REDI, Tommaso di Bartolomeo
REDI, Tommaso di Bartolomeo. – Nacque a Siena nel 1602 da Bartolomeo, di cui non conosciamo il mestiere. Dei suoi natali senesi danno conferma le fonti a lui contemporanee (Landi, 1992, p. 74; Ugurgieri Azzolini, 1649, p. 392; Baldinucci, 1846, p. 621), mentre a determinarne la data di nascita fu per primo Ettore Romagnoli (1835, 1976), deducendola probabilmente dall’atto di morte (c. 534). Secondo Filippo Baldinucci (1846, p. 621), Tommaso fu in bottega da Pietro Tacca a Firenze a fianco del coetaneo Giovanni Gonnelli, con cui, a ridosso del 1630, si recò a Mantova al seguito del duca Carlo I Gonzaga.
A Mantova fu autore di una testa di donna, di sua invenzione, e di una testa di giovane, copia dall’Antinoo. Nell’ambiente mantovano si applicò anche nel ruolo di architetto militare in occasione dell’assedio della città nel 1630 (Ugurgieri Azzolini, 1649, p. 392; Della Valle, 1786, pp. 388 s.; Romagnoli, 1835, 1976, c. 518).
A seguito del soggiorno mantovano Redi fece un breve ritorno a Firenze, per poi trasferirsi stabilmente a Siena. Nel 1633 sposò Elisabetta, figlia del pittore Francesco Bartalini, e da lei ebbe almeno tre figli: Caterina, morta in tenera età nel 1635, Alessandro, scomparso nel 1658, e Giuseppe, vero erede dell’attività paterna, nato nel 1650.
Autore poliedrico, Tommaso Redi (da non confondere con l’omonimo pittore fiorentino vissuto tra il 1665 e il 1726) fu scultore in marmo, in legno e in bronzo, oltre che architetto. Fu probabilmente dall’apprendistato presso Tacca che imparò a gettare di bronzo, divenendo uno dei principali esponenti senesi di tale tecnica nella prima metà del Seicento (Bichi Ruspoli, 2012, p. 45). La sua attività è nota a partire dal quarto decennio del Seicento, quando, rientrato a Siena, si inserì nel solco della tradizione scultorea tracciato dalla bottega di Flaminio del Turco. Alla morte di questi, nel 1633, Redi e il coetaneo Antonio di Carlo Fancelli ne furono i principali eredi artistici (p. 61). Tuttavia, rispetto a Fancelli, Redi si collocò in una posizione intermedia tra l’eredità tardocinquecentesca e le novità secentesche, entrando in contatto e avviando collaborazioni con esponenti di due delle famiglie di artisti che maggiormente influirono sulla diffusione del linguaggio barocco a Siena in ambito scultoreo: Michele Cremona e Dionisio Mazzuoli (Ciampolini, 1988, pp. 11 s.; Bichi Ruspoli, 2012, p. 265).
Sui rapporti tra Redi e Dionisio Mazzuoli, di cui dà notizia Ettore Romagnoli, gli studi non hanno confermato alcuna collaborazione a Siena né per l’altare maggiore di S. Francesco, né per la facciata della chiesa di S. Raimondo al Refugio, né per l’altare del Taja nella chiesa di S. Vigilio. Tuttavia la prova di un loro sicuro contatto è una stima, affidata a Dionisio nel 1649, per i lavori per l’altare del Ss. Crocifisso in S. Caterina in Fontebranda, opera di Redi (Romagnoli, 1835, 1976, cc. 527-528, 531-532; Schade, 1992, pp. 254 s. n. 207; Sani, 1997, pp. 183-191; Romagnoli, 2000, pp. 440-443; Manganaro, 2014, p. 107 n. 22). Ancora da dimostrare è l’attività di Redi in S. Francesco, relativa a degli stucchi, oggi perduti, presso la parte interna della porta maggiore (Pecci, 1752, p. 114; Faluschi, 1794, p. 165).
Confutata la notizia della presunta paternità del nostro riguardo all’altare Gori Pannilini, al monumento funebre di Giulio Mancini e al corrispondente altare di famiglia, opere tutte nella chiesa di S. Martino a Siena (Romagnoli, 1835, 1976, cc. 517, 520-522), riconsegnate rispettivamente ad Ascanio Covatti (Bichi Ruspoli, 2012, p. 252), a Francesco Morelli e ad Antonio Fancelli (Maccherini, 2000, pp. 110 s.), si possono individuare come sue prime opere note quelle realizzate per l’Opera metropolitana di Siena. Per la facciata del Duomo eseguì la statua dell’Angelo (1630), collocata sulla sommità della cuspide centrale, e il rilievo di bronzo e rame dell’Assunta (1631), un tempo al centro della medesima cuspide, e probabilmente fornì i modelli per la S. Caterina e il S. Bernardino, sempre per la facciata (1633), tutte opere rimosse a fine Ottocento, con il solo Angelo sostituito da una copia (Butzek, 2006, pp. 209-211; Mazzoni, 2007, p. 155). Nel 1633 realizzò, inoltre, per il vecchio altare della congrega intitolata ai due santi, le due statue in terracotta rappresentanti S. Pietro e S. Paolo, di cui forse solo la seconda è stata individuata (Ciampolini, 1988, pp. 22 s.). Tra le opere più rilevanti, inoltre, sempre per la facciata della cattedrale senese realizzò nel 1639 i tre busti dei Beati Andrea Gallerani, Ambrogio Sansedoni e Giovanni Colombini (Butzek, 2006, p. 212).
