SALSA, Tommaso
– Nacque a Treviso il 17 ottobre 1857 dall’avvocato Agostino e da Giuseppina Tiretta, in una famiglia votata all’impegno risorgimentale.
Arruolatosi diciottenne, dopo aver frequentato per due anni la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova nel 1877 cominciò la scuola militare di Modena, da cui uscì sottotenente di fanteria nel 1880. Dal 21° Cremona, dove entrò in quello stesso anno, passò nel 1882 al 6° alpini come tenente; promosso capitano nel 33° Livorno nel 1888, l’anno successivo – avendo frequentato la scuola di guerra a Torino – fu trasferito al corpo di stato maggiore.
Con la costituzione della colonia eritrea, dal febbraio del 1891 vi fu inviato e, da luglio, assunse il comando dello stato maggiore del corpo di spedizione; dal marzo del 1892 – forte della fiducia del neogovernatore, il generale Oreste Baratieri – fu a capo dell’importante ufficio politico-militare.
Salsa riportò le prime vittorie contro i Dervisci, che minacciavano i confini eritrei, ad Agordat (21 dicembre 1893), sotto il comando del colonnello Giuseppe Edoardo Arimondi e a Cassala (17 luglio 1894, dove divenne maggiore per merito di guerra), sebbene la ritirata della guarnigione mahdista ne compromettesse il successo.
Le gelosie tra Baratieri e Arimondi contribuirono a fare la fortuna di Salsa in colonia, sino all’epilogo di Adua, le cui avvisaglie – che segnarono l’instabilità dell’Eritrea e l’inizio della controffensiva etiopica – anche Salsa dovette sottostimare (Canevari - Comisso, 1935, p. 244).
Salsa si distinse, poi, a Coatit (13-14 gennaio 1895; medaglia d’argento al valor militare), nel fronteggiare l’esercito tigrino del ras Mangascià, la fortunosa vittoria sul quale egli stesso non mancò di esaltare come l’inizio dei successi coloniali (pp. 250 s.).
Tanto Salsa quanto Baratieri non colsero il pericolo dell’inevitabile reazione abissina del negus Menelik II, di cui ebbero a sottovalutare le possibilità, maturando la convinzione di una vittoria facile e senza costi da offrire al governo; presto, tuttavia, Salsa dovette denunciare la mancanza di direttive ministeriali e prendere le distanze dalle reazioni alla guerra, sia quelle negative dei corrispondenti di guerra sia quelle euforiche dell’Italia crispina (Canevari - Comisso, 1935, pp. 257 s., 263 s., 268, 270 ss., 285).
Dopo la sconfitta dell’Amba Alagi (7 dicembre 1895) Salsa venne inviato, due volte in gennaio, al campo scioano, raccogliendo il rifiuto ad accettare l’occupazione del Tigrè. Salsa fu plenipotenziario di pace anche a seguito della resa del presidio italiano di Macallè (21 gennaio 1896); le trattative, tuttavia, si arenarono per essere riprese con ras Maconnen (7 febbraio, I documenti..., s. 2, XXVI, doc. 840) – benché mancassero, da parte italiana, propositi di compromesso – e con lo stesso Menelik (11-12 febbraio), presso il quale Salsa – intenzionato a raccogliere notizie utili sulle ormai riconosciute forze nemiche – intuì anche il peso assunto dall’elemento della nazionalità abissina (Canevari - Comisso, 1935, p. 290).
Salsa (sostituito allo stato maggiore dal colonnello Gioacchino Valenzano) dovette sconsigliare a Baratieri l’attacco di Adua, benché fosse stato probabilmente interdetto dal consiglio di guerra dei generali presso la tendopoli di Saurià (28 febbraio 1896); in battaglia ebbe anche il compito di rintracciare i reparti indigeni del generale Matteo Albertone, principale responsabile della disfatta (su un terreno, peraltro, disegnato malamente dallo stesso Salsa).
In marzo Salsa tornò a discutere la pace con Menelik per la consegna dei prigionieri e le condizioni della tregua (Archivio storico diplomatico, Ministero dell’Africa italiana, posiz. 3/16, f. 130; I documenti..., s. 2, XXVI, doc. 956, s. 3, I, docc. 3, 5, 10, 11, 26, 30, 33, 49) e assistette sbalordito a un’imponente sfilata dell’esercito etiopico. Le trattative, decorose per l’Italia, tuttavia naufragarono a causa delle pretese governative e Salsa, preso in ostaggio (I documenti..., s. 3, I, docc. 81, 83), fu rilasciato in maggio ed esonerato dal governatore generale Antonio Baldissera.
