MISSIROLI, Tommaso
– Nacque a Faenza da Giambattista e Domenica di Scipione Missiroli tra il 1635 e il 1636.
A proposito dell’origine del suo soprannome, il Villano, che la bibliografia ottocentesca metteva in relazione al suo mai provato coinvolgimento in un omicidio o a certe stravaganze di carattere, testimonia invece Oretti (Pitture…), che era entrato in possesso di un volume di poesie appartenuto al M., come il pittore si firmasse già come: «Thomas Missirolius de’ Villanis pictor».
Non esistono certezze a proposito della sua formazione: Valgimigli, autore nel 1877 di una prima ricognizione sulle opere e sui documenti che ricordano il M., afferma essere avvenuta a Bologna senza precisare presso quale bottega.
In una lettera di Giovan Francesco Fantaguzzi a Pellegrino Orlandi datata 11 maggio 1724 e conservata oggi presso la Biblioteca dell’Archiginnasio a Bologna (Mss., B. 153, n. 7: Lettere di diversi e notizie su argomenti riguardanti le Belle Arti), si ricorda invece come maestro del M. Girolamo Grazioli, pittore faentino del quale si è persa ogni altra testimonianza e di cui non si conosce alcuna opera. In tale problematico contesto risultano quindi ancora valide le considerazioni sul pittore di Lanzi, il primo a tracciarne un’immagine di artefice talentuoso ma incostante.
Le note di Lanzi sul M. di fatto individuano i due momenti in cui può dividersi la sua produzione: quello in cui si avvale delle proprie invenzioni e quello dove copia o rielabora modelli famosi. È quest’ultimo il caso della sua prima opera databile (1664; Russi, ex chiesa di S. Maria in Albis), copia dell’Annunciazione dipinta dal Guercino nel 1648 per la chiesa di S. Filippo a Forlì.
Firmato e datato 1665 è il Martirio di s. Cecilia (Faenza, Pinacoteca comunale) proveniente dalla distrutta chiesa di S. Cecilia dove la segnalò già Oretti (Pitture…), anticipando il giudizio di Lanzi (p. 154) nel considerarlo come il suo dipinto più riuscito.
L’opera rappresenta al meglio quella intelligente miscela di più fonti figurative che caratterizza tutta la produzione del Missiroli. Insieme con la presenza di spunti da modelli di inizio secolo – il perduto affresco di Lionello Spada nel chiostro ottagonale di S. Michele in Bosco a Bologna rappresentante lo stesso soggetto – compaiono infatti non casuali affinità con opere contemporanee, come gli affreschi di Carlo Cignani nella chiesa di S. Andrea della Valle a Roma.
Ancora più emblematici sono i due grandi quadri conservati nelle pareti del presbiterio della chiesa dei Ss. Ippolito e Lorenzo a Faenza, perché se il Martirio di s. Lorenzo è una ripresa letterale di un’invenzione di Eustache Le Sueur conosciuta probabilmente attraverso una sua traduzione a stampa incisa di Gérard Audran, il Martirio di s. Ippolito è invece una originale riproposta in chiave agiografica di una famosa composizione di Pietro Testa rappresentante Achille trascina il corpo di Ettore. Non è stata portata alla luce alcuna documentazione sulla commissione delle due tele, che oltretutto uniscono alla ripresa di modelli classicisti il tentativo di confrontarsi con la pittura caravaggesca, ma la data della loro realizzazione non dovrebbe discostarsi molto da quella dei due dipinti realizzati per la cappella dedicata alla Madonna di Gerusalemme nella chiesa di S. Francesco a Bagnacavallo, cappella interessata tra il 1667 e il 1674 da alcuni importanti lavori di ristrutturazione che compresero l’esecuzione delle due tele suddette.
Anche in questo caso le composizioni testimoniano il suo duplice atteggiamento verso i modelli prescelti: ben poco personale nella raffigurazione della Fuga in Egitto, una iconografia messa a punto da Guido Reni conosciuta oggi attraverso varie copie e derivazioni, tra cui un incisione di Lorenzo Loli; molto più interessante invece nell’episodio con L’immagine della Vergine che salva Giovan Battista Marabesi dai briganti, opera i cui riferimenti figurativi sono più antichi e che si presenta come un pastiche di motivi cinquecenteschi, il più esplicito nel personaggio a destra preso a prestito dalla Pala Baglioni di Raffaello.