Queste ultime opere costituiscono a oggi uno dei principali punti di riferimento per riconoscere lo stile dai tratti sintetici e nitidi di Tommaso, che si caratterizzò sempre per una linea morbida e asciutta, dai toni sobri, incline a un elegante virtuosismo nelle parti prettamente decorative delle sue composizioni.
Nel 1633 Redi realizzò un candeliere in bronzo per il magistrato del Pio Monte, opera che poi, duplicata, passò nel 1645 alla Compagnia di S. Caterina (Mengozzi, 1904, pp. 504 s.).
Nel 1637 firmò un mortaio in bronzo per il Duomo di Grosseto.
L’attività grossetana non si esaurì in tale occasione. Si ritiene infatti che abbia preso parte, tra il 1644 e il 1651, alla progettazione dell’altare maggiore del Duomo insieme ad altri autori. Alla sua mano è stato attribuito il disegno di tale altare, mentre un documento testimonia la sua paternità per il rilievo, destinato allo stesso complesso, rappresentante Dio Padre (L. Martini, in La cattedrale di San Lorenzo, 1996, pp. 66, 158 s.).
Nel 1640 dimostrò con il monumento funebre di Agostino Chigi, nella chiesa di S. Agostino a Siena, una certa apertura alle più aggiornate novità romane, probabilmente grazie ai rapporti di committenza che intrattenne con Fabio Chigi, forse diretto ispiratore del progetto (Butzek, 1985, pp. 96 s.; Colucci, 2002, pp. 132 s.). Nello stesso anno compose il sobrio ed elegante cenotafio per il duca Carlo di Guisa nella chiesa di Cuna, presso Monteroni d’Arbia (Merlotti, 1995, pp. 174 s.; Guiducci, 1990, p. 96).
Per l’Opera del duomo di Siena continuò a lavorare fino al 1647. Compare infatti nei registri di pagamenti per un modello di una tavola d’altare in argento (1642), opera a oggi non individuata (Bichi Ruspoli, 2012, p. 334, n. 49a) e, alla morte di Antonio Fancelli, gli successe nei lavori per alcuni confessionali in marmo (1646-47; Butzek, 2006, p. 214).
A cavallo tra il quarto e il quinto decennio sono da collocare i due busti-ritratto di Aurelio Chigi conservati in Vaticano e a palazzo Chigi ad Ariccia (Petrucci, 1993, pp. 97 s.). E allo stesso periodo dovrebbero risalire un altro ritratto oggi in collezione privata, raffigurante un esponente della famiglia senese dei Nerucci, e una Testa muliebre attribuita a Redi e conservata presso la collezione Chigi Saracini (Sisi, 1989, p. 225). Inoltre, in questo frangente gli venne commissionato per conto dell’Arte della lana l’altare maggiore della chiesa di S. Niccolò al Carmine, di gusto ancora tardocinquecentesco (Faluschi, 1794 p. 66; Lusini, 1907, pp. 54-57).
Sempre a Siena dal 1643 al 1649 fu impegnato nella realizzazione in marmi policromi e stucchi dell’altare maggiore della chiesa del Ss. Crocifisso, che nello stile denuncia ancora affinità con i modelli di Flaminio del Turco (Schade, 1992, pp. 254-258).
Altri lavori in stucco, oggi perduti, Redi li condusse nel 1651 presso la Compagnia di S. Stefano, con l’aiuto di Michele Cremona. A Tommaso furono affidate le parti figurative, compresa l’esecuzione a tutto tondo di dodici statue degli Apostoli (Ciampolini, 1988, pp. 11 s., 22).
Al 1653 risale l’intervento di Redi e del figlio Alessandro nella facciata della chiesa di S. Giuseppe all’Onda, per cui vennero pagati per il Nome di Cristo, il Serafino e la Testa di s. Giuseppe. La paternità di quest’ultima opera è però contesa tra Redi e Domenico Arrighetti (Cavazzini, 1998, p. 42; Fargnoli, 2011, pp. 21, 24). Dello stesso anno sarebbe anche un S. Antonio da Padova presso la pieve di Casciano delle Masse ricordato da Merlotti (1995, p. 99).
Nel 1656 fu pagato per una statua presso la fonte di Pantaneto: probabilmente un lavoro di restauro (Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 862, c. 20v).
Si segnala inoltre una recente attribuzione a Redi per il busto di Francesco Vanni nel suo cenotafio del 1656 presso la chiesa di S. Giorgio (Bichi Ruspoli, 2012, p. 71).
Morì il 18 settembre 1657 e fu seppellito nella chiesa di S. Niccolò al Carmine (Romagnoli, 1835, 1976, c. 534).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 862, c. 20v.
