TOMMASO da Siena
TOMMASO da Siena. – Nacque a Siena verso il 1350 (dichiarò infatti nel 1412 di avere sessantadue anni: cfr. Il Processo Castellano, 1942, p. 28) da Antonio, figlio di Antoniaccio (Naccio, da cui a volte la denominazione Nacci) e da Paola, ed ebbe un fratello, Ambrogio: tutti sono citati nel Necrologio del convento di S. Domenico in Camporegio.
Il cognome Caffarini, segnalato dalla seconda metà del Seicento e spesso attribuitogli, non trova fondamento nelle sue opere (egli si nomina frate Tommaso, o Tommaso di Antonio da Siena) e nelle fonti contemporanee.
Dovette compiere i suoi primi studi a Siena e quivi entrare nell’Ordine dei predicatori verso il 1364: nella Leggenda di Maria da Venezia (1403) si dice «in esso ordine pocho men che quadragenario» (Sorelli, 1984, p. 154). Seguì il percorso di preparazione usuale per i domenicani nel convento (già allora aperto alla riforma e all’osservanza regolare) di S. Domenico in Camporegio, che rimase sempre quello di sua appartenenza. Vi compare nel 1373 per la prima volta, tra i componenti del capitolo, e, dopo un breve soggiorno a Pisa, vi ebbe l’incarico di maestro di logica. È ancora attestato a Siena nel 1375 e nel 1378, quando Caterina Benincasa (che tanta influenza ebbe nella sua vita) gli scrisse da Roma circa un’indulgenza concessagli da papa Urbano VI. A lei si era rivolto già nell’estate del 1374 da Prato, con una lettera esegetica sul verso 1 del salmo 130).
Dal 1380 fu a Bologna, per conseguire nello Studio domenicano i gradi teologici; ivi compose una lauda in onore della mistica senese, avendo saputo della sua morte. Negli anni Ottanta fu a Siena come lettore e priore di S. Domenico, oltre che guida spirituale delle penitenti domenicane (attività svolta, con la predicazione, anche a Firenze e Pisa). Nel 1390 per incarico del generale Raimondo da Capua fu lector Sententiarum a Bologna; quindi fu lettore a Genova, ove incontrò il certosino Stefano Maconi (già discepolo e segretario di Caterina) e nuovamente da Capua (che ne era stato direttore spirituale): a lui prestò aiuto come scrivano nella stesura della Legenda maior, che andava a rilento per le molte occupazioni dell’autore. Nel 1392 si mosse tra Pisa, Genova (ove partecipò a una corte giudiziaria dell’Ordine), e ancora Pisa, donde peregrinò in Terrasanta (fine del 1393); dopo un anno rientrò a Venezia, rimanendovi stabilmente, salvo, a quanto risulta, un viaggio in Toscana (luglio-settembre del 1398).
La vita religiosa cittadina era allora animata dalla presenza di un altro celebre predicatore, Giovanni Dominici, dal 1388 vicario di Raimondo da Capua e lettore ai Ss. Giovanni e Paolo, la sede più antica e prestigiosa dei domenicani nel centro lagunare (anche se il rinnovamento osservante – favorito dal governo veneziano – partì dall’altro convento, S. Domenico di Castello, nel 1391-92, estendendosi poi a Chioggia e ai Ss. Giovanni e Paolo, dove nel 1394 si svolse il capitolo generale). Allora fu pure ricostituito il monastero femminile del Corpus Christi, a imitazione di S. Domenico di Pisa, fondato da Chiara Gambacorta, altra seguace di Caterina. I domenicani di Venezia si occuparono pure molto delle relazioni con la società cittadina, attraverso la predicazione e la direzione spirituale, con notevole riscontro presso le famiglie dei ceti più elevati.
