Colonia due t. esattamente quadrate sostituiscono il muro presso l'innesto coi fornici laterali della triplice apertura. A Spalato, a Costantinopoli e in qualche altra città dell'Oriente si trova l'anomalia di t. ottagonali o esagonali, fornite di feritoie nei lati esterni. Esistono altresì casi di t. nella cui parte inferiore è aperta la porta della città; ma tali casi sono rari.
Le fortificazioni delle città etrusche non hanno generalmente t., ma solo contrafforti, nei punti più deboli, come le città omeriche. Fra le eccezioni sembrava doversi annoverare Cosa, che conserva quattordici t., in parte rettangolari e in parte semicircolari, poste a distanze variabili; ma l'indagine archeologica ha stabilito senza possibilità di dubbio che la cinta risale all'impianto della colonia romana (v. cosa, vol. ii, p. 869). Un primo esempio di una disposizione regolare delle t. in suolo etrusco-italico si ha in Falerii Novi (S. Maria di Falleri), che risale alla metà del III sec. a. C.: la situazione pianeggiante del terreno obbligò qui a rinforzare l'alto muro di cinta con cinquanta t. collocate alla distanza quasi costante di 100 piedi romani (30 m).
Gli architetti dell'età augustea diedero considerevole importanza alle t. per la difesa delle porte e per le segnalazioni; Aosta è munita di t. alla distanza di 170 m sui lati lunghi e 130 sui lati corti, alte poco più del muro di cinta e di forma larga e massiccia; Perugia ha due alte t. ai lati della porta N, sporgenti a scarpa fuori del muro perimetrale; Spello, Spoleto, Fano presentano invece poche t., che sono più che altro bastioni di rinforzo presso le porte o negli angoli.
Le mure costruite da Aureliano a Roma offrono un esempio perfetto dell'applicazione delle t. nella fortificazione di una città. Le t. sono in tutto 383, disposte alla distanza regolare di m 29,60 (100 piedi) una dall'altra, di pianta rettangolare (salvo rare eccezioni) e fornite di una camera superiore coperta, al livello del cammino di ronda, entro la quale erano collocate le artiglierie (arcuballistae), di regola due per ogni t., e poste negli angoli in modo da poter essere manovrate con un largo giro d'azione. A questo scopo la camera fu fornita di quattro finestre larghe e basse, due sul fronte, due sui fianchi. L'attico fu decorato con una cornice di mattoni, e spesso la copertura fu fatta con un tetto in luogo della terrazza scoperta (v. roma, vol. vi, pp. 797). Con gli stessi principî, ma in forma assai più grandiosa si ebbe poi la cinta muraria teodosiana di Costantinopoli (v. vol. ii, p. 880).
Nel mondo romano erano assai frequenti anche le t. isolate per la difesa di particolari territorî, oppure per le segnalazioni fra le città e le campagne, o anche come una difesa più avanzata delle città stesse, nei punti obbligati di accesso (ponti, insenature, confini). Pochi ne sono gli esempî a noi pervenuti, a causa della loro piccola mole, ma gli itinerari imperiali ci danno molti nomi di località, come: turres, ad turres, turres albae, ecc., che attestano la presenza di t., specialmente lungo il litorale, contro gli sbarchi dei pirati, al limite di foreste e di zone desertiche, e lungo le grandi strade di comunicazione.
Nella Gallia meridionale e nella Spagna rimangono alcuni avanzi di t. del periodo anteriore alla dominazione romana, che proteggevano i terreni più lontani dai centri abitati; molti ritengono che i nuraghi della Sardegna, come anche i talayot delle isole Baleari e i druddi, o trulli, dell'Italia meridionale siano piccole fortificazioni dell'Età del Bronzo a somiglianza delle case-torri del Medioevo.
I Romani costruirono un gran numero di t. lungo il limes dell'Impero, per collegamento fra i diversi castra e castella, talvolta circondandole con un muro e rafforzandole con spalti, come veri fortini. Erano situate a breve distanza (un miglio o un miglio e mezzo). In Africa si trovano in qualche punto riunite in gruppi di tre, e hanno la forma rotonda; in Dacia e in Germania sono invece quadrate e assai robuste; la parte superiore era quasi sempre costruita in legno, con copertura a tetto. Spesso anche le ville erano munite di torri (v. villa, vol. vii, p. 1166).
(† G. Lugli)