TOMMASO di Bossolasco
Non se ne conoscono le date di nascita e di ingresso nell'ordine dei Predicatori, collocabili forse prima della metà del Trecento; nulla si sa dell'identità dei genitori.
Tommaso è frequentemente confuso con due frati domenicani a lui più o meno contemporanei: un suo omonimo più giovane, che il 27 aprile 1388 ottenne il bacellierato a Bologna e il 1° settembre 1391 la licenza in teologia a fu quindi trasferito nel convento di Genova di cui era «filius nativus»; e Tommaso di Casasca di Chieri, il provinciale «clementista» della Lombardia Superiore nominato nel 1363 inquisitore nella Lombardia Superiore e vicario provinciale per designazione del capitolo generale di quell’anno (Acta capitulorum generalium, 1899, p. 402). Confessore del conte di Savoia, Tommaso di Casasca divenne cardinale il 30 maggio 1382 su designazione di Clemente VII e morì ad Avignone il 2 giugno 1390.
Formatosi probabilmente nel convento di San Domenico di Genova, Tommaso di Bossolasco fu maestro in teologia, priore provinciale della provincia domenicana della Lombardia superiore nel quadriennio 1374-78 e vicario generale allo scoppio del Grande Scisma di Occidente. La prima notizia sicura che lo riguarda risale al 25 luglio 1374, quando Gregorio XI inviò lui e il francescano Bartolomeo da Cherasco presso l'imperatore Giovanni V Paleologo con l’obiettivo di riunire i Greci alla chiesa di Roma (Bullarium ordinis fratrum praedicatorum [= BOP], 1730, II, doc. 30).
La legazione intendeva proseguire gli accordi intercorsi alcuni anni prima tra il papa e Giovanni V quando, il 31 ottobre 1369, l'imperatore bizantino aveva fatto pubblica conversione al cattolicesimo sottomettendosi al papa in vista dell'unione della chiesa greca e della crociata contro i Turchi, ma soprattutto dell’aiuto militare contro le potenze (Serbi, Bulgari, Veneziani, Genovesi, Selgiuchidi, Ottomani) coinvolte nelle guerre per il predominio sui mari bizantini e su Costantinopoli. Con lettera del 24 settembre 1374, il papa affidava la legazione al maestro degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, incaricandolo di allestire a proprie spese una trireme con la quale i legati «tute et commode stare possint, a romana curia usque ad dictam civitatem [di Costantinopoli] et ab inde usque saltem ad terras regni Siciliae citra Farum» (Ibid., II, doc. 33).
Qualche anno dopo (1378), Tommaso di Bossolasco fu coinvolto direttamente nelle ripercussioni sull’ordine domenicano dello scisma. Urbano VI infatti depose dalla carica il maestro generale Elia Raimondo da Tolosa, che aveva aderito a Clemente VII e alla causa avignonese, e – adottando una pratica certamente in contrasto con le Costituzioni dell’Ordine, ma non nuova – nominò Tommaso vicario generale, affidandogli la convocazione del capitolo generale che avrebbe eletto il nuovo maestro.
La nomina di Tommaso avvenne anteriormente al 7 marzo 1379, data nella quale egli provvedeva a Milano in qualità di provinciale di Lombardia e vicario generale dell’Ordine alla nomina del magister Simone di Acquaviva a inquisitore della provincia di Lombardia, della Marca di Genova e delle diocesi di Tortona e Alessandria, come si legge nella lista degli inquisitori di Alessandria riportata dal memorandum del convento della città conservato presso l'Archivum Generale Ordinis Praedicatorum (= AGOP), Liber F, p. 177 (Meersseman, 1957, p. 176 e nota 18). Il capitolo “urbanista” riunito a Bologna nella Pentecoste del 1380 avrebbe poi eletto al generalato Raimondo da Capua.
Già nei mesi successivi alla sua nomina, Tommaso aveva dovuto affrontare alcuni problemi aperti dal capitolo generale di Carcassonne del 1378 riunito ancora sotto la presidenza di Elia, e ricordato perciò dal contemporaneo cronista domenicano Pietro de Arenys come «ultimum capitulum unitum ordinis». Dovette, in particolare, porre rimedio alle epurazioni decise ai danni di molti frati della provincia di Inghilterra da quel capitolo – che Meersseman (p. 177, nota 21) ebbe a definire una «ecatombe di provinciali e di priori» –, a cominciare dal provinciale di Inghilterra deposto e sostituito da un vicario provvisorio (Acta capitulorum generalium, pp. 450-455).
Un atto del 25 agosto 1379 ci fa sapere che Tommaso e il papa affidarono la soluzione delle questioni inglesi all’arbitrato del cardinale di San Ciriaco Nicola Moschino Caracciolo, che decise il reintegro di tutti i deposti nelle loro funzioni. Sanzioni analoghe a quelle emesse ai danni dei frati della provincia d’Inghilterra erano state estese dal medesimo capitolo generale di Carcassonne alla provincia della Lombardia superiore. Allo stesso Tommaso («Bosoloscho» del testo conciliare è erroneamente corretto da Reichert in «Clarasco»: Acta capitulorum generalium, p. 455 e nota 5), «olim prior provincialis», Elia aveva contrapposto i propri partigiani Guglielmo di San Biagio, magister e «verus vicarius magistri ordinis in dicta provincia [di Lombardia superiore] cum plena potestate» e Leonardo da Felizzano, magister e «vicarius dicte provincie generalis» (ibid., p. 456).
Le disposizioni del capitolo di Carcassonne furono naturalmente respinte da Urbano VI, e Tommaso fu reintegrato nella propria funzione di vicario provinciale della Lombardia Superiore. I conventi liguri si allinearono presto alle decisioni “romane” riconoscendo l’autorità di Tommaso, diversamente dai conventi del Piemonte e della Savoia schieratisi come la Francia a favore di Clemente VII.
