FECINI, Tommaso
Nacque a Siena da Francesco di Tuccio di Simone di Fecino e da Marghi di lacopo Mazzacorna nel 1441 e fu battezzato il 29 ottobre di quell'anno. La famiglia Fecini non sembra essere stata particolarmente illustre: solo pochi dei suoi membri, infatti, ricoprirono incarichi nelle magistrature dello Stato senese. Difficile poi risulta, talvolta, distinguere tra gli appartenenti a questa famiglia e i membri della famiglia Tucci e Rimbotti visto le frequenti omonimie; problema, quest'ultimo, che contribuisce a rendere difficile il delineare con precisione la stessa figura del Fecini. Una notazione importante sulla famiglia Fecini è comunque la sua appartenenza al Monte dei nove.
La carriera politica del F. è fatta soprattutto di incarichi nelle Comunità dello Stato senese. Dall'agosto 1467 all'agosto dell'anno seguente fu castellano di Castiglioncello senese e ricoprì di nuovo tale carica dal maggio del 1472; nel 1471 fu revisore dei conti del carnarlengo di Montalcino. Dal gennaio all'agosto 1482 ebbe l'incarico di commissario della Comunità di Monteriggioni e di lì scrisse numerose lettere ai Governanti senesi. Nel 1492 fu uno degli Ufficiali dei pupilli.
Nel novembre del 1471 aveva sposato Gabriella di Bartolomeo di Guidoccio di Giunta, da cui ebbe ben dodici figli. Cinque di questi figli erano già nati e la sesta stava per nascere quando, nel 1481, il F. presentò la sua denuncia alla Lira. Da essa apprendiamo che viveva nel "terzo di Città", "compagnia" di Porta Salaia e godeva di una posizione economica che potremmo definire media; venne "allirato", infatti, per 1.275 lire. Da notare ancora che in tale denuncia egli non dichiarava quale fosse la sua attività.
Si può pensare che non particolarmente buona doveva essere la situazione economica di "domina" Gabriella, quando, rimasta vedova, indirizzò nel novembre del 1495 una petizione alla Balia della città, chiedendo probabilmente un aiuto. La data di questa fichiesta (accolta dalla Balia) e quella di nascita dell'ultimo figlio, Tommaso, nato postumo nel marzo 1496, permettono di datare con certezza la morte del F. al secondo semestre del 1495.
Questi scarni dati sono gli unici sicuramente attribuibili, sulla base delle fonti archivistiche, al Fecini. In questi documenti, infatti, egli viene costantemente identificato con il cognome o con i nomi dei suoi "antecessores", sino alla quarta generazione. Nella ridotta bibliografia esistente su di lui, invece, si sostiene spesso che avrebbe coperto varie altre cariche pubbliche.
L'erudito senese Galgano Bichi, nell'introduzione a una copia - da lui fatta eseguire - della cronaca attribuita al F., sostiene che egli, benché nato nel 1441, risiedette in Concistoro già fin dal 1432 (sic!) e poi di nuovo nel 1474, fu provveditore di Biccherna nel 1459, camarlengo della magistratura dei Quattro maestri sul sale e i paschi nel 1462, uno dei quattro ufficiali della medesima magistratura l'anno seguente e di nuovo provveditore di Biccherna nel secondo semestre del 1471 (Archivio di Stato di Siena, ms. D 34, Prefazione). In seguito A. Lisini e F. Iacometti, delineando una brevissima biografia del F. nell'introduzione alla cronaca a lui attribuita e da loro curata per i Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XV, 6, riproposero alcuni di questi dati. Escludendo, ovviamente, l'ipotesi di una presenza del F. in Concistoro nel 1432, ugualmente difficile sembra poter identificare il F. con il Tommassus Francisci Tucci che ricoprì anche le altre cariche pubbliche. Vari elementi impediscono tale identificazione, innanzitutto l'età: il F., secondo il Bichi, avrebbe avuto il primo incarico nel 1459, a diciassette anni cioè, quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età o comunque l'età per risiedere nelle pubbliche magistrature. Inoltre il "Tommassus" che ricoprì le cariche è spesso qualificato come banchiere, mentre il "Tominaso Fecini" che presentò la denuncia alla Lira nel 1481 non dichiarava di esserlo, né nulla nella sua dichiarazione lo fa supporre. Infine il "Torrimassus" che ebbe questo notevole cursus honorum è quasi sempre indicato come appartenente al terzo di S. Martino, mentre l'altro viveva nel terzo di Città, così come vi aveva vissuto suo padre prima di lui. Il dato, però, più importante di tutti e forse risolutivo è la mancanza dell'indicazione