GRAMMATICO, Tommaso
Nacque ad Aversa, e non a Napoli, come talvolta si è creduto, da Antonello, originario di Sala Consilina, giunto a Napoli (dove risulta nel 1473) alla corte di Ferdinando d'Aragona probabilmente in virtù di tradizioni militari e feudali della famiglia, delle quali si può rintracciare solo qualche esile indizio. La madre Fosca discendeva dall'antico e nobile casato aversano dei Del Tufo. Più incerta è la data di nascita, indicata in modo contraddittorio dalle fonti, da collocare comunque tra il 1473 e il 1475. Sul volgere del secolo (sappiamo di una figlia Laura nata nel 1503) il G. sposò Camilla Folliero, appartenente a una famiglia di noti giuristi, imparentata anche con il celebre Andrea Mariconda.
Le scarse notizie sulla sua formazione lasciano intravedere un percorso frequente nei rampolli del patriziato provinciale, ai quali la politica del sovrano aragonese, di rafforzamento della Corona e degli apparati del governo regio contro il tenace autonomismo e le insorgenze dei baroni, apriva le strade all'esercizio delle professioni forensi e delle magistrature, spesso interscambiabili fra loro. Intorno a queste funzioni si venne via via definendo un ceto, destinato a svolgere un ruolo a lungo cruciale nella storia del Mezzogiorno, che fondava il proprio potere sul possesso del sapere giuridico e consolidava le proprie posizioni con accorte strategie familiari e con le relazioni istituite nei circoli politici e culturali della capitale. Tutti questi elementi si ritrovano nella biografia del G., magistrato e avvocato, ma anche amico dei letterati dell'Accademia Pontaniana, di diplomatici e uomini della monarchia.
Ricevette un'istruzione sicuramente accurata, come si può dedurre dalle sue opere, dalle quali emerge, accanto alla solida scienza nel diritto comune e nel diritto particolare del Regno, una larga erudizione testamentaria e una cultura classica non priva di venature umanistiche, confermate dal gusto per la poesia. Alcune sue prove poetiche, peraltro modeste, e una novella sono conservate in un manoscritto che raccoglie sia composizioni giovanili sia composizioni che sono molto più tarde della data indicata sul frontespizio (Firenze, Bibl. Marucelliana, Mss., C.369.II, Opere diverse inedite in rima e prosa di Tommaso Grammatico gentilhuomo napoletano che visse intorno l'anno 1509). Il codice presenta un certo interesse perché riunisce anche versi di numerosi corrispondenti del G. appartenenti alla cerchia pontaniana, fra i quali Francesco Galeota, Iacopo De Gennaro, Pietro Summonte, e testi in volgare di altri autori meno conosciuti. Risultano inoltre documentati i suoi assidui contatti, non solo con gli intellettuali più in vista della Napoli aragonese, come per esempio Girolamo Carbone, ma anche con aristocratici che avrebbero avuto un gran peso nel successivo Viceregno spagnolo, come i d'Ávalos.
Nell'Università di Napoli gli studi giuridici attraversavano una fase di significativo fervore. Sebbene non si possa parlare di una vera e propria riapertura dello Studio, che dovette comunque mantenersi operante anche nei momenti più oscuri, è certo che nel 1465 Ferdinando d'Aragona avviò un'efficace ristrutturazione per risollevarlo dal declino e dalle dimensioni puramente locali nelle quali era da tempo caduto. Il modello a cui il re si ispirò inizialmente era quello rinascimentale del principe mecenate, che era stato già l'ideale di Alfonso, chiamando però non a corte, bensì sulle cattedre, noti letterati e umanisti. A partire dagli anni Settanta le sue cure si rivolsero soprattutto alla facoltà di giurisprudenza, il vivaio più adatto per formare la nuova ufficialità del Regno, dove si diede spazio alle materie feudali e dove brillò subito l'astro di Antonio D'Alessandro, che il G. conobbe e considerò come giurista principe dei suoi tempi.
Dei suoi maestri negli anni Novanta il G. menziona Gian Antonio Palmieri e Diomede Mariconda, che poi ebbe collega nell'avvocatura. Prima ancora di laurearsi, come non era infrequente per gli studenti migliori, tenne tra il 1494 e il 1495 un corso di Istituzioni, rispecchiato nelle Lectiones ad primum Institutionum librum, et ad secundum… (Venetiis, G. Varisco e soci, 1570), che hanno un'evidente impronta didattica. Ottenne quindi la laurea il 6 nov. 1496; il giorno stesso fu nominato da Federico d'Aragona giudice della Vicaria. Anziché verso l'università, egli si indirizzò infatti alla carriera nelle magistrature, che offrivano le migliori occasioni per affermarsi. In tal senso il G. rappresentò uno dei primi compiuti esempi di quel ministero togato che doveva dominare non solo la vita giuridica, ma anche la dinamica sociale e politica napoletana nei tre secoli successivi.
