Tommaso d'Agni
Arcivescovo di Cosenza dal 1267 al 1272, fu identificato dal De Blasiis, poi dal Torraca, col pastor di Cosenza profanatore del sepolcro di Manfredi (Pg III 124 ss.). L'ipotesi, sorta in contrasto con la più corrente che vede nel pastor Bartolomeo Pignatelli (v.), si basa sull'impossibilità, per quest'ultimo, di compiere tale atto, dato che all'epoca in cui si suppone avvenisse il misfatto, egli era già stato trasferito alla sede di Messina.
Tale ipotesi è stata contestata in due studi successivi dal De Chiara il quale, con un esame puntuale dei documenti, ha dimostrato la piena possibilità e i motivi che potevano aver spinto il Pignatelli a compiere la profanazione e di conseguenza la difficoltà materiale nonché lo scarso interesse che avrebbe avuto T. a compiere l'atto sacrilego. Il nocciolo della questione, tuttavia, a nostro avviso, consiste nella veridicità dell'avvenimento: infatti non si ha alcuna testimonianza documentaria sul trafugamento del corpo di Manfredi e i cronisti si ripetono l'un l'altro riportando la notizia come frutto di voce popolare (Villani VII 9; Ricordano Malispini Hist. Flor. CLXXX); inoltre, a rigor di logica, appare un controsenso l'aver disseppellito un corpo perché in territorio feudo della Chiesa (come in effetti era il regno di Napoli) per trasferirlo di fuor dal regno (v. 131), cioè nuovamente in territorio della Chiesa. Da tutto ciò si è portati a concludere che il trafugamento del corpo di Manfredi sia stato frutto di una voce popolare forse sollecitata dal fatto che non si conosceva la tomba dello Svevo; in tal caso inserire nella diceria il Pignatelli viene più naturale che non T., il quale fra l'altro svolse la maggior parte della sua carriera ecclesiastica al di fuori del regno di Sicilia e non ebbe né evidenti motivi di contrasto né chiari punti di contatto con gli Svevi.
La vita di T. infatti appare improntata prevalentemente all'apostolato e allo studio. Nato a Lentini intorno al 1200, nel 1231, predicatore a Napoli, stabilì una comunità domenicana nel convento di Sant'Arcangelo, detto poi di San Domenico Maggiore, di cui divenne priore e ricevette nell'ordine s. Tommaso d'Aquino (1243). Diresse per qualche tempo la provincia domenicana romana e dal 1259 fu in Terra Santa come vescovo di Betlemme e legato della Santa Sede; si occupò dunque di questioni locali e più volte supplicò aiuto dall'Occidente per i Luoghi Santi. Appena rientrato in Italia, Urbano IV, allora in Orvieto, lo nominò suo vicario a Roma, e Clemente IV, il 18 aprile 1267, lo creò arcivescovo di Cosenza; infine Gregorio X lo trasferì alla sede patriarcale di Gerusalemme (17 aprile 1272) nominandolo vescovo di San Giovanni d'Acri, ove morì nel settembre 1277.