GAZZARRINI, Tommaso
Nacque il 16 febbr. 1790 a Livorno, dal livornese Giuseppe e da Chiara Orsetti di Lucca. Frequentò la classe di pittura all'Accademia di belle arti di Firenze sotto la guida di P. Benvenuti; i buoni risultati del suo corso di studi sono testimoniati dai premi vinti nei concorsi interni del 1813 e 1814, rispettivamente con i disegni Ercole e Deianira e L'entrata di Leone X a Firenze.
Perfezionò in seguito i suoi studi a Roma, a partire dal 1820, grazie a un pensionato gratuito dell'Accademia di S. Agata. Nel medesimo anno vinse il premio per lo studio dal nudo e realizzò per la chiesa livornese di S. Benedetto la tela S. Carlo Borromeo che comunica di notte gli appestati di Milano, molto lodata dalla critica contemporanea. Eguali apprezzamenti il G. non ricevette, invece, per altri lavori giovanili, saggi annuali inviati da Roma all'Accademia fiorentina, come la copia della Caccia di Diana dal Domenichino e il Bacco dormiente, del 1823 (Pera, 1867). Agli anni romani risalgono anche un quadro con Tullia che fa passare i cavalli del suo carro sul cadavere del padre del 1820 e un'Orazione nell'orto del 1824.
In questi anni il G. andò maturando la propria maniera, fortemente influenzata dai modelli del classicismo cinquecentesco di Raffaello e di fra Bartolomeo e meditata sulla scorta dei pittori nazareni di stanza a Roma. Di questo periodo sono molte opere, per lo più di soggetto sacro, realizzate su committenza pubblica o privata nel territorio livornese, pisano e fiorentino. Fra queste si ricordano una Natività del 1822, oggi custodita al Museo Thorvaldsen di Copenaghen, un S. Pietro nell'atto di ricevere le chiavi del Paradiso per la chiesa di Castelfranco di Sotto (Pisa) del 1827 e la contemporanea Assunzione della Vergine per la chiesa della Ss. Annunziata a Firenze.
Una sua Madonna con Bambino e due angeli del 1829, che venne favorevolmente recensita da F.D. Guerrazzi, dimostra un progressivo affrancamento dai condizionamenti della cultura figurativa dominante, in favore di uno stile più sintetico e personale, fatto di pennellate ora robuste, ora appena accennate, e di un disegno maggiormente svincolato dalle norme accademiche.
Per il duomo di Livorno compì quattro tele per la cappella della Concezione, dove erano illustrati Il riposo durante la fuga in Egitto, la Trasfigurazione sul monte Tabor, l'Eucaristia e La beata Margherita Maria Alacoque che si inginocchia davanti al Salvatore; nel coro della stessa cattedrale venne collocato, nel 1834, il grande quadro con La traslazione del corpo di s. Giulia, soggetto fortemente avversato dal pittore che aveva presentato alla preposta commissione un bozzetto con il martirio della santa, in seguito realizzato per un committente londinese di nome Drumond.
Nel 1837, dopo aver insegnato all'Accademia di S. Luca a Roma e in quella di Bologna, ottenne la cattedra presso l'Accademia fiorentina, dove insegnò, a fianco di G. Bezzuoli, E. Pollastrini e L. Bartolini, fino alla morte, avendo per alcuni anni come aiuto B. Servolini e come allievi, fra gli altri, N. Betti, C. Conti e G. Fattori. Nel 1849 ricevette l'onorificenza dell'Ordine Mauriziano per avere eseguito, su commissione di re Carlo Alberto di Savoia, un grande quadro storico con più di quaranta figure: Amedeo VI che presenta a papa Urbano V il patriarca latino di Costantinopoli (ubicazione ignota).