Dipinta intorno alla metà dell’ottavo decennio del secolo è una delle sue opere più riuscite: il S. Bernardo abbracciato dal Crocifisso (Modigliana, chiesa di S. Bernardo) dove il M., nel raffigurare i personaggi principali, raggiunge picchi di realismo per lui inediti.
Del 1678 è la tela della chiesa di S. Maria Nuova a Faenza rappresentante l’Apparizione della Madonna a s. Ignazio di Loyola che, insieme con la ripresa nella figura del santo con Gesù Bambino di una invenzione ancora una volta reniana, presenta una qualità della pittura che si distanzia dalle opere precedenti per l’utilizzo di tonalità fredde e la ricerca di forme più eleganti.
Tali caratteristiche si ritrovano in un piccolo gruppo di quadri che rappresentano al meglio le qualità più originali del M.: la Madonna del Rosario del convento di S. Domenico a Faenza, il S. Pietro d’Alcàntara della collegiata di S. Michele di Bagnacavallo, la Comunione di s. Onofrio dell’oratorio dedicato al santo a Lugo, e l’Apparizione di Cristo a s. Giovanni della Croce proveniente dalla chiesa di S. Maria del Carmine a Faenza e oggi nella pinacoteca comunale. Qui si conserva anche, firmato e ancora un unicum all’interno del suo catalogo, un Ritratto maschile di una qualità molto sostenuta che testimonia la capacità del M. di confrontarsi con gli esiti più felici della ritrattistica seicentesca emiliana e romana.
L’esecuzione di copie da modelli famosi si protrasse per tutta la carriera del M.: ancora nel 1687 gli venne commissionata la replica (Faenza, Pinacoteca comunale) del Martirio di s. Orsola di Ludovico Carracci nella chiesa di S. Domenico a Imola.
Gli ultimi anni del secolo segnarono una nuova stagione creativa. Le forme imponenti e squadrate della Madonna con Bambino, e i ss. Severo e Antonio da Padova, dipinta nel 1694 per la chiesa di S. Severo e ora nella chiesa di S. Maria Vecchia a Faenza, possono leggersi infatti come un personale tentativo di confrontarsi con la presenza in Romagna di Cignani.
A questo modello si possono accostare anche la Madonna con Bambino e s. Michele Arcangelo conservata nella chiesa della frazione di San Michele vicino a Ravenna e l’Angelo custode, ultima fra le opere conosciute del M. risalente al 1698, ma della quale rimane soltanto una copia ottocentesca di Savino Lega (Faenza, chiesa di S. Maria Vecchia).
Il M. morì a Faenza il 18 febbr. 1699.
Le uniche notizie sulla bottega del M. sono quelle riguardanti le quattro figlie avute dal matrimonio con Antonia di Ludovico da Fregua celebrato nel 1660. Orlandi ricorda come pittrici solo Teresa Caterina (nata circa nel 1662 e morta a Faenza nel 1707) e Claudia Felice (nata intorno al 1663 e morta a Bologna il 16 sett. 1703) che probabilmente egli conosceva personalmente in quanto trasferitasi a Bologna dal novembre del 1700. I documenti pubblicati da Valgimigli testimoniano invece come pittrici anche Orsola (nata circa nel 1673 e morta dopo il 1741) e Paola (nata intorno al 1675 e morta a Faenza nel 1727). Non sono ancora state rinvenute opere firmate da nessuna delle quattro figlie del M., né è possibile riferire con certezza ad alcuna di esse quelle cinque opere conservate a Faenza che Valgimigli cita come eseguite da loro senza specificarne la singola autografia: la S. Lucia e la S. Margherita nelle due chiese faentine omonime, il Cristo risorto e santi della chiesa dell’Osservanza, l’Immacolata Concezione del Museo diocesano (proveniente dalla chiesa del Rosario di Solarolo), e infine la Madonna addolorata della pinacoteca comunale di Faenza. Negli inventari ottocenteschi quest’ultima risulta attribuita a Claudia Felice, che Andrea Zannoni in una lettera a Filippo Hercolani datata 6 apr. 1777, e conservata nello stesso manoscritto della lettera Fantaguzzi già citata (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, B. 153, n.6: Lettere…), considerava la figlia con più talento.