del cognome Fecini accanto al nome di questo "Tommassus Francisci Tucci", che viene identificato con il nome del padre e quello dei nonno, ma mai con il cognome; anzi, in una delle fonti con scrittura posteriore è annotato il cognome Rimbotti (Ibid., Concistoro, 2336, c. 53r). Tutto ciò fa supporre che doveva trattarsi di un quasi omonimo del F., nato nel 1403 (Ibid., Biccherna, 1132, c. 195r) e quindi in grado di risiedere nel Concistoro già nel 1432 e in Biccherna nel 1459. All'origine della confusione vi può essere, oltre al desiderio di arricchire la biografia di un personaggio "troppo misterioso", un'indicazione di Celso Cittadini, il quale, elencando i nomi degli ufficiali di Biccherna nel 1471, cita tra gli altri "Tommaso di Francesco di Tuccio" e gli attribuisce lo stemma della famiglia Fecini (Ibid., ms. D 2, c. 606r).
Difficile da accettare è anche l'indicazione fornita da G. A. Pecci, il quale, sulla base del diario di A. Allegretti, sostiene che il F. nel febbraio del 1488 fu uno di coloro che congiurarono contro una riforma - mai attuata peraltro - del reggimento senese contraria agli interessi del Monte dei riformatori. Appartenendo la famiglia Fecini al Monte dei nove (elemento quest'ultimo di estrema importanza per l'attribuzione della cronaca) ed essendo i noveschi favoriti da tale riforma, questa notizia, che non trova peraltro nessuna conferma nelle fonti archivistiche, risulta per lo meno sospetta.
Ancora più arduo diviene il problema se invece di identificare il F. con un Tommaso figlio di Francesco gli si attribuisce un padre di nome Simone. Una tradizione, infatti, che risale a U. Benvoglienti, parla di un Tommaso figlio di Simone e vede in lui e in suo padre gli autori o per lo meno i collettori di una cronaca quattrocentesca. Ad essa si richiamano ancora gli editori della cronaca per i quali poi, il discorso si fa ancora più complesso; secondo la loro opinione sarebbero esistiti infatti due Fecini di nome Tommaso, l'uno figlio di Simone, l'altro figlio di Francesco, ambedue vissuti nel Quattrocento: di cui il primo avrebbe soltanto posseduto il manoscritto di una cronaca trecentesca, e l'altro sarebbe invece il compilatore di almeno una parte di una cronaca quattrocentesca. Tuttavia, l'unico dato obiettivo è che in Siena dal 1390 a tutta la prima metà del Quattrocento non risulta battezzato nessun Tommaso di Simone Fecini, ed alcuni dei dati biografici forniti dai due studiosi come la petizione della vedova e il numero dei figli sono sicuramente attribuibili al figlio di Francesco.
Per quel che riguarda la cronaca il discorso non diviene più semplice. Gli editori pubblicarono nei Rerum Italicarum Scriptores la parte finale di una cronaca che va dal 1431 al 1479, attribuendola al Fecini. Si tratta di una cronaca redatta nella seconda metà del Quattrocento, nota anche come cronaca del Bisdomini o come cronaca Aldobrandini e conosciuta in varie copie, di cui la più antica è il manoscritto - mutilo alla fine - conservato a Siena nella Biblioteca comunale degli Intronati e segnato A VI 8 e g. Secondo la critica più recente ed avvertita (E. B. Garrison) la cronaca è stata compilata sulla base di cronache precedenti e di opere sulle origini favolose della città di Siena e probabilmente doveva continuare sino al 1485. Colui che avrebbe riunito questo materiale già esistente, continuando la narrazione sino ai suoi tempi, sarebbe stato appunto il Fecini. Questa conclusione si basa su un passo della cronaca medesima (ms. A VI 8, c. 149r) dove un tale "Tommaso Fecini" dichiara di essere in possesso di una pergamena da cui ha ricopiato nella cronaca i nomi dei "consoli" dell'anno 1368. Gli editori del testo non danno, invece, importanza a questo passo, e preferiscono richiamare piuttosto l'attenzione su alcucune annotazioni marginali fatte sul manoscritto (cc. 156v, 158v, 175v) in cui un anonimo indicava il F. quale autore della narrazione, e lo accusava di aver distorto alcuni avvenimenti del suo tempo a causa dei suoi sentimenti di parte novesca. Su questa base essi arrivano a concludere che la cronaca "nell'ultima parte dopo la narrazione della battaglia di Montapertì, può attribuirsi a Tommaso Fecini, il quale per meglio sfogare i suoi rancori partigiani, ricoprì il suo nome con quello degli Aldobrandini ignoto ai Senesi" (Cronache senesi, p. XXVInota 1).
