tornare
Lo spettro d'azione del verbo è ampiamente documentato dalle sue numerosissime occorrenze, distribuite in tutte le opere, compresi il Fiore e il Detto, in misura abbastanza uniforme con un campo semantico più ampio che nell'italiano moderno.
Il valore più vicino all'etimo (dal latino tornare, " lavorare al tornio ", " far girare ") è quello di " imprimere un movimento rotatorio ", presente anche nel francese tourner. Con questo significato il verbo è però documentato solo nel francesizzante Fiore (Fortuna... / torna la rota tuttavia, XXXVIII 13), mentre appartengono al lessico del D. canonico, oltre che a quello dei due poemetti attribuiti, le accezioni di " rivolgere ", " voltare " in senso transitivo: Pg XXVIIII 148 a la bella donna torna' il viso; Fiore CLXVI 2 torni la testa, e XXVI 9; Detto 359 ciascun le ren gli torna.
Ricorre con lo stesso valore nella descrizione della pena degli indovini, consistente nel fatto che quei dannati hanno il volto " girato ", " voltato " dalla parte delle reni: da le reni era tornato 'l volto (If XX 13); qui il participio ha una funzione qualificante, affine a quella di un aggettivo, in quanto tutto il sintagma esprime una condizione del soggetto.
Come transitivo compare anche in accezioni più circoscritte e in senso figurato: ha il valore causativo di " far rivolgere ", " ricondurre ", in Cv IV XXVI 7 [la ragione] lo sprone usa quando [l'appetito concupiscibile] fugge, per lui tornare a lo loco onde fuggire vuole; Rime dubbie XVIII 3 La gran virtù d'Amore... / m'ha fedelmente in vo', donna, tornato; vale " mutare ", " render diverso ", in Fiore CXCV 13 malia... non può tornar già cuor di gente.
Appartiene invece solo alla Commedia e a un esempio del Fiore l'uso di t. quale intransitivo, accompagnato o meno dalla particella pronominale, con il significato di " volgersi indietro " o, più semplicemente, di " rivolgersi ", in senso proprio o figurato: Pg III 101 quella gente degna / " Tornate ", disse, " intrate innanzi dunque ", / coi dossi de le man faccendo insegna; XVI 90 l'anima semplicetta... / volontier torna [" si volge a ", " si lascia attrarre da "] a ciò che la trastulla; Cv IV XXVII 17 lo suo senno... a Dio tornare [" ricorrere per aiuto "] lo [Eaco] fece; Pd XXXI 93 poi si tornò a l'etterna fontana; e così in If XII 98, Pg XVI 145, Fiore CCIX 12.
In qualche caso l'idea espressa dal verbo è, in misura prevalente, quella ora illustrata; ad essa è però strettamente collegata la connotazione di un moto che ci si accinge a effettuare in direzione opposta a quella fino a quel momento seguita. È questo il caso della descrizione della pena degli avari e dei prodighi i quali, dopo aver percorso il semicerchio loro assegnato, quando si scontrano, " si volgono indietro " per ripercorrere lo stesso cammino in senso opposto (l'idea dell'inversione della rotta è strettamente legata a quella del ritorno al punto di partenza): Così tornavan per lo cerchio tetro / da ogne mano a l'opposito punto (If VII 31). Analogamente, nell'invito rivolto da D. ai lettori indotti a non seguire la nave della sua poesia (Pd II 4 tornate a riveder li vostri liti). Vadano qui anche Pg XXXII 17 (dove compare con la particella pronominale: tornarsi) e Rime CVI 33 Vertute... / lietamente esce da le belle porte, a la sua donna torna, per il quale a torna occorre attribuire il significato di " si volge " o di " ritorna " a seconda che s'identifichi la donna con l'anima dell'uomo o con la potenza divina (cfr. Barbi-Pernicone).
Pari pregnanza semantica va assegnata al verbo in Pd XXX 14 tornar con li occhi a Bëatrice / nulla vedere e amor mi costrinse. L'interpretazione più immediata è quella di " mi volsi " a guardare Beatrice; ma poiché poco prima (cfr. XXVIII 13) D. aveva distolto lo sguardo dalla gentilissima per rivolgerlo verso le gerarchie angeliche, nella locuzione è implicita anche la connotazione " tornai a guardare " Beatrice.
