SPINOLA, Tommasina (nata Lomellini)
– Nacque a Genova nel 1474 circa, figlia di Ambrogio Lomellini quondam Baldassarre e di Lombardina Lomellini.
Il padre fu importante e facoltoso esponente della nobiltà ‘vecchia’ di tradizione ghibellina e orientamento filofrancese (facente capo ai Fieschi-Fregoso, rivali degli Adorno); l’avo materno Francesco ricoprì numerosi incarichi di governo, meritando una statua commemorativa in palazzo S. Giorgio.
Attorno al 1495, Tommasina sposò il marchese Giovanni Battista Spinola di San Luca (figlio di Tommaso e di Giacobina Doria), grosso modo coetaneo, anch’egli appartenente all’ala ‘vecchia’ sostenitrice delle mire francesi sulla penisola italiana, uomo di ottima cultura e futuro doge (1531-33), dal quale ebbe forse una figlia (Luigia o Luiginetta).
In base alla cronaca di Jean d’Auton, cappellano e storiografo al seguito di Luigi XII di Francia (sceso in Italia per tessere alleanze funzionali alla salvaguardia di Milano, recente acquisto francese, 1500), Tommasina godeva già di notevole fama anche oltre i confini del Genovesato, in virtù della sua bellezza, unita a una buona cultura, quando incontrò il Cristianissimo e se ne innamorò. Teatro dell’episodio, villa Fieschi di Carignano, ove ebbe luogo il ricevimento in onore del sovrano che aveva appena compiuto il suo ingresso trionfale in città (26 agosto 1502), sancendo in tal modo il suo pieno dominio su Genova (preluso dalla cacciata degli Adorno e dalla nomina del governatore Philippe de Clèves-Revenstein, 1499). Più esattamente le Chroniques di d’Auton tramandano che Tommasina chiese a Luigi (unito in seconde nozze con Anna di Bretagna) di accettare la sua proposta di intendyo, termine genovese che indicava un vincolo affettivo di carattere platonico (latamente riconducibile ai canoni dell’amor cortese) e che il Cristianissimo accettò, esplicitando il suo impegno in occasione della morte di Tommasina (maggio del 1505), commissionando cioè allo stesso d’Auton un Complainte, comprensivo anche di un epitaffio e di un regret destinati alla tomba della gentildonna (per un totale di 374 versi). Componimenti che costituiscono a oggi le fonti in assoluto più probanti per assegnare veridicità storica a questa vicenda sentimentale (oltreché evidentemente finalizzati a ribadirne la natura squisitamente spirituale).
Risulta invece molto appannata di tratto romanzesco, ovvero in buona sostanza leggendaria, la tradizione relativa agli anni 1502-05 (dalla partenza di Luigi XII da Genova al decesso di Tommasina) e all’estate del 1507 (ritorno a Genova del Cristianissimo). Il tentativo di discernere la storia dalla leggenda è ulteriormente complicato dalle numerose varianti memoriali fiorite nei secoli a latere di questa liaison (del suo drammatico epilogo, in specie). A distanza di pochi decenni, Lodovico Domenichi accreditò, ad esempio, la tesi di un ultimo incontro fra i due innamorati: Luigi, in partenza da Genova (settembre del 1502), avrebbe escogitato il modo di rivedere Tommasina appostandosi sotto le sue finestre, così da sincerarsi della sua bellezza e dei suoi sentimenti («per non essere, come molti altri, ingannato dalle arti et malitie domestiche, disegnò di volerla cogliere alla sprovvista sì che ella non havesse agio, né comodità di lisciarsi, et con arti ciò accrescere la sua naturale bellezza», Dialoghi..., 1562, p. 120). La variante più nota, di sapore shakespeariano, s’innesta sulla cronaca di d’Auton, in base al quale Tommasina perì di melanconia amorosa, e vorrebbe che, dopo la partenza di Luigi, ella avesse conferito un valore estremo alla sua promessa, abbandonando il tetto coniugale e ritirandosi in un’umile dimora (a Genova, nei pressi della chiesa della Maddalena), in compagnia della propria nutrice. Una condizione di volontaria clausura che nel giro di pochi anni si sarebbe tradotta in suicidio: il prolungato silenzio dell’amato, prima, quindi le notizie relative ai suoi persistenti malesseri fisici e forse anche la falsa voce della sua morte avrebbero indotto Tommasina a lasciarsi morire di stenti. Il luttuoso evento sarebbe stato quindi comunicato a Luigi XII, effettivamente reduce da una lunga convalescenza, nonché ancora alle prese con l’impasse politico-militare connessa alle disfatte di Cerignola e del Garigliano (aprile-dicembre del 1503), definitive battute di arresto delle mire francesi sul Regno di Napoli.
