CORNELIO, Tommaso
Nato a Rovito, nei pressi di Cosenza, nel 1614, il C. fu uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica del XVII secolo nell'area meridionale. Della sua giovinezza si hanno poche notizie, quasi tutte desunte dalle elegie latine giovanili e dalle lettere dedicatorie dei Progymnasmata. Sugli studi compiuti a Cosenza presso i gesuiti il C. dette più tardi un giudizio negativo ("vulgari quadain imbutus literatura", Prog., ed. 1688, VII, p. 263). Da Cosenza si sarebbe direttamente trasferito secondo l'Aceti, a Roma, dove avrebbe compiuto gli studi di medicina tra il 1637 e il 1643, in stretto contatto con Michelangelo Ricci.
Quando allora sarebbero iniziati i rapporti con Marco Aurelio Severino, che insegnava anatomia a Napoli? Un accenno contenuto in una lettera a Cassiano Dal Pozzo può risolvere parzialmente il problema, giacché il Severino definisce il C. "gentilhuomo del mio legnaggio", cioè probabilmente suo parente. Questi anni giovanili rimangono tuttavia avvolti in una certa oscurità, dalla quale si esce solo a prezzo di non certissime supposizioni. Inviando al Severino una compassata lettera latina da Roma, 1° nov. 1644, e spiegandogli il perché di una improvvisa partenza e di un lungo silenzio, il C. scrive di aver imparato a sue spese "aulae dolos" e di condividere il giudizio negativo da tutti riservato alle corti (M. Torrini, Lettere inedite, p. 143). Nella XX elegia si parla, in effetti, di una corte, e cioè di quella di Firenze, dove avrebbe patito una amara delusione. L'elegia è piena di attesa nei confronti di Bologna. A Firenze sarebbe quindi stato nel 1643 o nel 1644. Una sua partenza per Bologna nel 1647 risulta dalla lettera al Severino del 12 genn. 1647. Sarebbero così confermate le vaghe notizie dei biografi che lo vogliono in contatto col Torricelli a Firenze e coi Cavalieri a Bologna, ma in periodi evidentemente discontinui. La preparazione del C. si svolse quindi nell'ambito della scuola galileiana, pur senza smarrire il nesso con il naturalismo calabro di Telesio, Campanella e Severino. Nella citata lettera del 1644 scrive infatti di aver cominciato da un anno a comporre un Carmen de laudibus Calabriae, cioè un poema filosofico in lode degli uomini illustri della sua terra (ibid., p. 145).
Nel 1644 è certamente a Roma, protetto da Cassiano Dal Pozzo, cioè in un ambiente di confine tra libertinismo e nuova scienza, adatto ai confronti, propizio agli ideali sincretismi che una formazione profondamente iscritta nella tradizione sensistica telesiana come quella del C. andava operando con la scuola galileiana del Ricci. Anteriore al 1644 è l'inizio delle Meditationes de mundi structura, opera rimasta manoscritta e incompleta, ma sulla quale il C. lavorò sino al 1646 (dedica a Pompeo Colonna datata 4 ott. 1646); è conservata a Roma nella Bibl. Casanatense, ms. 827 (D. IV. 38).
Le Meditationes contengono già quasi tutti i motivi dominanti della futura personalità scientifica del C.: il vigoroso spirito "moderno", la polemica antiscolastica, la forte rivendicazione delle condizioni di "filosofica" necessarie alla ricerca sperimentale. Nella Praefatio vi è il disegno dell'opera: doveva estendersi per quattro libri ed esaurire l'indagine sulla struttura dell'universo secondo il metodo matematico ("geometrice"). Sin da allora era intenzione del C. di scrivere un secondo volume de corporis umani fabrica. Era infatti consapevole della necessità di una metodologia scientifica appropriata all'analisi fisiologica, di una "instauratio" paragonabile, per coerenza di ipotesi e accumulo di conoscenze sperimentali, alla rivoluzione scientifica in atto nell'ambito dell'astronomia e della meccanica.
Sulla materia astronomica contenuta nel progetto delle Meditationes egli tornerà nei Progymnasmata e, nel 1668, in una Astronomia rimasta manoscritta e rinvenuta dal Torrini alla Bibl. nazionale di Napoli, Misc. I. D. 16, ff. 361r-421v.