Rientrato in Italia all’89° Salerno (nel giugno del 1896, dopo la deposizione nel processo a Baratieri), passò, da tenente colonnello, al 18° Acqui (1898).
Salsa – rimpiazzato dal maggiore Cesare Nerazzini nelle trattative – fu con questi protagonista, nel settembre del 1897, di una querelle giornalistica circa le clausole della missione diplomatica, a causa della quale Salsa dovette anche subire l’internamento nella fortezza di Pizzighettone.
Nel luglio del 1900 come tenente colonnello seguì il corpo di spedizione del colonnello Vincenzo Garioni (di circa 2000 uomini) inviato in Cina in una coalizione interalleata per domare la rivolta dei Boxers (1900-01); estremamente critico circa la preparazione italiana, dal settembre del 1901 al maggio successivo rimase al comando di un ridotto contingente a Tientsin.
In Italia fu al 67° fanteria e, da colonnello, assunse il comando del 6° alpini (1904). Nel febbraio del 1905 sposò Ines Barni, dalla quale ebbe due figli, Egidio (nato prima del matrimonio) e Giuseppina. Da maggiore generale comandò la brigata Roma (1910) e, dal giugno del 1911, la IIIa alpini; prese anche parte alla commissione internazionale per la delimitazione del confine italo-austriaco).
Con lo scoppio della guerra italo-turca, Salsa tornò in Africa, nel novembre del 1911, quale direttore degli uffici politico-militare e affari civili di Tripoli e comandante della piazza, per istruire piani sia di incoraggiamento all’azione (convinto dell’urgenza di un’azione militare) che diplomatici con le avverse tribù arabe; inoltre, predispose l’arrivo dei primi contingenti di ascari, ritenuti indispensabili a una conquista che si era limitata ai soli distaccamenti costieri. Dopo aver provveduto all’organizzazione del governo di Tripolitania, Salsa fu al fianco del generale Ezio Reisoli (che pure criticò), durante i bombardamenti estivi su Derna ordinati da Enver bey; quando si decise di rompere l’assedio turco, le colonne Salsa e Del Buono – pur senza rilevanti difficoltà – si inoltrarono arroccandosi a Kasr el-Leben (17 settembre 1912); seguirono altri scontri vittoriosi con le truppe di Enver bey (Bu Msafer e Sidi Abdalla, 8-10 ottobre) che portarono all’attestazione sull’altopiano cirenaico.
Promosso tenente-generale per merito di guerra e collocato a disposizione per malattia, prese il comando della divisione territoriale di Napoli nel gennaio del 1913.
Dopo la reazione dell’esercito turco-senussita all’avanzata italiana (Ettangi, 13 maggio 1913) – Salsa, richiamato in colonia (dopo i funerali del figlio Eugenio, nato fuori del matrimonio e non riconosciuto), in parte con la divisione di stanza a Derna si spinse sul campo di Ettangi (18 giugno); quindi occupò el-Mdàuar (18 luglio).
In Italia già in luglio, ricoprì l’incarico di ispettore delle truppe da montagna (alpini).
Morì nella città natale il 21 settembre 1913 (per malattia contratta in servizio), insignito della medaglia d’oro al valor militare per gli ultimi successi africani (giugno 1914).
Fonti e Bibl.: Roma, Ministero degli Affari Esteri, Archivio storico diplomatico, Ministero dell’Africa Italiana, pos. 3/16, f. 130; ibid., Eritrea, b. 139, f. 4; Ministero della Difesa, Archivio dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito, rep. G-22, b. 4, f. 24; I documenti diplomatici italiani, Roma 1952, s. 2, 1870 - 1896, XXVI, 15 dicembre 1893 - 31 marzo 1895, nn. 840, 956; s. 3, 1896 - 1907, I, 10 marzo 1896 - 30 aprile 1897, nn. 3, 5, 10, 11, 26, 30, 33, 49, 81, 83, IV, 26 luglio 1900 - 15 febbraio 1901, n. 540, V, 16 febbraio 31 dicembre 1901, n. 747, VI, 1° gennaio - 30 giugno 1902, n. 114.
E. Canevari - G. Comisso, Il generale T. S. e le sue campagne coloniali, Milano 1935 (con epistolario); A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale, I, Dall’Unità alla marcia su Roma, Bari 1976, passim; Id., Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d’amore. 1860-1922, Bari 1986, passim; N. Labanca, In marcia verso Adua, Torino 1993, passim; A. Zanatta - R. Martini, Due uomini d’oro, Treviso 2013, ad indicem.