La produzione del G. fu il frutto diretto delle attività professionali. Essa consistette in vota, decisiones e consilia sia civili sia criminali - generi non sempre distinguibili con chiarezza nelle raccolte -, che furono ristampati più volte, per la maggior parte postumi, in una storia editoriale intricata, che Viviana Ventura (pp. 367-372) ha ordinato con precisione, riuscendo anche a fissare l'epoca di composizione dei nuclei principali. Grande celebrità ebbero le adnotationes, redatte in buon numero intorno al 1531, alle decisiones di Matteo D'Afflitto, delle quali seguirono le sorti a partire dall'edizione di Lione del 1552. Meno fortunate, almeno quanto a ristampe, furono le In costitutionibus, capitulis, et pragmaticis Regni Neapolitani et ritibus Magnae Curiae Vicariae additiones et apostillae, risalenti agli ultimi anni di vita e pubblicate dal nipote Gian Francesco a Venezia nel 1562 con editore B. De Cristoforo per i tipi di G. Varisco, e così pure le poche additiones alle Consuetudines Neapolitanae, accolte solo nell'edizione Cervone, Napoli 1775. Tutti questi scritti, nei quali insieme con le dottrine proprie dello ius commune trovavano ampia trattazione i diritti particolari del Regno, e soprattutto le complesse materie giurisdizionali e feudali, testimoniavano il primato raggiunto a Napoli da una cultura giuridica di giudici e di forensi che assorbiva in sé e superava la scienza universitaria. Grazie a essa la città divenne uno dei principali centri di irradiazione della letteratura decisionistica che invase l'Europa fino alla metà del Seicento e oltre. Si configurò così una tradizione robusta e peculiare, riconosciuta come tale anche da osservatori stranieri, come Arthur Duck (De usu et authoritate iuris civilis Romanorum, Lipsiae 1676, pp. 210 s.), che in essa assegnava al G. un posto di rilievo.
Dopo un biennio nella Vicaria, il G. intraprese la consueta peregrinatio in uffici della provincia. Nel 1498 risulta viceduca e auditore generale ad Ariano, ma già nel maggio 1503 fu richiamato nel tribunale della capitale da Gonzalo Fernández de Cordóba per un triennio. Seppe infatti condursi abilmente nel tempestoso passaggio del Regno alla Spagna e nei contrasti che subito emersero nel nuovo governo. Fu ancora Gonzalo a nominarlo avvocato fiscale nel 1506, mentre forse già nel 1504 e nel 1505 aveva ricevuto incarichi temporanei nella Sommaria. Il legame con il condottiero (il G. fu anche avvocato della figlia, duchessa di Sessa) non lo danneggiò presso Ferdinando il Cattolico quando intervenne la rottura tra i due: nel 1507 infatti il sovrano lo nominò in Vicaria, dove rimase fino al 1535, tuttavia in modo non continuativo, se in diversi intervalli poté esercitare con notevole successo l'avvocatura.
Dal viceré Pedro de Toledo gli giunse il 3 giugno 1535 la nomina nel massimo tribunale napoletano, il Sacro Regio Consiglio. Conservando sempre la qualifica di regio consigliere, ricoprì anche altri uffici tra il 1539 e il 1541. Dal 1542 fu per un anno giudice nella Vicaria criminale. Il 1° apr. 1543 rientrò stabilmente in Consiglio, con lo stipendio di 400 ducati, che conservò quando nel 1552 fu dispensato dalle funzioni per ragioni di età e di salute.
Il G. morì a Napoli nel 1556.
La produzione letteraria è edita in Opere diverse inedite in rima e in prosa, a cura di F. Sica, Salerno 1989.
Fonti e Bibl.: M. Santagata, La lirica aragonese. Studi sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento, Padova 1979, pp. 259, 393 s.; A. Cernigliaro, Sovranità e feudo nel Regno di Napoli (1505-1557), Napoli 1983, I, pp. 195 s.; E. Cortese, Sulla scienza giuridica a Napoli tra Quattro e Cinquecento, in Scuole, diritto, società nel Mezzogiorno medievale d'Italia, a cura di M. Bellomo, I, Catania 1985, pp. 132 s.; G. Intorcia, Le magistrature del Regno di Napoli. Analisi prosopografica, Secoli XVI-XVII, Napoli 1987, pp. 320 s.; G. Vallone, Le "decisiones" di Matteo D'Afflitto, Lecce 1988, ad indicem; V. Ventura, Profilo di T. G. giurista e letterato, in Scritti di storia del diritto offerti dagli allievi a D. Maffei, a cura di M. Ascheri, Padova 1991, pp. 353-375; M.N. Miletti, Tra equità e giustizia. Il Sacro Regio Consiglio e le "decisiones" di V. De Franchis, Napoli 1995, pp. XXVIII s.; Id., Stylus iudicandi. Le raccolte di "decisiones" del Regno di Napoli in età moderna, Napoli 1998, pp. 21-23 e passim.