ENZOLA, Tommaso da
Apparteneva a una nobile famiglia parmense, ma ad un ramo diverso da quello che risiedeva nel palazzo degli Adam presso il battistero della cattedrale e di cui facevano parte Guido, Giacomo e Gerardo. È probabile invece che l'E. discendesse dal ramo che aveva casa nel borgo di S. Cristina.
Nel 1274 ricoprì la carica di capitano del Popolo a Bologna, mentre quattro anni più tardi, nel secondo semestre del 1278, fu podestà di Modena, ove portò con sé i giudici Giacomo Spadario e Simone di Oddone di Ferapegora. Nell'agosto del 1279 raggiunse Reggio Emilia, ove era stato nominato capitano del Popolo, e tenne tale incarico sino al febbraio del 1280. Nel 1284 fu eletto podestà di Cremona, per il primo semestre dell'anno; vi giunse il 24 gennaio insieme con Leone Acciaiuoli, un fiorentino che era stato eletto capitano del Popolo. Nell'aprile del 1284 l'E. si trovava a Modena, proprio nei giorni in cui il suo consanguineo Giacomo, podestà di quella città, venne a morte. L'E. assunse quindi per pochissimi giorni anche la podesteria di Modena, come è testimoniato da un documento del 30 aprile, in cui è menzionato il giudice Francesco da Marano come suo assessore. Nel maggio dovette ritornare a Cremona, giacché a Modena sono ricordati come podestà Guido da Correggio ed il consanguineo Guido della Senaza da Enzola. Nel gennaio 1285 invece fu chiamato a Lucca per ricoprirvi la carica podestarile e rimase nella città toscana sino al termine dell'anno. Quattro anni più tardi, nel 1289, venne eletto podestà di Siena ed ivi ebbe modo di essere ricordato per ragioni di politica interna ed esterna.
Durante il suo mandato fece decapitare un nobile sacerdote, vicario del vescovo, ed impiccare un chierico, che era stato complice del vicario, poiché era stato possibile dimostrare che essi avevano commesso un gravissimo delitto. Ma il vescovo, Rinaldo Malavolti, per difendere il privilegio del foro ecclesiastico e la sua autonomia, scomunicò il podestà, che dovette ricorrere al tribunale della S. Sede. I Senesi, schierati per il loro podestà, gli pagarono il viaggio e il soggiorno a Roma e lo difesero dinanzi al pontefice, ottenendo la sua assoluzione. Ritornato a Siena, dove nel frattempo era stato sostituito da Barone dei Mangiadori da San Miniato, l'E. continuò lo scontro con il vescovo sino a rasentare lo scoppio di lotte civili. Alla testa del contingente senese partecipò alla battaglia di Campaldino del 1º giugno 1289 contro gli Aretini e i Senesi ghibellini, nella quale i ghibellini di Arezzo furono sconfitti.
Ritornato , a Parma nel 1290, l'E. si schierò con il gruppo guelfo della sua città e parteggiò per Guido da Correggio, che lottava contro Gerardo da Enzola, contro la famiglia dei Sanvitali e contro il vescovo, intenzionati ad attribuire la signoria di Parma al marchese d'Este. Il 13 dic. 1295 le tensioni raggiunsero l'acme: l'E., Guido da Correggio, Aldigherio della Senaza e Guglielmo Rossi attaccarono la pars episcopi, guidata da Giovannino da Sanvitale, e la sconfissero; poi si rivolsero contro Gerardo da Enzola e l'abate di San Giovanni, che erano attestati presso la beccheria di S. Giorgio, e li misero in fuga, impadronendosi dell'intera città di Parma. Il grave dissidio che divideva il casato degli Enzola poté essere appianato solo dopo il 1297 quando le due fazioni raggiunsero un accordo di pace. Frutto di questo accordo fu, a quanto pare, anche la nomina dell'E. a podestà di Perugia, per il secondo semestre del 1303, preparata presumibilmente dal consanguineo Gerardo, che era stato podestà nella medesima città nella seconda metà del 1300.