Nel 1646, dietro sollecitazione del Severino, allora impegnato in un'opera sulla respirazione dei pesci, il C. insisteva presso il Torricelli e il Mersenne per ottenere una dimostrazione della presenza dell'aria nell'acqua. Era uno dei corollari delle notissime esperienze barometriche e idrostatiche della scuola romana, ma, poiché la dimostrazione non veniva, fu lo stesso C. a fornire al Severino un trattatello "de cognatione aëris et aquae" (lettera dell'8 dicembre del 1646). Il C. considerava questa sua operetta imperfetta e tornò a lavorarci nel 1649, data che compare in calce all'edizione dei Progymnasmata del 1688 (De cognatione aëris et aquae. Ad Marcum Aurelium Severinum epistola, pp. 379-399).
Anche per via dei riferimenti interni, lo opuscolo sembra riflettere l'orientamento corneliano del 1649 più che quello del 1646. È sempre presente l'impostazione analogica tra studio del macrocosmo e del microcosmo. Elemento mediatore è la nozione di "etere", presupposto necessario alla comprensione dell'unità della materia e sfondo filosofico compatibile con le analisi dei cambiamenti di stato. È accettata l'ipotesi corpuscolare cartesiana e il passaggio dallo stato gassoso a quello liquido è spiegato in termini esclusivamente meccanicistici.
Nel gennaio 1647 partì per Bologna e forse toccò altre città dell'Italia centrale e settentrionale, sempre alla ricerca di una "quiete" che, per ragioni non specificate, sembrava mancargli. A Bologna non si trovò bene a causa del clima. Sarebbe andato volentieri a Napoli, scrisse al Severino in settembre (M. Torrini, Lettere inedite, cit., pp. 149-151), ma nutriva qualche perplessità a causa dei tumulti. Infatti il Severino aveva corso il rischio di vedersi bruciata la casa per errore (lett. a C. Dal Pozzo, 30 luglio 1647). Nell'aprile 1648 tornò a Roma e riprese gli studi. Il 24 ottobre inviava infatti al Severino la prima opera stampata, con la data del 1° giugno 1648: Epistola qua motuum illorum qui vulgo ob fugam vacui fieri dicuntur vera causa per circumpulsionem ad mentem Platonis explicatur a Timaei Locrensis Cratigenae, Romae, apud Manelphum Manelphi (riedita nei Progymnasmata).È questo il momento della scelta definitiva per gli studi fisiologici, l'approfondimento del cartesianismo e l'impegnativo confronto con i residui naturalistici della sua formazione.
Con l'Epistola si pongono i due principali problemi interpretativi per la successiva analisi della filosofia corneliana e del suo influsso sulla cultura meridionale: la consumata o mancata rottura con la tradizione vitalistica del Rinascimento, e la qualità della recezione del cartesianismo. Nello studio del Badaloni è sostenuta piuttosto la tesi della continuità, legata alla teoria dell'etere-mente, ostacolo insuperabile all'accoglimento della separazione cartesiana tra mente e spiritus nella res cogitans (Introduzione a G. B. Vico, p. 78). II Garin sembra invece giudicare il ritorno a Telesio e Bruno come fenomeno di ricupero (Dal Rinascimento all'Illuminismo, p. 89), tesi più compatibile con la scoperta della rilevanza dell'influsso galileiano negli anni giovanili. Il cartesianismo entra nell'esperienza del C. in rapporto alle sue necessità di spiegazione scientifica dei fenomeni fisiologici della circolazione, nutrizione e respirazione, attraverso "una convenienza di figura, di sito, dì moto o di grandezza". L'ipotesi della circumpulsione scaturisce dalla critica al principio dell'horror vacui, come pure a quelli scolastici di attrazione, simpatia, ecc. La spiegazione del moto (punto di riferimento è sempre lo esperimento torricelliano) è più agevole entro una concezione dell'universo "pieno", la cui più sottile materia, l'etere, pervade il tutto e circonda i corpi. La loro tendenza al movimento può quindi ridursi ad una differenza di "gravitas aut levitas", può essere spiegata cioè in termini quantitativi.
Nella primavera del 1649 il C. viaggiò per tre mesi nello Stato pontificio (lettera al Severino, 19 giugno 1649), poi, dopo aver cercato invano una sistemazione con gli amici romani ed essere incorso in "tre mesi di persecuzioni fierissime", concluse che a Roma non ci sarebbe mai stato spazio per lui e pensò seriamente di trasferirsi a Napoli (lettera al Severino, 19 febbr. 1650). Prima di Pasqua era già arrivato. Nel '51 fece ancora un viaggio a Roma. Tra il '51 e il '53 insegnò privatamente, finché non ottenne la cattedra di matematica istituita dal viceré Ofiate per lui su pressione di Francesco D'Andrea (novembre 1653). Secondo la tradizione formatasi già nel Seicento, a lui si dovette quanto "ancor oggi si sa di più verosimile nella filosofia e nella medicina" (N. Cortese, I ricordi..., p. 124) e in particolare l'introduzione del cartesianismo e del gassendismo a Napoli. In seguito passò alla cattedra di medicina teoretica, unendo un limitato esercizio professionale alla ricerca e all'insegnamento. Al primo periodo napoletano appartiene un anonimo Discorso dell'eclissi, che fu recitato presso l'Accademia degli Oziosi il 29 maggio 1651 ed edito nello stesso anno, per Camillo Cavallo.
