VILLA, Tommaso
– Nacque a Canale, nel Cuneese, il 29 gennaio 1832 da Giovanni Battista (1792-1853) e da Elisabetta Rosignano (1798-1869).
Proprietari terrieri a Valfenera, i Villa erano amministratori locali, professionisti e funzionari: il nonno Carlo Tommaso (1768-1846), notaio, fu membro del Conseil d’arrondissement di Asti e giudice di pace; il padre fece parte della magistratura piemontese.
Il giovane Tommaso, che si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell’anno accademico 1847-48 e frequentò anche la scuola di disegno di figura all’Accademia albertina, visse l’effervescenza della ‘primavera dei popoli’ su posizioni radicali. Fonti non confermate indicano anche una sua partecipazione come volontario alla prima guerra d’indipendenza. Dopo la laurea in giurisprudenza, il 7 agosto 1852, entrò nello studio di Angelo Brofferio, al quale era vicino per ideali libertari e ascendenze monferrine, e fu autore di drammi storici, commedie dialettali, editore e giornalista. Fondò nel 1853 Il Mago, un foglio satirico, e Il Nazionale, di orientamento mazziniano, entrambi di breve durata. Facendo sua una delle battaglie ideali del celebre mentore, quella contro la pena di morte, nel marzo del 1854 Villa fu incarcerato per aver affisso un manifesto abolizionista all’interno di Palazzo Reale.
Il 2 giugno 1856 sposò una delle figlie di Brofferio, Emilia (1836-1907), con la quale ebbe Noemi (1857), Ugo (1859), Fausto (1861), Ettore (1863), Maria (1873) e Goffredo (1876).
Dopo la morte del padre, Villa assunse la gestione del patrimonio familiare, avviando a Valfenera una cantina vinicola. Gli ultimi anni dell’età cavouriana e quelli di Torino capitale d’Italia sembrano coincidere con un periodo di allontanamento dall’impegno pubblico per Villa, che però entrò in massoneria diventando venerabile della loggia Cavour. Il ritorno alla politica avvenne dopo la brutale repressione delle manifestazioni popolari contro il trasferimento della capitale a Firenze nel settembre 1864. Villa fornì assistenza legale a molte persone coinvolte nei tumulti e – come altri massoni delusi dall’indirizzo affermatosi nel Grande Oriente d’Italia, che uscirono dalla vita di loggia – si fece promotore di una chiamata a raccolta delle forze politiche piemontesi per tutelare gli interessi locali. A sostegno di un’azione che intendeva indurre il governo ad adempiere al voto su Roma capitale, Villa fondò il quotidiano Le Alpi e il settimanale La Caricatura. Sulle pagine del primo, il 13 marzo 1865, pubblicò una lettera di Giuseppe Mazzini che denunciava un protocollo segreto della Convenzione di settembre. Villa fu parte di una rete cospirativa volta a far scoppiare un moto indipendentista in Veneto, per cui avrebbe incontrato Mazzini a Londra nel luglio del 1865. Il progetto fu abbandonato, ma dal fermento organizzativo di quei mesi nacque l’Associazione liberale permanente a difesa degli interessi piemontesi e maturò in ottobre l’elezione di Villa come rappresentante del collegio di Villanova d’Asti.
Egli iniziava così una carriera di deputato destinata a durare ininterrottamente fino al 1909, tranne pochi mesi nel 1874, quando, battuto a Villanova, vinse le elezioni suppletive a San Daniele del Friuli. Nel 1868 iniziò anche la carriera, altrettanto longeva, di consigliere comunale a Torino. Fece parte, inoltre, del Consiglio comunale di Valfenera e del Consiglio provinciale di Torino.
Alla Camera, sui banchi della Sinistra, chiese la revoca della proscrizione per Mazzini, si oppose all’arresto di Giuseppe Garibaldi per i fatti di Mentana, perorò il superamento della Convenzione di settembre, rivendicò il controllo parlamentare sul ministero della Real Casa, difese la libertà di stampa e l’associazionismo mutualistico.
