TOMMASINO di Armannino
TOMMASINO (Tommaso) di Armannino (Armannini). – Nacque a Bologna, probabilmente intorno al 1240, da Petrizolo di Armannino, già morto nel 1259, e da una Tommasina; fu il minore, sembra, di cinque figli (dopo Nicolò, Castellano, Brandano e Riccardo).
L’indizio al riguardo è costituito dal fatto che il suo nome viene ricordato quasi sempre per ultimo nella documentazione d’archivio (specie negli atti copiati nei Memoriali). La documentazione permette di individuare anche una sorella, di nome India, che nel 1272 sposò Grillo di Caccianemico di Grillo con una dote di 224 lire di bolognini.
Tommasino risulta iscritto nella matricola della società dei notai nel 1259, e come il padre, il fratello Nicolò e un nipote esercitò la professione a servizio dei privati; il 2 febbraio 1281 egli ricevette infatti le rogationes del defunto fratello Nicolò (immatricolato dal 1259 nella cappella di S. Lucia del quartiere di Porta Procola).
Le carte professionali del padre Petrizolo, deceduto da una decina di anni, furono invece commesse al nipote omonimo del nostro, Tommasino figlio di Nicolò, il 18 febbraio 1269.
Tommasino, che nel 1268 risulta essere incaricato come notaio «ad Statuta legenda» (Liber sive matricula, 1980), visse a Bologna nel corso della sua intera esistenza; nel 1259 risulta risiedere nella citata cappella di S. Lucia, ma nel 1293 probabilmente abitava (se non si tratta di un’omonimia) nella cappella di S. Donato, nel quartiere di Porta Piera, dove risiedeva anche il figlio.
Da una Maria, di famiglia imprecisata, nacque infatti forse intorno al 1260 Armannino, che fu giudice e celebre autore della Fiorita d’Italia, opera in volgare, di largo successo, composta a Fabriano tra 1325 e 1335 e dedicata a Bosone di Gubbio. Armannino compare per la prima volta in un atto del 1285 proprio insieme al padre Tommasino, in qualità di testimone; nel 1296 promosse una causa familiare contro gli eredi di suo padre per la dote della madre.
Tommasino – che comparve di frequente nei Memoriali a prova della sua fama in città, fu in affari con il fratello Riccardo (un mercator), e forse mercante egli stesso – era in vita nel 1287, allorché è menzionato in un atto di compravendita di libri, e ancora nel 1293.
Morì prima del 1296, quando è menzionato come defunto in un atto rogato nella casa del figlio: «domus domini Armanini quondam domini Thomaxini Armanini» (Archivio di Stato di Bologna, Memoriale di Pallamadexius, c. 25r).
Gli interessi culturali di Tommasino – che per ottenere la licenza a esercitare la professione di notaio aveva studiato presso la facoltà di arti in Bologna, approfondendo pertanto anche elementi di grammatica e di retorica – erano rivolti anche al diritto; il 9 ottobre 1287 egli acquistò «unum Decretum cum apparatu domini Iohannis» (Memoriale di Henrigiptus de Querçiis, c. 124r) per la cifra non irrilevante di 42 lire bolognesi. Ma la sua varia sensibilità soprattutto emerge, per quanto attiene il versante anche letterario, dall’unica opera a lui ascritta che ci è giunta: il Microcosmus o Summa dictaminis.
È tramandata da un solo manoscritto membranaceo, miniato, di 132 carte, conservato a Berna (Svizzera), presso la Burgerbibliothek, e siglato con la segnatura Mscpt. 161, allestito intorno al 1320-30 a non molti anni di distanza dalla morte di Tommasino. Il codice trasmette diverse opere di scuola riguardanti l’epistolografia, la retorica e l’ars dictaminis. Si tratta di opere tutte scritte in latino: Petrus Blesensis, Epistulae, Opuscula; estratti da Vincentius Bellovacensis, Speculum historale; Johannes de Capua et Jordanus de Terracina, Epistulae (Certamen dictaminis); excerpta dello Pseudo Cicerone, Rhetorica ad Herennium; Johannes de Sicilia, Rhetorica (Ars dictandi); Thomasinus Armannini, Microcosmus (Summa dictaminis); Johannes de Fonte, Auctoritates; estratti di Hugo de Sancto Victore, De institutione novitiorum.
Nel vivace e fecondo ambiente culturale delle scuole bolognesi, le Summe – fossero di diritto, di filosofia, di medicina, di arte notarile, di grammatica o di retorica –, compilate dai professori dello studio petroniano e circolanti nelle aule universitarie, ma rivolte a un pubblico di studiosi eterogeneo e di portata europea come i numerosi studenti di artes e di diritto che giungevano in città da ogni parte d’Italia e d’Europa, costituivano un ‘genere letterario’ diffuso e fatto oggetto di ampio commercio. Il testo di Tommasino è appunto una Summa di Ars dictaminis che possiamo attribuire con certezza, perché è firmato in fine («Thomaxinus Armannini de Bononia») e l’autore gli attribuisce un titolo: «explicit Summa dictaminis, que dicitur Microcosmus». Il testo è noto agli studiosi da un secolo (edizione in Bertoni, 1921).