Tra i più solerti, oltre a Dominici, furono il giovane priore di S. Domenico, Nicolò da Ravenna (morto di peste nel 1398) e Tommaso, che fu attivo anche durante le pestilenze, rinunciando alla carica di provinciale di Grecia (attribuitagli dal maestro generale il 26 novembre 1397). A partire dalla fine del 1399, quando Dominici fu bandito dal ducato veneto (per aver organizzato nonostante i divieti una processione dei penitenti bianchi), il più moderato Tommaso vide crescere la sua influenza. Fu priore dei Ss. Giovanni e Paolo dal 1409 al 1411, e di S. Domenico (dal 1414 forse al 1429, quando rilasciò una ricevuta alla priora delle suore della penitenza). Dal 1395, dopo la visita al Santo Sepolcro, si dedicò con grande zelo alla predicazione, in varie sedi (anche chiese parrocchiali e comunità religiose), adottando talvolta nel parlare movenze di teatrale efficacia e alternando sermoni su temi tradizionali con altri dettati dalla situazione del momento, specie in tempo di peste. Molto sollecito fu anche nella direzione spirituale dei laici, rivolta a una cerchia più ristretta di persone, spesso donne, in buona parte di alto livello sociale.
Della familiarità e fiducia acquisite è significativa attestazione la sua presenza come testimone (con la relativa sottoscrizione autografa), insieme con un altro celebre domenicano osservante, Giovanni Benedetto, al testamento di Pietro Morosini, nipote del doge Michele (Venezia, 3 ottobre 1408: Archivio di Stato di Venezia, Archivio notarile, Testamenti, b. 858 bis, c. 157v). In particolare Tommaso curò la formazione e lo sviluppo in città dell’Ordine della penitenza (poi terz’ordine) di s. Domenico. La regola del 1285 (legata tradizionalmente al nome del maestro generale Munio da Zamora), destinata ai laici desiderosi di una forma di vita semplice e austera sotto la guida religiosa dei domenicani, e sino ad allora solo indirettamente riconosciuta dal papato, fu infatti approvata definitivamente da Innocenzo VII (26 giugno 1405) per impulso del frate senese.
Dal 12 luglio 1396 Raimondo da Capua gli aveva affidato l’organizzazione a Venezia di un gruppo di penitenti, specie donne; il successore Tommaso da Fermo gli aveva commesso il 6 ottobre 1402 la carica di vicario generale per i frati e le suore della penitenza in Italia, in considerazione anche dei compiti già attribuitigli, per la legittimazione del modo di vita penitenziale e la canonizzazione di Caterina. In quegli anni dunque Tommaso affrontò le complesse pratiche riguardanti la regola presso la S. Sede, mentre sosteneva la piccola comunità veneziana di penitenti, formata da un esiguo numero di uomini (fra i quali il nobile Antonio Soranzo) e da un gruppo femminile un po’ più rilevante e destinato a consolidarsi. Di tale attività rese conto in alcuni scritti, a testimonianza e sostegno dei suoi intenti. L’approvazione della regola doveva servire a rassicurare coloro che già vi aderivano e attrarre quanti volessero adottarla, ma anche a dare impulso alla causa di santificazione di Caterina, che esemplarmente l’aveva seguita. Tuttavia la posizione del papato era al riguardo poco favorevole: quindi il successivo impegno di Tommaso fu di adoperarsi per raggiungere la canonizzazione.
Gli anni più laboriosi furono quelli del Processo Castellano, la cui vicenda ebbe origine da una predica tenuta il 3 maggio 1411 ai Ss. Giovanni e Paolo dal domenicano Bartolomeo da Ferrara, che, trattando il tema della croce, parlò a lungo dei meriti della penitente senese; poco dopo, ai Ss. Apostoli, si espresse analogamente Tommaso. Ad alcuni sembrò un’esaltazione eccessiva: per placare le polemiche Francesco Bembo, vescovo della diocesi di Castello, avviò un’inchiesta, per accertare la veridicità delle virtù attribuite a Caterina e la legittimità delle celebrazioni che si svolgevano il 29 aprile, ricorrenza della sua morte. Tommaso ebbe un ruolo fondamentale in questa fase, come nella successiva raccolta di deposizioni, fornite tra il 1411 e il 1416 da due soli laici e ventidue esponenti del clero regolare, per lo più domenicani, tutti legati alla riforma osservante. Egli consegnò il 20 giugno 1412 la propria lunga attestazione, contenente dettagliate notizie sulla futura santa e alcuni suoi devoti, oltre che sulle forme di propaganda in suo favore; dell’attenzione con cui seguì l’inchiesta è prova la nota supplementare (15 marzo 1416), con chiarimenti sulla deposizione del senese Mino di Giovanni.
