NERI, Tommaso
Figlio di Lorenzo, nacque a Firenze intorno al 1514.
Aveva infatti 14 anni quando, il 18 ottobre 1528, ricevette l’abito domenicano nel convento di S. Domenico di Fiesole dalle mani del priore Tommaso da San Miniato. Emise la professione nello stesso convento il 30 novembre 1529. Ottenne il titolo di dottore in teologia e diventò presto un ottimo predicatore, anche se a detta del confratello Serafino Razzi non aveva doti vocali particolarmente spiccate: «non havea gran voce, ma picciola et ottusa» (Cronica, c. 95v). Nei repertori domenicani è ricordato anche per la spiccata erudizione e per la vita proba ed esemplare.
Nel 1546 fu confessore delle monache nel monastero di S. Vincenzo a Prato, dove trovò un ambiente fortemente permeato dalla spiritualità savonaroliana, anche in virtù della presenza della futura s. Caterina de’ Ricci e dello zio di lei Timoteo, fino a quel momento direttore spirituale delle monache.
Nel 1549 era priore di S. Domenico a Fiesole. Si colloca in quell’anno, e più precisamente al 27 settembre, la redazione di un importante scritto collegato alla esperienza pratese. Su esplicita richiesta di Filippo Neri si dedicò alla stesura di una lunga lettera su Caterina de’ Ricci, che aveva avuto modo di conoscere bene.
Neri racconta i fatti più importanti della vita recente di Caterina, a partire dal 1540, data in cui si era verificata la sua prima miracolosa guarigione dalla calcolosi, proprio nell’anniversario della morte di Girolamo Savonarola, di cui la monaca era devota. Neri si sofferma anche sulle estasi e sui «ratti» di Caterina, dimostrando di credere profondamente nella sua santità e nelle sue doti miracolistiche. Sebbene il testo sia contraddistinto da una forte connotazione agiografica, costituisce un documento storico significativo per le numerose informazioni di prima mano sulla futura santa e perché testimonia la precoce circolazione della sua fama sanctitatis. L’opera è rimasta manoscritta fino al 1963, quando è stata pubblicata col titolo Apologia di anonimo perché il suo autore non era ancora stato identificato (S. Caterina de’ Ricci. Testimonianze sull’età giovanile, a cura di G.M. Di Agresti, Firenze, pp. 1-75).
Una significativa porzione della vita di Neri si consumò a Perugia, dove fu membro della Compagnia di S. Tommaso d’Aquino, reggente dello Studio domenicano a partire dal 1553 e maestro degli studenti presso il convento di S. Domenico nel 1555-56. Godette del sostegno di papa Paolo IV Carafa, al punto che negli anni del suo pontificato (1555-59) circolò insistentemente la voce di una possibile nomina cardinalizia. Grazie ai buoni uffici di Carafa, ottenne l’ufficio dell’Annona e potè pubblicare il secondo libro delle sentenze di s. Tommaso con dedica a Paolo IV (Divi Thomae Aquinatis secundum scriptum appellatum super quatuor libros sententiarum, Roma, Vincenzo Luchino e Antonio Blado, 1560).
Agli anni 1556-1557, con tutta probabilità, risale la prima stesura dell’opera a cui è legata gran parte della sua fama, l’Apologia in difesa della dottrina del r.p.f. Girolamo Savonarola da Ferrara, poi pubblicata a Firenze presso i Giunti nel 1564. Lo scritto, nella sua originale versione latina, venne presentato insieme con altri testi in difesa di Savonarola nel corso del procedimento inquisitoriale che si svolse a Roma nel 1558-59 per iniziativa di papa Carafa. Neri, che all’epoca si trovava a Orvieto, non intervenne personalmente nel dibattimento, suscitando il malcontento di alcuni suoi confratelli, che spiegarono la sua assenza con il desiderio di evitare un’aperta contrapposizione con il suo protettore Paolo IV.
Lo stesso Neri, nella dedica dello scritto, racconta di avere iniziato a lavorare a una versione latina dell’Apologia su impulso dell’allora maestro generale dell’Ordine domenicano, Stefano Usodimare, dopo che nel 1556 era stato fatto pervenire a Paolo IV un testo che conteneva durissimi attacchi alla figura di Savonarola. Esistono tuttavia anche datazioni alternative. Secondo alcuni l’Apologia venne redatta nel 1548 o poco dopo, in risposta alla pubblicazione del Discorso contra la dottrina et le profetie di fra Girolamo Savonarola di Ambrogio Catarino Politi (Di Agresti, 1980, p. 80) mentre per Razzi sarebbe stata composta soltanto dopo l’inizio del procedimento inquisitoriale e dopo la lettura dei testi dell’accusa (Razzi, Narrazione, c. 71v). Nella sua versione latina l’opera ebbe una circolazione molto limitata e non se ne conoscono esemplari; lo stesso Neri a qualche anno di distanza si sarebbe dedicato al volgarizzamento, poi messo in stampa. Il manoscritto originale dell’Apologia (privo della dedica, ma con un testo analogo a quello stampato) si trova a Prato, Biblioteca Roncioniana, N.110 (Q. II. 57), proveniente dal monastero di S. Vincenzo. L’opera finì nell’Indice portoghese del 1581 e in quello spagnolo del 1583.
