TONNO
- I tonni sono pesci appartenenti alla famiglia Thunnidae, serie Scombriformes, ordine Percomorphi (classificazione secondo D. S. Jordan, v. teleostei). Secondo K. Kishinuye (1923) i Tonnidi si distinguono dagli altri Scombriformi e devono essere compresi in un ordine speciale dei Plecostei, caratterizzati dalla presenza di un sistema vascolare sottocutaneo i cui tronchi principali decorrono lungo i fianchi alla superficie della muscolatura sotto la pelle; hanno 39-41 vertebre. Questa separazione non è però accettata da tutti gli studiosi e L. Roule include i Tonnidi nella famiglia degli Scombridi.
Come gli altri Scombridi, i tonni sono caratterizzati dall'avere il corpo fusiforme coperto di squame piccole, intorno al torace di squame più grandi che formano il cosiddetto corsaletto; hanno due dorsali, la seconda e l'anale seguite da pinnule, codale forcuta o semilunare.
Secondo F. De Buen e F. Frade, lungo le coste europee e nei mari limitrofi vivono 9 specie di Tonnidi:
1. Sarda sarda (Bl.) (sin.: Pelamys sarda C. V.) detta palamita o palamito (fr. pélamide; sp. e ingl. bonito; ted. Bonite). Ha le due dorsali vicine, il dorso percorso da 7-9 fasce strette oblique di colore blu scuro. Raggiunge 70 cm. di lunghezza. Vive in tutto il Mediterraneo.
2. Orcynopsis unicolor (Geof.) (sin.: Pelamys unicolor Gthr.). Ha le dorsali vicine, la seconda sulla metà del corpo, capo corto, colore uniforme, azzurro al dorso, argenteo al ventre. Raggiunge gli 80 cm. È molto raro nel Mediterraneo.
3. Germo alalunga (Gmel.) detto alalonga (fr. germon; sp. albacora; ted. Germon, Albacora; ingl. long-finned albacore). È caratterizzato dall'avere le pettorali molto lunghe, estese fino al livello della seconda dorsale, colore uniforme azzurro e argenteo. Raggiunge anche 1 metro. È comune nel Mediterraneo occidentale e nell'Atlantico; è più particolarmente diffuso in quest'ultimo (v. alalonga).
4. Thunnus thynnus (L.) (sin.: Orcynus thynnus L.). È il comune tonno (fr. thon; sp. atún; ted. Thunfisch; ingl. tunny), caratterizzato dall'avere le pettorali corte, comprese 1 volta e ½ nella lunghezza del capo, l'occhio piccolo compreso più di 3 volte nello spazio preorbitale, le dorsali vicine, la seconda inserita dietro la metà del corpo, la seconda e l'anale più corte dei lobi della codale: è di colore azzurro scuro al dorso, bianco argenteo al ventre. Raggiunge 2 e anche 3 metri di lunghezza e 400 e più chilogrammi di peso. È comune nell'Atlantico e in tutto il Mediterraneo. Lütken ha dimostrato che il T. brachypterus C. V., dalle pettorali corte, è la forma giovanile del tonno comune.
5. Parathunnus obesus (Lowe). Ha il corpo tozzo, le dorsali vicine, la seconda inserita dietro la metà del corpo, la pettorale compresa 1 volta e ¼ nella lunghezza del capo, l'occhio meno di 3 volte nello spazio preorbitario. È proprio dell'Atlantico.
6. Neothunnus albacora (Lowe). Ha il corpo-snello, la seconda dorsale e l'anale più lunghe che i lobi della codale. È anch'esso proprio dell'Atlantico.
7. Auxis thazard (Lacép.) (sin.: Auxis bisus [Raf.]), detto scurmo, bisu, tombarello (fr. bonitou; sp. melva). Si distingue dagli altri Tonnidi per avere le due dorsali distanti, separate da uno spazio maggiore della lunghezza della prima; il colore del dorso è azzurro con fascie e macchie azzurre scure, ventre argenteo. Arriva a 45 cm. di lunghezza. È comune nel Mediterraneo (v. auxis).