Tra il 1415 e il 1417 Tommaso si premurò inoltre di rendere meglio nota la figura di Caterina a diversi ecclesiastici presenti al Concilio di Costanza, facendo loro consegnare copie della Legenda maior di Raimondo da Capua e della riduzione, o Legenda minor, composta da lui stesso e pure volgarizzata da Stefano Maconi. La produzione dei manoscritti era il risultato del lavoro dello scriptorium incentrato ai Ss. Giovanni e Paolo, da lui organizzato: egli stesso indica più volte (specie nella deposizione al Processo Castellano e nel Libellus de supplemento) il contenuto e l’origine dei codici e la destinazione delle trascrizioni, a volte commissionate da personaggi di rilievo, come l’umanista greco Michele Crisolora. Numerosi i copisti impiegati: religiosi e religiose, laici, anche stranieri, penitenti domenicane. I testi da riprodurre, oltre alla Legenda maior, con i suoi adattamenti e volgarizzamenti, erano il Dialogo della divina provvidenza (o Liber virginis), nelle redazioni volgare e latina, della mistica, le sue lettere (raccolte da Tommaso in due volumi, secondo l’appartenenza dei destinatari allo stato clericale o religioso e laico) e le Orazioni, e poi le opere composte, curate o volgarizzate dallo stesso domenicano, legate alla storia dell’Ordine della penitenza e alla figura di Caterina. Grande impegno fu posto anche nell’esecuzione di immagini di lei, fatte dipingere per l’esposizione nelle chiese, o riprodotte su piccole carte, in grande quantità. Testi e immagini venivano inviati in molte località italiane ed europee e persino a Costantinopoli e Alessandria in Egitto. Tanto intensa propaganda non portò tuttavia alla canonizzazione, raggiunta solo nel 1461.
Dopo il 1417 le notizie sono scarse. Rimase a Venezia, ove morì, come generalmente si ritiene, nel 1434. I suoi resti, dopo alcuni spostamenti, sono ora sotto il secondo altare della navata destra, nella basilica dei Ss. Giovanni e Paolo. Dell’antico epitaffio sul sepolcro originario rimangono solo trascrizioni moderne.
Sue probabili immagini miniate si trovano in qualche manoscritto, in particolare del Libellus de supplemento (Siena, Biblioteca comunale, Mss., T.I.2; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 1574). Lo raffigura anche un affresco di Francesco Vanni (XVI secolo, Siena, basilica di S. Domenico).
Opere. L’incessante attività apostolica di Tommaso fu integrata da un ampio lavoro di scrittura, svolto quasi interamente entro il primo ventennio del Quattrocento. La sua produzione si inserisce in buona parte nell’ambito della letteratura agiografica: i personaggi dei testi conservati sono tutti femminili, ma egli dovette comporre anche una leggenda in volgare di s. Domenico, perduta. Nell’agosto del 1400 concluse i volgarizzamenti delle leggende latine della beata Vanna da Orvieto (di attribuzione tradizionale, ma non certa, al domenicano Giacomo Scalza) e della beata Margherita da Città di Castello (tramandata in due redazioni anonime): entrambe laiche collegate all’Ordine domenicano. Entro il luglio del 1402 terminò la stesura latina della Leggenda di Maria da Venezia, e nel 1403 ne concluse il volgarizzamento (protagonista è una giovane veneziana morta di peste nel 1399, fra le prime penitenti nella sua città e grande devota di Caterina). A Caterina sono dedicate le altre opere. La più importante ed estesa è il Libellus de supplemento legende prolixe beate Catherine de Senis, iniziato dopo il 1401 e composto in due redazioni, rispettivamente entro il 1412 e il 1417-18, a integrare il profilo della Legenda maior di Raimondo da Capua. Per rendere più agevole la diffusione della stessa Legenda, Tommaso ne preparò una riduzione (Legenda minor), in due (o tre) versioni, e un volgarizzamento (disperso), fra 1412 e 1417 circa.
