PIROLI, Tommaso
PIROLI, Tommaso. – Nacque a Roma il 16 ottobre 1750, da Giovanna Neri e dal maestro argentiere Matteo di Giacomo. Ultimo di tre fratelli, dopo Maria e Francesco, Piroli visse la sua infanzia nella casa annessa alla bottega in vicolo della Campanella nel rione Banchi (Archivio storico del Vicariato di Roma, d’ora in poi ASVR, Ss. Celso e Giuliano, Stati delle anime, 1750), accostandosi allo studio del disegno funzionale sotto la guida paterna. Ben presto fu avviato alla carriera artistica frequentando i corsi dell’Accademia di S. Luca, sicché nel 1766 vinse il secondo premio nella terza classe di scultura del concorso Clementino con la terracotta tratta dalla statua di Giona della Cappella Chigi in S. Maria del Popolo (Spesso, 1995, p. 80). Non si hanno altre notizie documentate sulla sua formazione che l’unico biografo, Luigi Cardinali, vuole compiuta a Firenze per i primi sette anni, ivi recandosi con il cognato pittore e disegnatore Agostino Rosi. Durante questo soggiorno, oltre a perfezionarsi nel disegno sugli esempi della scuola fiorentina e pisana del Quattrocento e del Cinquecento, Piroli avrebbe appreso anche l’incisione su rame presso un non specificato calcografo (Cardinali, 1824, p. 27).
Dai registri parrocchiali risulta che egli fu presente a Roma quasi ininterrottamente fino al 1777, a eccezione del 1767 in cui tutta la famiglia è assente e del biennio 1774-75 (ASVR, Ss. Celso e Giuliano, Stati delle anime, 1767, 1774, 1775). Se nel primo caso vi è un’incongruenza tra la presenza a Roma della famiglia Rosi e l’assenza dei Piroli, per gli anni 1774-75 entrambe le famiglie sono lontane da Roma. Tuttavia, dal 1769 Piroli e Rosi compaiono rispettivamente come incisore e inventore per una vignetta calcografica in antiporta al libro Pensieri sopra l’agricoltura di Ferdinando Paoletti, pubblicato a Firenze in questa data. Ciò presupporrebbe una fase già avviata della formazione di Piroli e una stretta collaborazione tra i due in ambito toscano favorita dal cognato.
Negli anni seguenti Piroli attese ad altri lavori in Toscana. Nel 1771 eseguì tre tavole per la pubblicazione pisana di Gaetano Marini, Discorso sopra tre candelabri acquistati dal s.p. Clemente XIV, e nel 1775 incise all’acquaforte un ritratto di Galileo per l’Elogio di Galileo Galilei di Paolo Frisi edito a Livorno. Circa dello stesso anno sono Le sei storie dipinte nella cappella Brancacci al Carmine in Firenze da Masaccio (Rosenblum, 1976, p. 61; Borea, 2009, I, p. 467) incise all’acquaforte e lavis, forse eseguite grazie al cognato che, a partire dal 1775, decorò la cappella a seguito dell’incendio del 1771 (Spesso, 1995, p. 81). Infine, prima del 1779 (l’ipotesi è desunta da Bencivenni Pelli, 1779, I, p. 110 s.), egli disegnò e incise quindici tavole rappresentanti le statue della favola di Niobe (Niobes historia graecae sculpturae miraculum) dopo il loro arrivo a Firenze nel 1770.
A quest’epoca si annovera anche il ritratto del frate minore Giovanni Francesco Gengemme derivato dal dipinto di Pietro Labruzzi (1776 circa; un esemplare a Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Raccolta A. Davoli). Non si conoscono ancora le circostanze per le quali Piroli entrò in contatto con Pietro, fratello di Carlo – anch’egli pittore e incisore – che in data incerta (Cardinali, 1824, p. 27), avrebbe accompagnato Piroli in visita agli scavi di Pompei ed Ercolano. Sta di fatto che, in seguito alla morte del padre, dal 1778 Piroli si trasferì con la madre in strada Felice nello stesso palazzo abitato dalla famiglia Labruzzi (ASVR, S. Andrea delle Fratte, Stati delle anime, 1778) e a pochi metri da palazzo Tomati dove risiedeva Giovan Battista Piranesi. È presumibile che i Labruzzi abbiano favorito il proficuo incontro con il cavaliere e la sua famiglia, come risulta dal lungo sodalizio che Piroli strinse con i figli Francesco e Pietro Piranesi con i quali collaborò tra Roma e Parigi fin quasi alla morte di Francesco (1810).