Le accezioni più frequenti nell'italiano moderno sono però quelle di " esser diretti al luogo da cui ci si è allontanati ", " rimettersi nel luogo da dove si è venuti " e di " andare, o venire, di nuovo in un luogo in cui si è stati altre volte ".
Quest'ultima accezione, ovviamente estensiva rispetto alla prima, è scarsamente documentata nel lessico dantesco: Cv I V 9 se coloro che partiron d'erta vita... tornassero a le loro cittadi...; Rime LXV 7 sovra 'l meo cor piove / tanta paura, che mi fa tremare, / e dicer " Qui non voglio mai tornare "; Fiore CLXXXV 8 Il fante o voi, tornate a poca d'ora. Compare inoltre, in senso estensivo, con riferimento al mitico restituirsi della giustizia sulla terra, nella rielaborazione della profezia virgiliana (Buc. IV 6 " iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna ": torna giustizia e primo tempo umano, Pg XXII 71) e nella promessa del futuro avvento di una generazione di uomini capaci di restituire il suo splendore al dardo d'Amore: pur tornerà gente / che questo dardo farà star lucente (Rime CIV 71).
Numerosissimi sono invece gli esempi nei quali il verbo, anche nelle forme intransitive ‛ tornarsi ' e tornarsene ', ricorre come sinonimo di " ritornare ".
In questo senso è usato assolutamente in Vn XXII 10 13 veggiovi tornar sì sfigurate, e § 11; Rime LXX 4, If IV 81 l'ombra sua torna, ch'era dipartita, e XVII 41; Pg I 132 Venimmo poi in sul lito diserto, / che mai non vide navicar sue acque / omo, che di tornar sia poscia esperto (l'infinito sostantivato vale " ritorno "); X 86 e 88, XXVII 111 li splendori antelucani / ... tanto a' pellegrin surgon più grati, / quanto, tornando, albergan men lontani (secondo un'ipotesi formulata, sia pure in tono dubitativo, dal Porena, la meta dei pellegrini non sarebbe la patria verso cui ritornano, ma il santuario al quale sono diretti; in questo caso t. avrebbe il significato, assai frequente nel lessico del tempo, di " andare a dimorare ", " prendere alloggio "). Altri esempi in Pd I 51, XIII 122, Fiore CVIII 8 Quand'egli è morto, il convio a sotterrare; / po' torno (vale " me ne torno a casa "); Detto 161 Addio, ched i' mi torno, e 360 ciascun se ne torna.
In qualche caso è inserito in una proposizione relativa introdotta da un avverbio con valore locativo o ne regge una di ugual tipo: Rime LXV 9 tornomi colà dov'io son vinto; If II 71 vegno del loco ove tornar disio, e 84.
Abbastanza frequente è l'indicazione del luogo o della persona verso cui il soggetto si dirige: Vn XXIII 10 mi parea tornare ne la mia camera; Rime LXIII 14 qua non tornin mai; If XXI 39 i' torno per anche a quella terra; XV 53, XXXIV 81, Pg I 119 com'om che torna a la perduta strada; Pd XI 13 Poi che ciascuno fu tornato ne lo / punto del cerchio in che avanti s'era, / fermossi, e 129 [le pecore] tornano a l'ovil; Fiore XII 2 verso 'l giardino / torna'mi; XXXV 5 tornò a me, che lungi m'era / Ragion la bella; CXLI 9 Gesù si tornò in cielo. Vada qui, per l'evidente valore estensivo, anche l'esempio relativo al vano tentativo compiuto da D. di abbracciare l'ombra di Casella: tre volte dietro a lei le mani avvinsi, / e tante mi tornai con esse al petto (Pg II 81).
In tre esempi è specificato il luogo da cui si viene: If X 11 di Iosafàt qui torneranno, e 49 S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte; Pd XXIX 107 le pecorelle... / tornan del pasco.
Sia presente o meno un complemento di moto, accezioni più circoscritte sono conferite al verbo dall'accostamento ad avverbi o locuzioni avverbiali, che ne specificano e determinano il significato fondamentale: Rime C 63 e 64 io de la mia guerra / non son tornato un passo a retro, / né vo' tornar; If IX 2 veggendo il duca mio tornare in volta; XVII 78 torna'mi in dietro da l'anime lasse; Pg VII 58 Ben si poria... tornare in giuro; IX 132 di fuor torna chi 'n dietro si guata.
