FARSETTI, Tommaso Giuseppe
Nacque a Venezia il 16 apr. 1720 da Anton Francesco e Bianca Morosini; la sua famiglia, aggregata alla nobiltà veneziana nel 1664, era molto ricca e poté assicurargli un'ottima educazione letteraria ed artistica, cui molto contribuì il cugino Filippo Vincenzo, che nel suo palazzo aprì al pubblico un celebre museo di gessi della statuaria antica e di altre opere d'arte. Per otto anni frequentò il Maggior Consiglio della Repubblica ma poi, come scrisse egli stesso, "portato però dal suo genio inclinato agli studi, si tenne lontano da' Magistrati della Repubblica, sino che spinto da desiderio di veder l'Europa più colta, molti anni spese in lunghi viaggi; da' quali restituitosi a Venezia e preso l'abito di San Giovanni Gerosolimitano, godendo anche l'onore della Gran Croce, si sta ritirato, traendo la sua vita in somma tranquillità, e nel sen delle lettere" (Notizie della famiglia Farsetti, p. 73).
Nei suoi lunghi viaggi, particolarmente in Francia, allacciò una serie di amicizie con uomini di lettere, coi quali intrattenne una costanie relazione epistolare anche dopo il ritorno a Venezia; tra le sue conoscenze si annoverano Giovanni Lami, Giovanni Maria Mazzuchelli, Francesco Algarotti, Clemente Sibiliato, Giuseppe Gennari, Marco Forcellini, Giovanni Brunacci, Girolamo Tartarotti, Voltaire, Montesquieu e Rousseau.
A Voltaire fece conoscere alcune tragedie di autori italiani del '500, a Rousseau - conosciuto a Parigi nel 1758 (quasi contemporaneamente a Giacomo Casanova), e uno dei suoi autori preferiti - offrì nel marzo 1765 "in una contrada rimota e poco abitata [di Padova] una mia abitazioncella che par l'asilo dell'innocenza, e della specialità...", disegnata da Palladio e dove "non accade, che tema d'esser colà vezzata per la quantità d'amici e partigiani, che tiene in queste parti, dove anco per giunta è per ristamparsi Macchiavello" (Van Bever, Lettere inedite, p. 261). Tramite privilegiato di molte sue relazioni culturali in Francia fu Anne-Marie du Boccage, delle cui opere fece attiva propaganda tra i suoi amici italiani e che a sua volta, quando si recò a Venezia, proprio in casa Farsetti conobbe molti degli intellettuali più in vista, tra cui il Goldoni e i fratelli Gozzi.
Nonostante la sua amicizia con alcuni degli uomini di punta dell'illuminismo francese e l'attenta lettura delle loro opere, il F. restò estraneo all'impegno civile dei "lumi". Significativo a questo riguardo il suo carteggio con Girolamo Tartarotti che, il 30 luglio 1748, chiese il suo appoggio per convincere l'editore Pasquali che non era necessario togliere ogni accenno alle "streghe" nel suo libro Del congresso notturno delle streghe: egli propose all'amico di sostituire a "streghe" la meno compromettente parola tlammie" (e così sarà nell'edizione del 1749), elogiò il libro in varie lettere ad amici ma non intervenne pubblicamente nella vivace polemica sulla stregoneria aperta dal volume del roveretano. Benché il suo nome compaia spesso nelle relazioni epistolari e negli ambienti più noti della vita letteraria di Venezia (fu anche membro dell'Accademia dei Granelleschi fondata dal cugino Daniele) non fu mai protagonista delle vivaci polemiche che agitarono la repubblica delle lettere italiana del '700. Si dedicò con amore alla traduzione di classici latini e greci: di rilievo le sue versioni dei Filottete di Sofocle (Venezia 1767), delle Trachinie, dell'Aiace e ancora del Filottete (Venezia 1773; anche La morte d'Ercole, uscita anonima, è in realtà una sua elegante traduzione delle Trachinie) e delle Bucoliche di M. Aurelio Olimpio Nemesiano e di T. Calpurnio (La bucolica di Nemesiano e di Caffiurnio, Venezia 1761, ristampa nel Parnaso de' poeti classici d'ogni nazione..., XXXIV, Venezia 1802 e poi a Milano nel 1824). "Coltissimo scrittore e amantissimo della buona poesia", lo ricorda Carlo Gozzi, e davvero egli fu ottimo poeta latino e i suoi volumi di Carmina, parte d'amore parte d'occasione, ottennero lusinghieri apprezzamenti tra i contemporanei e furono più volte ristampati (Parigi 1755; s. l. né d. [ma 1763]; Venezia 1767; Parma 1776; Lione 1785), il poemetto Seriola (Venezia 1766) fu anche tradotto due volte in italiano da Bernardo Brunelli Bonetti (s. l. né d.) e Angelo Dalmistro (Alvisopoli 1829).
