LOMBARDO, Tommaso (Tommaso da Lugano)
Il luogo e la data di nascita e la famiglia d'origine del L. non sono noti. Le sole notizie certe che lo riguardano si riferiscono agli anni in cui lavorò a Venezia, inizialmente come collaboratore di Iacopo Tatti, detto il Sansovino, poi realizzando sculture autonome benché sostanzialmente legate a modelli sansoviniani.
Entrambi gli appellativi con i quali è menzionato nelle fonti ("Lombardo" o "da Lugano") segnalano la sua provenienza dalle valli ticinesi. Sembra certo, fin dalle note di L. Cicognara (p. 275), che il L. non avesse alcun legame di parentela con gli scultori Lombardo Solari attivi a Venezia negli stessi anni. Ignorata dalla letteratura recente è la notizia di M. Caffi (p. 886), che non segnala la sua fonte, secondo cui il L. sarebbe stato figlio di "un Andrea tajapietra abitante in Venezia al ponte del Foschari in San Barnaba[…] nei documenti indicato per mistro Andrea[…] del lago di Lugano"; quest'ultimo andrebbe identificato con lo scalpellino che nel 1506 è citato tra le maestranze attive nella chiesa di S. Sebastiano (Cicogna, p. 522).
La fortuna critica del L. iniziò nelle pagine di Vasari che, tra gli allievi di Iacopo Sansovino, ricordava "Tommaso da Lugano", del quale registrava l'attività veneziana e segnalava come egli lavorasse piuttosto "di stucco che di marmo o bronzo". Ancora secondo la testimonianza di Vasari, il L., dopo "molti anni col Sansovino", lasciò la bottega del maestro per realizzare opere autonome.
La collaborazione con il Sansovino è documentata nei conti della bottega relativi al decennio 1536-46; tali conti sono tuttavia frammentari e verosimilmente registrano solo in parte l'attività del L. che, secondo B. Boucher (1991, cui si fa riferimento per la trascrizione dei documenti), dovette lavorare continuativamente a fianco del maestro negli anni Trenta-Quaranta. Nel caso della Madonna con il Bambino e angeli, oggi collocata nella chiesetta di palazzo ducale, in una serie di pagamenti dall'ottobre 1536 al 17 febbr. 1537 (Boucher, doc. 87) si segnala che il L., assistito da Luca Lancia, aveva lavorato per una settimana al modello a grandezza naturale e diciassette settimane al marmo. Secondo Boucher, benché l'opera sia firmata dal Sansovino, l'aspetto finale della Madonna della chiesetta rivelerebbe il significativo intervento del L. nella sua realizzazione. Nel pagamento del 17 febbr. 1537 e in un altro del 22 dicembre successivo (doc. 88) è inoltre menzionata la partecipazione del L. ai lavori del primo pergolo sansoviniano, collocato a destra nel coro della basilica di S. Marco. L'opera, nella quale sono inseriti quattro rilievi bronzei, risulta finita entro il dicembre 1537. Per il secondo pergolo (a sinistra) il L. ricevette il 10 marzo 1541 (doc. 90) un pagamento relativo ai modelli in cera destinati ai getti in bronzo dei rilievi, che risultano conclusi nel 1544. Nei conti per le porte bronzee della sacrestia di S. Marco il nome del L. è di nuovo associato alla preparazione dei modelli in cera dei rilievi, per i quali fu pagato il 9 febbr. 1546 (doc. 112). Vasari, infine, registra la sua partecipazione a fianco del maestro alla decorazione plastica della Libreria di S. Marco, dove il L. avrebbe scolpito "molte figure in compagnia d'altri[…] e molto belle": spetta a N. Ivanoff (p. 53) il tentativo di identificare la mano del L. in alcune delle decorazioni dei sottarchi.
Prima del 1547, anno della morte del committente Girolamo Priuli, dovrebbe cadere il contratto per il S. Girolamo della chiesa di S. Salvador, collocato nell'omonimo altare realizzato a partire dal 1524 da Guglielmo Grigi detto il Bergamasco (Rossi).