Si trattava di una sorta di presentazione del C. all'ambiente culturale della città, ma anche, grazie ad una lunga prefazione di qualche amico accademico, di una dichiarazione di guerra contro la scolastica, l'astrologia giudiziaria ed ogni forma di rifiuto conservatore delle novità scientifiche. Il C. vi è qualificato come "moderno", interlocutore di Galilei, Descartes, Gassendi, Harvey e Gilbert, ma non legato ad alcun "sistema" filosofico. In effetti, dopo aver distinto il fenomeno delle macchie solari da quello delle eclissi, sulla scorta di Galileo, e aver descritto queste ultime secondo lo schema dell'interposizione lunare o terrestre rispetto alla luce solare, il C. passa volutamente a trattare della teoria della luce secondo i Principia cartesiani; ma non manca di ribadire la propria teoria dell'etere.
Con l'inizio dell'attività del C. a Napoli si creò quel punto di riferimento per gli studi medico-filosofici che sino allora era mancato. La peste del 1656 lo costrinse a rinviare il progetto di pubblicazione dei Progymnasmata che andava intanto componendo. Ma, subito dopo il ritorno in città, riprese la consuetudine delle discussioni nella sua casa con i due fratelli D'Andrea, Leonardo Di Capua, Giovambattista Capucci, il giovane Lucantonio Porzio ed altri. La lunga gestazione della massima opera, definitivamente pronta per la stampa nel 1661 (data delle dedicatorie), si compì in un quadro collettivo. Attorno a lui si era formato un gruppo, capace di forzare la ritrosia dell'autore e di dare un senso politico alla operazione di distacco da una vecchia organizzazione culturale e da un sapere sorpassato e impotente. I Progymnasmata physica uscirono finalmente a Venezia, nel 1663, preceduti da una prefazione di Leonardo Di Capua. L'opera cadeva in un anno di aspre controversie tra il gruppo dei "moderni" e l'organizzazione ufficiale della medicina napoletana, capeggiata dal protomedico Pignataro. La soppressione di un libro di Sebastiano Bartoli, l'attacco contro le lezioni private di chimica, l'inizio della disputa sul lago di Agnano segnalavano il formarsi di un blocco avverso, cui non mancava la possibilità di mobilitare il potere politico e il religioso contro la "filosofia moderna" sospettata di ateismo. Il gruppo del C. rispose costituendosi in Accademia sotto il patrocinio dello scrivano di Razione del Regno Andrea Concublet marchese di Arena. Essa si intitolò "Investiganti", con preciso riferimento all'habitus della libera ricerca con il quale il C. aveva inteso percorrere il proprio itinerario filosofico. L'accademia accolse un gruppo più largo di aderenti, tra i quali Juan Caramuel e Sebastiano Bartoli. Erano in rapporto con la Accademia del Cimento e con la Royal Society. Eseguirono numerosi esperimenti di fisica, meccanica e idrodinamica, e molto discorsero "del vero modo di filosofare", di teoria della sensazione, di fisiologia, di embriologia. Dopo circa sei anni di vivace e polemica attività, l'Accademia fu sciolta per intervento del viceré e del Collaterale.