8. Euthynnus alletteratus (Raf.) (sin.: Thynnus thunnina Cuv.), detto alletterato o tonnina (fr. thonine; sp. toñina). Ha le dorsali vicine, l'anteriore alta, il dorso segnato di macchie sinuose nerastre, il ventre argenteo, alcune macchie nerastre presso la pettorale. Raggiunge 1 metro. È poco comune nel Mediterraneo.
9. Katsuwonus pelamys (L.) (sin.: Scomber pelamys L.), detto palamito o palamita (fr. bonite; sp. palomida). Ha le dorsali vicine, il dorso di colore azzurro con riflessi rosei, il ventre argenteo segnato da 4-5 fasce brune longitudinali arcuate. Raggiunge 70 cm. È piuttosto raro nel Mediterraneo.
Altre specie di tonni vivono negli Oceani Indiano e Pacifico.
La specie di gran lunga più comune e più importante dal punto di vista della pesca è il tonno comune. Esso vive lungo tutte le coste europee e africane dell'Atlantico settentrionale: è particolarmente proprio delle parti più calde di esso e del Mediterraneo. Si ritiene che la stessa specie viva anche lungo le coste atlantiche americane (Sella), lungo le coste pacifiche americane e nei mari del Giappone (Thunnus orientalis [Schleg.]).
Biologia. - Tutti i Tonnidi sono pesci pelagici che compiono migrazioni più o meno estese.
Il tonno comune, che in alcune località del Mediterraneo e dell'Atlantico compare in grandi stormi, attirò per l'importanza della sua pesca l'attenzione dei popoli mediterranei fino dalla più lontana antichità. Parecchie città fenicie coniarono monete con l'effigie del tonno.
Secondo Aristotele, che per primo cercò di spiegare le migrazioni di questo pesce, i tonni entrerebbero a primavera nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra e, tenendo alla destra la costa, seguirebbero fino al Mar Nero per ivi riprodursi; tornerebbero quindi ad uscire nell'Atlantico dopo aver compiuto l'intero periplo del Mediterraneo. Questa teoria di Aristotele fu seguita da tutti gli autori dell'antichità e del Medioevo fino a tempi relativamente recenti.
Il primo autore che in epoca moderna fece delle osservazioni sulla biologia del tonno fu il padre Francesco Cetti (1777). Egli pure ammise le migrazioni atlantiche dei tonni; ritenne però che essi si riproducano nel Mediterraneo nelle stesse località in cui vengono pescati e che si approfondino nei mesi invernali. Il duca d'Ossada, Francesco Carlo d'Amico (1816), proprietario di tonnare della Sicilia, osservò infatti che nel Mediterraneo si trovano tonni anche d'inverno, trovò poi dei giovanissimi esemplari di soli 40 g., negò perciò per primo le estese migrazioni di questi pesci.
In epoca più recente Pietro Pavesi (1889), confrontando le date di comparsa dei tonni nelle diverse località del Mediterraneo, in base ad accurate osservazioni, smentì la teoria delle migrazioni. Secondo Pavesi i tonni durante i mesi invernali si approfondano nei maggiori fondali del Mediterraneo e sono allora detti dai pescatori sardi e siciliani golfitani; essi a primavera tornano alla superficie e si avvicinano alla costa.