La sua attività professionale trasse slancio dagli incarichi pubblici, passando dalla dimensione locale a quella nazionale, con l’assunzione della difesa in cause celebri, come il delitto Sonzogno. Notevole fu altresì l’impegno nella filantropia a sfondo patriottico, con la fondazione e la presidenza dell’Istituto nazionale per le Figlie dei militari italiani, inaugurato a Torino nel 1869, e in favore delle società di mutuo soccorso locali. Il successo della Sinistra nel 1876 vide il ritorno di Villa al collegio di Villanova d’Asti e, l’8 marzo 1878, l’approdo alla vicepresidenza della Camera dei deputati, ove difese Benedetto Cairoli dalle accuse di contiguità con le forze eversive dopo l’attentato Passannante. Uomo di punta dei cairoliani, fu tra coloro che prepararono il ritorno al potere imprimendo una cesura rispetto alle battaglie ideali del primo governo Cairoli. Ministro dell’Interno il 14 luglio 1879 nel secondo governo Cairoli, fu attento alla gestione dell’ordine pubblico, come dimostrò la munitissima sorveglianza sul viaggio dei reali a Genova. In ottobre, il suo discorso a Villanova d’Asti, in cui delineò un ampio programma – abolizione completa del macinato, riorganizzazione della pubblica sicurezza, riforma penale, sanitaria e assistenziale per un accordo tra capitale e lavoro – fu l’unico pronunciamento di rilievo da parte del governo, che a breve entrò in crisi. Mediatore dell’intesa con Agostino Depretis, lasciò a quest’ultimo il dicastero dell’Interno e si trasferì a quello di Grazia, Giustizia e dei Culti nel rimpasto che diede vita al terzo governo Cairoli, tappa importante lungo la strada verso il trasformismo.
A capo del ministero, Villa operò un vasto avvicendamento della magistratura e istituì il 4 gennaio 1880 una commissione consultiva – da rinnovare ogni anno da parte della Corte di cassazione di Roma – con il compito di coadiuvare le decisioni su nomine, promozioni e trasferimenti. Villa ribadì però la piena discrezionalità del ministro nella valutazione delle necessità del servizio e dimostrò di voler esercitare con rigore la funzione di sorveglianza sulla magistratura, che venne indotta a un uso maggiore della citazione diretta, da lui intesa come strumento atto ad accelerare i tempi del processo, diminuire le spese ridurre il ricorso alla carcerazione preventiva. Elementi questi che si ritrovano nel disegno di legge sul procedimento penale, presentato il 9 marzo 1880, volto a superare i noti difetti del codice del 1865. Respinto in commissione nel novembre del 1881, il progetto Villa rimase un punto di riferimento dei tentativi di riforma successivi. Collaborando con gli Interni e gli Esteri, Villa rafforzò l’azione preventiva e repressiva sugli internazionalisti, mirando a unificare i diversi procedimenti in un unico processo nazionale, e su quelle forme di antagonismo liberale – irredentisti compresi – che il primo governo Cairoli aveva tollerato, mentre cercò di stabilire un modus vivendi con la Chiesa sulle nomine vescovili, pur raccogliendo il testimone di Salvatore Morelli nella battaglia per l’introduzione del divorzio. Il 1° febbraio 1881 presentò un disegno di legge più restrittivo di quello morelliano, che però suscitò una forte polemica con il mondo cattolico, mobilitato in difesa dell’indissolubilità. Nel promuoverlo, Villa fece leva sul riconoscimento della base razionale del matrimonio nell’affetto reciproco tra i coniugi, sulla distinzione tra religione e diritto, sulle conseguenze della secolare prevalenza del potere teocratico. La sua proposta, decaduta per la chiusura della sessione parlamentare dopo aver avuto l’avallo in commissione, fu ripresa da Giuseppe Zanardelli, successore di Villa al dicastero della Giustizia dal 29 maggio 1881.