C'è da aggiungere che da un confronto tra il manoscritto A VI 8 e 9 e la denuncia alla Lira del F. (le denunce erano generalmente autografe) risulta una notevole somiglianza tra le due grafie. Le due scritture, pur nelle differenze che inevitabilmente scaturiscono dalla diversa tipologia dei testi, potrebbero essere attribuite alla medesima persona.
Le varie copie posteriori della cronaca sono conservate nella stessa Biblioteca comunale degli Intronati, nell'Archivio di Stato di Siena, e nella Biblioteca apostolica Vaticana. Il manoscritto è stato edito solo in alcune parti anche da G. Porri, La sconfitta di Montaperto. Narrazione storica tratta da un antico manoscritto con note, Siena 1836 (e poi con il titolo La sconfitta di Montaperto tratta dalle cronache raccolte da Domenico Aldobrandini, in Miscellanea storica senese, Siena 1844, pp. 1-29), e da L. Banchi, Le origini favolose di Siena secondo una presunta cronica di Tisbo colonese, Siena 1882.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Biccherna, 1132, cc. 195r, 683v (per la data di nascita del F.); 1133, cc. 371v, 385r, 411v, 429v, 443v, 478r, 496r, 548v, 572v, 605v, 625r, 655v (per la data di nascita dei figli); Gabella generale dei contratti, 263, c. 85v (vi è registrato il contratto di matrimonio); Lira, 186, c. 118r; Consiglio generale, 407, c. 253r; 408, cc. 137r, 264r; Balia, 26, cc. 29r, 42r, 62r, 96r; 37, cc. 13v, 37v; 40, cc. 53r, 57r; 504, nn. 28, 34, 44, 57, 59, 60, 93; Concistoro, 609, c. 22r; 755, c. 8r; 2045, n. 47; 2046, nn. 4, 7, 9, 26, 29, 36, 38, 58, 90, 94; 2047, nn. 28, 39, 42, 48; 2048, n. 43; 2049, n. 13; ms. A 13, c. 377r; ms A 27, p. 68; ms. D 2, c. 606r (si tratta di manoscritti genealogici sulle famiglie nobili senesi); Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, ms. B III 8: S. Titius, Historiarum Senensium ab initio urbis Senarum usque ad annum 1528, III, c. 317r; ms. C V 17: Miscellanea Benvoglienti, cc. 70r, 87r; ms A VII 35: G. A. Pecci, Indice degli scrittori sanesi, II, c. 6v.; ms. P IV 10: S. Bichi Borghesi, Biografia degli scrittori senesi, I, c. 697v; A. Allegretti, Diario senese, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, col. 822; G. A. Pecci, Mem. storico-critiche della città di Siena, I, Siena 1755, p. 65; L. A. Muratori, Lettere inedite scritte a toscani dal 1695 al 1749, Firenze 1854, p. 353 (la lettera è edita con annotazioni di G. Milanesi); G. Rondoni, Sena vetus o il Comune di Siena dalle origini alla battaglia di Montaperti, Torino 1892, p. 21 nota 1; Cronache senesi, a cura di A. Lisini-F. lacometti, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XV, 6, pp. XXIII s., XXVI s., 837-874; E. B. Garrison, Studies in the history of medioeval Italian painting, IV, 1, Florence 1960, pp. 24, 45, 48-51; Inv. dei manoscritti della Bibl. comunale di Siena, a cura di G. Garosi, I, Firenze 1978, p. 210; II, ibid. 1980, p. 45; Rep. fontium historiae medii aevi, IV, p. 438.