Tommaso fu dunque partigiano attivo della causa urbanista. Tre lettere di Urbano VI, emesse dalla cancelleria pontificia già il 26 luglio 1379 e conservate presso l’Archivio di Stato di Siena (edite da Meersseman, 1957, Appendice: pp. 195 s., docc. nrr. I-III), attestano il ruolo attivo svolto in Italia dal maestro in teologia e vicario dell’Ordine a sostegno della causa del papa romano.
Nella prima lettera, indirizzata a Gian Galeazzo Visconti, il papa si compiaceva con il Conte di Virtù per aver consentito a Tommaso di sostenere la causa dello stesso Urbano VI in tutti i conventi dei frati Predicatori presenti nei suoi domìni. Nella seconda, indirizzata a Barnabò Visconti, il papa esprimeva la gratitudine pontificia per l’aiuto dato a Tommaso nel recupero del controllo del convento domenicano di Milano. Nella terza lettera Urbano VI, su indicazione dello stesso Tommaso [« dilecto filio Thoma de Bozolasco ... referente, cognovimus »], si congratulava con l’arcivescovo di Milano Antonio da Saluzzo per la posizione da lui presa a favore della canonicità dell’elezione papale.
Tommaso da Bossolasco morì di lì a poco, il 3 ottobre 1379, e fu sepolto nella chiesa di San Domenico di Genova (oggi scomparsa). Ne dava notizia una lapide ricordata da Tommaso Agostini da Candia (AGOP, Liber KK, p. 20): «Hic iacet Rev.mus Pater Frater Thomas de Bozolasco, sacre pagine professor, vicarius generalis ordinis Predicatorum auctoritate apostolica et provincialis Lombardie Superioris, qui obiit 1379, die 3 Octobris».
La sua unica opera conosciuta è la Vita della mistica domenicana Sibillina Biscossi di Pavia, di cui Tommaso fu confessore. Il testo esalta la spiritualità mistico-penitenziale di Sibillina che, cieca come Margherita da Città di Castello, incarnò una spiritualità simile a quella della beata umbra, incentrata sulla incarnazione di Cristo e sulla eucarestia. Morta nel 1367, Sibillina Biscossi era stata sepolta nella sacrestia della chiesa domenicana di San Tommaso a Pavia.
Archivum Generale Ordinis Praedicatorum (= AGOP), XIV, Liber KK, pp. 1-349: Thomas de Augustinis a Canea, Cretensis (+ 1688), Historia conventus S. Dominici de Ianua, p. 20; AGOP, Liber F, p. 177: Notizie storiche sugli uomini illustri e sul convento di San Marco di Alessandria (ms a. 1716); Giovanni Michele Piò, Della nobile et generosa progenie del P.S. Domenico in Italia libri due, Bologna 1615, pp. 394, 397-401; Giovanni Michele Piò, Delle vite degli huomini illustri di S. Domenico, parte prima, Bologna 1620, coll. 370-372; J. Quetif - J. Echard, Scriptores ordinis praedicatorum recensiti, Lutetiae Parisiorum 1719, tomo I, cap. 662 (si definisce peraltro Tommaso «insuber» e alunno del convento di San Tommaso di Pavia); Bullarium ordinis fratrum praedicatorum (= BOP), ed. Th. Ripoll, II, Roma 1730, pp. 284-286, docc. 30, 31, 32, 33, 34; VII, 1739, pp. 69-74, doc. 241; Acta Sanctorum, Martii III, Parisiis 1865, pp. 67-71; Acta capitulorum generalium ordinis praedicatorum, II (1304-1378), ed. B.M. Reichert, Roma 1899, pp. 450-455, 455 s.; III (1380-1498), 1900, p. 27; Chronicon Petri de Arenys, in Chronica et Chronicorum excerpta historiam ordinis praedicatorum illustrantia, ed. B.M. Reichert, Roma 1904, pp. 49-111: in particolare p. 56; Registrum litterarum Fr. Raymundi de Vineis Capuani, ed. Th. Kaeppeli op, Roma 1937, pp. 204, 205, 208, 209, 212. R.P. Mortier, Histoire des maitres généraux de l’ordre des frères prêcheurs, t. III (1324-1400), Paris, 1907, pp. 452 s.; R. Loenertz o.p., Les Missions dominicaines en Orient au XIVe siècle et la Société des Frères Pérégrinants pour le Christ, in Archivum Fratrum Praedicatorum, II (1932), pp. 1-83: in particolare p. 10; A. Pernice, Giovanni V Paleologo, imperatore d'Oriente, in Enciclopedia Italiana, Roma 1933, ad vocem; M.-H. Laurent o.p., La plus ancienne légende de la B. Marguerite de Città di Castello, in Archivum Fratrum Praedicatorum, X (1940), pp. 109-131: in particolare p. 125, nota 44; G.G. Meersseman o.p., Études sur l’ordre des frères prêcheurs au début du Grand Schisme, ibid., XXV (1955), pp. 213-257; XXVII (1957), pp. 168-199; A.W. Van Ree o.p., Raymond de Capoue. Éléments biographiques, ibid., XXXIII (1963), pp. 159-241: in particolare pp. 189 s.; Th. Kaeppeli - E. Panella, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, IV, Roma 1993, pp. 343 s.; M. Hayez, Gregorio XI, in Enciclopedia dei Papi, Roma 2000, pp. 550-561; G. Villa D’Andezeno - P. Benedicenti, I Domenicani nella “Lombardia Superiore” dalle origini al 1891, a cura di p. V. Ferrua o.p., Torino 2002, p. 73, nr. 1374.