Con la fine dell’ultimo governo Cairoli terminò anche la sua partecipazione a compagini ministeriali. Villa tornò a dedicarsi in pieno alla professione forense, mai completamente abbandonata, e si impegnò per la realizzazione dell’Esposizione generale italiana, a Torino, nel 1884; un’iniziativa coronata da successo, che lasciò alla città gli edifici del borgo e della rocca medievali e avviò la realizzazione del Museo nazionale del Risorgimento.
La promozione delle attività artistiche, produttive e commerciali locali attraverso la celebrazione delle ricorrenze patriottiche secondo una visione conciliatorista tra i partiti che si erano scontrati nel processo di unificazione fu un aspetto centrale dell’azione di Villa, che proseguì organizzando l’Esposizione generale italiana del 1898, la partecipazione dell’Italia all’Exposition universelle del 1900 a Parigi e, ancora a Torino, l’Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro del 1911, quest’ultima segnata da irregolarità finanziarie su cui fu aperta un’inchiesta.
Parallelamente, Villa continuò, in collaborazione con Zanardelli, a impegnarsi per la riforma della legislazione: fu relatore alla Camera sia del progetto di codice di commercio, il 2 aprile 1882, sia del progetto di codice penale, il 23 marzo 1888, e – ormai anziano – tornò a occuparsi del nuovo codice di procedura penale, varato nel 1913. Vicino a Cairoli fino alla scomparsa di quest’ultimo, l’11 giugno 1886 tornò, con il sostegno anche della Sinistra radicale, alla vicepresidenza dell’Assemblea di Montecitorio, carica che conservò per tre legislature, durante le quali appoggiò i governi Crispi. Il 12 marzo 1892 Villa ripresentò il progetto di legge sul divorzio, dopo che si era formato un comitato promotore a sostegno del provvedimento, e lo ripropose, essendosi chiusa anticipatamente la sessione parlamentare, il 6 dicembre dello stesso anno, ma lo scandalo della Banca Romana, in cui assunse la difesa del capo cassiere Michele Lazzaroni, segnò il destino anche di questa proposta. L’11 giugno 1895 fu eletto presidente della Camera, sostenuto da Sidney Sonnino e Luigi Pelloux: restò in carica fino al 3 marzo 1897, termine della XIX legislatura, e vi ritornò, presentandosi come super partes, il 28 giugno 1900, in seguito alla vittoria elettorale degli oppositori di Pelloux e all’avvicinamento tra Giovanni Giolitti e la deputazione piemontese. La XX legislatura si era chiusa con lo strappo sul regolamento della Camera voluto da Sonnino per impedire l’ostruzionismo: esortando alla pacificazione, Villa propose l’istituzione di una commissione per la formazione di un nuovo regolamento. Presieduta dallo stesso Villa, la commissione elaborò un testo che offriva alla minoranza maggiori garanzie. Approvato il 1° luglio 1900, il nuovo regolamento assecondò l’uscita dalla crisi e la svolta in senso liberale; rimasto in vigore fino alle modifiche del 1920-22, sarebbe stato anche il modello di riferimento per il Parlamento della Repubblica.
Villa fu rieletto alla presidenza della Camera il 21 febbraio 1902 ma, ritenendo di non godere della piena fiducia dell’Assemblea, rassegnò le dimissioni. Sconfitto nelle elezioni generali del 7 marzo 1909, il 10 dello stesso mese fu nominato senatore.
Morì a Torino il 24 luglio 1915.
È sepolto a Valfenera, dove il palazzo in stile neogotico da lui fatto edificare accorpando edifici preesistenti è oggi sede del municipio.
