BAGLIONI, Tommaso
Fu tipografo, editore e libraio in Venezia, instaurando un'attività che la famiglia continuò fino al 1850. Gli inizi dell'azienda furono modesti e risalgono al 1598, quando il B. pubblicò per conto di Joh. Hannau una sua Giustificazione; ma il primo libro notevole - non per mole, ma per contenuto - stampato dal B. è del 1607. In quell'anno il Galilei, allora professore a Padova, si vide costretto a replicare alle accuse mossegli da Baldassarre Capra, e non volendo, per giustificati motivi, far stampare in Padova la sua Difesa contro le accuse di Baldassarre Capra, su consiglio dell"amico Sagredo, si rivolse al B., indicatogli come tipografo di ottima fama, diligente e sollecito. Dovette il Galilei essere soddisfatto del suo editore, giacché quando nel 1610, subito dopo aver scoperto i satelliti di Giove, si trovò a poter menare un fiero colpo al sistema aristotelico-tolemaico, si rivolse ancora al B. per la stampa del Sidereus Nuncius, che rapidissimamente il tipografo compose e stampò, per vero non senza errori, sfuggiti anche all'attenzione dell'autore che quotidianamente, nella bottega del tipografo, rivedeva i fogli di stampa appena composti. Quest'edizione è oggi tra i cimeli galileiani ricercatissima e rarissima. Nello stesso anno il B. stampava anche per suo conto, come dimostra l'edizione di quel curioso libro che è La piazza universale di tutte le professioni di Tommaso Garzoni. Nel 1615, cessata l'azienda di Girolamo Zenero, rilevò dagli aventi diritto l'insegna de "L'aquila nera" che il B. e i suoi successori usarono per oltre un secolo. Alla morte del B. la "Typographia Balleoniana" era prospera ed attivissima, affiancata da un ben fornito negozio di libraio ove si trovavano opere pubblicate in Italia e all'estero.
Il figlio Paolo, anche meglio del padre, seppe avviare a maggiori fortune la ditta, dedicandosi, sull'esempio dei cessati Giunti e dei Ciera che languivano, alla stampa del "rosso e nero", ossia dei libri liturgici, così comunemente denominati in Venezia. La stampa dei libri liturgici era stata per quasi due secoli accentrata nell'azienda dei Giunti, che di essa avevano quasi il monopolio, esportandone quantità notevolissime in tutto il mondo cattolico. Morto il secondo Tommaso Giunti (1618), i Pezzana rilevarono l'azienda dalle eredi nel 1651, ma già il monopolio non era più né giuntino né veneziano: Ch. Plantin per es., nel 1660 circa, aveva ottenuto l'esclusiva per la Spagna. Tuttavia queste edizioni rappresentavano un cespite di guadagno enorme, per quanto, secondo il parere di un editore dell'epoca, "quei libri fossero di tal spesa per la qualità della carta e degl'inchiostri, che i soli ricchissimi librai possono sostenerlo... gli vendono cari e sempre a contante". Sembra che di capitali non difettasse Paolo: di soli breviari stampò centosedici edizioni, ed ogni edizione era, quasi sempre, di diecimila copie. Ai breviari si debbono aggiungere i messali, gli antifonari e graduali, i pontificali, i martirologi. La consistenza finanziaria dell'impresa raggiunse così, ad opera di Paolo, punte elevatissime. Testimonianze contemporanee ci informano che i Baglioni conducevano sugli inizi del sec. XVIII una vita signorile: Paolo e Tommaso suo figlio "vestono bene, stanno a bottega con garzoni, hanno stamperia e guadagnano molto". Essi "non fanno libri difettosi" e il loro commercio è fiorente per la grande esportazione di "rossi e neri". Il 6 ag. 1717 i Baglioni, mediante un dono di 100.000 scudi offerto alla Repubblica, furono aggregati al patriziato veneziano. Nello stesso anno Paolo, figlio del secondo Tommaso, fu ammesso a sedere al Gran Consiglio: così tutta la famiglia Baglioni era riconosciuta patrizia, esempio unico di tale onore tributato a semplici tipografi. Del resto, fin dall'anno 1684 era stata loro concessa la "cittadinanza originaria", il che dimostra come, fin da quell'anno, essi non fossero più considerati artigiani, ma capi di azienda commerciale. Un fratello di Paolo prenderà in moglie una Barbarigo, Camilla, e l'altro fratello, Tommaso, entrerà in religione, divenendo generale della Congregazione dei canonici regolari di S. Salvatore. Intorno al 1720 i Baglioni acquistarono il palazzo Muti a San Cassiano, e vi presero stanza, conducendovi una vita confacente al loro nuovo stato.
La gravissima crisi che travagliò i librai di Venezia tra il 1750 ed il 1780 (della quale G. Gozzi ci ha lasciato una documentazione precisa e specifica) e che costrinse alla cessazione e al fallimento aziende piccole, medie e grandi (tra le quali l'Albrizziana) non scosse la fortuna dei Baglíoni. Essi costituirono un sindacato "occulto" - come riferisce il Gozzi - con i Pezzana, Simone Occhi, Tommaso Bettinelli e il Manfré, che resistette alla concorrenza sia degli editori d'Oltralpe sia di quelli italiani (napoletani, lucchesi, livornesi, triestini), e soprattutto a quella divorante attività del Remondini di Bassano, il quale, da commerciante di ferri vecchi, era divenuto padrone di una catena di aziende (cartiere, fonderia di caratteri, tipografie, calcografie, trasporti terrestri e marittimi, che gli permetteva di fissare una concorrenza a prezzi rovinosi per gli editori veneziani. La ditta dei Baglioni nel 1780 aveva ancora in attività otto torchi; impiegava tre proti, due fonditori di caratteri e sessanta operai. Le altre aziende veneziane stavano cessando l'una dopo l'altra. Travolta la Retubblica, sopravvenuti mutamenti di stato, i Baglioni sopravvissero. I loro cataloghi dai primi dell'800 al 1845 sono ancora fornitissimi. Solo nel 1850 la ditta cessò. Nessuna altra azienda editoriale in Italia, eccezion fatta per la giuntina, aveva avuto così lunga vita, pur attraversando vicende storiche tanto gravi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Riformatori dello Studio di Padova, c. 369; Ibid. Avogaria del Comun; cittadinanze originarie, busta 33; Ibid., M. Barbaro, Discendenze patrizie, p. I, c. 67; Ibid., L. Cappellari-Vivaro, Il Campidoglio veneto, II, c. 65; Venezia, Bibl. Naz. Marciana, Ms. App. It., Cl.VII,cod. 2099, Rubricales ecclesiastici seu libri rubro-nigro Venetiis prostantis...; Ibid., Catalogus amplissimum latino-italicus librorum qui e praelis typographorum Venetorum exierunt c. 333; Ibid., Catalogo degli eredi Baglioni in Venezia, 1824; Ibid., Catalogo dei libri di stampa propria ed aliena vendibili dagli eredi Baglioni, 1831; Ibid., Catalogo... Dicembre 1835; Ibid., Catalogo... Agosto 1845; G. Gozzi, Stato dell'arte degli stampatori e librai nello Stato veneto, in Opere, Firenze 1849, II, pp. 397 ss.; J.-J. De Lalande, Voyage en Italie, Genève 1790, pp. VII, 72; E. Pastorello, Bibl. storico-analitica della stampa in Venezia, Venezia 1933, passim; F. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae..., Florence 1905, p. 502; G. Morazzoni, Illibro illustrato veneziano del '700, Milano 1943, passim.