FASANELLA (Fascianella, Faxianella, Fagianella, Phasanella, Phasenella), Tommaso di
Nacque nel Cilento, figlio del nobile Guglielmo di Fasanella, del quale si hanno notizie intorno al 1210, e fratello del barone Pandolfo.
Cominciò la sua carriera politica al seguito di Pandolfo, che nel gennaio 1240, era stato nominato dall'imperatore Federico II capitano generale della Toscana. A partire dal 1241 ricoprì in più occasioni le funzioni di vicario del fratello., ma non dovette svolgere stabilmente questo ufficio perché si hanno notizie anche di altri vicari. In questa veste, comunque, egli comparve nel dicembre 1241 dinanzi al Comune di San Gimignano, che accoglieva dopo lunghe trattative le richieste del capitano generale, per discutere le condizioni preliminari di una tregua; il F. inoltre insediò rettori in località appartenenti al monastero di S. Salvatore sul monte Amiata, i quali successivamente, nel 1245, furono però rimossi per ordine dell'imperatore, perché non rispettavano la giurisdizione dell'abate. Nel 1242 il F., che di solito si faceva rappresentare da un giudice, assunse personalmente l'ufficio di podestà a Prato, nel quale risulta documentato dal giugno al dicembre dello stesso anno. L'assunzione di questo ufficio mirava dal punto di vista politico a sottolineare l'importanza di Prato come uno dei centri dell'amministrazione imperiale in Toscana. Nello stesso periodo fu ampliato il castello della città e negli anni successivi suo fratello Pandolfa in persona assumerà, in qualità di capitano generale, la carica di podestà.
Su proposta dello stesso Pandolfo il Comune di San Gimignano elesse il F. podestà nell'aprile 1243. Dai documenti risulta che il F. esercitò l'ufficio fino al mese di maggio, ma è probabile che egli rimanesse in carica fino alla fine dell'anno. Dopo la rivolta di Viterbo nel settembre 1243. spedì un piccolo contingente di fanteria all'esercito imperiale che assediava la città. Quando l'imperatore nel novembre 1243 diede, in concessione biennale, ad un mercante fiorentino le miniere d'argento di Montieri, presso Volterra, per rimpinguare l'erario militare, l'accordo prevedeva che il Comune di San Gimignano, retto ancora dal F., si assumesse la garanzia per l'imperatore.
Dopo il licenziamento del fratello Pandolfo, nel dicembre 1245, è assai improbabile che il F. sia tornato nei suoi feudi nel Cilento: infatti, dopo la deposizione di Federico II da parte del concilio di Lione egli partecipò, come tutti i suoi più stretti familiari, al complotto per rovesciare l'imperatore. Scoperta la congiura, dovette fuggire, insieme con Pandolfo, nel territorio della Chiesa, rifugiandosi forse, in un primo momento, a Roma. Per compensare le privazioni dell'esilio, nel dicembre 1247, papa Innocenzo IV assegnò al F. e ai suoi fratelli Gilberto e Matteo i feudi di Laurino, Balvano e Buccino in Principato, ma per il momento il privilegio garantiva solo un'aspettativa per un futuro ancora incerto. Nel marzo 1251 Si aggiunse il feudo di Scordia Inferiore, presso Siracusa, ma per quanto sappiamo il F. non ne prese mai effettivamente possesso.
La vittoria di Carlo d'Angiò su Manfredi nel 1266 consentì al F. di tornare nel Regno. Quando, nell'estate 1268, la spedizione di Corradino scosse la nuova monarchia, il F., forse nell'agosto, assunse l'ufficio di stratigoto di Salerno, dove l'appello di Corradino aveva raccolto un buon numero di adesioni. Il 10 febbr. 1269, quando il periodo più critico era superato, il F. restituì l'ufficio che non era, di regola, assegnato a baroni del suo rango e nel quale rientravano, oltre alla giurisdizione cittadina e all'amministrazione civile, anche i diritti finanziari della Corona sulla città. Nei mesi successivi, insieme con altri nobili tra i quali Ruggiero di Sanseverino conte di Marsico, prese possesso, in nome della Corona, dei beni sequestrati ai ribelli in Basilicata da una apposita commissione d'inchiesta.
Quando Carlo d'Angiò nella primavera 1270 si recò in Sicilia, dispensò il F. dai suoi obblighi di servizio feudale in Acaia, preferendo trattenerlo nel suo seguito. Nell'autunno 1271 - forse in considerazione dell'elezione dei nuovo pontefice Gregorio X - Carlo nominò Ruggiero di Sanseverino vicario a Roma: era la prima volta che il sovrano angioino sceglieva per questo incarico un nobile del Regno anziché un francese. Al Sanseverino egli affiancò, con la carica di marescallus Urbis, il F., che era legato al vicario da comuni tradizioni ed esperienze politiche, assegnandogli il comando di un contingente di 20 cavalieri e 40 scudieri. Dato che il predecessore del F., Riccardo Corvo, secondo il bilancio presentato nel 1272 dal camerlengo del Comune, risulta stipendiato fino al 27 ott. 1271, il F. assunse la sua nuova carica il 28 ottobre. Il suo compito consisteva nel garantire, con l'aiuto del contingente di cavalieri ai suoi ordini, acquartierato nelle torri del Comune, la pace nella città e nel distretto, nel mantenere l'ordine fra i nobili, e nell'assicurare i rifornimenti alimentari della città. Il periodo di servizio del vicario e del maresciallo trascorse senza particolari avvenimenti, perché l'opposizione ghibellina tra le fila della nobiltà era ancora indebolita, ed anche il conflitto scoppiato nel 1270 per la cittadina di Lariano era già stato precedentemente risolto.
Il F., che alla fine di maggio 1272, alla presenza di Carlo d'Angiò, fece da testimone in occasione degli accordi matrimoniali tra i membri delle famiglie degli Anglona e dei Caracciolo, mori a Roma mentre era ancora in carica nel luglio 1272. Già il 13 ag. 1272 Carlo d'Angiò, da Monteforte Irpino, provvide a nominare il nobile salernitano Giovanni Mansella, come suo successore pro tempore; perciò la data di morte del 13 ottobre, indicata dal Wüstenfeld, è evidentemente errata. Il F '. fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio, dove è ancora leggibile, sul pavimento, il suo epitaffio.
Il F. aveva sposato Tommasa de Saponara, vedova del feudatario di Saponara (in provincia di Potenza) Tommaso de Guasto, il quale, dopo il complotto del 1246, era morto in esilio, lasciandola erede del feudo. Da questo matrimonio nacque una figlia, Francesca, che nel 1280 era ancora sotto la tutela dello zio paterno Gilberto di Fasanella (morto nel 1282-83).
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