In lingua italiana scrisse numerose poesie, raccolte in un volume di Rime (Venezia 1776), il poemetto La trasformazione d'Adria (ibid. 1752; Parigi 1753), favola allegorica sull'origine di Venezia, lodata "per bellezza di lingua e per grazia poetica", alcune favole (Alcune poche favole, Venezia 1789), la tragedia Sormonda, (ibid. 1569, falsa data, poi nelle Opere volgari, pp. CXLIII-CCVI, e nelle Opere, I, pp. CXLIII-CCVI), tratta da una novella di Boccaccio e stampata sotto il finto nome di Bartolomeo Tanni, fiorentino, peraltro non destinata, come La morte di Ercole, ad andare in scena. Nel Discorso sopra il trattato della natura dell'egloga di Mr. de Fontenelle, con un volgarizzamento delle quattro egloghe di Nemesiano (Venezia 1752) polemizzò con il Fontenelle che avrebbe voluto Teocrito e Virgilio scevri d'ogni accenno alle miserie e volgarità della vita pastorale. Coltivò anche l'erudizione storica: si possono ricordare La vita di Simone Contarini (Venezia 1772), La vita di M. Cornelio Castaldi di Feltre (in Opere volgari, I, p. XXVIII; Opere, I, pp. I-XXVIII), le Notizie della famiglia Farsetti con l'albero e le vite di sei uomini illustri a quella spettanti (Cosmopoli [Venezia 1778]) e il Ragionamento storico intorno l'antica città di Luni e quella di Massa di Lunigiana (Venezia 1779; ristampa, ibid. 1866), quest'ultimo lavoro dedicato alla città (Luni) di cui era originaria la sua famiglia. Nel 1764 riunì parte dei suoi lavori in un volume di Opere volgari dedicato "alla famosissima Accademia della Crusca, signora e maestra del bel parlar toscano", che il 19 ag. 1758 l'aveva ascritto tra i suoi membri; lo ristampò nel 1767, col titolo di Opere, con l'intenzione di riunire poi anche gli altri scritti, sia italiani sia latini, ma il secondo tomo non fu mai pubblicato.
Si interessò anche alla pubblicazione di opere di altri autori: fece stampare a sue spese i versi latini dell'abate Natale Dalle Laste, incaricò lo stesso Dalle Laste di scrivere in latino la biografia di Francesco Algarotti e Girolamo Francesco Zanetti di curare l'edizione del Chronicon Venetum attribuito a Giovanni Sagornino (Venezia 1765, peraltro molto scadente sul piano filologico-critico).
Appassionato bibliofilo, per tutta la vita acquistò libri e, sia pure in minor numero, manoscritti in Italia e all'estero; desideroso di far conoscere ai suoi concittadini, secondo la tradizione mecenatesca del cugino Filippo Vincenzo, i suoi tesori, con l'aiuto dell'abate Iacopo Morelli, futuro custode della Marciana, compilò una Biblioteca manoscritta (Venezia 1771), un Catalogo di commedie italiane (ibid. 1776), un secondo tomo Della biblioteca manoscritta (ibid. 1780), un Catalogo di storie generali, e particolari d'Italia (ibid. 1782), un Catalogo di libri italiani (ibid. 1785) e infine un Catalogo di libri latini (ibid. 1788). Vedendo il nipote Anton Francesco senza figli e nel timore dell'estinzione della famiglia, ottenuta una dispensa dell'Ordine di Malta di cui era commendatore, si sposò, il 2 giugno 1786, con Cattaruccia Maria Grimani ma il suo matrimonio fu sterile.
Nel suo testamento, vergato a Venezia il 30 sett. 1786, per compensare la Repubblica di non averla mai servita, "come a buon cittadino si conveniva, non avendo in me mai conosciuto talenti da poterlo fare", lasciò alla Marciana, come "piccolo attestato d'amore e di stima al presente", i manoscritti, le commedie e i libri di lingua, pregando i custodi di "aveme cura, perché sono rarissime gioie, e so per prova quanta fatica e spesa nel fame l'acquisto mi sieno costati, e però li colloco in sì degno luogo, con la fiducia che si conservino tutti uniti insieme"; alla prediletta biblioteca veneziana lasciò anche la collezione di medaglie di uomini illustri ed i bronzi; fece invece vendere gli altri libri e lasciò al Consiglio comunale di Padova la scelta di un erede nobile che conservasse il nome della famiglia.
Il F. morì a Padova il 30 ott. 1791.
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