Successivamente varî altri autori portarono argomenti e osservazioni contrarie alle estese migrazioni dei tonni. Secondo L. Roule (1914) le migrazioni locali dei tonni sarebbero dovute essenzialmente alle condizioni di temperatura e di salinità in quanto questi pesci sono eminentemente stenotermi e stenoalini, legati a temperature superiori ai 18° C. e a determinati gradi di salinità. Secondo Roule la deposizione delle uova avviene in acque calde superficiali in prossimità delle coste; un'area di frega si trova tra la Sardegna, la Sicilia e la Tunisia. Il Roule chiama genetici i tonni che si avviano alla riproduzione; essi sono gregarî. Dopo compiuta la riproduzione i tonni dimagrati si disperdono alla ricerca del nutrimento; viaggiano allora solitarî o a piccoli gruppi. Il Roule chiama questi tonni erratici. D'inverno il tonno non scende a grandi profondità, ma si mantiene nell'ambiente batipelagico. Secondo il Roule in sostanza i tonni compiono una migrazione di concentrazione o di riunione sessuale e una di dispersione trofica.
Recenti ricerche di M. Sella (1926) parlano però nuovamente in favore della vecchia teoria delle migrazioni. Il Sella, osservando gli ami usati nella pesca dei tonni, che spesso vengono da essi strappati e rimangono quindi attaccati al loro corpo, ha potuto notare che sugli esemplari presi nelle tonnare sarde e siciliane si rinvengono con una relativa frequenza ami che per la loro caratteristica fattura si riconoscono provenire da località lontane, così p. es. da Tarifa sulle coste spagnole fuori dello stretto di Gibilterra o addirittura dal Golfo di Biscaglia. Il Sella ritiene perciò che un notevole numero di tonni, specialmente grossi, compia normalmente migrazioni tra l'Atlantico e il Mediterraneo; i tonni più piccoli sarebbero invece più sedentari.
Secondo il Sella la concentrazione genetica del tonno avrebbe luogo nel Mediterraneo occidentale e nel Jonio; da quest'area esso si disperderebbe durante il periodo trofico nel resto del Mediterraneo e nell'Atlantico. I tonni genetici si concentrerebbero nella zona delle tonnare e ivi maturerebbero i prodotti sessuali; il Sella chiama perciò questa area di maturazione. L'area di riproduzione invece sarebbe situata al largo dalla costa.
Secondo Roule, De Buen e Scordia invece soltanto singoli esemplari passerebbero attraverso lo stretto di Gibilterra. A. Steuer (1927) all'incontro ammette che i tonni atlantici possano entrare nel Mediterraneo inseguendo branchi di altri pesci.
C. Scordia (1930) ritiene che l'area di concentrazione dei tonni si trovi al largo dalla costa e che essa coincida con l'area di riproduzione. Da questa i tonni si avvicinerebbero alla costa, alla zona delle tonnare, principalmente sotto l'influenza di fattori meteorologici (depressioni barometriche, abbassamento della temperatura delle acque a 35 m. di profondità), che spingerebbero i tonni stenotermi verso le acque più superficiali costiere.
Le uova e gli stadî larvali del tonno sono stati trovati liberi nel plancton delle acque siciliane da L. Sanzo (1910). Le uova misurano 1,05-1,12 mm. di diametro e presentano una goccia oleosa di 0,27 mm. La deposizione ha luogo in giugno e luglio. Secondo la Scordia si trovano tonni con le gonadi mature anche fino a settembre. L'accrescimento secondo le osservazioni del Sella si compie rapidamente; già a 5 anni i tonni supererebbero i 100 kg. e a 10 i 200.
I tonnarotti chiamano scampirro o tonnicello il tonno di 20-60 kg., tonnacolo quello di 60-100. È detto tonno di arrivo o di corsa quello che a primavera e al principio dell'estate compare nelle tonnare con gli organi genitali in corso di maturazione, il tonno di ritorno ha invece gli organi genitali vuoti, è fortemente dimagrato e si dirige alla fine dell'estate o all'inizio d'autunno verso l'alto mare. I tonni di corsa sono i genetici di Roule, quelli di ritorno gli erratici.
Durante il periodo genetico il tonno si nutre meno attivamente, però non smette completamente di nutrirsi. I tonni si cibano di svariati animali: inseguono principalmente i branchi di sardine, di acciughe, di scombri, ecc.
