ZOBBIO, Tommaso
ZOBBIO (Zobbia), Tommaso. – Nacque negli anni Trenta del Cinquecento a Brescia o nel Bresciano (la Val Gobbia?), ma non si conoscono i nomi dei genitori.
Entrò nel chiostro cittadino dei frati predicatori conventuali vestendo l’abito di s. Domenico. Subito dopo si trasferì a Bologna, dove nello Studio dell’Ordine completò la formazione in teologia e filosofia sotto la guida di Pietro Maldura. Divenuto lettore, nel 1569 fu chiamato da Pio V a svolgere le funzioni di inquisitore nel territorio di Brescia, succedendo a frate Aurelio Schilino. La fase più intensa della lotta contro l’eterodossia, assai diffusa nel territorio bresciano, si era quasi esaurita ma Zobbio, giudice di fede sino al 1575, che ricoprì per qualche tempo anche la carica di priore del locale convento di S. Domenico, dovette segnalarsi come magistrato solerte. Nel 1575 divenne maestro degli studi a Bologna (D’Amato, 1988, p. 518), ma non terminò l’anno di incarico perché il pontefice Gregorio XIII, che forse l’aveva conosciuto nella propria città d’origine, il 6 febbraio 1576 gli chiese di sostituire il confratello Antonio Balducci, già inquisitore di Bologna, ora promosso a vescovo, quale commissario generale del S. Uffizio: carica che avrebbe mantenuto dal 4 aprile di quell’anno sino al 22 ottobre 1582, partecipando alle sedute della congregazione cardinalizia. Nel capitolo generale dell’Ordine tenutosi a Roma nel 1580 ottenne anche il titolo di maestro (Acta..., a cura di B.M. Reichert, 1901, p. 213) e fu uno dei quattro candidati di quell’anno per il generalato. Tuttavia, grazie all’appoggio del cardinale domenicano Michele Bonelli, nipote del defunto Pio V, risultò eletto il confratello Paolo Costabili. Nel 1582, alla morte di quest’ultimo, ottenne comunque la carica di vicario generale (23 ottobre, in Bullarium..., a cura di T. Ripoll - A. Bremond, 1733, p. 414), e più tardi, quando nel maggio del 1583 Sisto Fabri fu scelto come generale dell’Ordine, Zobbio gli successe in veste di maestro del Sacro Palazzo, affiancato nei suoi compiti dal socius frate Vincenzo Bonardo.
La carica di maestro del Sacro Palazzo comportava il controllo della circolazione libraria nella città dei papi (tra i bandi che Zobbio emanò per sorvegliare la stampa basti ricordare quello che nel 1583 vietò la vendita a Roma da parte dei menanti di «libri, historie, orationi, lunari, pronostici, lettere d’aviso, o qual si vogli altra cosa stampata», cit. in Fragnito, 2019, p. 259 nota), ma anche l’onere di essere coinvolto nelle attività della prima congregazione romana dell’Indice, ancora guidata dal cardinale Guglielmo Sirleto con lo scopo di rivedere il moderato Indice tridentino e le dieci regole di censura annesse a quel testo, giudicato blando da Pio V (fu Zobbio a firmare il provvedimento che permise la circolazione di un’edizione espurgata degli scritti di Platone: Savelli, 2011, p. 76). La commissione, tuttavia, non riuscì a varare l’indice espurgatorio che aveva preparato in vista della stampa; e quando, dopo dodici anni di lavori, il 20 aprile 1584, licenziò un nuovo Indice dei libri proibiti, frutto in gran parte del lavoro di Sirleto, ma anche di Fabri e di Zobbio, identica sorte toccò a quel travagliato elenco di proibizioni, contestato dalla concorrente congregazione del S. Uffizio. La morte di Gregorio XIII, nel 1585, fece il resto: di fatto per un lungo periodo la congregazione dell’Indice cessò di esistere, fino a che non fu reinsediata dal nuovo pontefice, Sisto V, l’8 febbraio 1587. In veste di maestro del Sacro Palazzo Zobbio si trovò così ad affiancare i cardinali Marcantonio Colonna, Vincenzo Lauro, Agostino Valier, Girolamo Della Rovere e Costanzo Torri da Sarnano, cui poco dopo si sarebbe aggiunto William Allen; ed espresse il suo parere nelle più importanti scelte che la congregazione adottò finché fu vivo.
Il 25 aprile 1587, per esempio, Zobbio si pronunciò contro la qualificazione di Erasmo come eretico, opzione che avrebbe potuto aprire la strada a una proibizione soltanto parziale delle opere dell’umanista (Frajese, 2006, p. 113); il 2 ottobre di quell’anno votò a favore della circolazione delle Bibbie in volgare alle condizioni fissate dalla IV regola dell’Indice tridentino (p. 109); il 3 dicembre, quando ancora pareva possibile salvare in parte gli scritti del Segretario fiorentino, commissionò l’espurgazione degli empi Discorsi di Niccolò Machiavelli al conservatore del Popolo romano, Roberto de’ Roberti (p. 116 nota). Tali scelte contribuiscono a configurare il maestro domenicano come un esponente dell’ala più moderata dell’Ordine e della Curia romana: un profilo che spiega la sua ascesa negli anni di Gregorio XIII, nonostante la stoffa di teologo forse mediocre.