Fonti e Bibl.: Le principali raccolte di documenti sono quelle del Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino, Fondo Tommaso Villa (1832-1915) con Carte di famiglia; del Comune di Valfenera, Archivio storico della famiglia Villa, e di una collezione privata presso lo stesso Comune. Molti i testi a stampa relativi all’attività di Villa come autore, avvocato, politico e amministratore, a partire dai Discorsi parlamentari, I-II, Torino 1910-1911. Tra le rievocazioni: D.E. Diamilla-Müller, Politica segreta italiana (1863-1870), Torino 1880, pp. 188-255; G. Faldella, Galleria piemontese, II, Un oratore ed un aratore. T. V. e Felice Garelli, Torino 1928. In anni recenti, diversi aspetti dell’attività di Villa sono stati oggetto di studio, anche se manca una vera e propria biografia: U. Levra, Fare gli italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino 1992, pp. 30-40, 104-166, 265-270; M. Baioni, La religione della patria. Musei e istituti del culto risorgimentale, 1884-1918, Quinto di Treviso 1994, pp. 24 s., 32-36, 85; S. Montaldo, Affarismo e massoneria nella colonia italiana d’Eritrea alla fine dell’Ottocento, in Storia e problemi contemporanei, XI (1998), 21, pp. 25-64; Id., Patria e affari. T. V. e la costruzione del consenso tra Unità e Grande guerra, Roma 1999; Id., Il divorzio: famiglia e nation building nell’Italia liberale, in Il Risorgimento, LII (2000), 1, pp. 5-57; L. Aimone - F.B. Filippi, 1884. La nazione italiana al lavoro, in Le esposizioni torinesi 1805-1911. Specchio del progresso e macchina del consenso, a cura di U. Levra - R. Roccia, Torino 2003, pp. 79-109; M.N. Miletti, Un processo per la terza Italia. Il codice di procedura penale del 1913, I, L’attesa, Milano 2003, pp. 116-119, 159-167, 184, 202 s., 219; S. Montaldo, Patria e religione nel 1898, in Le esposizioni torinesi 1805-1911, cit., pp. 111-144, B. Tobia, Il giubileo della patria. Roma e Torino nel 1911, ibid., pp. 145-174; M. D’Amuri, Le case per il popolo a Torino. Dibattiti e realizzazioni. 1849-1915, Roma 2006, pp. 133-158, 165 s.; C. Storti, Difetti del sistema e difetti d’uomini. Citazione diretta e logica dell’istruzione dal codice di procedura penale del 1865 alle soglie della pubblicazione del codice del 1913, in Riti, tecniche, interessi. Il processo penale tra Otto e Novecento, a cura di M.N. Miletti, Milano 2006, pp. 227-263; L. Lacché, La lotta per il regolamento. Libertà politiche, forma di governo e ostruzionismo parlamentare. Dalle riforme Bonghi al regolamento Villa del 1900, in Giornale di storia costituzionale, XV (2008), 1, pp. 33-52; S. Di Corato Tarchetti, Anarchici, governo, magistrati in Italia, 1876-1892, Roma 2009, pp. 104 s., 116-120, 144-156; C. Danusso, Decreti e circolari come strumenti di controllo dell’esecutivo sui magistrati: il problema dei trasferimenti ordinati d’ufficio (1848-1908), in Perpetue appendici e codicilli alle leggi italiane. Le circolari ministeriali, il potere regolamentare e la politica del diritto in Italia tra Otto e Novecento, a cura di F. Colao et al., Macerata 2011, pp. 644-654; F. Franceschi, I progetti per l’introduzione del divorzio in Italia in epoca post-unitaria, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2012, vol. 34, pp. 1-60 (in partic. pp. 1-43); S. Montaldo, Celebrare il Risorgimento. Collezionismo artistico e memorie familiari a Torino 1848-1915, Roma 2013, ad ind.; M. Stronati, V. T, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di I. Birocchi et al., II, Lev-Z, Bologna 2013, p. 2049; S. Montaldo, La bancarotta del patriottismo. Feste ed esposizioni nel primo cinquantenario dell’Unità, in Il Risorgimento, n.s., I (2015), 1-2, pp. 88-131; C. Ballesio, Le Figlie dei militari. Una scuola nuova per le donne della nuova Italia, Torino 2017, ad ind.; M. Cattane, Benedetto Cairoli. Il vessillo della sinistra storica 1825-1889, Roma 2020, pp. 195, 200 s., 205-209, 212-216, 222, 229; Camera dei deputati, Portale storico, https://storia.camera.it/deputato/tommaso-villa-18320129#nav; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, s.v., https://notes9. senato.it/ web/senregno.nsf/V_l2?OpenPage.