Sono nemici dei tonni i pescicani e i delfini, che spesso li disperdono e li allontanano dalle tonnare.
Simile alla biologia del tonno è quella degli altri tonnidi.
Pesca. - Tutti i tonnidi sono molto pregiati per le loro carni, che vengono mangiate fresche e conservate; sono quindi oggetto di pesca intensa. Particolarmente importante è la pesca del tonno, che specialmente nel Mediterraneo rappresenta uno dei rami più produttivi della pesca e alimenta le industrie connesse con questa.
La pesca dei tonnidi viene esercitata all'amo o per mezzo di reti fisse o mobili.
La pesca all'amo viene praticata principalmente nell'Atlantico per l'alalonga e per altri tonnidi. I pescatori francesi, spagnoli e portoghesi esercitano questo genere di pesca lungo le coste occidentali europee e africane, le Azzorre, le Canarie, con battelli appositamente armati, che calano parecchie lenze munite di forti ami. Negli ultimi anni anche pescatori italiani si sono portati alle Canarie per dedicarsi a questo tipo di pesca. In Italia la pesca all'amo viene esercitata nello Stretto di Messina.
Varî tipi di reti mobili, a strascico, verticali da posta o da tiro, di circuizione, vengono usate per la cattura dei tonnidi. Sono particolarmente destinate alla pesca di questi pesci le reti dette palamitare, palandare, alalongare. Negli ultimi anni è stata iniziata nell'Adriatico la pesca del tonno per mezzo di reti di circuizione, già usate in America (ingl. purseseine), calate da pescherecci che vanno alla ricerca degli stormi di tonni quando essi si trattengono distante dalla costa. È probabile che questo metodo possa dare proficui risultati quando i tonni non si avvicinano alle tonnare.
Il metodo classico di cattura dei tonni è però quello per mezzo delle tonnare (fr. madragues; sp. almadrabas), impianti talvolta molto vasti di reti fisse, situati in località nelle quali sono stati segnalati frequenti passaggi di questi pesci. Le più antiche tonnare sarebbero state calate dai Fenici. Esistono tonnare, oltre che in Italia, in Portogallo, in Spagna, lungo le coste meridionali della Francia, nella Tunisia, e nella Libia; altre più piccole si trovano nell'Adriatico orientale, nel Mar di Marmara e nel Bosforo. La tonnara consiste di una rete verticale tesa perpendicolarmente alla costa, detta pedale, costa o coda, e di un sistema di reti unito a questa a una certa distanza da terra, detto isola. Il pedale può essere lungo alcune centinaia di metri o anche qualche chilometro, si estende fino a fondali di 20-70 m.
Il punto in cui l'isola si unisce al pedale si chiama chiave; presso di essa dal lato da cui si aspettano i tonni vi è un'apertura, detta foratico, che permette l'entrata nell'isola. Quest'ultima è di forma rettangolare ed è disposta con l'asse maggiore normale al pedale; misura nelle grandi tonnare dai 200 ai 400 metri di lunghezza per 50 di larghezza. Dei due estremi dell'isola l'uno è detto testa di levante, l'altro testa di ponente; il primo è dal lato da cui provengono i tonni indipendentemente dall'orientamento geografico. L'isola è divisa mediante pareti in un certo numero di scompartimenti detti camere; l'ultima verso la testa di ponente è detta camera della morte perché qui viene eseguita la cattura del tonno, la mattanza. Tutta l'isola è costituita da forti reti di cocco o di sparto, ancorate al fondo e mantenute verticali da boe di sughero unite da funi di canapa dette sommi; la sola camera della morte è fatta di canapa e ha anche il fondo di rete, il cosiddetto corpo o culica. All'estremo dell'isola esiste talvolta un prolungamento di rete destinato a dirigere i tonni, detto codardo.
