CONTARINI, Tommaso
Nato a Venezia, il 10 apr. 1562, da Giorgio (1531-1572) e da Elisabetta di Giovanni Priuli, è investito - ma nella cerimonia, svoltasi in sala dei Collegio di palazzo ducale, lo rappresenta, egli essendo indisposto, lo zio materno Alvise Priuli -, il 22 nov. 1578, dal doge della contea di "Gioppe", l'"antichissima città della Palestina", detta pure "Zaffo". Subentra dunque, nel titolo prestigioso di conte dei Zaffa, al padre, il quale - discendente del Giorgio Contarini che l'aveva per primo assunto nel 1473 per investitura, riconosciuta dalla Serenissima nel 1476, della regina di Cipro Caterina Comer - ne era stato, a sua volta, insignito nel 1560. A differenza, comunque, di quest'ultimo titolare della "prima dignità" di Cipro e ivi detentore effettivo di beni per amministrare i quali s'era valso del filosofo dalmata Francesco Patrizi già suo maestro, il C., per la conquista turca dell'isola, è conte senza reali prerogative di "giuridittione". Ciò non toglie il titolo costituisca a lungo un onore richiesto e rinnovato come risulta, ad es., dall'investitura, del 5 sett. 1714, concessa a Giorgio Contarini di Angelo, un discendente del C. (cfr. in Venezia , Bibl. del Civ. Museo Correr, Mss. Gradenigo Dolfin, 81, II, c. 338). Il grosso, tuttavia, dei beni rimasti al C. si trova nel Ferrarese; ed egli preferirà - specie al subentrare del dominio pontificio - alienare, con "permute e livelli francabili", una proprietà destinata a provocargli continui fastidi, specie per l'indefessa e intrigante "sagacità" del lucchese Paolo Saminiati che lo costringe a costose cause a Ferrara e a Roma. E, se avrà "tre sentenze assolutorie" a suo favore, una "sentenza" romana del 1608 gli addebiterà 2.000 scudi sì che - per sventarla - il C. dovrà ricorrere all'intervento del rappresentante veneto presso la S. Sede e appoggiarsi sulla argomentante dottrina confutatoria del giurista Marcantonio Pellegrini.
Riparato, durante l'epidemia del 157577, a Padova, il C., appena quindicenne, pubblica - così attestando al dedicatario, il procuratore di S. Marco Giulio Contarini, come, lungi dallo spendere "inutilmente", il tempo, si sia applicato "con tutto l'animo" allo studio - una sua traduzione dell'Oratione... della pestilenza (Padova 1577) di s. Cipriano, il vescovo africano. Una fatica di cui il C. va fiero, anche se alquanto facilitata da un precedente volgarizzamento del Sermone (s. l. né d., ma edito, comunque, nel primo '500) e da una elaborata versione presente nella silloge di Varii sermoni.. fatti volgari da Galeazzo Florimonte (Vinegia 1558, pp. 649-66). Stimolante, ad ogni modo, per il giovinetto la frequentazione dei dotto esule cipriota Giasone De Nores, il quale, anche in segno di gratitudine dell'"ocio et quiete" proficui al raccoglimento garantitigli da suo padre, gli dedica i Dellarhetorica... libri tre (Venetia 1584). Di nuovo a Venezia, ove abita nella "contrà" di S. Agnese, il C. s'accasa, il 15 sett. 1587. con Maria d'Andrea Bembo, dalla quale avrà Elisabetta, sposa nel 1613 a Girolamo Pisani di Marco, e quattro maschi: Giorgio (1592-1616) e Giovanni (1593-1615) che morranno prima di lui, Giulio (15971638) e Angelo (1598-1666).
Precedente le nozze l'avvio della carriera politica dei C. eletto ventitreenne provveditore sopra la Camera degli imprestiti. Podestà di Bergamo nel 1593-94, tratta col "commissario regio", il senatore milanese Trotto, in merito alle "pretensioni sopra le rive" dell'Adda, portando a "conclusione" i prolungati colloqui. Più volte, quindi, senatore e del Consiglio dei dieci, il C. risulta, altresì, provveditore sopra gli atti e tra i sopragastaldi. Ed è il C. il 17 sett. 1603, a capo della nutrita rappresentanza senatoria che, vestita di "seta cremesina" accoglie, a S. Giorgio in Alga, l'ambasceria dei GrigionL Scoppiata la contesa dell'interdetto, il C. viene contattato da un emissario di Cesare d'Este duca di Modena e Reggio - "principe" con il quale il C. vanta una pluriennale "amicitia et servitù", connessa questa coi suoi possessi ferraresi - caldeggiante un audacecolpo di mano, purché avvalorato dalla Serenissima, per "ricuperar" Ferrara.
