BERGMAN, Torbern Olaf
Naturalista svedese, nato a Catharineberg il 20 (?) marzo 1735, morto l'8 luglio 1784. Studiò ad Upsala, dove fu discepolo di Linneo. Nel 1761 fu nominato professore aggiunto di matematica e filosofia naturale, nel 1767 di chimica.
I suoi primi lavori si riferiscono in principal modo alla storia naturale e in particolare alla botanica e allo studio degl'insetti. Immaginò per questi un sistema di classificazione basato sull'esame delle larve, e presentò su tale soggetto un lavoro del quale rimangono alcune bellissime tavole. Egli riconobbe poi che il cosiddetto coccus aquaticus non era altro che uova di sanguisuga. Linneo, che dapprima negava la cosa, se ne convinse con l'esperimento, e sotto la memoria del giovane B., presentandola all'accademia di Stoccolma, scrisse vidi et obstupui. L'attenzione del B. era nello stesso tempo attirata da problemi di fisica e di astronomia. Fece diverse esperienze relative all'elettricità, fra le quali sono notevoli quelle sulla tormalina, e molte osservazioni astronomiche, fra le quali quelle su un passaggio di Venere sul Sole. Anche problemi pratici lo occuparono, come quello relativo alla distruzione dei bruchi che divorano le foglie degli alberi e dei mezzi per difendersene, ed ebbe per ciò un premio dall'Accademia di Stoccolma. Dal 1758 al 1766 compose una grande opera sulla fisica, che fu subito tradotta in diverse lingue, e nella quale egli mostra conoscenze di chimica e mineralogia maggiori di quelle che in generale non abbiano i fisici. Ciò nonostante, egli non poteva dirsi allora un chimico, e sembrò quindi un grande ardire il suo, quando, ritirandosi dall'insegnamento il famoso Wallerius, egli si presentò per essere nominato professore di chimica al posto di lui (1767). Lo si accusò, infatti, di non aver pubblicato nulla su tale argomento, e, sebbene egli rispondesse chiudendosi per qualche tempo nel suo laboratorio, e uscendone con la memoria sull'allume, che rimane un modello del genere, le ostilità non cessarono, ed esse anzi erano apertamente sostenute dallo stesso Wallerius. Soltanto per l'intervento personale del principe reale, poi Gustavo III, egli poté ottenere la cattedra, e in conseguenza poté arricchire la chimica di lavori che lo pongono in primissima linea fra i cultori di questa scienza.
L'opera del B. nella chimica e nella mineralogia si estende a diversi argomenti. Notevoli, anzitutto, sono le sue considerazioni ed esperienze sull'affinità chimica. Sebbene preceduto da altri in questa teoria, egli la condusse al grado maggiore di perfezionamento del quale fosse suscettibile, ordinando gli elementi in tabelle secondo il grado di affinità che essi hanno per un altro elemento, ossia secondo l'ordine nel quale un elemento scaccia il precedente dalle sue combinazioni per sostituirvisi. B. intuì anche che queste proprietà non erano assolute: introdusse infatti tabelle separate, secondo che le sostanze erano in soluzione acquosa oppure fuse. Però non riconobbe l'influenza di altri fattori sulla forza di queste affinità. In questo senso l'influenza delle masse, riconosciuta dal Berthollet (v.), sta in profondo contrasto con la teoria del Bergman.
Lo studio sistematico dei composti chimici e dei mezzi migliori per farne l'analisi forma uno dei meriti principali del B. Egli, unitamente al suo discepolo e amico Scheele, può dirsi quasi il fondatore della chimica analitica moderna. In base a queste analisi, egli stabilì una classificazione dei minerali, che, proseguendo con fortuna i lavori del suo predecessore Wallerius, fu portata poi a compimento da un altro grande chimico svedese, Berzelius (v.).
Si è già accennato al classico lavoro sull'allume. Al B. si devono anche studî accurati sulla magnesia e sull'acido carbonico, contemporanei e paralleli a quelli del Black (v.). Una serie sistematica di ricerche egli fece anche sulle acque minerali naturali, e si diede anche a prepararne delle artificiali. Notevoli studî compì su varî metalli, in particolare sul nichel; insieme con lo Scheele scoprì il manganese, isolandolo dalla pirolusite; precorse inoltre lo Haüy in alcune scoperte cristallografiche.
Non possiamo citare qui neppure le più importanti opere del Bergman. Ricorderemo solo i suoi Opuscula physica et chimica pubblicati in sei volumi (1779-1790) e poi totalmente o in parte tradotti nelle principali lingue europee (in italiano in sei volumi, finiti di stampare a Firenze nel 1790). In italiano abbiamo anche una Storia della chimica nel medio evo (Firenze 1790) tradotta da Giuseppe Tofani (pseudonimo di Felice Fontana).