Leggendo i Progymnasmata physica come testimonianza di un clima intellettuale destinato a proiettarsi nei successivi decenni e come filosofia di un ceto di tendenza riformatrice, si può comprendere una delle ragioni del loro grande successo. Dopo l'edizione veneziana del 1663 ve ne furono a Francoforte 1665, Lipsia e Jena 1683, Venezia 1683, Copenaghen 1685, Napoli 1688. L'ultima edizione comprende le opere postume e fu curata dai più stretti amici del Cornelio. Il dialogo iniziale tra Stelliola, Trusiano e Bruno è una presa di posizione nettissima a favore dei moderni contro la medicina galenica, la scolastica e l'organizzazione medica ufficiale. I primi sette Progymnasmata (De ratione philosophandi, De rerum initiis, De universitate, De sole, De generatione hominis, De nutricatione, De vita) e quello postumo De sensibus, aggiunto nel 1688, rappresentano l'attuazione di un programma di fondazione epistemologica. Separata la metafisica dalle scienze naturali, l'itinerario proposto va dalla matematica, cioè il linguaggio dei fenomeni astronomici e della fisica meccanica, alla fisiologia, con la quale lo scienziato tratta i fenomeni complessi, dove non vale il procedimento per analogia e la conoscenza dell'oggetto è limitata dalla imperfezione dei sensi. La riluttanza del C. ad accogliere integralmente il meccanicismo come base epistemologica per le scienze della vita, chiarisce il modo e i limiti della recezione meridionale del cartesianismo. L'originale disegno di natura cosmologica è ripreso nell'opera sotto forma di indagine sulle teorie della materia e della struttura dell'universo, con l'attribuzione all'etere di una funzione di determinazione del moto. Già i contemporanei indicavano come contributo originale del C. (antecedente alle scoperte di Pecquet, Willis e Glisson) gli studi sui processi di nutrizione e di respirazione (Prog. VI e VII). Ma in realtà tutta la riflessione corneliana si inscrive nel dibattito europeo sul meccanicismo, dalla particolare prospettiva che gli veniva attraverso la tradizione vitalistica della filosofia meridionale. I Progymnasmata lasciano intravedere le direzioni verso le quali si sarebbe avviata la riflessione a lui successiva: un monismo materialistico variamente contesto con l'atomismo, lo scetticismo sperimentalistico, la possibilità di una nuova metafisica nella teoria della mens.
È risultata erronea l'attribuzione al C. di un ms. conservato a Cosenza dal titolo Giannettasius vel de animarum transmigratione Pythagorica Dialogus (De Franco, Un falso secentesco).
In coincidenza con la chiusura della Accademia degli Investiganti, le fonti segnalano una crisi dei membri del gruppo: il C. fece un viaggio in Puglia nel 1670 e interruppe la corrispondenza con la Royal Society (ma non mancò di fare osservazioni sul tarantismo, che comunicò nel 1672 ai corrispondenti inglesi, concludendo per la natura psicologica del fenomeno). Meditava intanto un allontanamento definitivo dalla greve atmosfera napoletana, dove era stato sempre esposto al "morso dei sicofanti". Nel 1674 fu in corrispondenza con Marcello Malpighi, sul quale aveva avuto una certa influenza scientifica, per una cattedra di medicina pratica a Padova, ma il progetto non si realizzò. Nel 1676 si ritirò in una casa fuori Napoli, con l'intenzione di non esercitare più la professione medica (lettera al Malpighi, 18 sett. 1677, trascritta in Adelmann, M. Malpighi, I, p. 406). Rimase in contatto con il bibliotecario fiorentino Magliabechi tramite il matematico Antonio Monforte. Dalla corrispondenza di questi e di altri napoletani si comprende che il clima si era deteriorato, a causa della diaspora degli Investiganti e del crescente isolamento di coloro che erano rimasti (è del 1671 una lettera dei cardinali inquisitori contro la diffusione del cartesianismo). Un avvenimento culturale di spicco fu nel 1681 la pubblicazione del Parere di Leonardo Di Capua, con il quale inizia un nuovo periodo di riflessione del gruppo innovatore. Ma contemporaneamente si ebbero le prime avvisaglie di un attacco inquisitorio contro l'intero gruppo, che sfocerà nel cosiddetto "processo agli ateisti", dei quali il C. era stato l'indiscusso maestro.