Altre opere importanti del G. sono, a Firenze, l'affresco con La morte del figlio di Tacchinardi nel chiostro di S. Marco il cui bozzetto, insieme con l'altro rappresentante la Trasfigurazione e con l'olio di genere intitolato La buona notte, si conserva al Museo civico di Montepulciano; e, a Livorno, una Visitazione dei magi a palazzo de Larderel, esposta a Firenze nel 1841, un Sacro Cuore di Gesù nella chiesa di S. Benedetto e una Sacra Famiglia premiata all'Esposizione delle belle arti di Firenze nel settembre 1851 e ricordata nel 1867 da F. Pera (1867) come di proprietà della famiglia. Sempre a Livorno è conservata, nella chiesa di S. Barbara, una sua tavola con La testa del Battista di forte gusto romantico. L'ultima opera del G., rimasta incompiuta per la sua morte, fu il quadro di grandi dimensioni raffigurante Il giuramento della Magna Charta d'Inghilterra (ubicazione ignota).
Il G. morì a Firenze il 7 febbr. 1853 e venne sepolto nel chiostro di S. Croce.
Richiesto e stimato in vita, il G. ha conosciuto un lungo oblio dalla fine del secolo scorso fino a oggi, tanto che, anche nei repertori più importanti, gli vengono dedicate solo poche righe e il suo cognome è spesso trasformato in Gazzarini.
I contemporanei del G. apprezzarono particolarmente, nel suo stile, la maniera di condurre il panneggio e la volontà di superare il linguaggio convenzionale dell'accademia con aperture al gusto verista e a quello romantico (anche se, come insegnante, si manifestò sempre abbastanza fedele ai precetti tradizionali). Egli si dedicò principalmente alle opere di carattere sacro, ma praticò con successo anche soggetti storici e, con notevoli risultati, il ritratto. Proprio come ritrattista, però, ricevette i giudizi più sfavorevoli da alcuni critici del tempo per la libertà con la quale si accostava al lavoro, trasgredendo le regole convenute per quanto riguarda sia il disegno sia il colorito. Fra i ritratti più noti e stimati (ma, secondo il Menasci, "rigidi e stecchiti") sono quelli eseguiti per i Lorena: Maria Antonietta, Leopoldo II e il Granduca Ferdinando III con il figlio Leopoldo, un tempo nella Pinacoteca civica di Livorno e oggi perduti.
Fonti e Bibl.: Description de l'I. et R. Académie des beaux-arts de Florence, Firenze 1827, pp. 20 s., 24, 71; F.D. Guerrazzi, in L'Indicatore livornese, 14 dic. 1829; E. Montazio, Le belle arti in Firenze. Lettere ad un amico, III, Pittura. Gazzarrini. I disegni del Della Porta e del Buonaiuti, in La Rivista, 22 nov. 1845; Catalogo della Esposizione di belle arti in Firenze, Firenze 1851, pp. 18 s.; G. Tigri, Guida di Pistoia e del suo territorio, Pistoia 1853, p. 343; Le Arti del disegno, 7 febbr. 1855; G.E. Saltini, Le arti belle in Toscana, Firenze 1862, p. 54; F. Pera, Ricordi e biografie livornesi, Livorno 1867, pp. 384-391; G. Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei contorni di Livorno, Livorno 1873, pp. 161, 226-228, 234, 274, 362, 528; F. Pera, Curiosità livornesi inedite o rare, Livorno 1888, pp. 328 s., 509-512; F. Brogi, Inventario generale degli oggetti d'arte della provincia di Siena, Siena 1897, pp. 316, 319; G. Menasci, Gli artisti, in Livorno nell'Ottocento, Livorno 1900, pp. 78 s.; Catalogo del Museo civico e Pinacoteca Crociani, Montepulciano 1909, p. 14; L. Servolini, T. G., in Liburni Civitas, V (1932), pp. 394-411; Roma giacobina (catal.), Roma 1974, p. 128; Palazzo de Larderel a Livorno, a cura di L. Frattarelli Fischer - M.T. Lazzarini, Milano 1992, pp. 160, 202; U. Galetti - E. Camesasca, Enc. della pittura italiana, Milano 1951, III, p. 1048; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, III, Milano 1972, p. 1414; L. Luciani - F. Luciani, Dizionario dei pittori italiani dell'Ottocento, Firenze 1974, pp. 216 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 307; Diz. enciclopedico Bolaffi…, V, p. 311.