Già dal 1780 circa Piroli fu coinvolto da quest’ultimo nell’elaborazione del primo volume della Raccolta de’ tempi antichi (1780-1790) e, assieme all’abate Luigi Antonio Lanzi, Carlo Labruzzi e Ennio Quirino Visconti, dei Monumenti degli Scipioni... (Roma, 1785). Cardinali colloca al 1783 la traduzione della Deposizione di Caravaggio eseguita all’acquaforte (e non a bulino): in realtà, assieme a Venere addolorata per la morte di Adone, la tavola fece parte della Raccolta di alcuni disegni del […] Guercino […] incisi in rame da G.B. Piranesi, che Francesco ristampò a Parigi agli inizi dell’Ottocento. Al 1787 appartengono alcune raffinate tavole incise all’acquaforte su disegno di Girolamo Carattoni facenti parte della raccolta Topografia delle fabbriche scoperte nella città di Pompei pubblicata a Roma da Francesco Piranesi nel 1792. Mentre tra il 1793 e il 1803 Piroli eseguì i disegni per le Peintures de la Sala Borgia…, raccolte dai Piranesi e pubblicate a Parigi presso lo stampatore Leblanc nel 1803.
A seguito dell’esilio dei Piranesi causato dal coinvolgimento politico nella Repubblica Romana, alla quale Piroli prese certamente parte – sue le traduzioni all’acquatinta di tre disegni a soggetto allegorico e storico rispettivamente di Antonio Vighi (Allegoria della Repubblica Romana, 1798) e Hubert de Superville (Erezione del monumento ai caduti della Repubblica Romana e La patria riconoscente, sarcofago eretto in memoria dei patrioti, 1799) – il loro rapporto si rinsaldò dopo il trasferimento dei fratelli a Parigi. Qui Piroli si recò a più riprese gestendo contestualmente la collaborazione con loro e la sua attività a Roma, avendo avviato dal 1796 una bottega di stampe nella sua nuova residenza in via Gregoriana n. 34, per la quale ebbe come collaboratore e amministratore Cristoforo Silvestrini (ASVR, S. Andrea delle Fratte, Stati delle anime, 1796).
Nel primo soggiorno parigino (novembre 1803 - marzo 1807) Piroli lavorò per la calcografia Piranesi alle incisioni delle Antiquités de la Grande-Grèce, pubblicate in tre tomi da Francesco sui disegni del padre (1804-1807); disegnò e incise Les monumens antiques du Musée Napoléon…, editi in quattro tomi (1804-1806); realizzò a tratto le Peintures de la Ville Altoviti à Rome… (1807), importante riferimento visivo degli affreschi vasariani prima della distruzione del 1888 (Davis, 1979).
La relazione professionale e di amicizia con i Piranesi favorì l’ingresso di Piroli nell’ambiente intellettuale e artistico romano e degli aristocratici europei residenti nell'Urbe. In breve tempo, egli stabilì rapporti di collaborazione e familiarità con Jean Baptiste Seroux D’Agincourt, de Superville, William Young Ottley, Gavin Hamilton, John Flaxman, Angelica Kauffman, Antonio Canova, Giuseppe Antonio Guattani, Giorgio Zoega, Giuseppe Bossi, Visconti e altri, tutti poi facenti parte dell’‘Accademia degli artisti’ che l’incisore riuniva la domenica nella sua casa (Cardinali, 1824, p. 31).
Risale al 1783 l’inizio della collaborazione di Piroli con D’Agincourt per l’esecuzione delle acqueforti a contorno della celebre Histoire de l’art par les monumens (1810-1823), per la cui pubblicazione l’incisore supervisionò la realizzazione delle stampe dei rami a Parigi (Miarelli Mariani, 2005, pp. 152-156). Alla serie appartiene anche la Veduta di piazza S. Pietro (1783) citata da Cardinali che Piroli trasse dal disegno di Louis Desprez (ibid., p. 154, fig. 69).
La committenza di D’Agincourt permise a Piroli di entrare in contatto anche con l’artista ed erudito Ottley. Non è da escludersi la possibilità che Piroli abbia conosciuto l’inglese già in occasione del primo viaggio sulle orme dei 'primitivi' nella Toscana e nell’Italia centrale (fine 1792 - inizi 1793), poiché in quegli anni l’incisore non risulta nella sua abitazione in via Felice (ASVR, S. Andrea delle Fratte, Stati delle anime, 1792-95). È invece documentata la sua presenza nel secondo viaggio di Ottley del 1798 durante il quale Piroli eseguì i disegni dagli affreschi della chiesa del Carmine a Firenze e di S. Clemente a Roma. Da essi trasse le incisioni confluite sia nell’opera di D’Agincourt, sia in parte nella raccolta dei disegni di Ottley, A series of plates, engraved after the paintings and sculptures…, tutti incisi da lui tra il 1792 e il 1799 (Londra, 1826; Miarelli Mariani, 2005, p. 155). Tra il 1796 e il 1797 l’inglese gli commissionò anche altre due serie di dodici tavole dedicate rispetivamente alle storie della Vita di Cristo e del Vecchio Testamento, incise all’acquaforte e acquatinta e pubblicate a Roma.