L'Apologia è preceduta da una dedica al futuro vescovo di Fiesole Francesco Cattani da Diacceto, redatta da Neri a S. Domenico di Fiesole, e da un tetrastico su Savonarola di Marcantonio Flaminio tradotto da Benedetto Varchi. Si compone di un prologo, 22 «obietti» e una conclusione. Neri, seguendo uno schema controversistico, riporta le affermazioni di un non meglio definito «avversario» antisavonaroliano (tradizionalmente identificato con Ambrogio Catarino Politi), seguite volta per volta dalle sue repliche in difesa del frate. Scopo dichiarato è quello di riabilitare la figura di Savonarola e difenderne la dottrina, soprattutto in relazione alle accuse di affinità dottrinali e comportamentali con Lutero, che all’epoca costituivano uno dei temi ricorrenti nei testi dei controversisti antisavonaroliani. In quest’ottica l’autore si sforza di dimostrare come fra Girolamo sia sempre stato sottomesso alla Chiesa e non abbia mai negato il valore delle opere. Neri difende la critica di Savonarola a papa e prelati e la sua volontà di convocare il concilio, ma non si sbilancia in merito alle sue rivendicazioni profetiche, in linea con gli altri piagnoni del periodo controriformistico. La conclusione tocca il tema della proibizione delle opere, il principale obiettivo dell’offensiva inquisitoriale del 1558-59. Respingendo le accuse dell’avversario, Neri sottolinea l’assoluta ortodossia degli scritti di Savonarola e i loro effetti benefici per i lettori.
Dopo una parentesi di alcuni anni a Orvieto, nel 1559 Neri tornò nel convento perugino in qualità di priore. Nello stesso anno, all’arrivo della notizia della morte di Paolo IV e dell'assalto seguito alla sede romana dell’Inquisizione, il 23 settembre il popolo di Perugia si sollevò e cercò di invadere il convento di S. Domenico, associato all’invisa Inquisizione locale. Neri informò il governatore Giovanni Battista Castagna, che inviò un plotone di soldati e per ristabilire l’ordine fece sgomberare il convento, a eccezione di pochissimi frati. Neri fu nuovamente priore di S. Domenico nel 1562 e baccelliere nel 1564-65.
L’ultimo suo lavoro fu il volgarizzamento della Vita del glorioso martire santo Feliciano vescovo di Foligno, scritta da Isidoro da Chiari (Isidoro Clario), stampata a Foligno da Vincenzo Cantagalli nel 1566.
Afflitto da male di pietra, ossia da calcolosi, morì a Perugia il 5 agosto 1568 a detta della cronaca della provincia romana (Razzi, Cronica, c. 95v), o il 9 agosto 1569 secondo quella del convento di Fiesole (Cronica ... Fesulis, c. 156r).
Fonti e Bibl.: Fiesole, Arch. del convento di S. Domenico, Cronica conventus Sancti Dominici de Fesulis, cc. 106v, 156r; Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, San Marco, 873: S. Razzi, Cronica della provincia romana dell’Ordine dei frati predicatori, cc. 12v, 95v, 164r; Biblioteca nazionale, Palatini, 906: S. Razzi, Narrazione d’una rigorosa esamina dei sermoni del nostro padre fra Girolamo fatta sotto il pontificato di papa Paolo IV Caraffa, in Roma, l’anno di nostra salute 1557, cc. 64r-79v; Sisto da Siena, Bibliotheca sancta, Venezia 1566, p. 382; Antonio de la Conceiçao, Bibliotheca Ordinis fratrum praedicatorum, Parigi 1585, p. 249; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum, Firenze 1589, p. 165; S. Razzi, Istoria de gli huomini illustri così nelle prelature, come nelle dottrine, del sacro Ordine de gli predicatori, Lucca 1596, pp. 347 s.; M. Piò, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, II, Pavia 1613, col. 261; V.M. Fontana, De Romana provincia Ordinis praedicatorum, Roma 1670, p. 380; J. Quétif, Scriptores Ordinis praedicatorum recensiti, II, Parigi 1721, p. 201; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 514; O. Marinelli, La compagnia di S. Tommaso d’Aquino di Perugia, Roma 1960, pp. 122 s.; G.M. Di Agresti, S. Caterina de’ Ricci. Bibliografia ragionata, Firenze 1973, pp. 33, 69; D. Di Agresti, Sviluppi della riforma monastica savonaroliana, Firenze 1980, pp. 80-82; Id., L’interpretazione savonaroliana di s. Caterina de’ Ricci, in Memorie domenicane, XXIX (1998), pp. 288-298.