CAPRIOLI, Tommaso
Primogenito di Costanzo (1553-1609), figlio del giurista Camillo, e di Taddea di Marcantonio Martinengo della Pallata, nacque a Brescia nel 1575.
Famiglia, quella del C., tra le più ragguardevoli della città: investita del feudo di Capriolo ancora dall'imperatore Enrico III, un diploma di Carlo V, del 31 marzo 1553, ne aveva ribadita ed ampliata la nobiltà. Valente uomo d'arme e competentissimo in fatto d'ingegneria militare, il padre del C., dopo aver partecipato alle guerre di Fiandra distinguendosi nell'assedio d'Anversa, entrò, nel 1587, al servizio della Serenissima divenendo via via governatore di Cittadella, Corfù, Crema, Bergamo, del Polesine e di Verona.
Per suo desiderio - come attesta un rievocatore secentesco dei più insigni bresciani - il C. e il fratello minore Camillo lasciarono ancora "in tenera età" gli "aggi" domestici per le fatiche dell'"honor guerriero". Il C. per due anni combatté in Fiandra donde, nel 1597, si recò in Ungheria, per militare, al soldo dell'Impero, alle dirette dipendenze del generale Giorgio Basta, che, "innamorato delle sue virtù", nutriva per lui una vera predilezione. "Giovine d'alto spirito generoso e d'espettation singolare", a detta dello storiografo Ciro Spontoni, si dimostrò, come rileva anche un altro storiografo, Giorgio Tomasi, "ispertissimo capitano".
Questi elogi trovano conferma in un dispaccio, del 21 ag. 1606, del rappresentante veneto a Praga Francesco Soranzo, ove si accenna alle "prove mirabili et di intelligenza" fornite dal C. "in molte imprese", essendosi "trovato in quasi tutte le battaglie et in gran parte de gl'assedi et espugnationi", che gli hanno valsa la stima dei "capitani" con la "grandissima veneratione" della "soldatesca tutta". Certo il C. non risparmiò le proprie forze: spesso lamenta di non disporre d'una "hora" di riposo, di non aver "tempo né da mangiare né da dormire" nelle lettere che soleva, di tanto in tanto, spedire agli ambasciatori veneti presso la corte imperiale, sia per ribadire la propria devozione di suddito della Repubblica sia per porre le premesse d'una onorevole assunzione da parte di questa.
In compenso la carriera del C. fu rapida e brillante: nel 1599 è "mastro generale del campo imperiale nel regno dell'Ungheria superiore"; Rodolfo II - che lo conosceva di persona e che gli dona, nell'ottobre del 1600, una catena di oro del valore, secondo il rappresentante veneto Pietro Duodo, di 800 talleri - lo nomina, il 3 genn. 1602, sergente maggiore generale di campagna per la spedizione contro il Turco in Transilvania e, il 6 sett. 1605, gli conferisce il titolo di colonnello e consigliere di guerra elevandogli lo stipendio mensile a 600 fiorini. Sempre l'imperatore, in segno di particolare apprezzamento, il 10 febbr. 1607, concede al C. e al fratello Camillo (anche questi passato, nel 1600, dalla Fiandra in Ungheria) d'inquartare lo stemma colle insegne della Valacchia e d'ornarlo con un cimiero. Rilevante la partecipazione del C., che assume la direzione della "fanteria alemana" e di "tutta l'artiglieria", alla battaglia del 19 sett. 1600 a Miriszló tra l'esercito del Basta e quello di Michele il Bravo. Ed era stato soprattutto il C. ad insistere precedentemente perché il Basta, senza preoccuparsi dell'autorizzazione imperiale, appoggiasse decisamente i confederati transilvani ribelli all'autorità del voivoda.
Riconciliatisi temporaneamente il Basta e Michele e diventato Sigismondo Báthory avversario d'entrambi, quando il Basta, il 31 luglio 1601, s'accinge a marciare contro quest'ultimo, è il C. che cura la disposizione delle truppe; e, nello scontro del 3 agosto, il C. con la cavalleria insegue i fuggitivi.
