GIUSTI, Tommaso
Nacque a Venezia intorno al 1644. Secondo alcune note contenute nell'Archivio Gradenigo del Civico Museo Correr sarebbe stato figlio di un capomastro di cui non è citato il nome di battesimo, attivo verso il 1680 presso il cantiere longheniano di S. Maria degli Scalzi. Prive di fondamento sembrano essere le notizie riportate nella medesima fonte, secondo le quali il G. avrebbe fornito i disegni per la costruzione delle chiese di S. Rocco e S. Filippo Neri a Parma, anche perché non è mai ricordato nelle guide della città (Thieme - Becker).
Nel 1689 si trasferì a Hannover. La sua chiamata presso la corte ducale fu probabilmente dovuta alle sue capacità di scenografo e pittore che lo fecero prediligere per una serie di imprese legate essenzialmente alla decorazione, all'ideazione di macchine teatrali ed effimere, ma anche a significativi cicli pittorici e alla progettazione di vere e proprie opere di architettura. Nel febbraio del 1689 il G. ricevette 120 talleri per spese di viaggio e per l'acquisto di colori, a riprova di come gli fosse familiare l'uso del pennello, oltre che degli strumenti propri dell'architetto, con cui avrebbe dovuto ornare gli interni del teatro di corte. Il primo incarico assegnato al G. dall'elettore Ernst August riguarda l'edificazione del teatro nel castello di Hannover, oggi non più esistente; alla Sächsische Landesbibliothek di Dresda sono conservati due disegni di piante e relative sezioni che consentono di comprendere come dovesse apparire in origine la struttura del teatro demolito nel 1854: a cavea con palchi disposti su più file, con un grande tetto a capriate coperto da una tela sulla quale erano dipinte le nove Muse.
Lo stipendio annuo del G. ammontava a 360 talleri; la sua permanenza a Hannover coincise con uno dei periodi più felici della storia del Ducato, in quanto il matrimonio nel 1658 di Ernst August con la contessa palatina Sophia, figlia dell'elettore palatino Federico V e nipote del re d'Inghilterra Giacomo I Stuart, avvenuto nel 1658, aveva dato inizio a una serie d'imprese artistiche di grande raffinatezza, per le quali il duca, come prima di lui il suo predecessore, il fratello Johann Friedrich, aveva scelto in prevalenza artisti veneziani. Dei Welfen il G. dipinse l'albero genealogico, a olio su tela e lungo 2 m, firmato dall'artista e oggi conservato nella Niedersächsische Landesbibliothek di Hannover.
Intorno all'ultimo decennio del secolo, oggetto dell'interesse principale dei sovrani divenne la residenza estiva di Herrenhausen dove, tra il 1694 e il 1698, fu costruita un'Orangerie, la cui struttura muraria, terminata nel 1696, era stata progettata, probabilmente da Peter Wachter, secondo lo schema di un'ampia galleria a un piano conclusa agli estremi da due padiglioni destinati alla elettrice e a suo figlio Georg Ludwig. Al G. fu affidata la decorazione ad affresco delle volte della galleria con un'ampia serie di scene ispirate alle Storie di Enea e degli appartamenti nei padiglioni con temi ugualmente derivati dalla tradizione classica: dalla Caduta di Fetonte a episodi delle Metamorfosi di Ovidio, alle allegorie delle Stagioni. In precedenza, nel 1693, il G. aveva decorato ad affresco, nel castello, il salotto della duchessa Benedetta; la sua versatilità in questo genere d'interventi, anche minuti, è testimoniata dal fatto che, ancora nel 1709, non disdegnava di ornare un paravento suddiviso in dieci riquadri per la elettrice Sophia.
Nell'insieme delle decorazioni dell'Orangerie il G. dimostra notevoli capacità nella scansione ritmica degli episodi, prefigurando, in anni molto precoci, il grande sviluppo che avrebbe avuto nel Veneto del Settecento la ripresa della tecnica ad affresco a opera soprattutto di Giambattista Tiepolo. L'artista tratta il proprio repertorio figurativo con la maestria di uno scenografo, dando prova di una mano tecnicamente valida, anche se incapace, per la durezza dei tratti e l'assenza di sfumati suadenti, di evocare il fascino coloristico e tonale esercitato da tanta pittura veneziana del tempo, prima tra tutte quella di Giovanni Antonio Pellegrini.