La scultura, che si rifà a modelli elaborati dal Sansovino, il quale forse aveva anche sovrinteso alla sua realizzazione, è ricordata come opera del L. da Francesco Sansovino (p. 47b). Come già notava Cicognara (p. 273), il modello cui il L. fece riferimento è il personaggio alla sinistra del rilievo con Il miracolo della vergine Carilla della cappella del Santo in S. Antonio a Padova, commissionato al Sansovino nel 1536 ma concluso solo nel 1557 (Boucher, docc. 150-157, 171 s.). Analogamente, la raffigurazione di Dio Padre nel rilievo della lunetta dell'altare di S. Girolamo, riconosciuto al L. a partire da P. Paoletti (p. 244), si ritrova nel rilievo bronzeo della lunetta del cosiddetto Altarolo Medici (Firenze, Museo nazionale del Bargello), altra opera sansoviniana la cui datazione vede su posizioni diverse C. Davis (1984), secondo il quale si tratterebbe di una fusione più tarda rispetto al rilievo centrale con Cristo risorto, databile al 1541-42, e Boucher che invece la ritiene coeva.
Secondo la testimonianza di Vasari, il L., lasciato il Sansovino, realizzò autonomamente il gruppo marmoreo con la Madonna con il Bambino e s. Giovannino, collocato nella seconda cappella a destra della chiesa di S. Sebastiano e firmato "opus thomaesi lombardi f.". L'altare, ceduto al giureconsulto Melio da Cortona il 30 ott. 1546, doveva essere concluso entro il 1547, data che compare in una delle due lapidi dedicatorie collocate sul muro della cappella (Cicogna). Boucher data la Madonna al 1546 circa, ipotizzando di conseguenza che già a questa data il L. avesse abbandonato la bottega del maestro; in realtà, non esiste una data certa per la sua esecuzione che, comunque, dovette avvenire dopo il 1546 e prima del 1559, anno della morte del committente Melio da Cortona.
La Madonna del L. è ispirata a modelli sansoviniani, e già Francesco Sansovino (p. 92b) notava come essa fosse scolpita "a imitazione della Vergine posta nella loggetta di Piazza", modellata in terracotta dal padre Iacopo. I documenti (Cicogna) attestano che essa fu oggetto di grande venerazione nel corso del XVII secolo, quando la statua era adornata di perle e pietre preziose e la cappella chiusa da una grata di metallo e da intagli lignei smantellati nella prima metà del XVIII secolo. A. Foscari ha pubblicato una terracotta acefala in stretta relazione con la Madonna di S. Sebastiano, già nell'Accademia dei Nobili poi in collezione privata veneziana, e ha avanzato l'ipotesi che possa trattarsi di un'opera autografa del Sansovino, utilizzata dal L. come modello preparatorio per il marmo.
Nella nicchia centrale dell'altare maggiore della parrocchiale di S. Carpoforo a Bissone (sul lago di Lugano) è collocata una versione in terracotta dipinta di bianco con piccole varianti della Madonna di S. Sebastiano, affiancata nelle nicchie laterali dalle statue di S. Pietro e S. Carpoforo. E. Ybl restituì l'intero complesso plastico, tradizionalmente creduto di uno dei Gaggini bissonesi, al L., opinione non condivisa da Boucher (1976), ma decisamente sostenuta da Davis (1980) per quanto riguarda la Madonna centrale. I due santi laterali sembrerebbero essere opere più tarde, forse da assegnare all'Antonio Gaggini da Bissone citato nei documenti come allievo del L. (Paoletti, p. 113).
Tra le opere del L. ricordate dalle fonti e oggi non più rintracciabili, Francesco Sansovino segnala "un Christo di marmo di altezza quasi di un braccio" nella chiesa soppressa di S. Giustina (p. 12b) e un S. Giovanni Evangelista "di stucco d'altezza di un braccio" nell'omonima chiesa (p. 71a). Vasari registra un Busto di Carlo V in marmo, opera "tenuta cosa maravigliosa e[…] molto grata a sua Maestà" e le "infinite bellissime figure et opere" di stucco "in casa di diversi gentiluomini di Vinezia", segnalando un settore dell'attività del L. che dovette essere significativo e del quale oggi nulla si conosce.