Il 26 dic. 1303 avvenne un fatto gravissimo a Parma: Pinacio da Enzola uccise Ugardo da Correggio, scatenando così le lotte civili in seno allo stesso gruppo guelfo. Dopo anni di scontri, nel marzo del 1308, l'E., i Rossi, i Lupi di Soragna e Giacomo della Senaza cacciarono dalla città Giberto da Correggio e chiamarono come podestà il cremonese Giacomo Cavalcabò, che impose ai cittadini una tassa globale di 20.000 lire imperiali da pagarsi in tre mesi. Esasperato, il 3 maggio 1308 il popolo di Parma insorse contro gli Enzola e gli Altemanni, assaltò le loro case, le saccheggiò e le bruciò. Di fronte alla violenza contro la loro famiglia e preoccupati dal fatto che i Parmensi avevano riammesso in città Pinacio della Senaza, causa di tutti i loro mali, l'E. e Giacomo della Senaza decisero di abbandonare Parma e si accordarono con Giberto da Correggio. Giunti ad Enzola, Giacomo fece insorgere il castello contro il podestà di Parma, mentre l'E. occupò la fortezza rurale di Povilio, seminando il terrore nelle terre vicine, controllate dal Comune. Il podestà Giacomo Cavalcabò nel giugno del 1308 preparò l'esercito e fece costruire i mangani per assediare le fortezze di Povilio e di Enzola; il 10 giugno l'esercito formato da milites, balestrerii, et zapatori, giunse ad Enzola e nove giorni dopo si scontrò con Giberto da Correggio e con l'Enzola. La vittoria fu degli estrinseci e così i Correggio e gli Enzola rientrarono in Parma come signori, ma Giberto seppe sbarazzarsi ben presto degli alleati che furono costretti a ritornare nei loro castelli di campagna.
Nel 1311 l'E. era al seguito dell'imperatore Enrico VII, che lo nominò vicario imperiale nella città di Asti. Raggiunto il Comune piemontese, l'E. si schierò per il gruppo ghibellino dei Castello e dei Guttuari; condannò infatti cinque populares guelfi a pagare 200 lire ciascuno, pena il taglio di un piede. I cinque versarono la multa al Comune, anche con l'aiuto finanziario del loro gruppo politico, ma i guelfi accusarono l'E. di faziosità perché evitava di condannare i ghibellini che avevano organizzato ed appoggiato tumulti. I populares, capeggiati dai Solari, strinsero quindi rapporti con il provenzale Ugo Del Balzo, siniscalco del re Roberto d'Angiò, per ottenere aiuti militari, e per svolgere meglio le loro trame uscirono dalla città. Poterono così rompere gli indugi ed attaccare il castello di Agliano, dove si trovavano i figli di Francesco Guttuari, che furono presi prigionieri. Inoltre in Val Tinella i Solari uccisero alcuni cavalieri dell'imperatore. Uno scontro tra le due fazioni divenne inevitabile. Il 31 marzo 1312 i Solari congiunsero le forze astigiane con i soldati inviati da Roberto d'Angiò ed attaccarono i ghibellini. Si combattè con alterni successi per alcuni giorni, poi, il 4 aprile, avvenne lo scontro decisivo. I Solari, forti di 3.000 pedites bellatores e di 300 cavalieri, guidati da Ugo Del Balzo, attaccarono le truppe messe insieme dai Castello e capitanate dall'E., vicario imperiale, e le sconfissero. Mille prigionieri, in gran parte provenienti dal Monferrato, caddero nelle mani dei guelfi, che entrarono vittoriosi in Asti. La città, cacciato l'E., aderì all'alleanza guelfa e giurò fedeltà a re Roberto d'Angiò.
Dopo tale data non si hanno ulteriori notizie dell'Enzola.
Fonti e Bibl.: Guilielmi Venturae Memoriale de gestis civium Astensium et Plurium illorum, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., IX, Mediolani 1727, coll. 241 s.; A. Dei, Cronica Sanese dall'anno 1186 fino al 1352, ibid., XV, ibid. 1729, coll. 40 s.; Chronicon Parmense ab anno 1038 usque ad annum 1338, in Rer. Ital., Script., 2 ediz., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, pp. 56, 70, 106 s.; Chronicon Estense, ibid., XV, 3, a cura di G. Bertoni-P. Vicini, pp. 69 s.; Codice diplomatico cremonese, II, a cura di L. Astegiano, in Monumenta historiae patriae, XXI, Augustae Taurinorum 1895, p. 198; Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, IV, 1, a cura di I. Schwalm, in Mon. Germ. Hist., Legum sectio IV, Hannoverae et Lipsiae 1904-1906, p. 534; G. Tommasi, Dell'historia di Siena, Venezia 1625, pp. 120-130; L. A. Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750, VIII, Napoli 1773, p. 68; G. Savioli, Annali bolognesi, III, Bassano 1784-1794, paragr. I, p. 486; I. Affò, Storia della città di Parma, IV, Parma 1795, pp. 70, 155; E. P. Vicini, I podestà di Modena, I, Roma 1913, pp. 149 s., 159 s.