La tonnara viene calata poco prima della stagione di pesca. Essa viene manovrata da un notevole numero di tonnarotti, che costituiscono la cosiddetta ciurma, posta agli ordini di un capo pescatore chiamato con nome arabo rais. Il complesso delle barche necessarie alla pesca in tonnara costituisce il cosiddetto barcareccio; i fabbricati a terra destinati alla lavorazione dei tonni, a magazzini e alloggi, il marfaraggio.
I tonni che vanno seguendo la costa vengono guidati dal pedale verso l'isola, in cui penetrano attraverso il foratico. I pescatori di guardia alle porte (varchi nelle pareti che dividono le diverse camere e che possono venire aperti o chiusi) regolano il movimento dei tonni e li fanno passare di camera in camera fino a quella che precede la camera della morte. Quando vi è stato radunato un certo numero di tonni il rais ordina la mattanza. I tonni vengono allora fatti passare nella camera della morte, che viene circondata dalle barche con la ciurma. Sopra la porta della camera della morte si dispone il vascello, dal lato opposto, alla testa di ponente, il capo rais, grossi barconi che possono raggiungere o superare la ventina di metri di lunghezza; barche minori si dispongono agli altri lati del quadrato. Agli ordini del rais i tonnarotti, accompagnando la manovra con caratteristiche cantilene, sollevano la rete che costituisce il fondo della camera della morte e portano così i tonni alla superficie. Ha allora inizio la mattanza propriamente detta.
I tonnarotti armati di uncini afferrano i tonni, che si divincolano nello spazio sempre più ristretto, e li sollevano nelle barche. La pesca si svolge in mezzo all'agitazione delle acque sconvolte dai tonni impauriti, arrossate dal sangue versato dalle loro ferite. La scena assume aspetti grandiosi e pittoreschi, che si ripetono invariati da secoli.
Quando l'ultimo tonno è stato issato a bordo la ciurma festante ritorna a terra. Quivi seguono le operazioni di macellazione e confezione dei tonni, che costituiscono la cosiddetta mattanza di terra.
Normalmente, nei periodi di buona pesca, si fa mattanza ogni 8-10 giorni; in una buona stagione se ne fanno anche 8. Cetti riferisce che la tonnara di Porto Scuso giunse a fare 18 mattanze all'anno di 800 tonni l'una con una somma di 15.000 pesci.
Le tonnare si distinguono in tonnare di posta e tonnare di monta e leva. In queste ultime il tonno viene catturato man mano che vi entra. Nelle tonnare di posta invece il tonno viene trattenuto nelle varie camere affinché richiami dell'altro pesce fino a che si è radunato in un certo numero. Soltanto allora viene ordinata la mattanza. Le tonnare di posta sono più grandi e constano di 7-8-9 camere, mentre le tonnare di monta e leva hanno un minor numero di camere, 4 0 più. Si distinguono anche, rispetto alla direzione da cui vengono i tonni in confronto alle altre vicine, tonnare di sopravvento e di sottovento.
Si dicono tonnare di corsa quelle che catturano tonni di corsa e sono le più importanti, tonnare di ritorno quelle che pescano i tonni di ritorno. Le prime pescano in genere dalla metà di maggio a tutto giugno; le seconde alla fine dell'estate e in autunno. Talvolta la stessa tonnara cambiando l'apertura dell'isola può funzionare alternativamente da tonnara di corsa e di ritorno. Le tonnare di ritorno non fanno mattanza perché i tonni vi si presentano in piccole quantità.
Sono dette tonnarelle i piccoli impianti di reti che pescano per lo più il tonno di ritorno e ordinariamente anche altri pesci.
Le piccole tonnarelle del Quarnero e della Dalmazia constano in genere di una rete lunga 200, 300 o più metri, alta 20-25, disposta per un tratto normale alla costa e, dopo aver formato un gomito, per un tratto parallela. Quando dall'alto di una scala di vedetta un pescatore di guardia segnala l'entrata dei tonni nell'area circondata dalla rete, essa viene chiusa per mezzo di un tratto di rete pronto a tale scopo presso il lato libero. Le tonnarelle adriatiche pescano in genere tonni di piccole dimensioni, di 30-50 kg.; in esse la pesca viene fatta principalmente in settembre, catturando tonni non genetici.