Fra i sintagmi di questo tipo il più frequente è quello ‛ t. suso (o in suso) ' che, nell'accezione fondamentale di " salire ", assume connotazioni particolari a seconda del contesto, quali il risalire ai piani superiori di una casa dopo esser scesi a pianterreno (Fiore CLXXXV 9), il percorrere un tratto di strada in salita (Pg V 40), il riemergere alla superficie del mare (XVI 133; qui compare il semplice torna) o della pece bollente (If XXI 46), il ritorno di un gruppo di angeli in cielo (Vn XXVII 7 e 25 59).
Un gruppo piuttosto numeroso degli stilemi e dei sintagmi finora illustrati si collega a due fra i motivi più frequentemente ricorrenti nella trama narrativa della Commedia: la necessità per D. di t. sulla terra al termine del suo viaggio nell'aldilà e la sua speranza che la visione goduta serva a fargli meritare dopo la morte la salvezza eterna. Gli esempi connessi al primo di questi motivi appartengono in gran parte all'Inferno, là dove sono più vivi, nei dannati come in D., il pensiero e il rimpianto della vita terrena: If IX 57 se 'l Gorgón si mostra e tu 'l vedessi, / nulla sarebbe di tornar [nella '21 del tornar] mai suso; XIII 54, XVI 83 se campi d'esti luoghi bui / e torni a riveder le belle stelle; XXVII 62 (persona che... tornasse al mondo; la stessa locuzione in Pg V 130), e 65 già mai di questo fondo / non tornò vivo alcun (è questo il convincimento di Guido da Montefeltro: il consigliere frodolento che, a sua volta, D. involontariamente froda, tacendogli la sua natura di vivo); Pd XXVII 65 tu, figliuol... per lo mortal pondo / ancor giù tornerai (e si noti la puntuale precisione del lessico dantesco: il tornare in terra dall'Inferno è un tornar sù, " un risalire "; al contrario, dall'alto dei cieli, D. ‛ tornerà giù ', " discenderà " sulla terra).
Naturalmente, solo in Purgatorio e in Paradiso D. esprime la sua speranza di poter t. dove ora si trova: Pg II 91 Casella mio, per tornar altra volta / là dov'io son, fo io questo vïaggio; XXIV 77 non fïa il tornar mio [l'infinito è sostantivato: il mio " ritorno "] tantosto; Pd XXII 106 S'io torni mai, lettor, a quel divoto / trïunfo. Analogamente, la pargoletta dice di sé: I' fui del cielo, e tornerovvi ancora (Rime LXXXVII 4).
Usato in senso figurato, in unione con vari complementi che lo determinano, è posto in relazione con eventi della vita fisica o psichica: la guarigione da una malattia (Cv III IX 16 per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi... tornai nel primo buono stato de la vista); il risveglio da un sogno angoscioso (Vn XXIII 30 dinanzi che io fossi tornato in verace condizione); il riaprirsi della coscienza alle sensazioni del mondo esterno dopo uno svenimento (con infinito sostantivato, in If VI 1 Al tornar de la mente, che si chiuse / dinanzi a la pietà d'i due cognati; Pg XXXII 82) o dopo un'estasi mistica (XV 115); la liberazione dal profondo smarrimento, simile alla morte, provocato da una ferita d'amore (Rime CXVI 49 [tu, Amore,] rimani a veder me sanza vita; / e se l'anima torna poscia al core, / ignoranza ed oblio / stato è con lei, mentre ch'ella è partita). Vadano qui anche i due esempi nei quali il verbo compare a proposito del singolare privilegio toccato a Traiano, il quale tornò a l'ossa (Pd XX 107), " risuscitò ", per le preghiere di s. Gregorio, sicché l'anima di lui, tornata ne la carne (v. 113), credette in Cristo.
L'esempio di Cv IV XII 14 però che Dio è principio de le nostre anime... essa anima massimamente desidera di tornare a quello, enuncia il corrente quanto capitale concetto cristiano che la morte sia un ritorno a Dio, ripreso in Pd XI 116 (in Pg XIX 92, invece, si allude al ritorno nella grazia di Dio attraverso il pentimento). Ha valore affine in Pg XVI 32 O creatura che ti mondi / per tornar bella a colui che ti fece, anche se la presenza dell'aggettivo in funzione di predicato accresce la pregnanza del verbo: " per rifarti bella quale eri quando fosti creata e ritornare così al tuo creatore " (Sapegno). Naturalmente, in Pd IV 23 di dubitar ti dà cagione / parer tornarsi l'anime a le stelle, / secondo la sentenza di Platone, l'accenno alla dottrina platonica relativa al ritorno delle anime nell'Iperuranio implica un uso del verbo più vicino al senso proprio.