I. Ugurgieri Azzolini, Pompe sanesi..., II, Pistoia 1649, pp. 392 s.; G.A. Pecci, Relazione delle cose più notabili della città di Siena, Siena 1752, pp. 97, 114; G. Della Valle, Lettere sanesi, III, Roma 1786, pp. 388 s.; G. Faluschi, Breve relazione delle cose notabili della città di Siena, Siena 1794, pp. 66, 165; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi 1200-1800 (1835), X, Firenze 1976, cc. 515-534; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua..., IV, Firenze 1846, p. 621 (Firenze 1974); N. Mengozzi, Il Monte dei paschi. Lavori artistici, in Bullettino senese di storia patria, XI (1904), pp. 504 s.; V. Lusini, La chiesa di S. Niccolò del Carmine in Siena, Siena 1907, pp. 54-57; M. Butzek, Wandepitaph für Agostino di Austino Chigi, in Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, I.1.1, München 1985, pp. 96 s.; M. Ciampolini, La decorazione della soppressa compagnia di S. Stefano a Siena, Siena 1988, pp. 11 s., 21-23; C. Sisi, Scheda 59: Scultore senese, prima metà del sec. XVII, Busto muliebre coronato, in La scultura: bozzetti in terracotta, piccoli marmi e altre sculture dal XIV al XX secolo (catal., Siena), a cura di G. Gentilini - C. Sisi, I, Firenze 1989, p. 225; A.M. Guiducci, La chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo a Cuna, in Monteroni d’Arbia, arte, storia e territorio, a cura di R. Guerrini, Siena 1990, p. 96; A. Landi, Racconto del Duomo di Siena, a cura di E. Carli, Firenze 1992, pp. 74, 150 n. 81; J. Schade, Hochaltar, in Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, II.1.1, München 1992, pp. 254-258; F. Petrucci, Notizie d’archivio su alcuni busti marmorei chigiani, in Bollettino d’Arte, s. 6, 1993, n. 78, pp. 91-98; G. Merlotti, Memorie storiche delle parrocchie suburbane della diocesi di Siena, a cura di M. Marchetti, Siena 1995, pp. 99, 174 s.; La cattedrale di San Lorenzo a Grosseto. Arte e storia dal XIII al XIX secolo (catal., Grosseto), a cura di C. Gnoni Mavarelli - L. Martini, Cinisello Balsamo 1996 (in partic. L. Martini, L’arredo della Cattedrale tra Sei e Settecento, p. 66; Ead., Scheda 27: Artista senese, Studio per l’altare maggiore, p. 158; Ead., Scheda 28: T. R., Dio Padre, p. 159); B. Sani, Un episodio del Barocco a Siena: Ercole Ferrata nella Cappella del Taja in San Vigilio, in Nuovi Studi, 1997, n. 2, pp. 183-191; L. Cavazzini, Scheda 5: Domenico Arrighetti, Madonna annunciata, Angelo annunciante, in Il ritorno di San Cirino: opere d’arte restaurate ad Abbadia a Isola (catal., Abbadia a Isola), Siena 1998, p. 42; M. Maccherini, Scheda 37: Francesco Morelli, Busto di Giulio Mancini, in Alessandro VII Chigi (1599-1667). Il papa senese di Roma moderna (catal.), a cura di A. Angelini - M. Butzek - B. Sani, Siena 2000, pp. 110 s.; G. Romagnoli, La facciata della chiesa del Refugio, ibid., pp. 440-443; S. Colucci, Una lettura iconografica dei sepolcri barocchi senesi, in Bernini e la Toscana da Michelangelo al barocco mediceo e al neocinquecentismo, a cura di O. Brunetti - S.C. Cusmano - V. Tesi, Roma 2002, pp. 132 s.; M. Butzek, Chronologie, in Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, III.1.1.1, München 2006, pp. 209-215; G. Mazzoni, La testa ritrovata del San Bernardino già sulla cuspide sinistra della facciata del Duomo di Siena, in La facciata del Duomo di Siena. Iconografia, stile, indagini storiche e scientifiche, a cura di M. Lorenzoni, Siena 2007, pp. 154-157; N. Fargnoli, Il San Giuseppe in terracotta e il Crocifisso ligneo: arte e devozione nell’Oratorio della Contrada dell’Onda, in Di sacro e di profano, a cura di S. Losi, Monteriggioni 2011, pp. 21-24; I. Bichi Ruspoli, Scalpellini, stuccatori e intagliatori in legno. Scultura decorativa a Siena fra tardo manierismo e barocco, tesi di dottorato, Università degli Studi di Siena, 2012, pp. 45 s., 61, 71, 252, 265-268, 334; V. Manganaro, Dionisio Mazzuoli da scalpellino ad architetto, e il restauro in stile «goto» della facciata meridionale del Duomo di Siena (con un’aggiunta al catalogo di Nicola Pisano), in Prospettiva, 2014, nn. 153-154, pp. 95-116.
Si ringrazia Andrea Bacchi per la segnalazione del ritratto di un esponente della famiglia Nerucci.