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.165 bis: M. Oretti, Pitture nella città di Faenza descritte ... nell’anno 1777, pp. 3 s.; B.127 :Id., Notizie de professori del disegno ..., V, pp. 258 s. (anche per Claudia Felice e Teresa Caterina); Firenze, Kunsthistorisches Institut, Biblioteca, Mss., 3026: Notizie diverse sulle pitture esistenti in Faenza, 1828, pp. 7-9, 11; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico..., Bologna 1704, p. 356 (anche per Claudia Felice e Teresa Caterina); L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia, V, Bassano 1809, p. 154; G.M. Valgimigli, T. M. pittore detto il Villano, in Atti e memorie delle ... deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., II (1877), pp. 123-133 (anche per Claudia Felice, Teresa Caterina, Orsola e Paola); F. Argnani, La Pinacoteca comunale di Faenza, Faenza 1881, pp. 33 s.; A. Montanari, Guida storica di Faenza, Faenza 1882, pp. 102, 115, 136 s., 155, 271; Id., Gli uomini illustri di Faenza, Faenza 1886, pp. 65-67; A. Messeri - A. Calzi, Faenza nella storia e nell’arte, Faenza 1909, pp. 427, 515-517, 539 s., 550; A. Archi, La Pinacoteca di Faenza, Faenza 1957, pp. 30, 33; Id., Guida di Faenza, Faenza 1958, pp. 42, 66, 87, 100; C. Mazzotti, Reda di Faenza (Chiesa parrocchiale di S. Martino), Faenza 1968, pp. 37-39; A. Bosi, S. Maria Vecchia, Faenza 1978, pp. 21-23; C. Polgrossi, Bagnacavallo. Guida al centro storico, Imola 1980, pp. 30, 32, 58; P. Lenzini, I dipinti e gli arredi, in Chiesa abbaziale e parrocchiale dei santi Ippolito e Lorenzo MM. in Faenza, Faenza 1988, pp. 92-99; S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Bologna 1991, pp. 104 s. (per Claudia Felice, p. 157); Id., in Biblia Pauperum. Dipinti dalle diocesi di Romagna 1570-1670 (catal., Ravenna), a cura di N. Ceroni - G. Viroli, Bologna 1992, pp. 265-267; Id., Aggiunte ad un catalogo, in Torricelliana, 1992, n. 42, pp. 175-182; G. Viroli, La pittura in Romagna, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, Milano 1992, I, p. 327; Id., Le arti figurative (secoli XV-XX), in Storia di Bagnacavallo, II, Bologna 1994, pp. 189-192; A. Tambini, Dipinti e sculture nelle chiese e nei conventi del Rione rosso di Faenza, in L. Savelli, Faenza. Il Rione rosso, Faenza 1995, pp. 71 s.; Id., I dipinti della chiesa di S. Maria dell’Angelo o S. Maria Nuova, in L. Savelli, Faenza. Il Rione verde, Faenza 1997, pp. 139 s.; Id., I dipinti della chiesa di S. Maria ad Nives o S. Maria Vecchia, ibid., p. 166; G. Viroli, in Non solo pietà. Opere d’arte dagli ospedali della provincia di Ravenna (catal.), a cura di G. Lippi, Ravenna 1997, pp. 71-75, 156, 179-182; M. Gori, Le espressioni artistiche a Lugo in età moderna, in Storia di Lugo. L’età moderna e contemporanea, II, Faenza 1997, pp. 166 s.; A. D’Amato, I domenicani a Faenza, Bologna 1997, p. 167; V. Maggi, Le chiese di S. Margherita e S. Sigismondo a Faenza, Faenza 1997, p. 44 (per Orsola); M.R. Bentini, Restauri per Russi. Opere d’arte riscoperte nel territorio romagnolo, a cura di M.R. Bentini, Russi 1998, pp. 57 s.; M. Benini, Due dipinti di T. M. a Ravenna, in Ravenna studi e ricerche, XIII (2006), pp. 445-452; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 593.