L’impegno per l’approvazione della regola dei penitenti e il consolidamento dell’Ordine è documentato da due scritti: il Tractatus de ordine fratrum et sororum de penitentia sancti Dominici (la prima parte redatta in collaborazione con Bartolomeo Dominici nel 1402, un successivo complemento nel 1405, la seconda e la terza terminate nel 1407) e il Tractatus de origine atque processu status fratrum et sororum ordinis de poenitentia sancti Dominici in civitate Venetiarum (già redatto nel 1403 e completato negli anni successivi). Si aggiungono un volgarizzamento della regola di Munio da Zamora, cinque trattati brevi complementari, o Dichiaragioni (1408-14 circa). Rimangono alcune lettere, una lauda e una preghiera per Caterina e diversi sermoni.
Tommaso fu, in vita, ben noto e influente. La sua figura e i suoi scritti hanno ricevuto nel tempo una relativa attenzione, cresciuta significativamente nel Novecento, anche per vagliare le critiche di Robert Fawtier sulla sua attendibilità come biografo e principale artefice del culto di Caterina. Critiche ridimensionate dalla storiografia successiva, fondata su aggiornate edizioni di varie sue opere. Sono editi modernamente: Vita di santa Caterina da Siena, a cura di G. Tinagli, Siena 1938; Tractatus de ordine ff. de paenitentia s. Dominici, a cura di M.H. Laurent, Firenze 1938; Libellus de supplemento legende prolixe virginis beate Catherine de Senis, a cura di I. Cavallini - I. Foralosso, Roma 1974; Supplemento alla vita di S. Caterina da Siena, a cura di A. Belloni - T. Centi, Firenze 2010.
Fonti e Bibl.: Leggenda minore di s. Caterina da Siena e lettere dei suoi discepoli, a cura di F. Grottanelli, Bologna 1868, pp. 253-258, 310-313, 327-331, 338-341; R. Fawtier, Sainte Catherine de Sienne. Essai de critique des sources, I, Sources hagiographiques, Paris 1921; I necrologi di San Domenico in Camporegio (epoca cateriniana), a cura di M.H. Laurent, Siena 1937, ad ind.; Il Processo Castellano, a cura di M.H. Laurent, Milano 1942; Sanctae Catharinae Senensis Legenda minor, a cura di E. Franceschini, Milano 1942; O. Visani, Nota su Tommaso d’Antonio Nacci Caffarini, in Rivista di storia e letteratura religiosa, IX (1973), pp. 277-297; F. Sorelli, La santità imitabile. «Leggenda di Maria da Venezia» di T. da S., Venezia 1984; T. Kaeppeli - E. Panella, Scriptores ordinis praedicatorum Medii aevi, IV, Roma 1993, pp. 329-342; E. Paoli - L.G.G. Ricci, La Legenda di Vanna da Orvieto, Spoleto 1996; Dominican penitent women, a cura di M. Lehmijoki-Gardner - D.E. Bornstein - E.A. Matter, New York-Mahwah 2005, pp. 105-191; Il Processo Castellano. Santa Caterina da Siena nelle testimonianze al Processo di canonizzazione di Venezia, a cura di T.S. Centi - A. Belloni, Firenze 2009; Raimondo da Capua, Legenda maior sive Legenda admirabilis virginis Catherine de Senis, a cura di S. Nocentini, Firenze 2013.