Quando Radu Şerban, il candidato imperiale in Valacchia, è minacciato dal khan dei Tartari, sostenitore del moldavo Simeone Movilă, il C. accorre in suo aiuto con 1000 "cavalli valloni"; il 23-24 sett. 1602, con un fitto fuoco di sbarramento, respinge unirruento assalto della numerosissima cavalleria tartara. "Mai ho visto - scrive al Duodo il C. il 1º ottobre - tanta cavalleria insieme, né mai sentito tanti gridi né tal modo di combattere". Anche il Basta aveva scritto, il 30 settembre, al Duodo del "felice successo", ascrivendone il merito alla "diligenza usata" dal C. "in haver fatto le trinciere" per sostenere saldamente l'impeto del "cano de' tartari" e dei suoi "forsi 25 mila cavalli".
Nel 1603 il C. è imprigionato - racconta il cronista ungherese Stephan Szamosköry, e la notizia appare, in forma dubitativa, anche nel dispaccio del 7 luglio dell'ambasciatore veneziano Giacomo Vendramin - "in arce Georgina" dai fratelli Nicolò e Melchiorre Bogatti. Riesce tuttavia fortunosamente a liberarsi e a riacquistare il prestigio perduto tanto che l'11 luglio del 1604 può rivolgere un proclama ai Transilvani come "cesareae maiestatis exercituum in Transilavania supremus et generalis excubiarum magister, et in absentia... generalis", il Basta, "in Transilvania locumtenens". E il 1º nov. 1604 il rappresentante veneto Francesco Soranzo informa che il C., unitosi e co' "Belgioioso", ha costituito "un assai buon corpo di gente" per difendere la Transilvania dalla minaccia ottomana aggravata da una persistente ribellione interna. Sempre il Soranzo avvisa, il 13 giugno 1605, d'una "valorosa attione" del C. il quale, "con pochi cavalli valloni, ha posto in fugga una gran massa di... ribelli et ammazzatone forse 400".
Nell'autunno del 1606 e la primavera del 1607 il C. si reca a Vienna e a Praga, ove cerca di riscuotere circa 40.000 fiorini di cui era "creditore" pel "servitio prestato". Ed è sua ferma intenzione, una volta recuperata la somma, "venirsi a mettere al servitio" di Venezia. Ma la corte imperiale non si rivelò sollecita pagatrice se il C., nell'estate del 1608, è ancora a Praga per la stessa ragione; ammalatosi, vi muore, però, repentinamente il 3 agosto.
Tumulata la salma a Praga, il cuore venne trasportato a Brescia e collocato nel monumento funebre - opera, se non dello scultore Antonio Carra, quanto meno della sua scuola - erettogli dal padre e dal fratello Camillo nella chiesa maggiore del santuario bresciano di S. Maria delle Grazie, con una ridondante iscrizione latina che tuttora ricorda i suoi meriti, di propugnatore dell'ortodossia cattolica in terre lontane.
Quanto al fratello del C., Camillo (1577-1649) - suo compagno in Ungheria e Transilvania -, tornato in patria, ancora alla fine del 1605, perché stanco d'attendere i ritardati pagamenti e risarcimenti di somme anticipate da parte dei commissari imperiali, continuò a militare sotto le insegne della Repubblica. Governatore a Crema nel 1613; sovrintendente in Friuli della cavalleria leggera "de feudatari et stipendiati", nel pieno del conflitto veneto-arciducale, dal 23 dic. 1615 al 1º ag. 1616; "governator dell'armi" a Bergamo sino al 7 maggio 1619 e quindi "in servitio", alle dipendenze del provveditore generale di Terraferma, "in Lombardia per molti mesi". Nel settembre del 1629 è "destinato per capo da guerra presso il provveditor Trevisan"; il 20 novembre dello stesso anno è richiamato dal Friuli, ove s'era recato, ed inviato a Rovigo come sovrintendente dell'armi in Polesine; il 22 giugno 1630 è incaricato d'"ammassar una compagnia di 80 soldati a cavallo". Ma impegni di famiglia e sopraggiunte "indispositioni" lo costringono ad assentarsi da Rovigo a lungo, tanto che il Senato, sollecitatone invano il ritorno, stabilisce, il 15 maggio 1631, che "cessando egli dal servitio, cessi l'emolumento ancora". Gli ultimi suoi anni trascorsero così a Brescia, parte assorbiti dalla cura del patrimonio familiare parte dalla partecipazione all'attività dell'Accademia - di cui fu il secondo principe - degli Erranti, soliti riunirsi, sino al 1634, nel suo palazzo.
