GAUDIOSI, Tommaso
Nacque a Cava de' Tirreni (presso Salerno), probabilmente ai primi del sec. XVII, da un'antica famiglia del luogo. Si addottorò in giurisprudenza ed esercitò la professione di notaio. Figura di rilievo nei circoli culturali della città natale, fu legato da duratura amicizia con Giovanni Canale, letterato e poeta suo concittadino, con il quale condivise gli interessi culturali e l'attiva partecipazione alle locali accademie dei Ravveduti e degli Occulti. Fu inoltre in corrispondenza con numerosi esponenti del ceto forense di Cava. Alla città natale il G. fu legato da sentimenti contrastanti, che lo portarono a denigrarla, nelle rime, per il declino morale, ma a rimpiangerla nei periodi di assenza, dovuti forse a impegni professionali.
Non è noto il nome della moglie, che perse prematuramente, così come dei numerosi figli da lei avuti, nessuno dei quali gli sopravvisse.
La produzione letteraria del G. non è molto ampia. Nel 1640 pubblicò a Napoli la tragedia La Sofia, ovvero L'innocenza ferita, e nel '43 Il tempio rinascente, orazione per la consacrazione di una chiesa di Cava de' Tirreni. Le sue rime circolarono invece manoscritte per lungo tempo negli ambienti culturali da lui frequentati; grazie all'interessamento del poeta e mecenate Lorenzo Crasso, furono infine pubblicate a Napoli, nel 1671, con il titolo L'arpa poetica.
La raccolta, divisa in sei parti, fu dedicata al principe di Avellino, Francesco Marino Caracciolo. Vari gli argomenti versificati: vi sono componimenti di natura biografica, encomiastica, storica, religiosa, morale, e una sesta sezione nella quale il poeta relegò i versi d'amore composti in gioventù, non ritenendoli degni della sua età e professione. Si tratta di una produzione che, complessivamente, aderisce moderatamente ai moduli tecnici e contenutistici della poesia secentesca e marinistica, e che rivela l'ammirazione per T. Tasso, considerato un modello letterario.
Frutto di un'attività poetica protrattasi nell'arco di tutta la vita, perlopiù legata a occasioni accademiche, la raccolta manifesta l'eterogeneità dei propri materiali anche nella scelta dei modelli metrici, arrivando a includere (soprattutto nella seconda sezione, che sviluppa la tematica religiosa e storico-politica) veri e propri poemetti. Tra questi La Vergine trionfante, componimento del 1669 in tre canti in sesta rima, il poemetto in ottava rima La Vergine Madre, Il pianto d'Italia e La fenice rinascente, tradotta da Claudiano, ristampata poi autonomamente da Cesare Cimegotto (Padova 1894). Infine, il più noto Corradino, poemetto in 33 ottave che rievoca l'ingiusta fine del giovane Svevo, a partire dal tradimento perpetrato ai suoi danni da Giovanni Frangipane, signore di Astura, fino alla sua condanna, voluta da Carlo I d'Angiò re di Napoli in ossequio, sostiene il G., alla "scelerata" ragion di Stato.
Non si conosce l'anno di morte del G., commemorato da Giovanni Canale nel sonetto, non datato, "Fosti caro alle Muse, e a Febo caro".
Fonti e Bibl.: N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 297; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, Bologna 1741, p. 328; C. Cimegotto, Il pianto d'Italia. Ottave patriottiche del secolo XVII, in Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti, XVI (1899), 1, pp. 156-170; Id., Il compianto poetico di Corradino Svevo, in Rivista d'Italia, X (1907), 7, pp. 137-144; Lirici marinisti, a cura di B. Croce, I, Bari 1910, pp. 505-511; C. Jannaco, Il Seicento. Storia letteraria d'Italia, Milano 1973, pp. 186 s.; E. Risi, Poesia marinistica meridionale(G. Canale e T. G. de La Cava), Cava de' Tirreni 1976, pp. 31-57.