Morì a Napoli il 28 nov. 1684. I suoi funerali furono l'occasione, volutamente sottolineata da parte degli amici, di affermare il valore intellettuale e politico della svolta da lui determinata.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., Magliab., cl. VIII: lett. al Magliabechi, serie 94 (Aldimari), 344 (Raillard), 632 (Bulifon), 644 (Crasso), 690 (Nicodemo), 776 (Monforte); Napoli, Bibl. naz., ms. XI. AA. 35: lettere di M. A. Severino a C. Dal Pozzo (copia), 1644-55, ff. 52v ss.; M. Torrini, Lettere inedite di T. C. a Marco Aurelio Severino, in Atti e memorie dell'Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, XXXV (1970), pp. 139-55; G. Tellini, Tre corrispondenti di F. Redi, in Filologia e critica, I (1976), pp. 428-446; A. Bulifon, Lettere memorabili..., Pozzuoli 1698, 1, pp. 181-84 (lettera del C. a M. A. Severino); IV, pp. 136-37 (consulto del C.). Le Lettere dal Regno ad A. Magliabechi sono state successivamente pubblicate, a cura di A. Quondam e M. Rak, Napoli 1978. Cfr. inoltre: N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 296; L. Di Capua, Parere divisato in otto ragionamenti, Napoli 1681, passim; P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, IV, Napoli 1723, l. XXXVIII, passim;S.Spiriti, Mem. degli scrittori cosentini, Napoli 1750, pp. 161-65; A. Zavarrone, Bibliotheca Calabra, Neapoli 1753, pp. 152 s.; G. Mosca, Vita di Lucantonio Porzio, Napoli 1765, pp. 4-17, 102 s.; V. Ariani, Memorie della vita e degli scritti di A. Ariani, Napoli 1778, pp. 4, 81, 110; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie, V, Napoli 1811, p. 301; Biografia degli uomini ill. del Regno di Napoli, IV, Napoli 1817, ad vocem;C.Minieri Riccio, Memorie stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 107; L. Accattatis, Le biogr. degli uomini ill. delle Calabrie, II, Cosenza 1870, pp. 240-43; F. Fiorentino, Bernardino Telesio, II, Firenze 1874, pp. 235-53, 413-16; L. Amabile, Il S. Officio della Inquisizione in Napoli, II, Città di Castello 1892, pp. 53-78; F. Amodeo, Vita matem. napoletana, I, Napoli 1897, pp. 3 ss. e passim;R. Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, VI, Firenze 1900, pp. 241 ss.; G. Maugain, Etude sur l'évolution intellectuelle de l'Italie. Paris 1909, pp. 29 ss. e passim;N. Cortese, I ricordi di un avvocato nap. del Seicento, F. d'Andrea, Napoli 1923, ad Indicem;F. Nicolini, La giovinezza di G. B. Vico, in Atti dell'Accad. Pontaniana, LXI (1930, pp. 53-57; A. Aceti, Un genio cosentino negletto, Cosenza 1932; C. de Waard, L'expérience barométrique, Thouars 1936, pp. 107-35; L. Aliquò Lenzi - F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, I, Reggio Calabria 1955, pp. 201 s.; B. De Giovanni, Filosofia e diritto in F. D'Andrea, Milano 1958, ad Indicem;P. Piovani, Il pensiero filosofico merid. tra la nuova scienza e la "Scienza Nuova", in Atti della Acc. di scienze mor. e politiche di Napoli, LXX (1959), pp. 77-109; N. Badaloni, Introd. a G. B. Vico, Milano 1961, capp. 1-2; S. Mastellone, Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, Messina-Firenze 1965, cap. 4; F. Nicolini, Saggio di un repertorio biobibliografico..., Napoli 1966, sub voce Astorini; E. Garin, Storia della filosofia italiana, II, Torino 1966, pp. 864 ss.; H. B. Adelmann, Marcello Malpighi and the Evolution of Embriology, Ithaca 1966, I, pp. 209 ss., 395-98; II, pp. 768, 905 s.; M. Saccenti, Lucrezio in Toscana, Firenze 1966, pp. 34 ss.; M. H. Fisch, L'Accademia degli Investiganti, in De Homine, XXVII-XXVIII (1968), pp. 17-78 (con ampia bibl.); M. Rak, Una teoria dell'incertezza, in Filologia e letter., XV (1969), pp. 234-97; S. Mastellone, F. D'Andrea politico e giurista, Firenze 1969, cap. 5; B. De Giovanni, La vita intell. a Napoli fra la metà del '600 e la restaurazione del Regno, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli 1970. capp. 1 e 2; E. Garin, Dal Rinascimento all'Illuminismo. Saggi e ricerche, Pisa 1970, capp. 3-5; M. Torrini, A. Monforte..., in Ricerche sulla cultura dell'Italia moderna, Bari 1973, pp. 97-146; M. Baldini, Epistemologia e storia della scienza, Firenze 1974, cap. 3; G. Deffenu, Il "Progynmasmata phisica" di T. C., in Episteme, VIII (1974), pp. 190-221 (su cui cfr. E. Garin, A proposito di T. C., in Riv. crit. di storia della filos., XXXI [1976], pp. 467-70); L. De Franco, Un falso secentesco: a proposito di una pretesa opera di T. C., in Riv. crit. di storia della filos., XXX (1975), pp. 420-31; F. Crispini, Metafisica del senso e scienze della vita. T. C., Napoli 1976; M. Torrini, T. C. e la ricostr. della scienza, Napoli 1977; L. De Franco, T. C.: bibliografia, in Calabria nobilissima, XXIX (1977), pp. 42-70.