Al termine dell'impresa, nel 1698, il G. ricevette l'incarico per la decorazione di una seconda dimora, casa von Alten a Linden, per la quale dipinse le tele per i soffitti e le pareti sistemate in una serie di cornici a stucco di mano degli aiuti Dossa Grana e Pietro Rosso. Ma sarà una terza impresa a sancirne l'autorevolezza di artista di corte: il progetto, nel 1713, per la nuova chiesa di S. Clemente, ispirata alla veneziana basilica di S. Maria della Salute. L'edificio, distrutto durante la seconda guerra mondiale, fu ricostruito e consacrato nel 1957; un suo modello in legno si trova tuttora nel Vaterländisches Museum di Hannover.
Impostato su uno schema a croce greca, probabilmente con un altare a baldacchino isolato al centro, l'edificio avrebbe dovuto essere coperto da una cupola emisferica, mai compiuta, posta su un tamburo ottagonale. Il prospetto esterno presentava un imponente ordine dorico di paraste rivestite da bugne piatte che fiancheggiavano nicchie con statue, e sostenevano, alla sommità, ampie finestre che davano luce all'interno; due campanili posti ai lati del coro ricordavano innegabilmente il modello della chiesa berniniana dell'Assunta di Ariccia, e conferivano all'insieme un segno di quell'eclettismo tardobarocco che contraddistinse gran parte dell'architettura in Germania e in Austria tra Sei e Settecento. Il mancato completamento della cupola, del resto, dovette essere causato da ragioni di natura politica. Nel 1714, infatti, l'elettore Georg Ludwig fu proclamato re d'Inghilterra, e la corte lasciò Hannover per trasferirsi a Londra, con il conseguente disimpegno per la terminazione del progetto architettonico e il progressivo ritiro dalle attività artistiche dello stesso Giusti.
Che S. Clemente fosse ritenuta dal G. la sua opera principale lo prova anche l'entusiasmo con cui, il 19 sett. 1717, informava Agostino Steffani, vescovo di Spira e vicario della Germania settentrionale, dell'arrivo a Hannover della pala raffigurante la Resurrezione di Cristo realizzata da Pellegrini e destinata all'altare maggiore. Egli la definisce, infatti, non solo "opera degnia di essere amirata", ma un'assoluta "meraviglia" (Amerio, p. 229).
Il G. morì a Hannover il 24 sett. 1729 e fu sepolto in S. Clemente.
Fonti e Bibl.: C. Gurlitt, Geschichte des Barockstiles in Italien, Stuttgart 1887, p. 488; A. Nöldeke, Die Kunstdenkmäler der Provinz Hannover, Hannover 1932, I, pp. 16 s., 184, 186, 295, 300; II, pp. 38, 40 s., 144; R. Amerio, Alcuni dati di archivio su Domenico Zanetti e Giovanni Antonio Pellegrini, in Arte veneta, XIII-XIV (1959-60), p. 229; U. von Alvensleben - H. Reuther, Herrenhausen. Die Sommerresidenz der Welfen, Hannover 1966, pp. 130, 148; R. Tardito Amerio, Italienische Architekten, Stukkatoren und Bauhandwerker der Barockzeit in den Welfischen Ländern und im Bistum Hildesheim, in Nachrichten von der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, phil. hist. Klasse, 1968, n. 6, p. 160; U. Boeck, Entwürfe zu Hannovers Barocken Opernhaus, in Niederdeutsche Beiträge zur Kunstgeschichte, XVIII (1979), pp. 188-190; W. Hübner, Das Galeriegebäude im Grossen Garten in Hannover-Herrenhausen, ibid., XXX (1991), pp. 121 s.; R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, I, Milano 1995, p. 84; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 226.