Di un omonimo del C., TommasoCaprioli - nato nel 1655 da Costanzo Caprioli (che il fratello del C., Camillo, privo di discendenza maschile, aveva nominato, nel testamento del 27 maggio 1648, "herede universale"), a sua volta figlio di Pietro, primo cugino del C., e Flaminia Avogadro -, resta memoria nelle cronache bresciane perché coinvolto, assieme al fratello Paolo, nello scandalo che, nel 1682, investì il monastero femminile di S. Caterina, da tempo "in fama di bordello". Tommaso e Paolo vennero banditi dal Consiglio dei dieci; l'ala del loro palazzo contigua al convento spianata e al suo posto eretta "una colonna di perpetua infamia, peraltro abbattuta nel 1797. Il bando di Tommaso venne comunque in seguito revocato per interessamento del granduca di Toscana e i costanti e non gratuiti "ufficii" di Camillo Martinengo Cesaresco, suo parente, avendo Tommaso sposato, ancora nel 1681, Rizzarda Martinengo Cesaresco.
Fonti e Bibl.: Sulla famiglia Caprioli e vari membri di questa, specie il C., suo fratello Camillo e il più tardo Tommaso cfr. Archivio di Stato di Brescia, Deposito Caprioli (su cui cfr. P. Guerrini, Notizie varie e bibliografia, in Mem. stor. della dioc. di Brescia, s. 6 [1935], p. 194), specie la busta 8; Brescia, Biblioteca civica Queriniana, ms. E VIII 1, m. 7: G. Gelmini, Descrizione della arma gentilizia Caprioli...; Ibid., ms. F VI 6, m. 3 (albero genealogico della famiglia Caprioli); Ibid., Arch. antico municipale, 294, 295, 297, 299, 309, 312, 313, 317, 318, 329, 333, 335, 337, 339; Venezia, Civico museo Correr, mss. P.D. C 1189/1: Scritture appartenenti alla famiglia Caprioli...; O. Rossi, Elogi… di bresciani illustri..., Brescia 1620, pp. 159, 217, 225-229, 270, 389, 443-445, 451-456; G. C. de Beaziano, La fortezza illustrata..., Brescia 1684, pp. 116 s.; Le cronache bresciane inedite..., a cura di P. Guerrini, Brescia 1927-1932, II, p. 191; IV, pp. 75 s., 96-98; V, p. 34; A. Zanetti, Delle condiz. interne di Brescia dal 1426 al 1644…, Brescia 1898, p. 98 n.; E. von Schullern-Schrattenhofen La nobile famiglia Caprioli di Brescia, in Riv. del Collegio araldico, XXVI (1928), pp. 3-8; F. Capretti, Mezzo secolo di vita vissuta a Brescia nel Seicento..., Brescia 1934, pp. 39 s.; G. Zulian, Privilegi e privilegiati in Brescia al principio del Seicento, in Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1935, Brescia 1935, pp. 72, 85, 112, 114; C. Pasero, Documenti bresciani nel R. Arch. di Stato di Torino..., in Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1939, ibid. 1939, p. 132; Storia di Brescia, Brescia 1963-64, II, p. 330; III, pp. 24 s., 26, 84 n. 6, 170, 402, 404.
