CARAFA, Tommaso
Della nobile famiglia napoletana, nacque verso la metà del sec. XIV da Giovannello e da Mariella Mariscalchi ed ebbe tre fratelli, Antonio, Gurrello e Niccolò.
Nel 1390, quando Luigi II d'Angiò, sostenuto dall'antipapa Clemente VII, calava a Napoli come pretendente e iniziava la lotta che avrebbe condotto per quasi dieci anni con esito negativo contro Ladislao d'Angiò Durazzo, il C., il quale poi per tutta la vita rimase fedele ai Durazzeschi, prestò denari e fece doni a Ladislao, allora giovanetto, che si accingeva a respingere il duro attacco dell'avversario. Nel 1398, un anno prima che si concludesse la lotta fra i due contendenti con l'entrata in Napoli (10 luglio 1399) di Ladislao, il C. fu creato dal re suo ciambellano. Due anni più tardi, quando il sovrano, dopo aver dato appoggio militare a Bonifacio IX contro il conte di Fondi, Onorato Caetani, cercava di consolidare il suo potere e di riordinare il suo regno, il C. fu nominato giustiziere della Basilicata, in sostituzione di Giovanni di Trezzo. Forse egli non si recò mai in quella regione. Infatti nel corso della spedizione diretta, verso la fine del marzo 1401, in Abruzzo, dove serpeggiavano in quel momento palesi e latenti ribellioni all'autorità regia, Ladislao, sostando a Capua, sostituì il C. a Francesco Gattola, come capitano di quella città. Parecchi anni dopo, nel 1413, mentre Ladislao, occupata di nuovo Roma, la consegnava al saccheggio dei soldati, e quando stava per essere annunciato il concilio che l'anno seguente avrebbe finalmente posto fine allo scisma, il C. era nominato dal re capitano e podestà di Sezze. L'anno seguente, il 13 maggio, mentre re Ladislao era diretto minacciosamente verso Bologna, dove si era rifugiato Giovanni XXIII, il C. fu nominato podestà di Orvieto. Questo suo incarico civile in una città occupata militarmente non poteva certo essere assolto in modo soddisfacente per gli amministrati. I cittadini di Orvieto infatti, che erano divisi, dalla metà del secolo precedente nelle due fazioni dei Mercorini e dei Muffati, trovarono la concordia per opporglisi e cacciarlo dalla città, dopo aver subito la sua superbia e la sua durezza, con la quale aveva cercato di mantenere sottomessa la città, bandendo a questo fine sia i Perugini che i Senesi ed i Fiorentini, bruciando case e saccheggiando il castello di San Lorenzo. Il 21 marz0 1415 la città si consegnò a Giacomo Insulani, cardinale di S. Eustachio, legato di Giovanni XXIII. Era intanto sopravvenuta la morte di Ladislao (agosto 1414) e la sorella Giovanna II, a lui succeduta, non si avvalse forse ulteriormente dell'opera del C., poiché non risultano di lui altre notizie di attività pubbliche.
Aveva sposato Sancia d'Aquino, da cui ebbe cinque figli, Giovanni Antonio, Pasquale, Domenico, Giovanni e Fabrizio. Nel 1421 era ancora in vita perché la regina Giovanna gli confermò il possesso del casale della Castelluccia, località nel territorio di Arnone, che il C. aveva acquistato da re Ladislao.
Fonti e Bibl.: L. Fumi, Codice diplom. della città di Orvieto, Firenze 1884, pp. 654 s., 657, 659, 664; M. Monaldeschi, Comentari historici, Venetia 1584, c. 128rv; B. Aldimari, Historia geneal. della famiglia Carafa, II, Napoli 1691, pp. 13-16; N. Barone, Notizie stor. tratte dai registri di cancelleria di re Ladislao di Durazzo, in Arch. stor. per le prov. napol., XIII (1888), p. 34; L. Fumi, Orvieto..., Città di Castello 1891, p. 151; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo, I, Milano 1936, p. 246; P. Litta, Le fam. celebri ital., sub voce Carafa, tav. XV.