Tramite il C., che riferisce dettagliatamente il contenuto dei colloqui, il duca mira in effetti a sondare la disponibilità veneziana. Il progetto si presenta allettante anche per la Repubblica: è una "bella occasione" per "sconfinarsi da questi preti, con li quali vicinando" è impossibile una serena convivenza. Al massimo, nel maggio del 1606, la tensione veneto-romana, con "strepiti" prossimi a diventare fragore d'armi, a detta del duca. È pertanto, "sicuro consiglio" - fa capire al C. - Venezia finanzi il repentino nacquisto: Ferrara diverrà, in tal modo, "antemurale" sbarrante l'accesso alle "armi" papali; nel contempo la guerra si svolgerà in territorio pontificio ché la Romagna, priva di "fortezza alcuna", sarà facilmente invadibile. E le operazioni, assicura il loquace interlocutore del C., dureranno poco poiché, "havendo ogni principe caro che in Ferrara sia piuttosto" l'Esteme "che la Chiesa, le cose si accomoderanno col negotio... e di questa maniera" Venezia "uscirà" brillantemente dall'impiccio dei "presenti travagli". Ma già in luglio il portavoce di Cesare fa notare al C. - col quale s'incontra a Verona - come, per il recente irrobustimento dell'apparato militare pontificio, il "negotio" si presenta "assai più difficile". Anziché tergiversare rimprovera - occorreva agire due mesi prima, tempestivamente, approfittando dell'elemento sorpresa. S'appalesa, nel contempo, la tremebonda titubanza dei suo signore che rende poco credibile la sua iniziale smania bellicosa. Il duca, infatti, già pronto, a suo dire, a strappare con la spada in pugno Ferrara a Paolo V, comunica, in agosto, sempre tramite il suo "gentil huomo" (il C. continua a frequentarlo, ma solo per trame informazioni sugli spostamenti di truppe nel Ferrarese e su eventuali tentativi &infiltrazioni risultanti da voci di trame antiveneziane), al C. la sua impossibilità a manifestare comprensione per la fermezza di Venezia. Egli non osa "far dichiaratione alcuna contro il papa, hora che il re di Spagna è dichiarato a suo favore".
Eletto, il 19 ag. 1607, podestà di Padova, il C. (da non confondere coll'omonimo figlio d'Alessandro, che, all'inizio del '600 è capitano delle navi e, poi, rettore a Cattaro nonché provveditor straordinario in Dalmazia; cfr. A. Tamborra, Gli Stati it. ... dopo Lepanto, Firenze 1971, pp. 27 s.) vi risiede dal marzo del 1605 al 22 sett. 1609, quando parte, salutato da versi d'accademici e da plausi di popolo quale "colmo di virtù" attestate nel corso d'una "pretura" che, prodiga di "giustitia" e "prudenza", ha reso la città "felice". Elogi scontati e, perciò, poco indicativi. Certo, ad ogni modo, l'impegno del C.: obbligando gli abitanti a sgomberare i cumuli antistanti le case e disponendo lo scarico in Brenta mantiene la città "netta" in un periodo d'eccezionali nevicate; provvede, con ingenti quantitativi "cavati fuori del territorio" alla "provisione delle biave", all'incessante "bisogno dei formento"; sorveglia la circolazione delle monete, cerca di imporre il "cambio" delle "cattive". Ardua l'amministrazione della giustizia, non tanto a causa dell'"antico e natural" - ma pur sempre controllato - "odio" popolare pei "cittadini", quanto per la presenza d'una irrequieta e rissosa massa di circa 1500 studenti, assai "difficili da governare". Propenso alla severità coi più turbolenti, il C. vórrebbe esemplari punizioni la "pena" addirittura, della "vita" per quanti girano armati, specie "d'archibusi da ruota". Stesse in lui, scaccerebbe da Padova e dal territorio, a cominciare dai goliardi quarantenni intenti solo ai "giuochi" e ad attaccar briga, tutti coloro che "o non sono qui per studiare" oppure, "se pur studiano, sono discoli et di spirito inquieto". Un rigore inceppato dagli avogadori di Comun. Si che il C. lamenta il "travaglio" da lui "ricevuto dalli magistrati di Venetia" e non solo nell'anibito penale, ma pure in quello civile.
Occorrerebbe, auspica, essi usassero più discretamente delle loro prerogative, specie coi "rettori... che non sono principianti".