Per proprio conto, nel 1788 Piroli diede alle stampe i Principi del disegno ricavati dalle più corrette opere degli antichi e di Raffaelle da lui scelte e incise (20 tavv.) – ristampate a Parigi nel 1801 con l’aggiunta di alcune tavole anatomiche (38 tavv.: Catalogue d’estampes qui se trouvent chez Piroli…) – e Le Antichità di Ercolano.
La prima stampa romana di quest’ultima, in cinque volumi dedicati alle Pitture e ai Bronzi (1789-1794), fu più tardi ripresentata a Parigi in edizione francese riveduta e corretta dai Piranesi con l’aggiunta del sesto volume dedicato alle Lampade e candelabri (Antiquités d’Herculanum. Gravées par Th. Piroli et publiées par F. et P. Piranesi, frères; 1804-1806).
Rispetto alla complessa edizione originale voluta da Carlo III di Borbone (Napoli, 1755-1792), l’edizione di Piroli più snella ed economica incontrò le esigenze degli artisti, eruditi e letterati facilitando la diffusione dei nuovi modelli derivati dalle scoperte archeologiche e promuovendo lo stile neoclassico attraverso l’outline.
Nel 1793 uscì a Roma presso lo stampatore Francesco Romero la prima edizione delle tavole derivate dai disegni di Flaxman per i poemi omerici dell’Iliade (34 tavv.) e dell’Odissea (28 tavv.), alle quali si aggiunsero quelle tratte da I Giorni e dalla Teogonia di Esiodo (37 tavv.). Due anni dopo fu la volta delle Tragedie di Eschilo (30 tavv.; prima ed. Londra) e della Divina Commedia (Inferno, 38 tavv.; Purgatorio, 38; Paradiso, 33) commissionata dall’olandese Thomas Hope che volle la prima tiratura in edizione privata (Amsterdam, 1795). Le ristampe che si susseguirono in varie edizioni originali o copie dei rami (Davoli - Panizzi, 2008, p. 284) in diverse città europee, attestano il vasto successo ottenuto dalle invenzioni di Flaxman magistralmente tradotte e propagate con il bulino di Piroli.
Un altro importante incarico provenne da William Hamilton, diplomatico inglese presso la corte di Napoli, per le cosiddette 'mosse' di Lady Hamilton (Drawings faithfully copied from nature at Naples…, Londra, 1794). Si tratta di dodici tavole incise a contorno derivate dai disegni del pittore tedesco Friedrich Rehberg dove l’amante del diplomatico, Emma Hart, divenuta sua moglie nel 1791, è ripresa in pose che evocano le figure della pittura vascolare greca e romana di cui Hamilton fu importante conoscitore e collezionista.
Piroli tradusse anche dai gessi di Canova in due occasioni: nel 1794-95 sei incisioni su disegni di Vincenzo Camuccini comprese nell’album dedicato all’Accademia delle scienze e belle lettere di Padova, e nel 1802 due incisioni dai bassorilievi La battaglia di Potidea e Le Grazie e Venere danzano davanti a Marte (Canova e l’incisione, 1993, pp. 102, 108).
Quasi certamente per tramite di Visconti, alla vigilia della Repubblica Romana egli ricevette le commesse per due imponenti progetti editoriali finanziati dal principe Marco Antonio Borghese editi rispettivamente nel 1796 e 1797: i due volumi delle Sculture del palazzo della villa Borghese detta Pinciana (323 tavv.) e i Monumenti Gabini della villa Pinciana. Nel 1797 comparvero anche le due serie dei Profeti e Sibille della Cappella Sistina (14 tavv.) e delle Dodici virtù dagli affreschi di Raffaello della sala di Costantino.
Le prestazioni offerte a personalità artistiche emergenti portarono Piroli all’apice del successo, concentrando in breve spazio di tempo una notevole quantità di commesse per le quali, oltre all’aiuto di Silvestrini, si aggiunse la collaborazione del figlio Giuseppe Marsili (nato nel 1783), acquisito a seguito del matrimonio con la romana Geltrude Cola nel 1798. Dal matrimonio di Giuseppe con Vittoria Casaldi nacque Luigi (1810), divenuto anch’egli incisore che adoperò il cognome più celebre del nonno (ASVR, S. Andrea delle Fratte, Stati delle anime, 1798-1810).