Il sintagma ‛ t. a ' (in un caso ‛ in ') seguito da sostantivo indica spesso ripresa di un'attività rimasta interrotta o recupero di una condizione perduta a seconda che il semantema finale appartenga alla sfera dell'agire o dell'essere: Pg XX 144 l'ombre... / tornate già in su l'usato pianto; XXV 133 al cantar tornavano (cantar ha valore di sostantivo); XXVI 47, XXXII 25 a le rote si tornar le donne; Fiore XL 7, LXIV 11 immantenente torna ad ubbidenza; CXLV 11, CLXXXIII 8. Se invece il semantema finale è formato da un infinito, il sintagma indica il ripetersi di un'azione: If XXVIII 74 se mai torni a veder lo dolce piano / che da Vercelli a Marcabò dichina.
Il verbo ha accezione lievemente diversa, più vicina al significato proprio, nella locuzione ‛ t. al proposito ' (o in altre simili), usata ogni volta che lo scrittore riprende a trattare l'argomento principale dopo una divagazione; cfr. Vn XII 1, Cv I IX 4, XII 12, II IX 1, III IV 9; e così I II 12 al principale intendimento tornando, IV XXIV 3 tornando a la ragione propria, XXIII 6. Nonostante l'apparente analogia formale, appartiene a tutt'altro ambito concettuale l'espressione usata da D. (i' son tornato nel primo proposto, If II 138) per dichiarare la sua confermata, definitiva deliberazione di affrontare il viaggio nell'aldilà.
Il verbo conserva pari disponibilità espressive e ugual latitudine di usi allorquando il soggetto è un nome di cosa.
È usato con riferimento al moto del sole o dei cieli intorno alla terra: Vn II 1 Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto; Cv III V 21 lo mondo è sì ordinato che, volta la spera del sole e tornata a uno punto... [la terra] riceve tanto tempo di luce quanto di tenebre; II XIV 12, III V 18 (due volte), Pd XXVI 121, Pg VI 55; e vada qui anche XII 80 vedi che torna / dal servigio del di l'ancella sesta, l'ora sesta " va via " dopo aver prestato il suo servigio al giorno, è da poco trascorso mezzogiorno.
A proposito di un raggio luminoso o di un'immagine riflessi da uno specchio o da altra superficie speculare: Pd II 89 come color torna per vetro / lo qual di retro a sé piombo nasconde, e 102; III 13 Quali per vetri trasparenti e tersi / ... tornan d'i nostri visi le postille.
Un singolare uso estensivo si ha in Cv IV VI 4 ‛ auieo ' ... cominciando da l'A, ne l'U quindi si rivolve, e viene diritto per I ne l'E, quindi si rivolve e torna ne l'O; qui D. vuol far notare come nella parola ‛ amico ' sono presenti tutte e cinque le vocali, ma secondo una disposizione diversa da quella che occupano nell'alfabeto, sicché esso, per così dire, percorre un cammino che lo porta direttamente dalla A alla U, lo fa t. indietro prima alla I, poi alla E, per avviarlo infine in direzione opposta verso la O.
Gli esempi nei quali t. compare avendo come soggetto un sostantivo astratto sono rari e non molto significativi, data l'ovvia evidenza dell'uso figurato: Pd IX 104 qui... la colpa... a mente non torna, e XXXIII 73; Pg III 134 Per lor maladizion [per effetto della scomunica] sì non si perde, / che non possa tornar l'etterno amore (" la grazia dal Signore "); Fiore CXC 8 (ancora nel senso di " rivolgersi "). Maggior interesse presenta il valore attribuito a t. nel passo in cui Beatrice esamina quanto Platone dice nel Timeo sulla sorte delle anime: S'elli intende tornare a queste ruote / l'onor de l'influenza e 'l biasmo, forse / in alcun vero suo arco percuote (Pd IV 58): se Platone intende che a questi cieli " risalgano ", " siano da riferire " il merito o il biasimo degl'influssi sulle tendenze umane, ecc.