Di nuovo a Venezia, il C. vi è ora ordinario del Pregadi ora della zonta ora della zonta stravacante di questi ora del Consiglio dei dieci. Nel novembredicembre 1616, essendo savio all'Eresia (nella quale veste chiede, nel maggio del 1616, la pubblicazione del decreto, del 5 marzo, dell'inquisizione romana "sopra l'indice dei libri" includente anche la dichiarazione della "sospensione" del De revolutionibus... di Nicolò Copernico) affianca, con Andrea Badocr e Giacomo Comer, il nunzio e l'inquisitore interroganti i testimoni convocati a deporre su Marcantonio De Dominis, l'arcivocscovo di Spalato improvvisamente fuggito. Va appurato come e quanto sia eretico, quale, soprattutto, sia stato il suo comportamento nel corso del governo della diocesi. Eletto, nel 1617, "capo" del sesticre di Dorsoduro. il C., dopo Il giorni 13, di "febre", muore, assistito dal medico Amalteo. a Venezia il 1° febbr. 1618.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, 54, c. 43v; 89, c. 62v; 3907/16 (per una causa tra Antonio Pizzamano e un Tommaso Contarini, discendente del C.); Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lett. di rettori..., 3/50, 54-55;86/223, 227, 234, 235, 237, 243;Ibid., Senato. Lett. rettori Padova e Padovan, filze 5 (da lett. del 29 marzo 1608), 6 (sino a lett. del 22 sett. 1609);Ibid., Provv. alla Sanità, 848, alla data di morte; Ibid., Notarile. Testamenti, 1179/356 (testamento, del 18 febbr. 1635, della vedova del C.); Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 2121. G. C. Sivos, Cronica veneta, IV, c. 65v; Ibid., 3476/XV, 10; F. Contarini, Oratione... per nome dell'acc. Ricovrata all'ill.mo... T. C...., Padova 1609; Polimnia per... T. C., Padova 1609;G. Bonifacio. ... Lettere..., Rovigo 1627, pp. 48-58, 237 es.; Prilozi [aggiunte]... M. de Domisa..., a cura di S. Liubic, in Starine..., II (1870), pp. 151-165, 170; PaoloV e la Rep. ven... Docc...., a cura di E. Comet, in Arch. ven., V (1873), pp. 61-75, 85 ss., 94 ss., 223-229, 237 ss., 241 s.; VI (1873), pp. 104-108, 115 s.; G. B. Padavino, Del governo e stato dei... Svizzeri. Relazione... 1606... 20 zugno..., Venezia 1874, p. 134 n. 14; Calendar of State Papers.. of Venice, XI, a cura di H. F. Brown, London 1904, p. 116; I libri commemoriali, a cura di R. Predelli, VII, Venezia 1907, p. 20;G. Galilei, Le opere (edizione nazionale), II, p. 600; X, p. 202; XIX, pp. 116 s.; XX, pp. 425 (confuso coll'omonimo di Gaspare), 589 (trattasi di un più tardo omonimo); P. Sarpi, Opere, a cura di G. e L. Cozzi, Milano-Napoli 1969, pp. 603 (confuso nella n. 1, come, d'altronde, nell'indice dei nomi, a p. 1334, coll'omonimo di Gaspare) - 605; Relazioni dei rettori, a cura di A. Tagliaferri, IV, Milano 1975, pp. L, 113-121; XII, ibid. 1978, p. XXXVIII; P. A. Zeno, ... Scrittoriven...., Venetia 1662, p. 34; E. A. Cicogna, Delle Inscr. Ven. ..., II, Venezia 1827, p. 250; Id., ... Bibliogr. ven...., Venezia 1847, n. 2885;L. de Mas Latrie, Les comtes de Jaffa..., in Arch. ven., XVIII (1879), p. 25 (confuso, però, coll'ornonimo di Gaspare); G. Soranzo, Bibliogr. ven...., Venezia 1885, nn. 1788, 4394 ss.; A. Pascolato, Fra P. Sarpi..., Milano 1893, p. 209;E. Callegari, La devoluzione di Ferrara..., in Riv. stor. it., XII (1895), pp. 56 s.;E. Legrand, Bibliogr. hellénique... XVe et XVIe siècle, IV, Paris 1906, pp. 269 s.; C. Foligno, Codd. di mar. ven. nelle bibl. ingl., in Nuovo Arch. ven., n. s., XIII (1907), 2, p. 170;M. Borgherini-Scarabellin, La vita... a Padova nel sec. XVII..., Venezia 1917, p. 5; G. Cozzi, La strada di san Marco..., in Archivio storico lombardo, LXXXIV (1957), pp. 125-28; B. Belotti, Storia di Bergamo, Bergamo 1959, III, p. 368 n. 72; IV, p. 486;A. Favaro, G. Galilei e lo Studio di Padova, II, Padova 1966, p. 212;Id., G. Galilei a Padova..., Padova 1968, p. 90; G. Benzoni, G. Bonifacio, in Studi veneziani, IX (1961), p. 281; B. Pullan, Rich and Poor in Renaissance Venice, Oxford 1971, p. 611;A. Tagliaferri, L'amministrazione ven. in Terraferma..., in Mem. stor. forogiuliesi, LVI (1976), p. 118 n. 11;G. Cozzi, P. Sarpi tra Venezia e l'Europa, Torino 1973, pp. 213 s.; Stato società e giustizia nella Rep. ven., a cura di G. Cozzi, Roma 1980, pp. 191 s. n.; L. Puppi-M. Universo, Padova, Bari 1982, p. 124.