Nel 1929 furono calate in Italia 48 tonnare e tonnarelle, numerose altre non erano in funzione (tonnare spente). Queste 48 tonnare impiegarono complessivamente circa 2500 pescatori. Esse erano così ripartite: Isola d'Elba 1, Monte Argentario 1, Isole d'Ischia e Procida 2, compartimento di Salerno 2, Calabria 1, Golfo di Taranto 4, Quarnero 3, Sardegna 7, Sicilia 27. Altre 13 tonnare erano in funzione sulle coste della Libia.
Fra le maggiori tonnare italiane sono da ricordare, per la Sicilia quelle del Tono, di Oliveri, di Trabia, di Magazzinazzi, di Formica, di Favignana; per la Sardegna quelle di Isola Piana, di Porto Scuso, di Porto Paglia; per le coste libiche quelle di Marsa Sabratha, di Marsa Zuaga, di Sidi Sbeh Lahman.
La produzione complessiva annua delle tonnare italiane negli anni 1925-29 fu di 13-19.000 q. di tonni per un valore di 9-12 milioni di lire. In più le tonnare della Libia produssero da 3 a 12.000 q. per un valore di 3½-5½ milioni di lire. Nel 1905 si ebbe invece un prodotto di 81.000 q.
La pesca del tonno è soggetta a forti variazioni annue. Secondo il Sella essa subisce delle fluttuazioni secolari e altre secondarie; raggiunse un massimo nel 1880, mentre tra il 1820 e il 1830 essa era passata per un minimo. Attualmente la produzione passa nuovamente per un minimo, quindi la pesca del tonno si trova in un grave periodo di crisi.
Il tonno pescato viene in parte consumato fresco, per la maggior parte invece condizionato sott'olio. Gli stabilimenti di produzione del tonno sott'olio si trovano in genere in prossimità delle tonnare; se ne trovano di importanti in Liguria, in Toscana, in Sicilia, in Sardegna. Malgrado la forte produzione nazionale, tutti gli anni viene importata dall'estero una notevole quantità di tonno sott'olio per sopperire all'elevato consumo.
L'olio di tonno ha le stesse proprietà terapeutiche di quello di merluzzo e può essere efficacemente usato in sostituzione di quello (G. Salvioli).
Bibl.: P. Pavesi, L'industria del tonno, in Atti d. Commissione Reale per le tonnare, Roma 1889; C. Parona, Il tonno e la sua pesca, in R. Comit. Talass. It., Mem. LXVIII (1919); F. De Buen, Biologia del Atun, Madrid 1925; M. Sella, Sulle migrazioni del tonno (Thunnus thynnus L.), in Convegni biologici, Napoli 1931; C. Scordia, Per la biologia del tonno (Thunnus thynnus L.), in Mem. Biol. Marina Ocean., Messina 1930-32; Ministero dell'Agricoltura e Foreste, La pesca nei mari e nelle acque interne d'Italia, Roma 1931; H. Heldt, Thon rouge, in Rapp. Proc. Verb. Réun. Comm. Int. Expl. Méditerrannée, I-VIII (1926-1934), L. Sanzo, Uova e primi stadi larvali di tonno (Orcynus thynnus Ltkn.), in R. Comit. Talass. It., Mem. CLXXXIX (1932); L. Roule, Les poissons migrateurs, leur vie et leur pêche, Parigi 1922; G. Corwin, A bibliography of the tunas, in Division of fish and game of California, Bull. n. 22 (1930); G. Bini, la pesca del tonno con l'amo, in Boll. pesca piscicolt. idrobiol., IX (1933), p. 769.