Riguardano esclusivamente il C. alcuni passi di più lettere dei rappresentanti veneti a Praga P. Duodo, G. Vendramin, F. Soranzo che si trovano nell'Archivio di Stato di Venezia, Senato. Dispacci Germania, filze 30-38, contenenti anche lettere del 9, 18, 30 luglio 1601 e 19 marzo, 27 maggio, 2 sett., 1º ott. 1602 e 7 febbr. 1607, ad essi inviate dal C. e da loro trasmesse al Senato; A. Tarducci, Successo delle fattioni... vicino a Vacia nel 1597 et la battaglia... contra il Valacco nel1600..., Venetia 1601, p. 42; G. Tomasi, Delle guerre... d'Ongaria sotto... Rodolfo e Matthia..., Venetia 1621, p. 112; C. Spontoni, Historia della Transilvania..., Venetia 1638, passim; I. Calzavacca, Universitas heroum ... Brixiae..., Brixiae 1654, pp. 14 s.; Monumenta Hungariae historica, s. 2, Scriptores, XXIX, Budapest 1877, pp. 79, 94, 244-252; XXX, ibid. 1880, pp. 259, 290, 291; XXXII, ibid. 1894, pp. 38, 45; s. 3 B, Monumenta comitalia regni Transilvaniae, V, ibid. 1879, pp. 274 s., 279 s.; Documente privitóre la istoria Românilor, a cura di L. de Hurmuzaki, III, 2, Bucuresci 1888, pp. 360, 366, 372; IV, 2, ibid. 1884, p. 584; VIII, ibid. 1894, pp. 211, 218 s., 236, 240 s., 253 s.; XII, ibid. 1903, pp. 1038, 1057, 1071, 1110, 1222,1225 n. 1, 1229 n. 2; N. Iorga, Breve storia dei Rumeni con... considerarazione delle relazioni coll'Italia..., Bucarest 1911, p. 113; P. Guerrini, Il santuario di Santa Maria delle Grazie..., Brescia 1922, pp. 91 ss.; L. A. Maggiarotti, Architetti e architetture militari, II, Roma 1935, p. 347; U. Treccani, Le imprese dei più noti guerrieri bresciani, Brescia 1939, p. 7; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1943, pp. 71 s.; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare. Appendice, I, p. 509.
Sul fratello del C., Camillo, cfr. Archivio di Stato di Venezia, Senato. Lettere provveditori da terra e da mar, filze 50, in lett. del 14 marz0 1615 del provveditore generale in Terraferma A. Lando, e 51 e 52, passim in lettere del provveditore generale in Terraferma Piero Barbarigo; Ibid., Senato. Terra, regg. 85 alle cc. 192r, 206, e 89, alla c. 55r, e 92, alle cc. 267v-268r, 294v-295r, e 102, alle cc. 315, 407v-408r, e 103, alla c. 195, e 105, alle cc. 90, 124v-125r; F. Moisesso, Historia della... guerra nel Friuli..., I, Venetia 1623, pp. 70, 86, 120; G. F. Palladio, Historie della provincia del Friuli..., II, Udine 1660, pp. 290, 293; P. Antonini, Il Friuli orientale, Milano 1865, p. 309 n. 1; M. Maylender, Storia delle accad. d'Italia, II, Bologna 1927, p. 306.
Sull'omonimo del C., colpito da bando, cfr. Archivio di Stato di Venezia, Inquisitori di Stato, busta 230, nn. 203, 205, 210, 230; Ibid., Avogaria di Comun, buste 2900, n. 222 e 405 1, n. 3; I bandie sentenze dell'eccelso Consiglio di Dieci contra Tomaso e Paolo fratelli Caprioli..., editi, a Venezia nel 1682, dallo "stampator ducale" G. P. Pinelli, sono reperibili presso la Bibl. naz. Marciana di Venezia, con la segnatura Rari Ven. 358; F. Odorici, Storie bresciane..., IX, Brescia 1860, pp. 284-290; P. Molmenti, I banditi della Repubblica veneta, Firenze 1896, pp. 167 s.; A. Cassa, Imonasteri di Brescia e le monache del convento di S. Caterina..., in Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno1900, Brescia 1900, pp. 115, 132, 144; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. d. Bibl. d'Italia, LXV, p. 105 n. 55.