ORSINI, Tommaso
ORSINI, Tommaso. – Figlio di Pietro, nacque a Foligno nel 1511 da un’importante famiglia cittadina, molto legata agli ambienti della Curia romana.
Studiò diritto e teologia e intraprese giovanissimo la carriera ecclesiastica diventando prima canonico, poi priore della cattedrale folignate, funzione che ricoprì dal 1540 al 1566. Durante questo periodo, affiancò Isidoro Clario nel governo della diocesi e, nominato vicario generale nel 1555, si fece carico di guidarla in assenza dei vescovi titolari. Così, il 22 luglio di quell’anno assistette a una cerimonia di traslazione nella chiesa di S. Croce in rappresentanza del presule Sebastiano Portico e, negli anni in cui Clemente Dolera, cardinale di S. Maria in Ara Coeli (titolare della diocesi tra 1560 e 1568) fu trattenuto in Curia da numerosi incarichi, Orsini si dimostrò collaboratore prezioso per l’applicazione delle indicazioni tridentine e per la riforma della vita religiosa. Fu Dolera a introdurlo nella cerchia di Carlo Borromeo, nell’ambito della quale si legò a personaggi come Nicolò Ormaneto e Giovan Francesco Bonomi.
All’inizio dell’estate del 1566, quando il cardinale raggiunse la sua diocesi, Orsini fu inviato a Roma per proseguire la sua carriera. In luglio Pio V aveva affidato a Ormaneto il compito di guidare la visita apostolica della città. Il mese successivo, insieme ad Alfonso Binarini e Giovanni Oliva, gli affiancò Orsini, consigliato anche dal cardinale Giulio Antonio Santori che lo aveva probabilmente conosciuto come commissario dell’Inquisizione a Foligno. Il buon esito della missione valse a Orsini la nomina di visitatore apostolico del Regno di Napoli. Eletto vescovo di Strongoli il 15 agosto di quello stesso anno, ottenne l’exequatur del Consiglio collaterale il 12 settembre e, poco dopo, con un breve del 24 ottobre, il papa, preoccupato per la diffusione nel Mezzogiorno di correnti spirituali tentate da sollecitazioni eterodosse, lo incaricò di effettuare la visita di quelle regioni durante il viaggio che doveva condurlo alla sua diocesi in Calabria.
Orsini iniziò a ottemperare al mandato ricevuto fin dal suo ingresso nel Regno, senza preoccuparsi di presentarsi preventivamente al viceré Pedro Afán de Ribera, duca di Alcalà. Questo comportamento inevitabilmente provocò la reazione del rappresentante di Madrid in un momento in cui, dopo appena due anni, le tensioni tra la Spagna e la Santa Sede, sopite dopo i contrasti giurisdizionali scoppiati a Napoli attorno alla questione inquisitoriale nel 1564, si erano riacutizzate a seguito delle controversie sull’esecuzione della bolla In coena Domini. Arrivato nella capitale il 15 dicembre, Orsini si presentò al viceré che rilevò la necessità di un exequatur per recepire il breve di nomina, ma il vescovo, sostenuto dalla curia e fedele allo spirito della bolla, rifiutò di sottomettersi alle richieste del potere laico. Mentre le trattative si trasferivano nelle sedi diplomatiche di Roma e Madrid, affiancato dal gesuita Cristoforo Rodriguez che doveva assisterlo durante la missione apostolica, egli proseguì il suo compito recandosi nei monasteri femminili napoletani e incontrando nel convento di Monteoliveto i sacerdoti e i confessori della città. Poiché le difficoltà, lungi dal mostrare segni di ricomposizione, si erano inasprite fino a provocare la minaccia di una scomunica del viceré, sollecitato dal pontefice, Orsini lasciò la capitale il 19 gennaio alla volta di Strongoli.
Si trattenne nella diocesi fino al 1568. Il 10 gennaio di quell’anno una commissione papale attribuì alla visita apostolica un carattere occasionale e Orsini fu richiamato a Roma. Il 23 gennaio fu ratificato il suo trasferimento alla guida della diocesi di Foligno.
Tra il 6 febbraio e la fine di maggio 1568 il prelato visitò 25 località, stilando una relazione sullo stato della Chiesa del Mezzogiorno dalla quale emerse un quadro desolante delle condizioni di vita del clero e della competenza con cui erano svolti in quei luoghi i compiti pastorali.
Dopo essersi fermato a Napoli dall’1° al 16 maggio, Orsini proseguì il viaggio verso Roma da dove, dopo qualche giorno, partì per raggiungere la nuova sede. Il 19 luglio inviò al papa la relazione relativa alla sua missione. Nella sua città natale rimase fino alla fine dei suoi giorni, impegnato nelle attività pastorali.
Nel 1571 celebrò un sinodo i cui atti furono immediatamente pubblicati in volgare «come mi parse farla stampare acciò non solo li preti ma li laici la possino meglio intendere» (Costituzioni, 1571, pp. n.n.).
L’anno successivo, il suo lavoro per il disciplinamento della vita dei fedeli e dei comportamenti sociali è testimoniato dall’aspra polemica giurisdizionale che lo oppose al governatore della città. Il cardinale Ugo Boncompagni dovette intervenire con decisione per stemperare le tensioni tra governo laico e guida religiosa e Orsini chiamò a sostegno delle sue posizioni Carlo Borromeo, con il quale aveva mantenuto una solida consuetudine.
A seguito di queste vicende, nel 1573 la diocesi di Foligno fu sottoposta a una visita apostolica della quale fu incaricato il vescovo di Ascoli Piceno, Pietro Camaiani. La relazione trasmessa a Roma non mancava di rilievi e di osservazioni sull’operato di Orsini il quale, però, forte della collaborazione del gesuita Giovanni Cola, continuò nella sua opera di consolidamento della presenza istituzionale della Chiesa improntata ai nuovi criteri stabiliti durante il concilio di Trento. Ancora nel 1574 il vescovo scriveva a Borromeo chiedendogli di sostenere a Roma il proposito di fondare un seminario a Foligno, un progetto che non riuscì mai a vedere realizzato.
Morì nella sua diocesi il 25 gennaio 1576 e fu sepolto nella cripta della cattedrale, dove il fratello Giustiniano fece apporre un epitaffio celebrativo.
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