Del resto Zobbio non ha lasciato scritti significativi, salvo un’operetta etica, Ingens belua virtute domita, accompagnata da un elenco di questioni scolastiche da disputare nel capitolo generale dell’Ordine del 1569 (che Quétif - Echard, 1719-1721, II, p. 295 segnalano curiosamente come manoscritto), dal titolo Mentis vastitas brevissime terminata, con dedica al vescovo di Cremona Nicolò Sfondrati, più tardi Gregorio XIV (Brixiae, apud Vincentium Sabiensem, 1569). Sempre ai primi anni di attività risale un epigramma latino in lode della Assertio fidei Catholica adversus articulos utriusque confessionis fidei Annae Burgensis compilata dal confratello Feliciano Ninguarda per controbattere all’ugonotto Anne de Bourg e stampata a Venezia da Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio nel 1563. Non ha riscontro, invece, quanto viene riportato in alcune antiche biografie: che Zobbio avrebbe scritto ma non pubblicato un corposo trattato circa il modo di procedere nelle cause dell’Inquisizione.
Piuttosto, la sua lunga permanenza a Bologna e la sua esperienza di giudice e di commissario del S. Uffizio lo misero in precoce contatto con Francisco Peña, il severo canonista spagnolo che dagli anni Settanta del Cinquecento ripubblicò una serie di antiche guide per i giudici della fede, aggiornandone la materia con alcune note di apparato. In una pagina della più importante di queste fatiche, la riedizione del Directorium inquisitorum di Nicolau Eymerich, che risaliva al XIV secolo (Romae, in aedibus Populi Romani, 1578), Peña citò Zobbio a proposito di una questione spinosa che si era posta sin dai primi anni di attività della congregazione del S. Uffizio: quella riguardante l’ipotesi di concedere agli imputati in carcere di essere ascoltati da un confessore per ricevere il sacramento della penitenza anche se non avessero ammesso le loro colpe nel foro esterno (Zobbio si era pronunciato favorevolmente, p. 46). Inoltre, nella prefazione all’edizione successiva del Directorium, con le sue chiose (Romae, apud Georgium Ferrarium, 1585) Peña ringraziò Zobbio e il confratello Costabili, con tanto di nome, per avergli chiarito alcuni dubbi e per averlo guidato nel commento alle pagine di Eymerich evitandogli di fare errori. Infine, l’inquisitore di Vercelli frate Cipriano Uberti, che collaborò con l’Indice, dedicò a Zobbio la sua Tavola delli Inquisitori (Novara, appresso Sessalli, 1586).
Morì a Roma il 21 febbraio 1589. Fu sepolto nel chiostro domenicano di S. Sabina.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio generale dell’Ordine dei Predicatori, Reg. F. Zobbia; Città del Vaticano, Archivio della congregazione per la Dottrina della Fede, Decreta Sancti Officii 1576-1577, c. 9r (elevazione a commissario dell’Inquisizione); Bologna, Archivio Ordinis Praedicatorum, Series I, 17500, E. Todeschini, Cathalogus inquisitorum Ordinis FF. Praedicatorum, Minorum Conventualium, Praelatorum..., 1723, c. 34 (inquisitorato di Brescia); Bullarium Ordinis FF. Praedicatorum, a cura di T. Ripoll - A. Bremond, V, Romae 1733, p. 414; Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, a cura di B.M. Reichert, V, Romae 1901, p. 213.
S. Razzi, Historia degli uomini illustri così nelle prelature come nelle dottrine del Sacro Ordine dei Predicatori, Lucca 1596, pp. 192 s.; M. Piò, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, II, Bologna 1620, col. 308; M. Fontana, Sacrum Theatrum Dominicanum, Romae 1666, pp. 449, 542, 560; A. Rovetta, Bibliotheca chronologica illustrium virorum Provinciae Lombardiae Sacri Ordinis Praedicatorum, Bononiae 1691, p. 140; L. Cozzando, Libraria bresciana nuovamente aperta, II, Brescia 1694, p. 298; J. Quétif - J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, Lutetiae Parisiorum 1719-1721, II, p. 295; G. Catalani, De Magistro Sacri Palatii Apostolici, Romae, 1751, pp. 136 s.; D.A. Mortier, Histoire des maîtres généraux de l’Ordre des Frêres Precheurs, V, Paris 1911, pp. 590, 609 s.; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Romae 1917, pp. 54, 71; A. D’Amato, I domenicani a Bologna, I, Bologna 1988, pp. 489, 518 s.; G. Romeo, Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma, Firenze 1990, p. 85 nota; Id., Aspettando il boia. Condannati a morte, confortatori e inquisitori nella Napoli della Controriforma, Firenze 1993, p. 32; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995, pp. 433-453; C. Longo, Una bolla per una confraternita del Nome di Dio (1582), in Archivum Fratrum Praedicatorum, LXVI (1996), pp. 239-350 (in partic. pp. 341-349); G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), Bologna 1997, p. 118 nota; V. Frajese, Nascita dell’Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Brescia 2006, pp. 109, 113, 116 nota; A. Del Col, Commissario del Sant’Uffizio, Italia, in Dizionario storico dell’Inquisizione, I, Pisa 2010, pp. 351 s.; R. Savelli, Censori e giuristi. Storie di libri, di idee e di costumi (secoli XVI-XVII), Milano 2011, p. 76; Th. Mayer, The Roman Inquisition: a papal bureaucracy and its laws in the age of Galileo, Philadelphia 2013, p. 159; H.H. Schwedt, Die Anfänge der Römischen Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1542 bis 1600, Freiburg i.B. 2013, pp. 272 s., 280 s.; G. Fragnito, Rinascimento perduto. La letteratura italiana sotto gli occhi dei censori (secoli XV-XVII), Bologna 2019, p. 259 nota; Römische Inquisition und Indexkongregation. Grundlagenforschung 1542-1700: Personen und Profilen, a cura di J. Hasacker - J. Schepers, Paderborn-München-Wien 2000, ad vocem.