Cardinali (1824, p. 29) accenna a un progetto di viaggio a Londra su invito degli amici (probabilmente Flaxman e Ottley) sfumato per gli sconvolgimenti politici del 1798-99. La crisi del periodo repubblicano avrebbe costretto Piroli a compiere lavori più sbrigativi ed economici ripiegando su vignette e impronte per la carta moneta fino al suo trasferimento a Parigi nel novembre del 1803, dal quale rientrò dopo quattro anni con Pietro Piranesi che fu ospite a casa sua nel 1807 (ASVR, S. Andrea delle Fratte, Stati delle anime, 1807). Sciolta la società con il fratello, a Roma Pietro portò avanti altri progetti con Piroli come le tavole dei bassorilievi della collezione Albani commentate dall’archeologo danese nonché amico comune Giorgio Zoega (Li bassirilievi antichi di Roma e sue aggiacenze, Roma 1807).
Cardinali riferisce che il 3 agosto 1808 Piroli (probabilmente con Pietro) ripartì per Parigi per restarci fino al 18 dicembre 1816. Dai dati parrocchiali si evince, invece, che il suo secondo soggiorno fu discontinuo, essendo presente a Roma negli anni 1811, 1813 e 1814. Oltre agli ultimi lavori già menzionati condotti nella sede parigina dei Piranesi, nel 1808 Piroli diede alle stampe presso l’editore Bocchini le incisioni a tratto del Giudizio Universale di Michelangelo, una sorta di vulgata in versione economica della serie di Conrad Martin Metz, e incise le medaglie dai disegni di Laurent Pécheux per La Napoléonide di Stefano Egidio Petroni pubblicata da Firmin Didot nel 1811.
Tornato definitivamente a Roma, dopo aver sofferto per sette anni a causa di problemi di salute, morì il 22 marzo 1824, lasciando in eredità al figlio Giuseppe e al nipote Luigi circa milleduecentocinquanta rami.
Fonti e Bibl.: G. Bencivenni Pelli, Saggio istorico della Real galleria di Firenze, Firenze 1779, I, p. 110 s.; Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità posseduti dal conte Cicognara, Pisa, 1821, I, pp. 60, 141, 182, 193 s., 216, 328, 393, II, pp. 144 s., 157, 162, 212, 225; L. Cardinali, Necrologia, in Memorie romane di antichità e di belle arti, Roma 1824, sez. II., pp. 26-32 (ripubblicato con il titolo T. P., in L’Album, VI, 1839, pp. 29-31); L. Servolini, T. P., in Dizionario Illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1955, pp. 653 s.; R. Rosenblum, The international style of 1800. A study in linear abstraction, New York, 1956, pp. 61, 248; C. Davis, Per l’attività romana del Vasari nel 1553. Incisioni degli affreschi di Villa Altoviti e la 'Fontanalia' di Villa Giulia, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXIII (1979), n. 1-2, pp. 197-224; Canova e l’incisione (catal. Roma-Bassano del Grappa), a cura di G. Pezzini Bernini - F. Fiorani, Bassano del Grappa 1993, pp. 102, 108; F. Spesso, T. P., incisore romano (1750-1824): proposte per un catalogo, in: Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari, IX (1995), pp. 79-94; I. Miarelli Mariani, Seroux d’Agincourt e L'histoire de l’art par les monumens, Roma 2005, p. 148 ss.; Z. Davoli - C. Panizzi, T. P., in Z. Davoli, La raccolta di stampe Angelo Davoli, VII, Reggio Emilia 2008, pp. 278-284; E. Borea, Lo specchio dell’arte Italiana, I, Pisa 2009, p. 467 e passim (in partic. capp. XXXVIII, XLII); P.P. Racioppi, Arte e rivoluzione a Roma. Città e patrimonio artistico nella Repubblica Romana (1798-99), Roma 2014, pp. 62, 65, 142; Quando Roma parlava francese. Feste e monumenti della prima Repubblica romana (1798-1799) nelle collezioni del Museo Napoleonico, a cura di M. Pupillo, Roma 2016, p. 37 e passim; R. Dinoia, Alcune aggiunte e precisazioni su T. P. incisore (Roma 1750-1824), in Memoria e materia dell'opera d'arte. Per nuovi orizzonti di ricerca, a cura di E. Cristallini, Roma 2016, pp. 133-145.