Poche sono le opere attribuite al L. negli studi moderni, tutte nello stretto ambito della bottega sansoviniana. Nella Carità del monumento al doge Francesco Venier (Venezia, chiesa di S. Salvador, databile agli anni 1555-61), firmata dal Sansovino, L. Pittoni, seguita da G. Lorenzetti (p. 122) e A. Venturi, ha proposto di vedere la mano del L., ma l'attribuzione non ha avuto seguito. Davis (1980) ha avanzato il nome del L. per la Vergine col Bambino e angeli realizzata in gesso e tela, proveniente dall'ospizio delle Muneghette e oggi conservata presso le Istituzioni di ricovero ed educazione di palazzo Sceriman a Venezia. Infine, la partecipazione del L. alla decorazione plastica della Tomba di Alvise Malipiero (1533-37, già a Venezia, S. Maria Maggiore, oggi nell'abbazia di S. Maria della Misericordia) è ipotizzata da M. Morresi (p. 131), sulla base del confronto, già proposto da Davis (1984), tra il rilievo della lunetta Malipiero e quello dell'altare di S. Girolamo in S. Salvador. Non sono noti luogo e data di morte del Lombardo.
FontieBibl.: G. Vasari, Le vite… (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, VI, Firenze 1987, pp. 191 s.; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare…, Venetia 1581, pp. 12b, 47b, 71a, 92b; G.A. Oldelli, Diz. stor. ragionato degli uomini illustri del Canton Ticino, Lugano 1807, p. 102; L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo di Canova, V, Prato 1825, pp. 273, 275; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane…, IV, 2, Venezia 1834, pp. 140, 522; M. Caffi, Architetti e scultori della Svizzera italiana, in Arch. stor. lombardo, s. 2, III (1886), pp. 886 s.; P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento a Venezia, I, 2, Venezia 1893, pp. 113, 243 s., 255, 263; C. Brun, in Schweizerisches Künstler-Lexikon, II, Frauenfeld 1908, p. 290 (s.v. Lugano, T. da); L. Pittoni, J. Sansovino scultore, Venezia 1909, p. 334; G. Vasari, Vita di J. Tatti detto il Sansovino, a cura di G. Lorenzetti, Venezia 1913, pp. 122, 126, 128; A. Moschetti, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, Leipzig 1929, pp. 347 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 2, Milano 1937, pp. 667 s.; E. Ybl, T. L.s Altarstatue in Bissone, in Zeitschrift für Schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte, VIII (1946), pp. 53-56; L. Simona, L'arte dello stucco nel Canton Ticino, II, Bellinzona 1949, p. 53; U. Donati, Artisti ticinesi a Venezia, Lugano 1961, pp. 38 s.; N. Ivanoff, La Libreria Marciana. Arte e iconologia, in Saggi e memorie di storia dell'arte, 1968, n. 6, pp. 51-53; B. Boucher, J. Sansovino and the choir of St. Mark's, in The Burlington Magazine, CXVIII (1976), p. 561 n. 51; C. Davis, J. Sansovino?, ibid., CXXII (1980), pp. 582-584; Id., La grande Venezia a Londra, in Antichità viva, XXIII (1984), 6, p. 36; B. Boucher, The sculpture of J. Sansovino, New Haven-London 1991, ad ind.; A. Foscari, T. L. da Lugano nella bottega di J. Sansovino, in Venezia. Arti, IX (1995), pp. 141-145; M. Rossi, La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Venezia del Cinquecento, Lucca 1995, p. 135; I. Proserpi, I Tencalla da Bissone, Lugano 1999, p. 37; A. Bacchi, in Scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi (con la collaborazione di S. Zanuso), Milano 2000, pp. 744 s.; M. Morresi, J. Sansovino, Milano 2000, pp. 90, 131, 210, 275.