In alcune accezioni manca del tutto l'idea del ritorno, della ripresa, della ripetizione, mentre acquista evidenza quella di un risultato, talvolta essendo implicito il senso di una trasformazione. Lo sviluppo semantico attraverso il quale t. si è reso disponibile a esprimere l'idea di un mutamento è chiarito da due esempi (entrambi appartenenti ai poemetti attribuiti), nei quali è seguito da un sostantivo in funzione di predicato: Fiore XXI 12 Schifo mi tornò fellone, mi " ridivenne " nemico; Detto 162 fine amante torno. In qualche caso il predicato è costituito da un aggettivo, e t. ha il significato di " divenire " o di " ridivenire ", a seconda del contesto: Cv III XV 14 ogni viziato tornerà diritto e buono; Pg XXX 54 quantunque perdeo l'antica matre, / valse a le guance nette di rugiada / che, lagrimando, non tornasser atre; Fiore XXVI 10 troppo contra me tornò diverso. Più frequentemente l'idea del mutamento è espressa mediante un complemento introdotto da ‛ in ' o (in un caso) da ‛ a ': If XIII 69 ' lieti onor tornaro in tristi lutti, e XXVI 136; Pg XIV 99 Oh Romagnuoli tornati in bastardi!; Rime CI 11; Cv IV I 1 2, Fiore XXVI 14 d'abate tornai men ch'a converso.
In Cv IV XXVIII è esaminata la vicenda terrena della nobile anima, la quale, pervenuta nella quarta età della vita, il senio, si rende al culto e alla pietà di Dio, porto finale del lungo cammino percorso; figura di questa conversione è la storia di Marzia (v.), la vedova di Ortensio che, secondo il racconto lucaneo, aveva pregato il suo primo marito Catone di riprenderla con sé. Parola-chiave di tutto il passo è il verbo t., presente ben dieci volte in accezioni facilmente rilevabili dal contesto: [nel senio] noi dovemo... tornare a Dio con tutto nostro intendimento e cuore (§ 3); la nobile anima... attende lo fine di questa vita con molto desiderio e uscir le pare... di cammino e tornare in cittade, uscir le pare di mare e tornare a porto (§ 7); non torna a religione pur quelli che a santo Benedetto... si fa d'abito e di vita simile, ma eziandio a buona e vera religione si può tornare in matrimonio stando (§ 9); Lucano... dice che Marzia tornò a Catone e... pregollo che la dovesse riprendere (§ 13); e così nei §§ 15 (due volte) e 17.
Dopo aver esaltato la divina arte della creazione, Folchetto da Marsiglia aggiunge che qui, in Paradiso, discernesi 'l bene / per che 'l mondo di sù quel di giù torna (Pd IX 108). L'interpretazione del verso è assai dibattuta, sia per l'alternanza mondo / modo offerta dalla tradizione (v. Petrocchi, ad l.; Introduzione 166), sia per la difficoltà a determinare il valore di torna, il quale, comparendo in rima equivoca con il precedente torna, " ritorna ", del v. 104 (già citato), deve avere un significato diverso da questo. Secondo la maggior parte dei commentatori moderni, tutto il passo starebbe a dire che in Paradiso " si comprende distintamente il bene, il fine benefico e provvidenziale, per cui il cielo ('l mondo di sù) esercita i suoi influssi sulla natura sottostante " (Sapegno). Questa spiegazione ha il suo fondamento nelle chiose del Lana e dell'Ottimo, i quali intendono il verbo nel senso di " volge ", " gira ", e spiegano: " move a generazione e a corruzione gli elementi e gli elementari ", " gira e governa il mondo di sotto ". Benvenuto, invece, traduce torna con " efficitur ", offrendo così un'interpretazione più sottile che convincente di tutta la frase: il mondo inferiore, di sua natura mortale, diventa quel di sù, cioè immortale come il mondo superiore, per effetto dell'influsso di Venere ('l bene). Per il Porena e il Chimenz torna deriverebbe da ‛ tornare ', forma toscaneggiante di ‛ torniare ', " lavorare al tornio ", " dare forma col tornio ", usato in senso metaforico per indicare che i cieli " modellano " il mondo di giù, la terra, esercitano cioè il loro influsso sulle cose umane. Un'ulteriore interpretazione è offerta dal Buti, il quale però legge al modo in luogo di 'l mondo: " ogni bene... torna al modo et a la forma che dà lo bene supremo, cioè Iddio: ogni cosa torna secondo che la sua providenzia dispone e ordina, et ogni cosa torna in bene: imperò che Iddio non vuole, né può volere altro che bene ".