D’altra parte il piano leggendario presenta elementi di grande interesse in rapporto a quello storiografico. I racconti relativi alla tomba e all’ultima dimora di Tommasina, ad esempio, luoghi cui Luigi avrebbe reso personalmente omaggio, in occasione della riconquista di Genova manu militari (repressione della rivolta popolare delle ‘cappette’, 1507), nel complesso riverberano la massima cesura politica del tempo, Francia vs. Spagna, e cioè attestano un fenomeno di rimozione piuttosto notevole (se non di vera e propria damnatio memoriae), conseguente alla svolta politico-istituzionale del 1528, al convinto ingresso di Genova nell’orbita spagnola (suggerì già Kühnholtz, 1852, pp. 35 s.).
A fronte del silenzio della documentazione archivistica genovese, pertanto, come pure dell’impossibilità di rintracciare la sepoltura di Tommasina (verosimilmente tumulata nell’abbazia suburbana di S. Nicolò del Boschetto, quindi traslata in S. Luca, chiesa degli Spinola, quindi nuovamente tradotta al Boschetto, in ragione dei tentativi di profanazione perpetrati durante la rivolta antifrancese del 1507), molto si ricava dal suddetto corredo di credenze popolari. Particolarmente emblematico il caso del compianto che il re di Francia avrebbe pronunciato dinanzi all’ultima dimora dell’amata: un molto intimo regret, questa volta (distante dall’ufficialità di quello composto da d’Auton, sebbene perfettamente coincidente nei contenuti), da cui l’origine dei toponimi genovesi di piazza e vico dello Amor perfetto (puramente spirituale).
Un passo di Federico Donaver (1912) attesta invece, sia pur come ormai lontana eco, che esistette un’avversa tradizione: di matrice antifrancese, funzionale a conferire a questa liaison i tratti di una relazione extraconiugale. Donaver tramanda in effetti una doppia ipotesi circa la denominazione del luogo in questione: da un lato «la leggenda d’una giovane innamorata che delusa nel suo affetto ivi si rinchiudesse a languire in sua casa fino alla morte con l’animo sempre rivolto all’amato: onde l’amor perfetto», dall’altro «derivato il nome, per ironia, da certe case di [...] che ivi erano una volta» (pp. 16 s.).
Un contributo ulteriore alla migliore definizione di questo profilo biografico potrebbe giungere dalle fonti iconografiche: sempre in base alla tradizione, Tommasina sarebbe stata effigiata entro la folla di figure (più o meno notabili, legate o meno alla storia genovese: Cosimo e Lorenzo de’ Medici, Simonetta Cattaneo Vespucci, amata da Giuliano de’ Medici ecc.) che caratterizza l’Incoronazione della Vergine di Ludovico Brea (opera ultimata nel 1513, su committenza di Teodorina Lomellini).
Fonti e Bibl.: Dialoghi di M. Ludovico Domenichi, Vinegia 1562, pp. 120 s.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III, Bologna 1825, p. 40 (Famiglia Lomellini); H. Kühnholtz, Des Spinola de Gênes, Paris-Montpellier 1852, pp. 35-48, 59-150, 237 s.; C. Varese, Storia della Repubblica di Genova, IV, Genova 1866, p. 192; L.T. Belgrano, Della vita privata dei genovesi, Genova 1875, pp. 269 s., 389-428, 454-459; B. da Porto, La venuta di Luigi XII a Genova nel MDII, a cura di A. Neri, in Atti della Società ligure di storia patria, 1877, vol. 12, pp. 907-929; A. Neri, Osservazioni critiche intorno all’aneddoto di T. S. e Luigi XII, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, VI (1879), pp. 183-193; Id., Passatempi letterari, Genova 1882, pp. 153-155; N. Giuliani, Ansaldo Cebà, in Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, X (1883), p. 174 nota; J. d’Auton, Chroniques de Louis XII, a cura di R. De Maulde La Clavière, III, Paris 1893, pp. 43-85, IV, 1895, pp. 9-37, 88-140; F. Donaver, Le vie di Genova, Genova 1912, pp. 16 s.; A. Pescio, I nomi delle strade di Genova, Genova 1912, p. 31; E. Pandiani, Vita privata genovese nel Rinascimento, Genova 1915, pp. 188-191; P. Audibert, Un amour gênois du Roi Louis XII, Carcès 1970; M. Croce Bellentani, Intendyo di T. S. e il re di Francia, Genova 1982; C. Taviani, Superba discordia, Roma 2008, pp. 108, 217, 225 s.; G. Bettin Lattes, Un caso d’amour fou nella società aristocratica genovese del secolo XVI, in SocietàMutamentoPolitica, 2011, vol. 2, n. 4, pp. 137-152; G. Zanelli, «Le cui tavole esposte ne sacri Tempij», in L’Ascensione di Ludovico Brea, a cura di G. Zanetti, Genova 2012, p. 87.