Aperto da una polemica contro coloro che si nominano impropriamente retori («Sunt nonulli qui licet litterati sine lege rethorica se dictatores appelant»: ibid., p. 21), il testo si articola in capitoli che trattano della definizione della disciplina, cioè di cosa si debba intendere per dictamen, per poi proseguire con l’esposizione, tradizionale in questo genere di opera, dell’inventio vocabolorum, del cursus, delle clausole e del modo in cui si compongono le lettere e le parti di esse, come mostrano gli ampi paragrafi dedicati alla salutatio, all’exordium, alla narratio, alla petitio e alla conclusio delle epistole, cui Tommasino dedica gran parte dell’operetta.
Tra i motivi di interesse del Microcosmus fu segnalata già da Francesco Novati (1907) la proposta di una teoria sulla punteggiatura (diversa da quella già in voga a Bologna all’epoca di Tommasino, propugnata dal contemporaneo dettatore Giovanni di Bonandrea), che anticipa quella adottata poi sul cadere del secolo XIV in molte scuole della penisola italiana. A Bologna, nelle scuole dello Studium (luogo nevralgico di discussione) quella dell’ars punctandi era tematica e tecnica dibattuta: lo confermano, ad esempio, le regole di puntuazione – anch’esse risalenti al primo Trecento – contenute in una Ars dictaminis di Giovanni del Virgilio, il noto corrispondente di Dante Alighieri, nella sezione incentrata sul Nome, regole che coincidono con quelle del conterraneo e contemporaneo Pietro Boattieri. Rispetto a questa ampia produzione affiora l’originalità del pensiero di Tommasino, propenso a trasmettere attraverso il mezzo scritto informazioni più adeguate sulle pause del testo e sulle potenzialità espressive a esso collegate, grazie a una più ampia gamma di segni grafici relativi all’interpunzione che ne accentuava le pause sintattiche e l’enfatizzazione come nel caso del punto esclamativo.
Anche se la fortuna del testo non fu significativa (la tradizione manoscritta è esigua), la riflessione di Tommasino sulla punteggiatura fu in qualche modo accolta alcuni decenni più tardi, anche se non è possibile allo stato della ricerca chiarire il tramite fra il Microcosmus e le innovazioni relative al sistema d’interpunzione sviluppate alla fine del Trecento nei testi di Coluccio Salutati e di altri.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Comune, Ufficio dei Memoriali, vol. 15 (1271 sem. I), Memoriale di Guillielmus Petri Honesti, c. 142v; vol. 18 (1272, sem. I), Memoriale di Ubertinus Dominici de Cento, c. 33r; vol. 19 (1272 sem. I-II), Memoriale di Spagnolus Guidonis Spagnolis, c. 108v; vol. 22 (1273 sem. I-II), Memoriale di Bonacossa Alberti Bonacosse, cc. 83v e 86r; vol. 24 (1274 sem. I-II), Memoriale di Mercadante Ottovrini, c. 42r; vol. 26 (1275 sem. I-II), Memoriale di Arardus de Muxonibus, c. 193v; vol. 61 (1285, sem. II), Memoriale di Dominicus Mascaronis, c. 96r; vol. 69 (1287, sem. II), Memoriale di Henrigiptus de Querçiis, c. 124r; vol. 89 (1295, sem. II), Memoriale di Francischus Yvani Bentivogli, c. 70; vol. 90 (1296, sem. I), Memoriale di Pallamadexius Michaelis de Scallanis, c. 25. Liber sive matricula notariorum comunis Bononie (1219-1299), a cura di R. Ferrara - V. Valentini, Roma 1980; Commissioni notarili (1235-1289), a cura di G. Tamba, in Studio bolognese e formazione del notariato, Milano 1992, pp. 383-446.
Catalogus codicum bernensium (Bibliotheca Bongarsiana), a cura di H. Hagen, Bernae 1875, pp. 231 s.; F. Novati, Di un’Ars punctandi erroneamente attribuita a Francesco Petrarca, in Rendiconti del reale Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XLII (1907), pp. 83-118; E. Modigliani, Intorno ad una Ars punctandi attribuita al Petrarca, in Studj romanzi, VII (1911), pp. 61-74; G. Zaccagnini, Per la storia letteraria del Duecento. Notizie biografiche ed appunti dagli archivi bolognesi, in Il libro e la stampa. Bullettino ufficiale della Società bibliografica italiana, VI (1912), 2, pp. 113-160 (in partic. pp. 126 s.); Id., Notizie ed appunti per la storia letteraria del secolo XIV, in Giornale storico della letteratura italiana, LXVI (1915), pp. 309-355 (in partic. pp. 334-339); G. Bertoni, Il “Microcosmus” di T. d’Armannino, in Archivum romanicum, V (1921), pp. 19-28; P.O. Kristeller, Un’«Ars Dictaminis» di Giovanni del Virgilio, in Italia medievale e umanistica, IV (1961), pp. 181-200; G. Ghinassi, Armannino da Bologna, in Dizionario biografico degli Italiani, IV, Roma 1962, pp. 224 s.; J. Tognelli, Introduzione all’“Ars punctandi”, Roma 1963; P. Rafti, L’interpunzione nel libro manoscritto: mezzo secolo di studi, in Scrittura e civiltà, XII (1988), pp. 239-298; Armannino da Bologna, a cura di S.M. Cingolani, in Letteratura italiana, Gli autori. Dizionario bio-bibliografico, I, Torino 1990, pp. 125 s.; R. Coluccia, Teorie e pratiche interpuntive nei volgari d’Italia dalle origini alla metà del Quattrocento, in Storia della punteggiatura in Europa, a cura di B. Mortara Garavelli, Roma-Bari 2008, pp. 65-98.